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Autore: Allyn    30/03/2013    7 recensioni
Quando Yuki si risvegliò Zero dormiva ancora. Un braccio sotto il cuscino, l’altro abbandonato sul materasso spoglio, la mano aperta, in cerca di lei, anche nell’incoscienza del sonno...
Dal capitolo amore e sangue [...]Afferrò il viso di Zero con tutte e due le mani, baciandolo con foga, , per poi buttarlo con il suo peso a terra, leccargli piano il collo, e prendendosi ciò che ormai era suo di diritto.
Affondò i canini con molta meno gentilezza di quanto aveva fatto il ragazzo, bevendo avida, ancora assetata per quei mesi passati senza di lui.
“Sei diventata una vampira veramente brava, Yuki” Le mormorò il ragazzo osservandola, gli occhi chiusi, le labbra impegnate, il viso arrossato. Chiuse gli occhi anche lui, felice per quel gesto, per quel loro scambio d’amore, ma triste allo stesso tempo, nell’immaginarsi ancora umano, nellnell’immaginare lei, ancora umana. Cosa avrebbero fatto, insieme in quel bagno? Di certo la loro passione non sarebbe esplosa in un reciproco dissanguarsi, mordersi, bersi...si sarebbero consumati a vicenda in un altro modo, possedendosi nell’altro modo che conoscevano, l’unico che lo Zero umano avrebbe potuto condividere con la sua Yuki umana...
Genere: Dark, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaname Kuran, Un po' tutti, Yuki Cross, Zero Kiryu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO FINALE

Capitolo 16

L’imperdonabile Sacrificio

Mi portai le mani al grembo, su quella pancia quasi accennata, dolcemente rotonda. La sfiorai con le dita, attraverso il tessuto leggero del vestito, quasi volendo carezzare quel suo nascosto mistero.

Il mio segreto più dolce, più imperdonabile, svelato dalle sue labbra come una sentenza, come una condanna.

Guardai lacrime bagnare il pavimento, una dopo l’altra, scivolare copiose sul mio viso per poi cadere, gocce sorde sul marmo freddo. Alzai lo sguardo per incontrare gli occhi cremisi di Kaname ora incerti, ora lontani, lo fissai senza riuscire a decifrare alcuna emozione in quel rosso tanto familiare.

Ma oltre agli occhi del fratello c’erano altri occhi, a fissarmi, altre orecchie, testimoni di quel fardello nel mio grembo.

Zero mi raggiunse a grandi passi, le iridi viola corrotte dalle lacrime, il respiro corto, di chi ha corso senza tregua.

“Non osare torcerle un capello, Kuran!” Gridò sfoderando la Bloody Rose.

Gli uomini della mia vita, Kaname, il mio inizio, Zero il mio presente.

Tutti e tre i pezzi più importanti riuniti sulla scacchiera, eppure guardandoci non avrei saputo dire chi fosse bianco e chi nero...

Se solo avessi potuto, li avrei voluti avere entrambi presenti nella mia esistenza, tasselli indispensabili di questo caotico mosaico di eventi e di speranze, però sapevo, o forse avevo sempre saputo, in cuor mio che questo sogno non sarebbe mai stato possibile da realizzare.

Mi avvicinai cauta all’arma di Zero e la abbassai piano, deviandone la mira verso il pavimento, allontanando quella traiettoria mortale dal cuore di Kaname.

“Rose...tu, non mi faresti mai del male...” Sussurrò il purosangue mettendosi in piedi e avanzando di un passo verso l’arma.

“Non avvicinarti, mostro!”Gridò l’altro arretrando per coprirmi con il suo corpo.

“Proteggi lei, o quello che giorno dopo giorno sta crescendo nel suo corpo?” Domandò il moro, l’aria incuriosita.

Mi portai nuovamente le mani al ventre, carezzando piano, quasi volendo rassicurare quel piccolo ignoto ascoltatore.

Zero fissò intensamente il suo interlocutore, poi me, infine le mie dita, premute dolcemente sulla stoffa del vestito.

Realizzò, l’informazione che prima aveva solo recepito e subito accantonato per la foga di proteggermi.

“Non lo sapevi?” Kaname sorrise senza sembrare allegro

“Yuki...” La voce di Zero si fece instabile, la presa sull’arma si fece più debole e quasi temetti che svenisse da un momento all’altro.

“Perché non me l’hai detto?” Chiese.

“Non volevo farti cadere in ansia...” Mormorai colpevole.

“E se fossero gemelli?” Domandò serio il purosangue.

“Un po’ vampiri, un po’ Hunter, si succhierebbero a vicenda la vita...come due mostri, come i mostri che siamo, come i mostri che sono i cacciatori..” Sembrava assorto mentre queste parole fluivano rapide dalla sua voce.

“Se saranno gemelli, li amerò entrambi, e li terrò lontani da questo mondo folle, da questa maledizione di sangue e di armi!” Gridai, stringendomi le braccia attorno al corpo.

In quella stanza fredda mi sentii gelare ancor di più, un pensiero orrendo mi invase la mente.

“C’è una speranza Kaname, c’è la possibilità di poter viver felici, lontani dall’orrore...” Quel bambino, o quei bambini dentro di me ne sarebbero stata la prova, tenendo il segreto avevo covato per tempo l’idea che quella vita nuova, nata dall’amore tra me e Zero sarebbe stata la prova definitiva di una speranza di felicità e di normalità, un qualcosa che i mostri come noi, che i vampiri non conoscevano.

“Non essere ingenua Yuki...” Aveva il tono di voce antico, lontano, lo stesso che avevo udito nelle memoria frammentate che avevo vissuto in quell’ormai lontano sogno.

Zero che fino a quel momento era rimasto immobile fu scosso da un brivido, aumentò nuovamente la stretta sulla sua pistola e parlò lentamente, quasi ogni parola gli costasse un immenso dolore.

“Lui...ha ragione, Yuki...”

Spalancai gli occhi terrorizzata, Zero non credeva nel sogno di felicità che io, come Kaien condividevo da anni? Zero non voleva questo bambino?

“Noi Hunter, così come i vampiri, siamo esseri assetati di potere e di forza, quei bambini, semmai fossero gemelli, cercherebbero di annientarsi nel tuo grembo, proprio come orrende bestie in lotta per il territorio e per il sostentamento...Yuki, io...tu lo sai...Ichiru...” La voce gli venne meno, e il viola dei suoi occhi lampeggiò verso il mio ventre rotondo.

“Bestie?” Balbettai inorridita.

“Loro, lui, qualunque cosa ci sia qua dentro, è nostra, nata dal nostro...amore...” Arrossì di rabbia e di vergogna mentre pian piano l’istinto di protezione materna si impadroniva dei miei sensi.

Come poteva Zero non capire?

“Yuki...Noi non siamo come gli esseri umani... Noi non siamo normali, non siamo umani...noi non possiamo viver queste gioie...” Era triste, mentre pronunciava queste semplici parole. Fecero male come coltellate, come pugni dritti allo stomaco.

Noi non siamo umani.

Nel suo sguardo ametista e in quello porpora di Kaname rividi tutto l’orrore della nostra specie, rivissi il dolore sordo dei loro denti affilati sulla pelle, la sete che chiamava, la gola, il palato ardere, bramare, desiderare il più lascivo dei piaceri, il sangue dell’altro.

Ricordai quel volere, quel possedere quasi animale, bestiale, quella viscerale voglia di dissanguare l’altro di nutrirsi di lui tanto è l’amore che si prova.

Rividi il mio riflesso di vampira allo specchio dopo il risveglio, quel sentirsi diversa, sbagliata, le zanne appuntite formare un sorriso mostruoso, un sorriso folle, affamato di sangue.

No...avevano ragione...forse, Kaname, dopotutto aveva semplicemente scelto la strada più facile, quella indolore, la morte, il sacrificio, perché gli Hunter forgiassero armi più potenti in grado di debellare il mondo dall’infida razza dei vampiri.

Piansi inginocchiandomi a terra, le mani tra i capelli, sul viso, poi di nuovo al ventre.

Perché, perché non siamo umani, perché i miei bambini, il mio bambino, non avrebbero mai potuto vivere una vita felice e normale? Perché l’ossessione del sangue sarà sempre qui a tormentarci?

Alla mente mi arrivarono le immagini vivide di quel giorno a casa di Yagari, le lacrime amare di Zero, quel pianto antico, testimone della nostra condanna, testimone del desiderio irrealizzabile di tornare ad essere umani, fragili eppure così leggeri, così liberi dall’ossessione, dalla maledizione di quel liquido porpora.

“Yuki...non fare così ti prego...” Zero si inginocchiò al mio fianco cercando di staccarmi dal freddo pavimento di quella dimora.

Ma il corpo non reagiva, le braccia e le gambe non avevano la forza di muoversi.

Cosa sarebbe cambiato?

Cosa? I miei bambini si sarebbero succhiati la vita a vicenda nel mio grembo, sarebbero nati già dannati, già schiavi del sangue, e sarebbero vissuti, forse solo uno di loro, per l’eternità, infelici, come me, come Zero, come Kaname, le ferite sul nostro collo perenni testimoni di un amore malato, innaturale.

“Yuki...” La voce di Kaname si fece dolce.

Un bagliore fioco rischiarò la stanza e proiettò ombre danzanti sulle pareti.

Una sorta di falò aveva preso vita all’interno della bara di pietra, la fornace era pronta.

Per un istante pensai che dopotutto la scelta di Kaname fosse più che rispettabile, gettare il proprio cuore tra le fiamme ardenti, creare un’arma in grado di distruggere, porre fine alle sofferenze di questa vita invivibile, ma poi ricordai l’amore, ricordai le emozioni, i sentimenti, rividi il volto di quell’antica donna, rividi il suo, anche al centro dell’inferno avrebbe potuto ritagliarsi un po’ di felicità, e così anche noi, anche Zero, avremmo provato a sopravvivere in questo modo malato, mostruoso, grazie ai sentimenti, grazie a quel poco che di umano ci rimaneva.

“No...fratello...Rose, non avrebbe voluto” Mi alzai in piedi, le gambe avrebbero retto, le braccia l’avrebbero raggiunto, l’avrebbero fermato.

“Noi dobbiamo amare, dobbiamo provarci... Ci salverà dall’oblio, ci salverà dall’orrore della nostra natura...” Continuai.

Ma Kaname si avvicinò a me senza parlare, Zero lo raggiunse rapido come una saetta, la Bloody Rose carica.

Sentii il metallo della pistola impattare contro la pelle marmorea di mio fratello.

“Non toccarla...” Zero fissava immobile il suo nemico.

“Non ti permetterò di trascinarla con te tra le fiamme...solo per vendet..” Ma io lo zittii con un dito.

Guardai prima i suoi occhi viola, poi quelli cremisi di Kaname.

“Ricordi mamma e papà, ricordi Haruka e Juuri, loro ti amavano, ci amavano e si amavano...ed erano felici...ricordi i loro volti...c’è speranza” Sussurrai quasi a me stessa, prendendo coraggio, sperando per quei bambini o per quel bambino nella mia pancia.

“Si, Yuki...c’è speranza...” Sorrise tristemente, con quell’espressione antica, indecifrabile che avevo visto sempre sul suo volto fin da bambina.

“Mente...”Sibilò Zero, impugnando ancor più stretta l’arma.

“Oh Rose...ti sento adesso...” Kaname chiuse gli occhi e un rivolo di sangue scese dalla sua fronte macchiandogli il volto diafano.

Gridai di orrore, quando una piccola crepa sottile infranse il suo viso in modo impercettibile.

Dall’arma di Zero uscirono rovi simili a quelli delle rose, lunghi e scuri come braccia legnose, avvolsero il corpo del purosangue in un abbraccio gentile, senza dolore nonostante le numerose spine.

“Si, lo so, è la scelta giusta...”Mormorò Kaname carezzando uno dei rovi.

“Lascia quest’arma Zero...lascia che trovi pace...” Parlava ad occhi chiusi, assorto e lontano.

Non capii inizialmente cosa stesse facendo, non compresi, finché non sentii Artemis scivolare via dalla sua custodia come viva e cadere a terra.

“Zero lasciala...” Aiutai la mano tesa del vampiro a lasciare la pistola, che si dissolse piano unendosi ad Artemis, fino a prendere l’evanescente forma di una donna sottile vestita di rovi e di stracci vaporosi.

“Non credevo, ci fossi ancora...Sei venuta a prendermi...” Dagli occhi chiusi di Kaname sgorgarono lacrime di sangue e sale.

Non si sarebbe gettato nella fornace, no, aveva in mente altro e io non sarei mai riuscita a fermarlo.

Sentii le forze mancarmi, mentre la donna baciava le labbra socchiuse del vampiro purosangue.

“A presto, Rose...” La crepa sulla sua fronte si propagò, ed altre molto piccole andarono a incrinare le dita, il dorso delle mani, il collo.

“Fratello...”Balbettai stringendolo a me, il volto bagnato dalle lacrime.

Zero non capiva, non sapeva, non conosceva quell’espressione colma d’amore, quel sacrificio che molto anni prima aveva compiuto Juuri Kuran per me, e che ora si stava ripetendo.

“Questo è per te...questo è per loro...per non provare più dolore...per non esser più mostri...Sii felice mia dolce Yuki, e tu, Kyriu, prenditi cura di loro...” Sussurrò prima di baciarmi la fronte e diventare cenere e Sangue.

Sentii le forze mancarmi, sentii l’eco sordo del corpo di Zero che cadeva a terra come morto, prima di chiudere gli occhi, la vidi, la figura evanescente di Rose raccogliere la cenere brillante di quello che fino a pochi secondi prima era stato Kaname Kuran. La vidi sorridere soffiando sulla cenere, sino a che questa non divenne una nuvola inconsistente e pian piano la sagoma allampanata di un uomo, che con la sua mano strinse dolcemente quella di Rose, solo allora decisi di abbandonarmi all’oscurità, un sorriso triste e riconoscente sulle labbra.

 

Epilogo

 

“Kaname, Rose! Tornate qui!” Una giovane donna, forse troppo giovane per essere madre, corse a perdifiato sulla collina, i lunghi capelli ebano mossi dal vento estivo, la pelle chiara baciata dal sole accecante ormai alto nel cielo azzurro.

Era bella, eppure il suo sguardo color cioccolato nascondeva una tristezza antica, o meglio una consapevolezza troppo adulta per quei lineamenti sottili, dolci di un’adolescenza finita da poco.

La donna raggiunse i due bambini, li guardò entrambi severamente, infine li abbracciò chinandosi alla loro altezza, e scompigliando loro i capelli scuri, annegando nei loro occhi viola, così simili a quelli del padre.

“Non dovete allontanarvi così tanto...o potrei perdervi, e voi siete la cosa più cara che ho al mondo” Sorrise baciando la fronte a entrambi.

“Scusaci Mamma...” Borbottarono ricambiando l’abbraccio con vigore, sporgendo le loro manine per stringere il corpo esile della giovane.

Zero li osservò da lontano, con dolcezza, quella dolcezza libera e spensierata che non aveva mai pensato di poter provare nella sua vita, gli occhi viola persi nel contemplare quella ragazza ormai donna, e quei due bambini, i suoi bambini. Gemelli eterozigoti, maschio e femmina, entrambi vivi, entrambi sani, entrambi liberi.

“Yuki...”Mormorò raggiungendoli.

Lei ricambiò lo sguardo e tenendo per mani i due piccoli fuggitivi lo raggiunse.

“Mi sei mancata...” Sorrise lui baciandole le labbra con gentilezza, per poi posarsi sul suo collo candido, liberandolo con le dita affusolate dai lunghi capelli scuri, lì su quella pelle integra posò prima un bacio umido, leggero. Yuki sospirò piano, quasi avesse atteso quel gesto per tutto il giorno, poi un morso piccolo, delicato la fece sussultare di sorpresa, sorrise ancora, quando i denti di Zero lasciarono la sua pelle, priva di segni, priva di ferite, ancora intatta, umana.

Guardò il sorriso privo di canini del giovane marito illuminargli il volto, i capelli argentei risplendere sotto quel sole accecante, i due bambini aggrappati alle loro gambe.

Liberi, felici, umani...grazie al suo imperdonabile sacrificio.

"Ti amo..." Sussurrò Yuki, annegando nel suo sguardo rivivendo per un attimo quel loro passato antico, maledetto, eppure adesso quasi evanescente come un brutto incubo.

"Anche io..."Rispose lui, poggiando la fronte su quella della compagna, consapevole di stringere a sè il suo amore più imperdonabile, la sua follia più incredibile, il suo inizio, la sua salvezza, ora sua...

Si sarebbero amati per il resto dei loro giorni, giorni limpidi, lontani dall’ossessione del sangue, fatti di vita, di sudore, di un amore che di mostruoso non avrebbe avuto più nulla, giorni in cui Zero avrebbe preso Yuki con dolcezza e con passione sulle loro lenzuola, giorni in cui si sarebbero addormentati insieme, senza il desiderio di mordersi, senza macchie sulla pelle, nell’anima, giorni, ore a guardare i loro bambini crescere felici...

Liberi, felici, umani

“Grazie...” Pensarono guardandosi negli occhi prima di tornare a casa.

 

 

 

Fine.

 

 

Note dell’autore.

Ed eccoci giunti alla conclusione...piange come una bambina...spero che questa storia vi abbia lasciato qualcosa, come ha fatto con me, scriverla è stato un piacere, un piccolo viaggio dolce e malinconico, forse un po’ triste nel finale... Spero sarete presenti in altre mie Fic, e spero che questo finale non vi abbia deluso, scusate se in ritardo clamoroso.

Un bacio enorme.

Ancora nella speranza che vi sia piaciuto

Allyn.

Alla prossima (piange ancora)

 

 

   
 
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