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Autore: StefanoReaper    29/03/2013    2 recensioni
Le gocce rimaste sugli alberi risplendevano come piccole perle, come a competere con le stelle.
Poi si sentí un urlo, acutissimo, riecheggiare.
La macchina uscí di strada e colpí con violenza il grosso tronco di un cipresso, facendo piovere perle luminose.
Le urla cessarono, e rimase solo il gracchiare dei corvi.

Grazie a Daniele, il quale, oltre ad essere ideatore della trama, ha sopportato tutte le mie fisime e ha creduto in me aspettando pazientemente che superassi i miei blocchi e completassi il lavoro.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'D'Amore, Di Morte e D'Altre Sciocchezze.'
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This feeling
Inside me
Finally I found my love
I've finally broke free
No longer
Torn in two
I'd take my own life before losing you

Dream Theater – Finally Free

 

 

Non c'era luna quella notte.
La macchina viaggiava veloce sull’asfalto bagnato illuminato da quei soli fari, e nel cielo appena ripulito dopo il temporale si potevano vedere chiaramente tutte le stelle. Grandi cipressi contornavano la strada, ponendosi come divisori tra quella e il canale per le acque.
- Non può continuare cosí! Non socializzerà con nessuno!
Il bambino, seduto di dietro, con lo sguardo triste perso nel vuoto dell’abitacolo e le gambe racchiuse dalle braccia ignorava le parole della madre ed era in ascolto di qualcosa che solo lui poteva sentire.
- Giovanni ha detto di fare le cose con calma, la fretta rischia solo di peggiorare le cose. Nell’abitacolo calò il silenzio. Gli unici rumori che resistevano erano i mugolii del bambino e i profondi sospiri dei genitori.
Ci fu uno scambio di sguardi tra i due, sguardi pieni di tristezza e compassione, sguardi che cercavano nell’altro la forza di continuare a lottare, di continuare a sperare.
La macchina viaggiava veloce, illuminando debolmente la densa oscurità di quella notte. Le gocce rimaste sugli alberi risplendevano come piccole perle, come a competere con le stelle.
Poi si sentí un urlo, acutissimo, riecheggiare.
La macchina uscí di strada e colpí con violenza il grosso tronco di un cipresso, facendo piovere perle luminose.
Le urla cessarono, e rimase solo il gracchiare dei corvi.

 

***


1.
Un altro giorno qualunque, uguale in tutto e per tutto ai precedenti, Mattia correva sotto la pioggia, coprendosi la testa con i libri. Arrivato davanti alle malridotte porte di vetro della struttura, tirò la maniglia ed entrò. Nei corridoi non c’era praticamente nessuno e, senza fermarsi, proseguí per i locali dell’università, diretto verso la sua aula. Entrando nell’ampia sala a gradoni, immersa nell’azzurrognola luce delle lampade che la facevano sembrare un ospedale, vide Gabriele seduto a un banco da solo e andò a sedergli accanto.
Gabriele era uno di quei tipi tranquilli, né troppo appiccicoso, né troppo apatico. L’aveva conosciuto quando aveva iniziato a frequentare l’università, l'anno prima. Tutto sommato era un tipo a posto e a Mattia non dispiaceva la sua compagnia. Oltretutto, era il fratello della ragazza e andava trattato bene.
- Ciao Gab - parlava a bassa voce, interrotto ogni tanto dagli spasmi del fiatone, cercando di non disturbare oltre la lezione.
- Dov’eri? - iniziò l’altro - Lo sapevi che Anna ti aspettava, prima delle lezioni.
Sí, lo sapeva. Proprio per questo motivo non aveva voluto andarci e aveva fatto ritardo apposta, posticipando di qualche ora il casino che lo aspettava.
- Dov’è adesso? - ansimava.
- Se n’è andata a casa - Gabriele posò la penna e lo guardò - Non aveva lezione oggi, era venuta solo per parlarti.
Mattia rimase sovrappensiero, in silenzio, mentre apriva libro e quaderno e provava la penna.
- Quando torni a casa dille che la metro si era rotta e..
- Senti, non sono il tuo messaggero personale - disse interrompendolo - Perché non le dici semplicemente la verità?
Facile a dirsi - pensò Mattia, e forse il pensiero trasparí attraverso una leggera contrazione muscolare del volto.
- Non vorrei farla soffrire.. - il finto tono sconsolato copriva a mala pena il tentativo di concludere la conversazione. Gabriele iniziava ad infastidirsi a causa del comportamento dell’amico.
- Be’, allora vedi di sistemare le cose. È uno zombie, non esce mai, mangia a malapena e non sorride piú.
- Lo so - rispose secco Mattia - Fammi seguire.

Uscito dalle lezioni Mattia andò via di fretta, senza aspettare o salutare nessuno. Restò solo a casa ad aspettare che il tempo passasse, fino a sera. Poi uscí di casa, svoltò sulla strada e cominciò a camminare.
Arrivata di fronte a un grosso portone di legno con gli stipiti scolpiti e le cerniere decorate si fermò e accese una sigaretta. Fumava nervosamente, camminando avanti e indietro davanti al portone a ritmo incalzante.
Finí la sigaretta e la lanciò via. Poi lei uscí.
- Anna! - la chiamò.
Lei si voltò, lo vide ed ebbe un leggero fremito per la sorpresa.
- Che vuoi? - le parole le uscirono da sole di bocca.
- Parlarti? - rispose lui con un tono ironico che fece innervosire la ragazza.
Lei riprese a camminare guardando davanti a sé.
- Potevi venire stamattina, invece di mandare mio fratello con delle scuse assurde..
- Senti, mi dispiace, ma..
- Niente ma! - urlò lei fermandosi e guardandolo negli occhi - Mi hanno stufato le tue scuse. Ora voglio solo che tu mi risponda ad una domanda.
Mattia fremeva e un leggero panico iniziava a farsi sentire nello stomaco.
- Hai una spiegazione per quello che ho visto ieri? - terminò lei.
Mattia non rispose, solamente teneva gli occhi bassi evitando il suo sguardo.
- Allora!?
Non sapeva che fare, che pensare, che dire - No.. - riuscí solo a sussurrare alla fine.
Senza aggiungere altro lei girò i tacchi e andò via, senza voltarsi.
Lui invece rimase lí.
Si accese una seconda sigaretta e rimase per qualche tempo fermo in quel posto, a rigirarsi la sigaretta tra le dita, senza neanche la forza di pensare. Finí la sigaretta e con l’ultima cenere ne accese un’altra. Poi andò via.
Rientrò a casa e trovò una vecchia signora ad aspettarlo, seduta in cucina. Sul tavolo c’era ancora la sua cena, coperta da un piatto nel tentativo di tenerla al caldo. Lei nel vederlo entrare si alzò.
- Mattia! - la voce gracchiante della vecchia era vagamente preoccupata - Dove sei stato?
- Da nessuna parte, non ti preoccupare.
Era una risposta evasiva, lo sapeva. Ma sapeva anche che funzionava.
- Perché non ti siedi e ne parliamo?
- No zia, sono stanco.. Vado a letto.
Mattia fece per andarsene e riuscí a sentire il lieve sospirare angosciato della donna. Attese davanti alla porta della camera, in silenzio. Poi sentí la sedia spostarsi e vide la luce spegnersi. Aprí la camera e si chiuse dentro.

2.
Camminava lungo una strada. Una strada lunga, con degli alberi molto alti ai lati. Tutto era buio e non riusciva a vedere altro che i contorni delle figure. Camminava lento, senza una meta, assaporando il silenzio di quel luogo. Niente era realmente visibile, tutto era immerso in un’irrealtà che rendeva ogni cosa calma e serena, donava un senso di pace. Poi iniziò a sentire qualcos’altro, qualcosa di diverso. Un leggero ronzío mosse l’aria, ma era ancora qualcosa di molto lontano. Camminava sempre per la strada buia in quella pace irreale, ma quel rumore lo disturbava. Non doveva realmente sentirlo, era piú una sensazione, un presentimento. Poi il suono si fece velocemente piú forte. Divenne il rombo di un motore. Iniziò a correre. Correva, correva piú veloce che poteva lungo la strada alberata. Non poteva inciampare, non poteva cadere, conosceva bene quella strada. Ma il rumore si faceva sempre piú vicino, fino a che sull’asfalto non comparve la sua ombra ansimante. Allora corse piú veloce, fino a non sentire piú le gambe, fino a sentire ogni singola molecola d’aria bucare i polmoni. Ma l’ombra era sempre piú lunga, il rumore sempre piú vicino. Non resse oltre. Si voltò. Rimase accecato, mentre un urlo acutissimo gli perforò i timpani.

Si svegliò improvvisamente, madido di sudore dalla testa ai piedi. Oramai lo sognava spesso, era il suo sogno piú ricorrente. Ma non aveva senso. Non riusciva a capirne il senso. Non era mai stato investito da un’automobile, se lo ricorderebbe! Solo una volta ebbe un incidente, ma era piccolo, non ne aveva completa memoria. L’incidente nel quale perse i genitori. Gliene aveva parlato la zia, che lo prese con sé, 15 anni prima. Un colpo di sonno, la macchia era uscita di strada. Lui era sopravvissuto e fu affidato alla zia.
Ma ormai ci aveva fatto il callo, non pensava piú a quella storia. E anche i sogni non lo turbavano piú cosí tanto. Erano solo diventati ripetitivi. Ma gli lasciavano comunque un po’ di agitazione in corpo durante la mattinata.
Si infilò i pantaloni del giorno prima e frugando nelle tasche trovò un bigliettino accartocciato. Lo aprí e lesse: ore 9.00 solito posto. Guardò la sveglia, 9.15.
Velocemente finitosi di vestire uscí dalla camera e arrivò in cucina.
- Buongiorno, caro.
La zia era seduta al tavolo davanti a una tazza piena di caffellatte, avvolta in una vestaglia sdrucita che la faceva assomigliare molto a una vecchia pazza, o a una barbona. Teneva il giornale con una mano, mentre con l’altra inzuppava enormi biscotti nella brodaglia semi fredda.
- Mangi qualcosa? - unica risposta fu lo sbattere della porta che si chiudeva alle spalle di Mattia.
Una volta in strada andò verso la fermata dell’autobus. C’era un ragazzo là ad aspettarlo, seduto sulla panchina della fermata. Quando questi lo vide, si alzò.
- Ce l’hai fatta! È mezz’ora che ti aspetto! - disse Andrea col suo solito sorrisino vincente, sicuro si sé.
- Non rompere le palle, ché non è aria - tagliò corto Mattia.
- Qual è il tuo problema oggi? - chiese con aria strafottente.
- Che domanda del cazzo Andrè. Il mio problema è Anna!
A volte era veramente irritante il comportamento di Andrea, ma si conoscevano da cosí tanto tempo. Era come se fossero nati e cresciuti insieme.
- Ho fatto quel che mi avevi consigliato - continuò - Ieri mattina non sono andato all’appuntamento, per farla calmare, poi sono andato a casa sua la sera, ma era cosí incazzata da non volermi ascoltare, voleva solo spiegazioni..
Fece una lunga pausa accompagnata da un profondo sospiro.
- Sto iniziando a pensare che sia stato un errore farmi vedere con quell’altra ragazza.
- Sí lo so, anch’io pensavo che vedendoti avrebbe fatto una scenata e ti avrebbe piantato, ma cosí non è stato! Quindi, se davvero vuoi lasciarla, e ti ho già detto mille volte che è la cosa giusta da fare, tira fuori le palle e diglielo!
Mattia sospirò, tirò su la testa per guardare i cielo, prese una sigaretta e l’accese.
- Ma lasciala perdere quella - continuò Andrea dando una forte pacca sul braccio dell’amico - Lo vedi come ti fa stare?
Mattia rimaneva in silenzio, a fumare, con aria pensierosa.
- Oddio Mattí, sembri uno che ha dimenticato come ci si diverte! - Fece una pausa - Seguimi - disse iniziando a camminare.
- Dove andiamo? - chiese distaccato Mattia, buttando fuori il fumo dal naso.
- Vieni, rompiballe!

3.
Anna stava bussando insistentemente alla porta del fratello. Era proprio un dormiglione. Finí di bussare quando sentí dei mugolii indistinti provenire dall’interno della stanza.
- Gabri, sono io, mi apri?
Gabriele aprí la porta. Aveva un aspetto orribile. Doveva essersi appena svegliato da un sonno non riposante e neanche del tutto tranquillo. Aveva gli occhi impastati e i capelli appiccicosi e arruffati.
- Ciao Anna - disse strofinandosi gli occhi - Che vuoi?
- Possiamo parlare di Mattia? - entrò senza chiedere permesso e si sedette sul letto.
- Possiamo anche parlare, ma sappi che non posso dirti cose che non ti direbbe anche lui.
Gabriele chiuse la porta e andò a sedersi accanto alla sorella.
- Ti riferisci al fatto che voglia lasciarmi? - chiese lei un po’ esitante, stuzzicandosi un unghia della mano sinistra. Gabriele sospirò.
- Lo sai che la storia infinita non esiste, no? - chiese lui, con un tono un po’ troppo ironico per la situazione.
- Inizio a non crederci piú.
Lei si alzò e iniziò a camminare nervosamente per la stanza - Soprattutto dopo quello che ho visto ieri.
- Perché, che hai visto? - Chiese Gabriele con tono sfottente, facendosi sfuggire una risatina.
Non poteva crederci, perfino suo fratello, il suo unico fratello, le stava andando contro.
- Niente, lascia stare.
- Devo chiederlo a lui?
Lei si irrigidí, sentendo le lacrime uscire lente.
- Senti, ho commesso un errore, lascia perdere - disse, e corse fuori dalla stanza.
Gabriele rimase seduto sul letto, a fissare il punto in cui un attimo prima si trovava la sorella. Poi spense la luce e si ributtò sul letto.

4.
Mattia seguí Andrea, ancora con la sigaretta in mano, e si avviarono verso il parco giochi. Si sentiva una marea di bambini, in gruppi o con i genitori, ridere e giocare. I due entrarono nella zona delle macchine a scontro, Mattia comprò un gettone e salirono sulla stessa macchina.
- Guido io.
- Come vuoi, capo - rispose Andrea.
Cominciarono a gironzolare sulla pista. Andrea si guardava attentamente intorno alla ricerca di una vittima.
- Ah ah! Guarda quello! Vagli addosso! - Con la piena velocità mandavano la macchina contro quella di un bambino, che, dopo lo spavento, li guardò e rise.
- Ma che si ride!? Colpiscilo ancora! - Urlò Andrea con una voce assolutamente maligna, irresistibilmente spaventosa. I tamponamenti continuarono, finché il bambino, costretto nell’angolo della pista, non fu inerme sotto i colpi di Mattia. -
- Forza, fallo pisciare sotto! - Andrea rideva, mentre guardava il bambino piangere e urlare.
- Tu! O la smetti o ti faccio smettere io!
- Oh cazzo, filiamo! - Uscirono dalla macchina e scapparono ridendo, mentre il vecchio di guardia neanche tentò di rincorrerli.
- Hai visto quanto si stava cagando sotto quel ragazzino? - Andrea rideva mentre cercava di riprendere fiato. Anche Mattia ridacchiava, coinvolto dall’amico.
- Sai che sei proprio uno stronzo, te?
- Sbaglio o eri te che guidavi? - rispose sghignazzando Andrea.
- Eh già - rideva - Ma fra i due quello piú stronzo rimani comunque tu!
- Perfetto! Ci posso stare.
I due si sedettero al lato del marciapiede a riprendere fiato. Per strada passavano poche macchine, ma il marciapiede era abbastanza affollato, tanto che le persone sentendo le loro parole si giravano a guardarli.
- Che cazzo si guardano tutti non lo so! - disse Andrea ad alta voce. Continuò - Senti, io ho fame. Andiamoci a sfondare di schifezze - disse alzandosi. Poi abbassando la voce aggiunse - Magari ci facciamo pure una canna, eh? - Gli strizzò l’occhio.
- Daje - riuscí solo a dire Mattia alzandosi. Poi aggiunse - Andrè?
- Sí? - disse lui voltandosi.
- Grazie.. - sorrise.
- Oh, non fare il frocio con me! E ora andiamo!

5.
Nel pomeriggio Mattia si svegliò. Quella notte aveva dormito bene. Dopo la lunga serata passata con Andrea ora si sentiva meglio, ma a rovinare il suo umore trovò un messaggio sul cellulare. Era Anna. Oi, scusa per la scenata, che ne dici se ci vediamo oggi?
Dopo aver letto, sbuffò e lasciò il telefono sul tavolo. Uscí di casa senza incontrare la zia e si diresse verso la chiesa. Entrò e si andò a sedere su una panca isolata. Non c’era molta gente dentro, l’atmosfera era tranquilla e lui rimase seduto in silenzio.
- Che ci fai qui? Credi ancora nelle favole?
Andrea si era avvicinato silenziosamente, tanto da spaventarlo, e Mattia sobbalzò colpito da quell’improvvisa domanda.
- Oh scusa non credevo fossi cosí sensibile.. - Andrea ridacchiava, guardando con aria divertita l’interno della chiesa - Io personalmente ho smesso di crederci quando sono cresciuto, e penso che dovresti fare lo stesso anche tu.
- Io invece penso che ti dovresti fare gli affari tuoi, ogni tanto! - fu la risposta secca di Mattia. Non lo sopportava quando si permetteva di fare commenti del genere.
- E mo’ che è sta lagna? - ridacchiò ironico - Che c’è, Annina ti sta facendo sentire in colpa? - domandò con tono piagnucoloso.
- Smettila di rompermi le palle, lascia fare a me stavolta - Mattia rispose a bassa voce, ma con tono arrabbiato.
Di tutta risposta Andrea si alzò ridacchiando.
- Ok, capo. Quando torni sulla terra fischia! - E se ne andò.
Mattia rimase ancora a lungo dentro la chiesa, cercando di trovare un po' di tranquillità e magari anche una soluzione. Ma non la trovò. Prese la via di casa sperando con tutto il cuore di non incontrare la zia, anzi, di non incontrare nessuno. Lungo la strada fumò due sigarette, camminando silenzioso e insultandosi da solo. Devo trovare una cazzo di soluzione. E in fretta. Entrò nel palazzo e salí lentamente i tre piani di scale che lo separavano dalla porta di casa. Entrò e trovò il buio. Bene - pensò - nessuna rottura, per ora. Andò in camera, si buttò sul letto e rimase in quella posizione a fissare il soffitto.

6.
Come ogni mattina, prima delle lezioni, Mattia si ritrovava insieme ai compagni di corso sulle scalinate dell'università, per scambiare due chiacchiere prima delle lezioni.
- Ragazzi, ve lo dico: quella è la donna della mia vita. Mai stato cosí innamorato, cazzo!
A parlare era stato Federico, un tipo, a parere di Mattia, assolutamente inutile e anche parecchio stupido, sempre con la testa fra le nuvole.
- Peccato che sia la donna della vita di qualcun altro, per ora! - disse Gabriele arrivando, zaino in spalla, alla base della scalinata. Tutti risero alla battuta, prendendo in giro l'amico. Solo Mattia era rimasto serio.
- La donna della vita non esiste.. - disse tristemente, fissando il vuoto attorno ai propri piedi.
- Tutta allegria oggi eh? - rispose Gabriele ridendo.
Mattia alzò gli occhi per guardare l'amico. Rideva e non si rendeva conto della morsa allo stomaco che lo teneva imprigionato.
- Ma che ne sai te - Si alzò e si buttò lo zaino in spalla. Fece per entrare quando Gabriele continuò a parlare.
- Hai ragione, grand’uomo! Tu sí che te ne intendi di donne!
Si voltò di scatto - Che intendi, scusa?
Che c'è, ora ti ci metti pure te? - pensò fulminandolo con lo sguardo.
Gabriele ridacchiando assunse un aria sfottente - Be' - esordí - la tua ragazza non sembra molto contenta, ultimamente..
Sul suo viso comparve un sorrisetto sarcastico, che fece morire a Mattia le parole in gola.
- Dai ragazzi basta, è ora.. È arrivato il Mencuccio - disse un'indistinta voce dal gruppo. Tutti si alzarono, raccolsero ognuno il proprio zaino e fecero per entrare. Solo Andrea restò seduto un paio di scalini piú sotto di Mattia e Gabriele. I due ancora si guardavano in silenzio. Dopo pochi interminabili secondi Mattia raccolse lo zaino e si voltò. Gabriele gli mise una mano sulla spalla, fermandolo.
- Perché non finiamo il discorso?
A quel punto Andrea si alzò.
- Meglio andare va' - disse tra sé e sé passando accanto ai due. Fu un'occasione per Mattia di distogliere lo sguardo dall'amico, che invece continuò a fissarlo senza interruzioni. Seguí con lo sguardo il compagno d'infanzia fino a che non sparí oltre le porte.
- E che dovremmo dirci, scusa? Sei suo fratello, non posso dirti tutto.. - disse, tenendo lo sguardo ancora lontano dall'amico.
Ci fu un attimo di silenzio durante il quale Mattia si pentí di aver parlato.
- Mattí, che hai fatto?
Cazzo.
- Davvero, pensi sia cosí stupido da dirglielo?
Mattia esitò un istante e sospirò. Lo è? Ma in quel momento non era importante se lo fosse oppure no, aveva bisogno di qualcuno che lo ascoltasse.
- Mi sa.. Mi sa che ho fatto un casino..
Le parole uscirono a stento dalle labbra secche di Mattia.
- L'altro giorno - continuò - ero incazzato e.. ho incontrato Chiara, sai no? - fece una pausa, sperando ardentemente di non dover andare avanti, che avesse capito.
Ma Gabriele lo guardava fisso e lui non riusciva a reggere quello sguardo e quel silenzio contemporaneamente, cosí si fece forza e parlò.
- Lei.. lei mi sbava dietro da un po' e.. ci ha provato di brutto! E io non.. non ho saputo resistere.
La luce negli occhi di Gabriele mutò talmente velocemente che, per prima cosa, Mattia si pentí di essersi confidato con lui, poi ebbe la strana sensazione che l'amico stesse forzando l'espressione. Gabriele invece non era incazzato. Anzi, forse un po' sí.
- Mattí, cazzo! - esclamò lui - Cosa pensi di fare ora? - chiese poi, dopo un breve attimo, con tono piú calmo.
Mattia era sull'orlo di una crisi. Si sentiva gli occhi lucidi e mai, per nulla al mondo, avrebbe permesso a Gabriele di notarlo. Sospirò profondamente, due, tre volte per alleviare la tensione.
- Davvero non lo so..
Gabriele fu preso da pietà e compassione. Non l'aveva mai visto in quelle condizioni, si vedeva che stava veramente male. Mosso da uno strano miscuglio si emozioni poggiò una mano sulla spalla dell'amico che ancora non osava guardarlo in faccia.
- Guarda, vedi te.. Però cerca di non farla stare cosí male!
- Va bene.. - sospirò Mattia - Ora rientriamo, va'..
Raccolsero entrambi lo zaino e salirono le scale verso l'entrata dell'università. Cercò Andrea con lo sguardo, ma non riuscí ma scorgerlo. Anche dentro l'aula, il suo solito posto era vuoto.
Dove cazzo è finito ora?

7.
Anna, distesa sul letto disfatto con ancora indosso il pigiama, ascoltava la voce metallica che usciva dal cellulare, mentre teneva chiusi gli occhi ancora arrossati dal sonno.
- Mamma.. Mamma, dai, non preoccuparti, qui è tutto a posto.
Era sempre stata molto ansiosa e pressante, e il solo fatto che adesso lei e il fratello fossero andati a vivere lontano da casa l’aveva resa ancora piú agitata.
- Sí, anche Gabri sta bene.. Piuttosto, giú da voi come va?
Ascoltando la madre parlare si rigirò nel letto, sbuffando. Ma perché chiama sempre a orari del genere? - pensò, ma guardando l’orologio segnare le 11.30 si rimproverò quel pensiero, dovuto alla stanchezza e alla svogliatezza che aveva nel parlare con la madre.
- Capisco.. Bene, sono contenta.. - rispose automaticamente, senza fare caso neanche alle parole.
Seguí un attimo di silenzio. Anna si alzò, e andò alla finestra.
- Come vuoi che vada, sto cercando di non pensarci..
Sospirò, passandosi una mano trai capelli. Mille pensieri le scorrevano nella testa, mille immagini le apparivano davanti agli occhi. Si sentí gli occhi lucidi, e strinse la presa attorno al telefono.

8.
Con le cuffie nelle orecchie e la musica sparata al massimo del volume per tentare di superare il suono dei pensieri, Mattia scendeva a passo lento la strada, illuminata a mala pena dalla luce del tramonto. Si guardava intorno con aria distratta e stanca, tenendo nella destra una sigaretta fumante.
Sentí poi vibrare il telefono nella tasca dei jeans, lo prese, lesse il nome e, dopo essersi tolto le cuffie, rispose.
- Pronto Andrè?
- Mattí, do' stai? - rispose lui senza badare ai convenevoli.
- Sto andando da Anna, mi sono rotto le palle di questa situazione!
Ci fu un attimo di silenzio, del quale Mattia non riuscí a capire il motivo.
- Guarda che è un errore, devi darle piú tempo! - riprese l'amico con voce leggermente tremante.
- Che intendi per
piú tempo? - chiese lui con tono violento.
Ora mi hai proprio stancato, che hai in mente?
- Intendo che.. che forse dovresti lasciarla stare per un po'..
No, non mi freghi piú.
- No, voglio andare. Non voglio far andare le cose in malora. Ora ciao - disse, e attaccò.
Era arrivato intanto davanti al grosso portone di legno, spalancato sulla strada, ancora con la sigaretta fumante in mano, e si mise a osservare sovrappensiero le cerniere decorate, indeciso sul da farsi.
Buttò la sigaretta e varcò a passo lento la soglia del portone, per salire fino al terzo piano, contando i gradini uno ad uno.
Poi suonò.

9.
Il suono del campanello risuonò acuto nel grande appartamento. Un gatto nero, che dormiva beato su una sedia accanto alla porta, si alzò irritato per poi scappare via quando le veloci gambe di una ragazza gli passarono davanti.

- Spero che in questo modo mi passi piú in fretta.. Scusa un attimo, hanno suonato.. Sí, sí, vado io!
Arrivata all'ingresso, Anna aprí la porta e si trovò davanti Mattia. Basita, riavvicinò il telefono all’orecchio.
- Ti richiamo io, ok? - e terminò la chiamata.
- Che ci fai qui? - cominciò lei sorpresa rivolgendosi a Mattia.
Si sentiva strana a vederlo, non sapeva cosa provare. Avrebbe voluto sbattergli la porta in faccia senza tante storie, ma avrebbe anche voluto parlarci, chiarire, capire e perdonarlo.
- Ti prego, fammi parlare - esordí confusamente lui. Era ancora sovrappensiero quando lei gli aprí la porta, e stava ora cercando di riordinare forzatamente le idee. Attese qualche secondo un'opposizione da parte sua che non ci fu, respirò profondamente e continuò.
- Allora.. Credo di doverti delle spiegazioni - disse, chiudendosi la porta alle spalle e rimanendo sulla soglia, con lo sguardo perso nel vuoto del pavimento.
La voce di Mattia era tremante, ricolma di pensieri mai espressi che stavano per venire fuori in un'esplosione. Non sapeva come cominciare. Nonostante tutto ciò che gli era venuto in mente da dire, la sua mente in quel momento era vuota.
- Per prima cosa - riprese lui a fatica alzando gli occhi per incrociarli con quelli di lei - Devi sapere che ti amo.
Le parole gli uscirono di bocca come una tempesta. Non ebbe neanche il tempo di accorgersi di quello che stava dicendo; ormai le aveva confessato tutto, chiesto perdono e dichiarato i suoi sentimenti piú profondi con una semplice frase tremante uscitagli spontaneamente dalle labbra.
Per un lungo secondo rimase paralizzato.
- Non me l'avevi mai d..
- E proprio per questo - la interruppe bruscamente lui distogliendo nuovamente lo sguardo - Voglio dirti perché hai visto ciò che hai visto.
- Non parlare - comandò lei, prendendosi poi qualche secondo di silenzio per riflettere - È una cosa che succederà ancora?
Mattia non si aspettava, per quanto lecita, una domanda del genere ed ebbe un leggero singulto prima di rispondere.
- Potessi morire, no.
Era l'affermazione piú sincera che avesse mai pronunciato. Aveva denudato l'intera sua anima davanti alla ragazza che amava, rischiando il tutto per tutto, senza la certezza di una via d'uscita sicura, ma era ciò che voleva e doveva fare. Doveva. Sospirò per calmarsi.
- Bene - disse lei solamente.
- Ma io voglio spiegarti che..
Ma non fece in tempo a concludere la frase che sentí Anna avvicinarsi e posare le labbra sulle sue. In un attimo si ritrovarono attaccati, e la strinse a sé, assaporando quelle labbra calde e il profumo dolce di quei capelli castani. La testa gli si schiarí, e accarezzandole la pelle e i capelli, pianse silenziosamente, pianse tutto l'amore che provava.
Lei gli accarezzò il volto e guardandolo negli occhi lo prese per mano.
- Vieni - sussurrò lei, e prendendolo per mano andò verso la propria stanza.

10.

- Alfiere in D4.
Mattia teneva lo sguardo fisso sulla scacchiera, mentre con la mano sinistra si attorcigliava una ciocca di capelli.
- Ei, tocca a te! - riprese Andrea osservando l'avversario dall'altra parte del tavolo.
Il tavolino stava all'ombra di un grande pioppo, ormai quasi completamente spoglio per l'inverno in arrivo. Il vento leggero faceva piovere le poche foglie che ancora resistevano, andando a formare un tappeto giallo che si estendeva per tutto il parco.
- Sí, lo so, sto pensando.. - rispose Mattia mentre guardava il suo re bianco attanagliato da ogni lato dalle pedine avversarie, studiando distrattamente una strategia di salvezza.
- Ok, fai pure - rispose Andrea facendosi sfuggire una risatina.
Mattia fece la sua mossa.
- Bello quel braccialetto.. Nuovo? - domandò Andrea mangiando con l'alfiere il cavallo di Mattia.
- Sí, me l'ha regalato Anna.
- Ah.. Allora avete risolto?
- Diciamo di sí, il peggio è passato - disse spostando il re dalle grinfie di una torre.
Andrea ora lo guardava fisso.
- Senti, noi non abbiamo mai avuto segreti - riprese Andrea osservando alternativamente l'amico e il gioco - Quindi voglio parlarti chiaramente. Io non la sopporto, non l'ho mai sopportata, e penso che ci stia allontanando.
- Continua..
Ora la partita non aveva piú importanza, voleva solo sentire cos'altro Andrea aveva da dire al riguardo.
- Cosa ci trovi in lei? Tu hai preferito fartela con un’altra mentre lei non c’era.. Lo so che potrei sembrare cattivo, ma sto cercando di farti capire cos’è meglio per te!
- Cosa credi di saperne tu di cosa è meglio per me? - scoppiò Mattia - Come puoi permetterti proprio tu di parlare del mio bene, quando sei stato te il primo a farmene dubitare, a levarmelo?
I due ora si fissavano in silenzio, Mattia respirando affannosamente e Andrea impassibile e calmo.
- Tutto quello che io ho fatto.. - rispose Andrea - Era per te.
- No, adesso basta! Se tu pensi davvero che il mio essere felice insieme ad Anna possa intaccare quella che è, o dovrebbe essere, la nostra amicizia, allora forse non è lei, sei tu il problema! E sappi che non c’è cosa che tu possa dire per farmi dubitare di nuovo, per farmi passare ancora quello che ho dovuto affrontare per uscirne.
- Immagino le grandi cose che avrai passato in camera da letto! - rispose ridacchiando Andrea senza battere ciglio.
- Senti tu.. - ma venne interrotto dalla suoneria del cellulare - È Anna..
E alzandosi rispose.
- Pronto? Ciao amore, come stai? Sto al parco.. Sí, va bene, arrivo subito. A tra poco allora, un bacio - e riagganciò.
- Senti Andrè, devo andare..
- Ma siamo alle ultime mosse - rispose mentre sogghignava, stringendo una mano nell'altra.
- Senti, ho altre priorità adesso. Mi dispiace, devo andare - e voltandosi si allontanò.
Andrea non rispose. Rimase a fissare la scacchiera, studiando le ultime mosse.
- Ehi, Mattia! - urlò per richiamarlo - Scacco matto, amico. Scacco matto..

11.
- Dai smettila!
Anna rideva, mentre il vento dai finestrini le sollevava i capelli e lo stereo mandava una semplice canzoncina pop da sottofondo. Seduto sul sedile posteriore, Mattia si godeva gli ultimi raggi di sole autunnale sul volto e la dolce risata della ragazza riconquistata.
- Ahahah, va bene, va bene, stai tranquilla! - urlava Gabriele mentre con una mano teneva il volante e con l'altra abbassava il volume dello stereo.
- Non vedo l'ora di arrivare! Quanto manca?
Anna era su di giri come non mai. Tutto si era sistemato e, per una volta, si sentiva veramente felice e completa.
- Poco meno di mezz'ora ormai.. E il tempo promette bene, credo che il lago sarà proprio una meraviglia.
Il sole era ancora basso e illuminava la campagna attorno a loro di colori quasi fiabeschi.
- Mattia, guarda che meraviglia il panorama! E guarda quanti corvi!
- Mh? Cosa..? Scusa, mi stavo appisolando e.. - e concluse la frase con un fragoroso sbadiglio.
- Ce ne siamo accorti! - rispose Anna, ed entrambi risero.
Di tutta risposta Mattia si appoggiò nuovamente al finestrino chiudendo gli occhi dietro le lenti scure.
- Certo che sei di compagnia, là dietro!
- Lascialo dormire - cominciò Gabriele senza distogliere lo sguardo dalla strada - Arriverà piú riposato.
- Se lo dici tu.. Posso dormire anch'io?
- E io che sono, il tassista? No, tu mi tieni compagnia!
- Uffa - rispose teatralmente Anna - Almeno fammi cambiare stazione.
Ora Anna smanettava con i pulsanti della radio, cambiando frequenza a ripetizione senza trovare qualcosa che la stuzzicasse abbastanza da farla decidere. Poi Gabriele, leggermente irritato, spinse il pulsante 3 e la radio si zittí. Poi riprese.

This feeling
Inside me
Finally I found my love
I've finally broke free
No longer
Torn in two
I'd take my own life before losing you..


Che cosa aspetti?
-
Cosa!?
Mattia sobbalzò sul posto, andando a sbattere la testa contro il tettuccio.
- Mattia, tutto ok? - chiese Anna con aria leggermente preoccupata - Che è successo?
Mattia si guardava intorno con aria confusa, mentre con una mano si massaggiava la testa.
- Niente.. Mi è sembrato.. Mi è sembrato si sentire una voce.
- Poverino lui, fa gli incubi! - rise Anna - Dai, torna a dormire, siamo quasi arrivati.
Non ti è sembrato, cretino!
- CHECAZZO!?
Questa volta Mattia urlò, fissando con orrore il sedile accanto al proprio.
- Mi spiegate cosa sta succedendo? - chiese Andrea con tono preoccupato.
- Non lo so.. Mattia stai bene?
- Io.. Io..
Oh sí che stai bene. E tra poco starai anche meglio, vedrai..
- STAI ZITTO BASTARDO!
- Mattia che succede!?
Anna lo fissava con aria sconvolta mentre lui si chiudeva le orecchie con forza e urlava contro una figura inesistente.
Nessuno potrà piú dividerci.. Staremo insieme per sempre..
-
No.. No.. NO!
Mattia scuoteva la testa con attorno le mani e teneva gli occhi cosí fortemente chiusi che sembrava che niente potesse riaprirli.
- Accosta, appena puoi - disse Anna rivolgendosi al fratello.

Ma come? Non vuoi piú stare con me? Non sono piú il tuo amico? L'ultima volta non hai esitato a fare quello che andava fatto! Non ricordi? Certo, eravamo molto piccoli.. Mamma e papà volevano separaci, volevano allontanarci.. Non ci volevano insieme. Ma insieme gliel'abbiamo impedito.. Ora ricordi?
- Zitto, zitto, stai ZITTO!!
Volevano abbandonarti in quell'ospedale, e noi glielo abbiamo impedito.. Ricordi che bello scherzo che abbiamo fatto a papà? È stato divertentissimo, ricordi? No, forse no.. Ma ora è lo stesso.
- Perché mi fai questo..? - le lacrime gli rigavano gli occhi ancora serrati mentre tra le dita rimanevano ciocche di capelli neri.
Apri gli occhi femminuccia. Che credevi, che ti avrei davvero lasciato nelle mani di quella puttana? Che ti avrei fatto portare via da me?
- No.. No.. Smettila!! - urlava Mattia dimenandosi.
- ODDIO GABRIELE SBRIGATI! - Anna urlava senza sapere cosa fare e né cosa pensare.
- Appena posso, APPENA POSSO!
Ti sbagliavi. E adesso è arrivato il momento della resa. Sei pronto? Come l'ultima volta..
- No.. No.. Ti prego..
Apri gli occhi.
- No..
Fallo!
-
No..
ORA!!

Fu un attimo. Mattia si avvinghiò al collo di Gabriele e la macchina iniziò a sbandare. Anna urlava mentre con le unghie e con i denti cercava di staccare la presa di Mattia dal collo del fratello, che già si dimenava in preda la panico.
Non avere pietà di loro.
Roteando, la macchia uscí di strada, e rovesciandosi si andò a schiantare contro il tronco di un cipresso.
Le urla cessarono, e rimase solo il gracchiare dei corvi.

   
 
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