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Autore: cherrycherry    17/10/2007    4 recensioni
Non fatevi ingannare dal titolo: questa fic è sì ispirata al libro di Charles Lutwidge Dodgson, ma in realtà la somiglianza dura solo fino ad un certo punto, in cui la trama si stacca completamente dalla favola conosciuta. (CAPITOLO QUINTO)
Qui Alice (si legge all'inglese) è una ragazzina di 15 anni del XXI secolo, dark e con una grande passione per il disegno, che segue un ragazzo vestito interamente di bianco per recuperare il suo blocco di schizzi finendo catapultata nel mitico Paese delle Merviglie...
BUONA LETTURA E UN BACIO A TUTTI, VECCH!!! (vi prego ditemi cosa ne pensate, anche se vi fa schifo!!!)
Genere: Dark, Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Voglio precisare che questa fic non è un tentativo di rendere mia la favola di Charles Lutwidge Dodgson, bensì la mia versione di come andrebbe se Alice fosse una ragazza moderna, di quest’epoca che non conosce più l’immaginazione come un tempo...
BUONA LETTURA!!!

Minacciava di piovere, quel giorno di novembre. Il cielo plumbeo e tuoneggiante non prometteva proprio nulla di buono, se non un grande acquazzone di lì a poco...
Ma alla ragazza interamente vestita di nero non importava. Non aveva preso con sé l’ombrello quando era uscita per andare a scuola, solo la sua giacca di pelle troppo grande, unica cosa che aveva per coprirsi.
Mentre camminava senza fretta alcuna verso la sua meta, pensava che in fondo non gliene fregava proprio nulla dello studio, che sua madre era una povera scema perché non le aveva permesso di frequentare l’istituto d’arte, e che se non le piaceva il suo modo di truccarsi, con gli occhi cerchiati di matita scura e le unghie corvine con il franch di stelline bianche, poteva benissimo fare a meno di guardarla. Già, e anche che il suo nome, Alice, le faceva venire la nausea!
Di certo non andava ad immaginarsi che a scuola non ci sarebbe mai arrivata...

Successe tutto in un istante: un ragazzo di qualche anno più grande di lei -forse sui diciassette anni- le attraversò la strada rischiando di investirla.
Alice perse qualche secondo cercando di riprendersi, quando si rese conto che il suo blocco di schizzi -quello che teneva stretto in mano- le era scivolato via restando impigliato alla sacca che il ragazzo portava a tracolla.
“Ehi!! -si mise a gridare furiosa raccogliendo le sue cose e andandogli dietro correndo a perdifiato- Ehi, tu!!! Aspetta!!”
Ma niente! L’altro non voleva saperne di darle retta! -oppure non l’aveva nemmeno sentita, chissà!
Nonostante avesse il fiato corto e non capisse dove il Tipo la stesse conducendo, si riscoprì ad osservarlo: al contrario di lei era completamente vestito di bianco -anche le scarpe!!
Indossava una lunga giacca con l’immagine di un coniglio stampata sulla schiena e dei pantaloni simili a jeans come tessuto, ma non avendo la possibilità di toccarli non ne era sicura. Portava una tracolla candida di forma quadrata nonostante fosse chiaramente di stoffa, visto che una delle punte del suo blocco si era incastrata in un filo scucito.
Alice continuava a correre stupendosi di quanta resistenza avesse il ragazzo, fino a che lui svoltò in un vicolo facendosi perdere di vista.
Anche lei poco dopo svoltò l’angolo, ma tutto era deserto e immobile.
“Che cazz...?” cominciò perplessa guardandosi intorno. Un piccolo cunicolo vicino al muro lercio attirò la sua attenzione. Fece qualche passo in quella direzione e si accucciò per sbirciarne l’interno. Per un istante vide una macchia bianca sparire nel buio e poi più nulla.
Non c’era alternativa: il ragazzo era passato di lì!
Si fece coraggio, prese un bel respiro e piano piano cominciò a calarsi in quella che sembrava più che altro una conigliera.
Troppo tardi si rese conto di stare precipitando nel buio e nel vuoto.
Serrò gli occhi e le mascelle sperando di non sentire troppo male nello schianto che avrebbe di lì a poco avuto, ma con suo grande stupore non accadde nulla.
Riaprì prima un occhio e poi anche l’altro, inutilmente: era buio pesto!
Ebbe l’impressione di essere sospesa nell’aria, se non fosse stato che dopo alcuni minuti di caduta libera delle piccole falene fosforescenti attaccate alle pareti attorno a lei -un cunicolo di circa 2x2 metri- illuminarono il luogo quanto bastava perché Alice riuscisse a vedere gli scaffali pieni di libri e carte geografiche e storiche scorrerle affianco.
Con un suono sordo atterrò di sedere su un cuscino. Vagò con lo sguardo per capire dove si trovasse, ma quel luogo non aveva nulla di familiare.
Davanti a sé vide un lungo corridoio e il ragazzo bianco che correva lungo ad esso. Non perse ulteriore tempo e riprese il suo inseguimento fino alla fine del corridoio, ma con orrore dovette constatare che era sola nella stanza con al centro il tavolino di cristallo a tre zampe.
“Ma porca miseria!!” sbraitò andando a grandi passi verso l’unico mobile lì presente. Sopra vi era un piccola chiave, come quelle dei diari segreti che le avevano regalato per i suoi sette e nove anni. La esaminò curiosa: era proprio piccolina, tutta d’oro.
Nella stanza c’erano diverse porte e lei ne esaminò di ognuna la serratura per vedere se fosse effettivamente adatta alla chiavetta. E infatti una ce n’era, ma era troppo piccola per lei: la si poteva considerare una di quelle porticine per far uscire il gatto in giardino... Però la chiave entrava perfettamente nella toppa.
Vi sbirciò cercando vanamente di infilarci la testa. Ciò che vide la lasciò di stucco: di fronte a lei si stendeva un grandissimo prato verde. Rimase pensierosa sul da farsi. “Quella strega della prof la definirebbe una situazione kafkiana!” rifletté a voce alta. Solo allora notò l’ampolla apparsa misteriosamente sul tavolino.
Richiuse con cura la porticina e andò ad esaminarla.
BEVI c’era scritto sul vetro.
Alice ci pensò su un istante. “Cosa dovrei fare a questo punto? Sicuramente è un sogno, ma è troppo interessante per svegliarmi! Se io seguissi le indicazioni, dovrei bere quest’affare rischiando di morire intossicata, ma in fondo nei sogni non si muore mica!”
Detto ciò, bevve tutto d’un fiato il liquido al sapore di cola.
Chiuse gli occhi e fece un lungo sospiro sconsolato nel constatare che non accadeva nulla, ma appena riaprì gli occhi scoprì di avere davanti a sé un panorama diverso da prima: una delle zampe del tavolo ora le appariva davanti dieci volte più grande di lei.
Lo scoprirsi improvvisamente alta non più di venti centimetri sconvolse Alice. Era vero che ora era abbastanza piccola da passare dentro la porta, ma la chiave... era sopra il tavolo!
“NOOO!!!!!” urlò. Prendendo a calci il cristallo del tavolino... tavolone... “Come ho potuto fare un errore del genere?? COME?!” sbraitò ormai in preda ad un crisi isterica che la portava a prendere a calci tutto ciò che trovava, fino a che...
Quell’ultima cosa che il suo piede aveva colpito era certa che fino ad un istante prima non ci fosse: un pasticcino con la scritta MNAGIA.
Senza esitazioni, sicura per una qualche misteriosa ragione che quel pasticcino fosse la sua salvezza lo ingoiò in un boccone.

FINE PRIMO CAPITOLO

  
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