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Autore: xXx Veleno Ipnotico xXx    28/03/2013    8 recensioni
«Chi è questa Mary?»
«L'orrida Mary... È vecchissima. Super lugubre!»
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Chi è Mary? Con questa shote ho provato a dare una risposta a questa domanda, basandomi sulle notizie che ci vengono date nella 3x19.
Cosa ha spinto Mary ad avvicinarsi a una famiglia di Originali? E per quale motivo l'hanno trasformata?
Genere: Drammatico, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Klaus, Kol, Mikaelson, Mikael, Rebekah, Mikaelson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                                                                A mia nonna.

                                                                                                                            Con la speranza che lassù abbia trovato 

                                                                                                                     un posto migliore di quanto non sia questo qua giù..

                                                                                                                                             Ti voglio bene!

 

 

 

La sua casa era una discarica: aveva passato gli ultimi secoli della sua vita chiusa là dentro, a collezionare dolore e oggetti che le ricordassero che razza di mostro fosse.

Ogni oggetto era un trofeo per Mary, che solo prendendolo in mano riusciva a ripercorrere ogni morte o sofferenza che aveva inflitto.

Le piaceva crogiolarsi in quei ricordi e pertanto le risultava difficile staccarsi dai macabri ninnoli portati via alle sue vittime.

Sapeva di non essere del tutto sana, mentalmente; non lo era mai stata; ma quando si passa un’intera esistenza da sole, anche la più piccola mania può trasformarsi in un grande disturbo.

Era infelice: che senso ha essere immortali, se poi si deve passare l’esistenza da soli?!

Aggirandosi affranta per la casa, evitando con morbosità di danneggiare tutte le cianfrusaglie che erano sparse sul pavimento, si avviò verso il salone.

Non ricordava nemmeno a chi fosse appartenuta quella casa, tanti anni prima, sapeva solo che era il suo trofeo più grande e non la lasciava mai, a volte, neanche per andarsi a nutrire. A volte si lasciava senza sangue per mesi, quasi fino a farsi essiccare. Il suo era vero masochismo, un volersi infliggere dolore per vedere se valeva ancora la pena di vivere ed era per questo che gli altri vampiri l’aggettivavo spesso con l’appellativo di “orrida”. L’orrida Mary o Mary la lugubre.

Passò davanti al lungo specchio con la cornice in ottone, facendo svolazzare l’abito bianco che indossava e che aveva trovato all’interno di uno degli armadi della casa.

Le piaceva indossarlo, distendersi sul letto e poi far finta di essere morta, immaginando di vedere al suo capezzale la sua defunta famiglia, ma quel giorno si sentiva troppo depressa anche per quello, così vagava per la casa come un fantasma tormentato; gli occhi incavati, il volto smorto...

Fece per dirigersi verso il corridoio principale; magari ricordare qualche avvenimento brutale del suo passato, camminando vicino a qualche ninnolo particolare, l’avrebbe tirata su di morale, ma un rumore sospetto, proveniente dal piano superiore, la fece sobbalzare.

Chi era così stolto da introdursi nella casa dell’orrida Mary senza preoccuparsi delle conseguenze?!

Con tutta l’energia che le era rimasta in corpo prese a correre verso la camera da letto, tirando fuori le zanne ancor prima di aver visto la sua vittima. Nessuno doveva permettersi di rovinare i suoi momenti di commiserazione!

Aprì di scatto la porta, ma rimase paralizzata sulla soglia: la figura che si trovò davanti non aveva nulla a che vedere con gli indifesi esseri umani o con qualsiasi altra creatura. Un ragazzo era seduto comodamente sulla poltrona all’angolo della stanza, accanto a lui, poggiata al settimino in legno, vi era una mazza da baseball in alluminio.

Mary rimase a guardarlo per diversi secondi con aria sorpresa e spaventata, anche se subito dopo la sua espressione mutò in un sorriso nostalgico «Kol!» aprì le labbra a mala pena, come per paura che alla pronuncia del suo nome, il vampiro sarebbe sparito.

Lui non disse niente, ma si limitò a fissarla con quel suo sorriso enigmaticamente divertito.

Gli occhi nocciola di Mary erano lucidi, la voce rotta dall’emozione «Kol.» ripeté questa volta con enfasi «Siete tornati!»

 

*FLASHBACK*

Costantinopoli (attuale Istambul) 1204.

Mary ricordava che anni difficili fossero stati, quelli in cui tutto ebbe inizio.

Le donne piangevano in casa, pregando Dio di assistere i loro mariti durante le crociate, che avevano decimato senza riguardi per alcuno il suo intero villaggio.

Solo sua madre sembrava essere tranquilla: andava in giro fiera, mormorando che se suo marito fosse morto in guerra, sarebbe stato ripagato con l’accoglienza fra le braccia del Signore.

La quarta Crociata doveva essere diretta contro i musulmani in Terra Santa, ma in realtà si risolse nel saccheggio delle vie centrali di Costantinopoli da parte di alcuni uomini dell'esercito crociato, decisi a spostarsi sempre più verso l’esterno, con l’intenzione di spartirsi l'Impero Bizantino e costituire l'Impero Latino.

Per la madre di Mary era difficile credere che tra quegli uomini ci fosse stato anche suo marito, per questo evitava il discorso ogni qualvolta le era possibile, facendosi il segno della croce e pregando il cielo di perdonare chiunque credesse in tali storie.

Mary era poco più di una ragazza, all’epoca, anche se per i canoni di allora aveva già le credenziali giuste per trovare marito. Purtroppo per sua madre, però, lei non ne voleva sapere niente di matrimoni, perché sì, la crociata aveva portato tanta sofferenza nella loro famiglia, ma l’aveva anche portata a fare nuove conoscenze e per questo non voleva ancora legarsi a nessun’uomo.

Imbarcazioni provenienti da ogni dove approdavano ogni giorno nei porti di Costantinopoli e spesso i viaggiatori si avventuravano a esplorare i suoi dintorni fino a raggiungere le porte della città, dove un villaggio piccolo come quello di Mary gestiva le giornate con semplicità e duro lavoro. Ciò, nell’ultimo anno, aveva portato a stabilirsi proprio a pochi passi dalla sua abitazione una famiglia di stranieri dalle dubbie origini.

Inizialmente tutti parvero affascinati dal loro modo di parlare, dal loro ricco patrimonio, e dall’emancipazione con la quale si erano sempre distinti dagli altri giovani; ma presto lo stupore era scemato nell’impossibile e come ogni cosa che gli antichi non riuscivano a spiegarsi, venne catalogata come l’anti Cristo.

Alcuni credevano fossero professanti di altre religioni, altri, addirittura, credevano avessero ucciso i loro genitori in qualche oscuro rituale, per assicurarsi una vita ricca e benestante. Solo Mary riusciva a vederli per quello che, almeno ai suoi occhi, erano: affascinanti e avvolti da un alone di mistero che li rendeva ancor più intriganti.

Disubbidendo a sua madre passava sempre più tempo con quei giovani, ignorando che per loro lei non era altro che “una delle tante”.

Inizialmente Mary non era sicura che questi si fidassero completamente di lei, anche se gli diede modo di farlo il giorno in cui le rivelarono la loro natura, rimanendo calma quando invece sarebbe dovuta fuggire dalla loro casa e mettere al corrente tutti della verità.

Per loro sembrava un gioco divertente: dopo duecento anni avevano trovato l’unica persona che non provava timore quando le vene attorno ai loro occhi si accentuavano, facendo venir fuori il mostro che avevano dentro; che oltretutto era stata pronta a rinnegare il suo Dio per porre fede in ciò che erano, facendosi perfino mordere abitualmente senza timore, ma anzi, considerando la cosa come un atto sacro.

Sua madre non era felice del suo comportamento e per giorni l’aveva chiusa in casa, sperando che le benedizioni del sacerdote l’avrebbero destata dal sortilegio nel quale credeva quella famiglia l’avesse fatta cadere, ma purtroppo il rispetto che Mary aveva nei loro confronti era troppo grande e quindi niente sarebbe servito a farle cambiare idea.

«Che il Signore abbia pietà di te, quando la tua anima raggiungerà i cancelli del cielo!» esclamava Elizabeth Porter, senza guardare la figlia negli occhi, mentre sistemava nervosamente gli utensili da cucina.

«Madre, vi prego, perché non volete ascoltarmi?!» Mary la seguiva passo passo, lo sguardo triste e la voce implorante «Io non ho perso la mia fede, ma ho solo capito in chi riporla. Loro sono gli araldi di un nuovo modo. Possono offrirci salute e una lunga esistenza.»

Elizabeth si voltò verso la figlia, stanca di ascoltare quelle eresie «Potremmo avere una lunga esistenza solo quando il Signore ci accoglierà nel suo verde giardino.» il suo tono non ammetteva repliche «Sono mostri, Mary.» si avvicinò alla figlia, prendendola per le mani «Ti hanno ammaliata con i loro poteri demoniaci. Non sei tu a parlare.»

«Si che sono io!» esclamò Mary, liberandosi dalla presa della madre «Tu non capisci.» continuò alterandosi «Credi in un Dio che trova giusto far morire i nostri uomini in guerra, in un Dio che ci promette il paradiso versando tasse per le quali non abbiamo il denaro... Che razza di Dio è il tuo?»

Elizabeth la fissò con le lacrime a gli occhi, poi, senza nemmeno replicare per difendere quel Dio verso il quale riponeva tutta la sua fede, la schiaffeggiò sul volto, lasciandole un marcato segno rosso «In questa casa è proibito parlare in questo modo.» provava a trattenere le lacrime non tanto per il gesto che aveva fatto nei confronti di sua figlia, ma per la paura di venir punita insieme a lei.

«Bene.» mormorò Mary, portandosi una mano alla guancia «Vorrà dire che me ne andrò dove quel che dico non viene giudicato e né tantomeno punito.»

Elizabeth si affrettò a raggiungere la porta «Ti proibisco di andare da quegli esseri, Mary!» dal suo tono di voce, sembrava combattuta «Se esci da questa casa, non potrai più essere redenta.»

Mary rimase a fissarla per qualche secondo, poi spostandola aprì la porta alle sue spalle «Non voglio essere salvata da un Dio che si è portato via mio padre.» e detto ciò si lasciò chiudere la porta alle spalle con un sonoro tonfo.

La luna era alta nel cielo e nelle strade non vi era un’anima. Il vento ululava come a voler avvertire di un pericolo imminente e le porte di ogni abitazione erano sbarrate con assi di legno ricavato un po’ ovunque.

Mary trovava così assurdo temere tanto delle persone che avrebbero potuto offrire a tutti la vita eterna!

La casa degli Originali (così avevano detto di chiamarsi), si trovava in fondo alla via principale del villaggio ed era una delle abitazioni più resistenti e ben costruite.

Mary bussò diverse volte prima che qualcuno le venisse ad aprire. La signora Monroe, una vecchina proprietaria della stalla connessa alla loro casa, abitava da tempo con loro, comportandosi proprio come fosse stata una di quelle schiave denutrite nelle case dei ricchi proprietari terrieri. Mary era felice che anche qualcun altro avesse abbracciato la filosofia di vita degli Originali, lavorando fedelmente per loro, anche se osservandola, i suoi occhi non sembravano felici come i suoi: aveva uno sguardo spento, vacuo; a volte come se non capisse addirittura ciò che stesse facendo.

«Salve.» la salutò Mary, stringendosi nelle spalle per trattenere un brivido di freddo, mentre guardando oltre la sua figura, sperava di scorgere qualcuno di familiare.

«Signorina Porter, si accomodi.» il tono di voce della signora Monroe era freddo e distaccato come al solito, ma Mary non vi fece caso, perché troppo impegnata a guardarsi attorno.

Nel camino un fuoco scoppiettava vivace, riscaldando l’ambiente e rendendolo accogliente. La casa, rispetto alle altre del villaggio, era molto grande, cosa evidenziata dall’interno poco arredato; una delle cose che avevano spesso fatto credere a Mary che in realtà quella famiglia fosse solo di passaggio.

«Eccoti arrivata!»

Voltandosi verso la piccola porticina che dava sulla camera da letto, scorse la figura sprezzante di Rebekah, che la guardava, forse, in attesa di spiegazioni.

Dopo tutto quel tempo le risultava ancora difficile definire il loro rapporto. Rebekah sembrava provare ostilità e disgusto nei suoi confronti, ma non si faceva problemi quando doveva bere da lei. Era una ragazza volubile e cambiava opinione nei suoi riguardi anche più volte nello stesso giorno.

«Mia madre non vuole capire. Continua a dire che siete dei mostri e che Dio ci punirà tutti.» aveva le lacrime agli occhi e parlava quasi come avesse avuto per la prima volta le idee confuse.

«Ma tu sai che non è così.» Rebekah le si avvicinò con aria contrariata «Gli uomini di questo villaggio sono attaccati alle loro credenze. Vedono tutto o bianco o nero, ma tu...» la guardò negli occhi per assicurarsi di avere tutta la sua attenzione «Tu sei riuscita a cogliere le sfumature.»

Mary si asciugò gli occhi, annuendo combattuta. Sapeva che se avesse continuato in quel modo avrebbe di sicuro perso la sua famiglia, ma non aveva la volontà di abbandonare gli Originali. Questi le avevano aperto la vista verso un mondo diverso, che si prospettava essere assai migliore di quello in cui aveva vissuto fino a quel momento.

Da una stanza adiacente alla porta dalla quale era uscita Rebekah, in quel momento venne fuori anche Klaus. La sua espressione era fredda e guardava Mary come se la sua vista lo avesse infastidito.

Era difficile capire cosa passasse per la testa degli Originali, ma più di tutto era difficile capire cosa passasse per la testa di Klaus. A volte sembrava felice di vederla aggirarsi nella loro casa, perché era il momento in cui poteva bere sangue senza dover andare a “caccia”, ma altre volte ne sembrava seccato, come se il fatto che Mary non fosse stata come loro la privasse automaticamente di ogni dimostrazione di fiducia.

«Signora Monroe.» parlò praticamente come se Mary non ci fosse stata «La sua presenza, qui, non è più necessaria.» si avvicinò alla vecchina con un’innaturale velocità «Vada. » le sue pupille si dilatarono, per poi tornare subito dopo normali, mentre la signora Monroe abbandonava la stanza senza replicare.

Mary non sapeva cosa comportasse “quella cosa strana che facevano con gli occhi”, ma di sicuro era qualcosa di estremamente potente, che solo esseri con la loro forza potevano gestire.

Nel suo villaggio era la sola a conoscere veramente gli Originali, ma a volte le sembrava come di non conoscerli abbastanza. Era consapevole delle loro capacità, ma mai le era venuto in mente di chiedergli per quale motivo facessero tutto quello per cui poi venivano considerati mostri.

Si guardò attorno, contemplando lo scarso ammobiliamento e chiedendosi dove fossero Elijah e Kol, poi, senza riflettere, ripensando al litigio avuto con sua madre, mormorò «Portatemi con voi.»

Klaus e Rebekah – che sembrava essersi dimenticata anche lei della loro ospite – si voltarono entrambi con aria sorpresa nella sua direzione. Avevano i volti confusi, desiderosi di ricevere spiegazioni.

«Quando siete arrivati non avevate alcun bagaglio e nessuno si sognerebbe mai di stabilirsi ai confini di una grande città come Costantinopoli, in un momento di travaglio come questo.» entrambi continuavano a fissarla come aspettandosi altro «Ho sempre creduto che la vostra permanenza fosse provvisoria, che stesse solo cercando un luogo dove...»

«Un luogo dove?» le chiese Rebekah, ansiosa di sentirla concludere.

«Stabilirsi in un piccolo villaggio come questo, per persone della vostra potenza, è sprecato.» mise in chiaro la ragazza «A meno che non stiate cercando di nascondervi.»

Rebekah e Klaus si guardarono complici, negli occhi un guizzo di preoccupazione, mentre la porta principale della casa veniva aperta da Kol, lasciando entrare uno sbuffo di vento gelido. Aveva un’espressione rilassata e tranquilla, come appena tornato da una ricca abbuffata, e la maglia sporca di sangue.

In un primo momento Mary sussultò, credendo che qualcuno gli avesse fatto del male, ma poi si ricordò della loro natura e l’agitazione si placò. Essere morsi era la più grande compensazione che si poteva ricevere dagli Originali e nulla, secondo Mary, poteva essere tanto appagante da eguagliare la sensazione di benessere che ciò offriva.

«È stranamente troppo calmo, là fuori. Ho faticato per trovare qualcuno.» puntò lo sguardo su Mary, che a sua volta lo guardava serena «Ma se avessi saputo...» continuò il ragazzo fissandole la giugulare pulsante «Non mi sarei affaticato tanto.»

«Avresti potuto bere da me.» disse Mary con naturalezza «Sai che ne sono solo che onorata.» si voltò verso Klaus con un’espressione quasi supplichevole «Se mi permettete di venire con voi, potreste tutti bere da me; ogni volta che lo vorrete.»

Klaus sembrava divertito dalle parole della ragazza. Come poteva credere di sfamare quattro vampiri, ogni giorno, per tutta la sua esistenza, senza mai rischiare la vita?

Anche Rebekah la guardava perplessa. L’idea di avere una sorta di “fan” pronta a fare tutto ciò che lei le avrebbe chiesto di fare era una cosa che l’allettava, ma che allo stesso tempo l’innervosiva. Non avrebbe resistito una settimana in compagnia di una sciocca ragazzina che si era fatta abbindolare da dei mostri assassini, credendoli i messia di un nuovo mondo; perché anche un uomo dalle scarse capacità intuitive si sarebbe reso conto che in delle persone che si nutrivano di sangue umano non poteva esserci niente di giusto e tantomeno di sacro.

Klaus guardò prima suo fratello, che ancora aveva gli occhi puntati sulla giugulare di Mary, poi rimanendo apparentemente calmo e accennando un sorriso divertito, mormorò «E tu credi davvero che resisteresti al di fuori del tuo squallido villaggio?»

«Nik!» esclamò Rebekah sorpresa dalla sua frase. Era la prima volta che suo fratello trattava quella ragazza come un essere inferiore, senza la preoccupazione che ciò le avrebbe fatto perdere la fiducia che aveva acquistato nei loro confronti, privandoli automaticamente della loro personale scorta di sangue fresco.

«No.» sussurrò Mary bloccando Rebekah «Ha ragione lui; non resisterei molto lontana dalla mia gente e dalla mia casa, ma la situazione sta diventando insostenibile, ormai.» alzò di poco il volto con aria decisa «Ovunque sarebbe meglio di qui.»

Quello che seguì dopo fu solo un lungo silenzio, interrotto di tanto in tanto dallo scoppiettare del fuoco nel camino, quando d’un tratto, con una superficialità innata, Kol esclamò «Già, perché non farla venire?! Potremmo bere da lei quel tanto che basta da lasciarla in vita, ma che basta anche a sfamare noi e a non farci andare di continuo a caccia, suscitando il nervosismo degli abitanti del prossimo villaggio dove andremo.»

L’espressione di Rebekah si era fatta pensierosa, come se d’un tratto avesse iniziato a valutare tutti i pro e i contro dell’offerta di Mary, mentre Klaus li guardava disgustato dalla loro facile corruttibilità.

Il cuore di Mary batteva incredibilmente veloce ed era sicura che gli Originali potessero percepirlo, specialmente Klaus, che in quel momento le si avvicinò silenzioso come la notte. Era come la fine di un bel libro; si stava svegliando dal sogno in cui aveva vissuto in tutto quel tempo, che le aveva dato la forza di vivere e che più di una volta aveva motivato le sue scelte più importanti, ma si stava rendendo conto che la felicità e il senso di appagamento che aveva provato per mesi erano stati solo un’illusione e lo stava scoprendo nel peggiore dei modi. Le persone in cui aveva riposto tutte le sue speranze di vita si stavano dimostrando per quello che erano realmente e la cosa peggiore era che non riusciva ancora a vederli come li vedeva il resto degli abitanti del suo villaggio.

«La tua è confusione.» sibilò Klaus, muovendo a malapena le labbra piene, mentre la guardava negli occhi «Le crociate ti hanno tolto tuo padre e tu hai cercato di compensare questo vuoto legandoti a degli stranieri che ai tuoi occhi apparivano intriganti.» Mary lo fissava in silenzio, impossibilitata a parlare a causa del nodo che le si era formato in gola «Tu credi che fuggire con noi possa risolvere i tuoi problemi, ma in realtà non vuoi farlo perché ti senti confusa in campo spirituale; a te non importa del giudizio di Dio. Vuoi fuggire perché credi che cambiare vita sia la soluzione migliore.» un frastuono di grida, in lontananza, sulla strada, bloccò il discorso dell’Originale, mentre la finestra di legno assumeva sfumature rossastre in avvertimento di ciò che stava accadendo all’esterno. Il volto di Klaus assunse un ghigno divertito, come se neanche lui si aspettasse una cosa del genere, ma che non poteva negare fosse giunta nel momento più opportuno «A quanto pare ne avrai presto l’opportunità!»

Avvicinandosi con riluttanza alla finestra, Rebekah esclamò «Ma che diavolo sta succedendo?!»

Mary si voltò anch’essa nella sua direzione, ma tutto quello che accadde di seguito apparve nella sua mente come una sequenza schematizzata di immagini, dove ricordò la vista fugace dell’originale bionda che guardava oltre la strada, due forti mani che le afferravano il volto e poi i due profondi occhi azzurri di Klaus che fissavano quelli scuri di lei, mentre le sue labbra, che fino a qualche secondo prima erano state asciutte e grinzose, da quel momento erano diventate umide, profanate da un sapore che mai prima di allora aveva gustato.

Istintivamente si portò una mano alla bocca, fissando confusa e spaventata il vampiro davanti a lei. Non aveva idea di ciò che era accaduto, ma una parte di lei le diceva che quella casa, ormai, non era più sicura, così come il resto del villaggio.

Gli schiamazzi si erano avvicinati, mentre dalle finestre ora si potevano distinguere quelle che avevano tutta l’aria di essere torce infuocate.

La porta si aprì di scatto, facendo sussultare Mary, che per diversi minuti era rimasta immobile, con lo sguardo vacuo, perso nel vuoto. Eljah entrò nervosamente in casa, chiudendosi alle spalle la porta; aveva un’aria preoccupata e senza nemmeno far caso alla presenza di Mary si rivolse repentino ai suoi fratelli «È qui, è arrivato insieme ai crociati e si spaccia per uno di loro.» voltò la testa come per rivolgersi esclusivamente a Klaus «Ha saputo che ci nascondiamo qui. Sta arrivando.»

L’espressione di Klaus si trasformò all’instante da beffarda a inquieta «Prendete il necessario, si parte.» furono le sue uniche parole.

«No!» Rebekah aveva assunto un’espressione contrariata  «Non possiamo fuggire un’altra volta!»

«Prendi le tue cose, Rebekah.» Klaus ripeté quell’ordine con una calma stentata, mentre gli altri fratelli erano già pronti a scappare, ma la ragazza lo continuava a fissare stordita, quasi spaesata, forse stanca di quella vita legata alle fughe continue «Io...»

«Rebekah!» gridò Klaus raggiungendola a una velocità sovrumana, suscitando altri sussulti da parte di Mary, mentre tutti sembravano essersi dimenticati di lei «Prendi le tue cose e esci da questa casa.» il suo tono di voce non ammetteva repliche. Per la prima volta Mary aveva paura di lui e per la prima volta, forse, lo vide per ciò che era realmente: un mostro.

Prima che tutti fossero usciti, però, Klaus si voltò verso di lei un’ultima volta; accennò un sorriso tirato, ma Mary ebbe la certezza che fosse solo una maschera. Forse non era la sola a temere per la propria incolumità, in quel momento!

«Vi ha trovati.» sussurrò senza riflettere «La persona da cui state scappando vi ha trovati e dovrete fuggire nuovamente.» parlava come se stesse spiegando a se stessa quello stesso concetto, mentre sentiva il pavimento sotto i suoi piedi diventare molle come fosse fatto di sabbia.

Klaus le si avvicinò continuando a sorridere e anche se qualcun altro avrebbe interpretato quel gesto come un voler trasmettere tranquillità, Mary temeva quel sorriso forse più del suo volto irato «E tu hai l’occasione di dimostrare quanto veramente ci idoli.» detto ciò l’afferrò bruscamente per un polso, trascinandola fuori la porta come fosse stata uno scudo umano, mentre anche gli altri originali li seguivano.

I crociati, alla fine, erano giunti anche nel loro villaggio: entravano nelle abitazioni, saccheggiando le famiglie di tutti i loro averi e malmenando le donne senza porsi problemi. Con le loro torce alcuni diedero fuoco alla paglia nelle stalle e mentre osservavano gli incendi propagarsi si facevano grasse risate alla vista dei bambini in lacrime che nel caos si erano persi i loro genitori.

Mary si guardava intorno sperando di scorgere la figura di sua madre, ma tutto ciò che la circondava era solo panico e distruzione. La gente correva in ogni direzione, quindi presto divenne impossibile addirittura distinguere i crociati dai civili.

Sentiva le mani di Klaus stringere attorno al suo polso e più lui stringeva, più lei perdeva la sensibilità, ma non curante del dolore che le stava infliggendo, lui continuava a camminare veloce, deciso a lasciarsi alle spalle quello “squallido villaggio”, come lo aveva definito poco prima. Mary lo percepiva guardarsi attorno con ansia e percepiva la sua paura.

Si chiese se Cristo avesse provato paura quando i romani gli avevano fatto percorrere la strada verso la morte con la sua croce tra le braccia e una corona di spine in testa. Il bene era qualcosa di puro e sacro, quindi perché avere paura se nella propria coscienza si sapeva di essere innocenti? Evidentemente la coscienza di Klaus non era poi così pulita come Mary aveva spesso creduto.

Si voltò leggermente per dare un ultima occhiata a quella famiglia che aveva portato così tanto nella sua vita: il volto serio di Eljah, in quella situazione, non era molto diverso dagli altri giorni; quello sempre divertito ed enigmatico di Kol ora si guardava intorno furtivo; Rebekah aveva perso il suo ghigno beffardo e ogni tanto si voltava a guardare indietro, come a voler salutare una parte della sua esistenza, mentre l’espressione che aveva Klaus era qualcosa di talmente spaventoso che avrebbe fatto impallidire Satana in persona.

Quasi aspettandoselo, dopo un po’, Mary sentì la presa attorno al suo polso allentarsi, per poi non avvertire più alcuna presenza alle sue spalle. La sola cosa che le ricordava che ciò che aveva vissuto non era stato frutto di un sogno era il dolore sulle mani.

Stordita e confusa per la velocità con cui si erano svolte le ultime vicende si voltò per assicurarsi che gli originali fossero realmente spariti nel nulla, come immaginava fosse accaduto; portati via dal vento e spariti tra la folla così come erano arrivati, ma quando girò il volto, tra le grida, la folla e i vari incendi, si sentì arrivare un colpo alla testa e poi tutto prese a girare, fino a che la prospettiva della sua visuale divenne tanto bassa da coincidere con il terreno, che vide sfumare fino a che non divenne tutto buio.

***

Quando Mary riaprì gli occhi, il sole era già sorto e i crociati erano spariti, lasciando della notte precedente solo il ricordo delle grida, che ancora vorticavano nella sua testa e gli irreparabili danni che avevano arrecato al villaggio.

Si alzò da terra, constatando di non essere l’unica ad aver “passato la notte” tra le macerie delle case distrutte, ma di essere la sola ancora in vita. Quelle persone erano morte e ora capiva per quale motivo nessuno l’avesse raccolta per portarla in salvo: credevano lo fosse anche lei.

Si guardò gli abiti sporchi di terra e polvere, per poi guardarsi attorno con gli occhi socchiusi: il sole altro nel cielo le dava fastidio.

Non c’era nessuno su quella via desolata, che una volta brulicava di mendicanti e artigiani; nessuno a cui chiedere come fosse andata a finire, anche se a giudicare dalle condizioni del luogo, Mary doveva già aspettarsi le risposte.

La testa le faceva male, ma nonostante questo si ricordò per quale motivo era caduta in terra: gli Originali, i crociati, il dolore che aveva provato proprio nel centro della fronte... Si Portò una mano là sopra, dove tastò una ferita che sembrava recente, ma che comunque stava già guarendo e allora capì: il dolore che aveva avvertito era dovuto a una qualche sorta di arma e quando aveva perso coscienza non era semplicemente svenuta. Lei era morta.

Si sentì mancare, ma indietreggiando fino a trovare il muro di una casa ancora intatto, evitò di cadere. I ricordi stavano riaffiorando in lei; iniziava a ricordare tutto.

Klaus le aveva detto che presto avrebbe avuto l’opportunità di cambiare vita, poco prima di avvertire la presenza dei crociati, così si era morso un polso e le aveva fatto bere il suo sangue con la forza, poi le aveva detto di stare buona, in silenzio, e che avrebbe dovuto dimenticare tutto.

Mary sapeva che non lo aveva fatto per accontentarla, bensì per divertirsi. L’avrebbe vista impazzire giorno dopo giorno, consumata da quelli che erano i suoi stessi desideri, ma non aveva considerato che tra quei crociati ci potesse essere anche la persona dalla quale fuggiva, così l’aveva utilizzata come scudo, per farsi largo tra la folla e confondersi con questa mentre lasciava il villaggio.

In quel momento le gambe non la ressero più, così lasciandosi scivolare lungo la parete, cadde in terra, in lacrime.

Come spesso le aveva ripetuto sua madre, alla fine Dio aveva provveduto a punirla. Era rimasta sola, perché come ogni altra cosa in cui aveva riposto la sua fede, anche gli originali l’avevano abbandonata.

Cambiare vita era un desiderio allettante, ma cosa avrebbe fatto ora che non aveva più nessuno con cui condividere l’esistenza?!

Un rumore di passi tra le macerie la fece tornare alla realtà, voltando la testa bionda verso la sua sinistra: una ragazza, forse poco più piccola di lei, si guardava intorno spaventata. Stava cercando probabilmente la sua famiglia e quando vide Mary si immobilizzò.

Dal canto suo, Mary la fissava inespressiva, il volto rigato dalle lacrime, mentre una voce dentro di lei le diceva di raggiungerla e così fece.

Si sentiva la testa leggera e aveva i sensi storditi da uno strano odore.

«Mary.» mormorò la ragazza, guardandola con agitazione, ma le percezioni di Mary erano così alterate che se anche fosse stata la sua sorellina, probabilmente non l’avrebbe riconosciuta.

Inspirò l’aria attorno a se chiudendo gli occhi, come per inebriarsi di un profumo inesistente, ricordandosi del senso di appagamento che provava ogni volta quando i fratelli originali la mordevano. Era una sensazione che eguagliava il divino.

Sorrise alla ragazza, forse quasi per rassicurarla, anche se il suo volto non lasciava trapelare alcuna emozione, poi assumendo un tono religioso, sussurrò «Alleluia!*» e afferrandola per i polsi bevve da lei fino a prosciugarla dell’ultima goccia del suo sangue.

Ora era come loro: un mostro asservito al’infermo e sarebbe rimasta sola, per l’eternità.

*FLASHBACK*

 

«Ci ho messo parecchio per trovarti, sai?!» Kol si era alzato dalla poltrona, in mano aveva un lungo arnese che sembrava un pezzo di mazza da baseball spezzato e si guardava intorno divertito «Carino qui. È così che ti diverti, ora? Collezionando oggetti che appartenevano alle tue vittime? Credevo che dopo quello che ti aveva fatto mio fratello avresti ripudiato il tuo essere fino a ucciderti!»

L’emozione di Mary era svanita: all’inizio aveva creduto che fossero tornati per nostalgia, che finalmente avevano capito il grande sbaglio che avevano commesso quando l’avevano abbandonata, ma non era così.

La sua espressione si incupì e il sorriso che finalmente aveva ritrovato dopo secoli sparì «Ci ho provato.» mormorò sorprendendo Kol «Odio ciò che sono, ma mi odio ancora di più perché non ho mai avuto il coraggio di uccidermi definitivamente. Volevo essere come voi, per potervi stare accanto per l’eternità, era la cosa che desideravo di più al mondo... Non immaginavo che fosse la peggiore delle maledizioni!»

«Punti di vista.» commentò Kol senza scomporsi, nonostante il forte peso emotivo di quelle parole.

«Avrebbe avuto senso essere un vampiro solo se voi foste rimasti.» le sue frasi erano intrise di nostalgia e rimpianto «Perché siete tornati?»

«È curioso, non trovi?!» le si avvicinò divertito, quello stesso sorriso enigmatico che non aveva perso il suo fascino nemmeno dopo tutto quel tempo «Volevi vivere per l’eternità, ma sprechi ogni tuo giorno a compiangerti e sperare di riuscire a trovare la forza che ti permetta di resistere al sangue e lasciarti finalmente essiccare per sempre.»

Nonostante i vampiri fossero capaci di spegnere i loro sentimenti, in quel momento Mary si sentiva ferita. Non vedeva Kol da quasi novecento anni e benché lei non sapesse niente su di lui o gli altri originali, lui sembrava sapere tutto di lei e la stava trattando come se non fosse mai stata rilevante nella loro vita.

Mary strinse i pugni, cercando di reprimere le lacrime «Perché siete tornati?» ripeté con freddezza.

«Stanno arrivando delle persone, qui, mentre noi parliamo, e vogliono sapere una cosa alla quale solo tu puoi dare una risposta.» Mary lo guardò confusa «Tu e noi, ma evidentemente hanno capito che la via più facile da percorrere è attraverso te.»

«Cosa vogliono sapere?» senza rendersene conto aveva spostato lo sguardo sul pezzo di legno che Kol aveva in mano, guardandolo con riluttanza.

«Stanno indagando sulla loro discendenza di sangue, che per puro caso è anche la tua: quella di Klaus.»

Mary alzò il volto, per tornare a guardare l’Originale nuovamente negli occhi «Ciò non spiega perché sei qui.»

Kol sorrise, facendo qualche passo verso la ragazza, che istintivamente indietreggiò «Klaus è preoccupato. Ha paura che in qualche modo possano risalire a lui e ucciderlo, così mi ha mandato a farti questa visita.»

In quel momento la tristezza passò in secondo piano e ciò che iniziò a provare Mary fu paura. Per la prima volta in novecento anni stava avendo paura della morte.

«So come funziona per voi originali: se dovesse morire uno di voi, morirebbe di conseguenza anche tutta la sua dinastia di sangue.» storse il naso ancora confusa «Ma non capisco: Klaus è il mio sire e se ho capito bene la mia discendenza ha creato queste persone che stanno arrivando qui.» Kol annuì, mentre Mary riprendeva a guardare il pezzo di legno tra le sua mani «E allora perché uccidermi? Se il mio sire, il loro sire, è Klaus, allora è al sicuro. Non potranno ucciderlo o morirebbero anche loro.»

«Giusta osservazione.» mormorò Kol avanzando ancora di più, fino a che tra Mary e il muro dietro di lei non fosse rimasta solo una breve distanza «Ma sai che a Klaus non piace correre rischi e poi diciamocela tutta, farei un favore anche te.» le sorrise «Non sei tu quella che vuole morire, ma non trova il coraggio?»

«Kol...» mormorò Mary, quasi supplicandolo «Se me lo chiedi, sai che non parlerei. Non vi tradirei mai!»

«Io sono il tuo coraggio.» riprese Kol ignorando le sue parole, poi le sorrise «Buona notte, Mary!»

La ragazza non ebbe neanche il tempo di parlare che con una forza brutale, carica di rabbia e spietatezza, l’originale la trafisse con il pezzo di mazza da baseball che aveva in mano, spingendo con talmente tanta enfasi da riuscire a inchiodarla al muro.

Nessun ricordo lo avrebbe fatto indugiare e qualsiasi appello alla sua umanità inesistente gli avrebbe reso l’impresa solo più divertente.

Nell’impatto Mary aveva chiuso gli occhi, evitando di vedere con quanta soddisfazione l’Originale l’avesse uccisa. L’abito bianco si era inzuppato di sangue là dove la mazza rotta l’aveva trafitta e il suo corpo, ora, appariva più leggero, ormai ibero dal peso della solitudine che l’aveva accompagnata per secoli.

In fondo Kol era solo riuscito a fare ciò che lei non aveva mai avuto il coraggio di tentare e probabilmente se il Signore, come diceva sua madre, l’avrebbe ancora accettata nel suo verde giardino, dall’alto, guardandosi, sarebbe stata felice di sapere che l’ultima cosa che i suoi occhi avevano visto era stata una delle persone che più l’avevano resa felice in una parte della sua vita.

 

 

 

Pensieri&Precisazioni: In base alle informazioni che ci vengono date nella 3x19 ho tirato su questa shote.

Quando Damon e Elena entrano nella casa di Mary, questa sembra davvero una discarica. Si vedono giornali, oggetti.. E mi è piaciuto immaginare che non fossero lì per caso.

Damon la definisce "Scary Mary" e quindi ho cercato di costruire la mia storia su questa definizione. Ho provato ad immaginarla come una ragazza combattuta, la quale non sa più in cosa credere. Dio l'ha abbandonata, gli Originali l'hanno abbandonata.. Condannata a un'esistenza di solitudine la sua personalità fragile non resiste e quindi impazzisce. Non le importa di morire, quindi non le importa di nutrirsi e quando lo fa sottrae alle sue vittime degli oggetti, in modo da ricordarsi sempre che razza di mostro sia. È per questo che gli altri vampiri la definiscono "Scary Mary".

Non c'è un motivo preciso per cui ho scelto di ambientarla a Costantinopoli; forse perché il periodo storico era il più indicato. Le crociate e i dubbi religiosi di Mary sono un mix appropriato, devo dire ^^"

Anche se non viene nominato esplicitamente ho voluto inserire anche la figura di Mikael, per spiegare il motivo per il quale gli Originali si stabiliscono in un villaggio di confine.

Tornando al presente volevo fare un'ultima precisazione: probabilmente molti ci avranno fatto caso, ma per quelli che non l'hanno notato volevo spiegare che l'arnese che somiglia a una mazza da baseball con cui Kol uccide Mary è la stessa mazza con cui poche ore prima lui era stato impalato da Damon ^^"

Credo di avervi spiegato tutto (questa storia necessitava di parecchie spiegazioni) e dato che tengo molto a questa shote, se vorrete lasciare una recensione mi farebbe molto piacere ^^

 

* Qui l'Alleluia non è inteso come un'esclamazione di gioia, come ad esempio "URRÀ", ma come un'esclamazione religiosa vera e propria.

   
 
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