CAPITOLO
FINALE
Capitolo
16
L’imperdonabile
Sacrificio
Mi portai le
mani al grembo, su quella pancia quasi
accennata, dolcemente rotonda. La sfiorai con le dita, attraverso il
tessuto
leggero del vestito, quasi volendo carezzare quel suo nascosto mistero.
Il mio segreto
più dolce, più imperdonabile, svelato dalle
sue labbra come una sentenza, come una condanna.
Guardai lacrime
bagnare il pavimento, una dopo l’altra,
scivolare copiose sul mio viso per poi cadere, gocce sorde sul marmo
freddo.
Alzai lo sguardo per incontrare gli occhi cremisi di Kaname ora
incerti, ora
lontani, lo fissai senza riuscire a decifrare alcuna emozione in quel
rosso
tanto familiare.
Ma oltre agli
occhi del fratello c’erano altri occhi, a fissarmi,
altre orecchie, testimoni di quel fardello nel mio grembo.
Zero mi
raggiunse a grandi passi, le iridi viola corrotte
dalle lacrime, il respiro corto, di chi ha corso senza tregua.
“Non
osare torcerle un capello, Kuran!” Gridò
sfoderando la
Bloody Rose.
Gli uomini della
mia vita, Kaname, il mio inizio, Zero il mio
presente.
Tutti e tre i
pezzi più importanti riuniti sulla scacchiera,
eppure guardandoci non avrei saputo dire chi fosse bianco e chi nero...
Se solo avessi
potuto, li avrei voluti avere entrambi
presenti nella mia esistenza, tasselli indispensabili di questo caotico
mosaico
di eventi e di speranze, però sapevo, o forse avevo sempre
saputo, in cuor mio
che questo sogno non sarebbe mai stato possibile da realizzare.
Mi avvicinai
cauta all’arma di Zero e la abbassai piano,
deviandone la mira verso il pavimento, allontanando quella traiettoria
mortale
dal cuore di Kaname.
“Rose...tu,
non mi faresti mai del male...” Sussurrò il
purosangue mettendosi in piedi e avanzando di un passo verso
l’arma.
“Non
avvicinarti, mostro!”Gridò l’altro
arretrando per
coprirmi con il suo corpo.
“Proteggi
lei, o quello che giorno dopo giorno sta crescendo
nel suo corpo?” Domandò il moro, l’aria
incuriosita.
Mi portai
nuovamente le mani al ventre, carezzando piano,
quasi volendo rassicurare quel piccolo ignoto ascoltatore.
Zero
fissò intensamente il suo interlocutore, poi me, infine
le mie dita, premute dolcemente sulla stoffa del vestito.
Realizzò,
l’informazione che prima aveva solo recepito e
subito accantonato per la foga di proteggermi.
“Non
lo sapevi?” Kaname sorrise senza sembrare allegro
“Yuki...”
La voce di Zero si fece instabile, la presa
sull’arma si fece più debole e quasi temetti che
svenisse da un momento
all’altro.
“Perché
non me l’hai detto?” Chiese.
“Non
volevo farti cadere in ansia...” Mormorai colpevole.
“E se
fossero gemelli?” Domandò serio il purosangue.
“Un
po’ vampiri, un po’ Hunter, si succhierebbero a
vicenda
la vita...come due mostri, come i mostri che siamo, come i mostri che
sono i
cacciatori..” Sembrava assorto mentre queste parole fluivano
rapide dalla sua
voce.
“Se
saranno gemelli, li amerò entrambi, e li terrò
lontani da
questo mondo folle, da questa maledizione di sangue e di
armi!” Gridai,
stringendomi le braccia attorno al corpo.
In quella stanza
fredda mi sentii gelare ancor di più, un
pensiero orrendo mi invase la mente.
“C’è
una speranza Kaname, c’è la possibilità
di poter viver
felici, lontani dall’orrore...” Quel bambino, o
quei bambini dentro di me ne
sarebbero stata la prova, tenendo il segreto avevo covato per tempo
l’idea che
quella vita nuova, nata dall’amore tra me e Zero sarebbe
stata la prova
definitiva di una speranza di felicità e di
normalità, un qualcosa che i mostri
come noi, che i vampiri non conoscevano.
“Non
essere ingenua Yuki...” Aveva il tono di voce antico,
lontano,
lo stesso che avevo udito nelle memoria frammentate che avevo vissuto
in quell’ormai
lontano sogno.
Zero che fino a
quel momento era rimasto immobile fu scosso
da un brivido, aumentò nuovamente la stretta sulla sua
pistola e parlò
lentamente, quasi ogni parola gli costasse un immenso dolore.
“Lui...ha
ragione, Yuki...”
Spalancai gli
occhi terrorizzata, Zero non credeva nel sogno
di felicità che io, come Kaien condividevo da anni? Zero non
voleva questo
bambino?
“Noi
Hunter, così come i vampiri, siamo esseri assetati di
potere e di forza, quei bambini, semmai fossero gemelli, cercherebbero
di
annientarsi nel tuo grembo, proprio come orrende bestie in lotta per il
territorio e per il sostentamento...Yuki, io...tu lo
sai...Ichiru...” La voce
gli venne meno, e il viola dei suoi occhi lampeggiò verso il
mio ventre
rotondo.
“Bestie?”
Balbettai inorridita.
“Loro,
lui, qualunque cosa ci sia qua dentro, è nostra, nata
dal nostro...amore...” Arrossì di rabbia e di
vergogna mentre pian piano l’istinto
di protezione materna si impadroniva dei miei sensi.
Come poteva Zero
non capire?
“Yuki...Noi
non siamo come gli esseri umani... Noi non siamo
normali, non siamo umani...noi non possiamo viver queste
gioie...” Era triste,
mentre pronunciava queste semplici parole. Fecero male come coltellate,
come
pugni dritti allo stomaco.
Noi non siamo
umani.
Nel suo sguardo
ametista e in quello porpora di Kaname rividi
tutto l’orrore della nostra specie, rivissi il dolore sordo
dei loro denti
affilati sulla pelle, la sete che chiamava, la gola, il palato ardere,
bramare,
desiderare il più lascivo dei piaceri, il sangue
dell’altro.
Ricordai quel
volere, quel possedere quasi animale, bestiale,
quella viscerale voglia di dissanguare l’altro di nutrirsi di
lui tanto è l’amore
che si prova.
Rividi il mio
riflesso di vampira allo specchio dopo il
risveglio, quel sentirsi diversa, sbagliata, le zanne appuntite formare
un
sorriso mostruoso, un sorriso folle, affamato di sangue.
No...avevano
ragione...forse, Kaname, dopotutto aveva
semplicemente scelto la strada più facile, quella indolore,
la morte, il
sacrificio, perché gli Hunter forgiassero armi
più potenti in grado di
debellare il mondo dall’infida razza dei vampiri.
Piansi
inginocchiandomi a terra, le mani tra i capelli, sul
viso, poi di nuovo al ventre.
Perché,
perché non siamo umani, perché i miei bambini, il
mio
bambino, non avrebbero mai potuto vivere una vita felice e normale?
Perché l’ossessione
del sangue sarà sempre qui a tormentarci?
Alla mente mi
arrivarono le immagini vivide di quel giorno a
casa di Yagari, le lacrime amare di Zero, quel pianto antico, testimone
della
nostra condanna, testimone del desiderio irrealizzabile di tornare ad
essere
umani, fragili eppure così leggeri, così liberi
dall’ossessione, dalla
maledizione di quel liquido porpora.
“Yuki...non
fare così ti prego...” Zero si
inginocchiò al mio
fianco cercando di staccarmi dal freddo pavimento di quella dimora.
Ma il corpo non
reagiva, le braccia e le gambe non avevano la
forza di muoversi.
Cosa sarebbe
cambiato?
Cosa? I miei
bambini si sarebbero succhiati la vita a vicenda
nel mio grembo, sarebbero nati già dannati, già
schiavi del sangue, e sarebbero
vissuti, forse solo uno di loro, per l’eternità,
infelici, come me, come Zero,
come Kaname, le ferite sul nostro collo perenni testimoni di un amore
malato,
innaturale.
“Yuki...”
La voce di Kaname si fece dolce.
Un bagliore
fioco rischiarò la stanza e proiettò ombre
danzanti sulle pareti.
Una sorta di
falò aveva preso vita all’interno della bara di
pietra, la fornace era pronta.
Per un istante
pensai che dopotutto la scelta di Kaname fosse
più che rispettabile, gettare il proprio cuore tra le fiamme
ardenti, creare un’arma
in grado di distruggere, porre fine alle sofferenze di questa vita
invivibile,
ma poi ricordai l’amore, ricordai le emozioni, i sentimenti,
rividi il volto di
quell’antica donna, rividi il suo, anche al centro
dell’inferno avrebbe potuto
ritagliarsi un po’ di felicità, e così
anche noi, anche Zero, avremmo provato a
sopravvivere in questo modo malato, mostruoso, grazie ai sentimenti,
grazie a
quel poco che di umano ci rimaneva.
“No...fratello...Rose,
non avrebbe voluto” Mi alzai in piedi,
le gambe avrebbero retto, le braccia l’avrebbero raggiunto,
l’avrebbero
fermato.
“Noi
dobbiamo amare, dobbiamo provarci... Ci salverà
dall’oblio,
ci salverà dall’orrore della nostra
natura...” Continuai.
Ma Kaname si
avvicinò a me senza parlare, Zero lo raggiunse
rapido come una saetta, la Bloody Rose carica.
Sentii il
metallo della pistola impattare contro la pelle
marmorea di mio fratello.
“Non
toccarla...” Zero fissava immobile il suo nemico.
“Non
ti permetterò di trascinarla con te tra le fiamme...solo
per vendet..” Ma io lo zittii con un dito.
Guardai prima i
suoi occhi viola, poi quelli cremisi di
Kaname.
“Ricordi
mamma e papà, ricordi Haruka e Juuri, loro ti
amavano, ci amavano e si amavano...ed erano felici...ricordi i loro
volti...c’è
speranza” Sussurrai quasi a me stessa, prendendo coraggio,
sperando per quei
bambini o per quel bambino nella mia pancia.
“Si,
Yuki...c’è speranza...” Sorrise
tristemente, con quell’espressione
antica, indecifrabile che avevo visto sempre sul suo volto fin da
bambina.
“Mente...”Sibilò
Zero, impugnando ancor più stretta l’arma.
“Oh
Rose...ti sento adesso...” Kaname chiuse gli occhi e un
rivolo di sangue scese dalla sua fronte macchiandogli il volto diafano.
Gridai di
orrore, quando una piccola crepa sottile infranse
il suo viso in modo impercettibile.
Dall’arma
di Zero uscirono rovi simili a quelli delle rose,
lunghi e scuri come braccia legnose, avvolsero il corpo del purosangue
in un
abbraccio gentile, senza dolore nonostante le numerose spine.
“Si,
lo so, è la scelta giusta...”Mormorò
Kaname carezzando
uno dei rovi.
“Lascia
quest’arma Zero...lascia che trovi pace...” Parlava
ad occhi chiusi, assorto e lontano.
Non capii
inizialmente cosa stesse facendo, non compresi,
finché non sentii Artemis scivolare via dalla sua custodia
come viva e cadere a
terra.
“Zero
lasciala...” Aiutai la mano tesa del vampiro a lasciare
la pistola, che si dissolse piano unendosi ad Artemis, fino a prendere
l’evanescente
forma di una donna sottile vestita di rovi e di stracci vaporosi.
“Non
credevo, ci fossi ancora...Sei venuta a prendermi...”
Dagli occhi chiusi di Kaname sgorgarono lacrime di sangue e sale.
Non si sarebbe
gettato nella fornace, no, aveva in mente
altro e io non sarei mai riuscita a fermarlo.
Sentii le forze
mancarmi, mentre la donna baciava le labbra
socchiuse del vampiro purosangue.
“A
presto, Rose...” La crepa sulla sua fronte si
propagò, ed
altre molto piccole andarono a incrinare le dita, il dorso delle mani,
il
collo.
“Fratello...”Balbettai
stringendolo a me, il volto bagnato
dalle lacrime.
Zero non capiva,
non sapeva, non conosceva quell’espressione
colma d’amore, quel sacrificio che molto anni prima aveva
compiuto Juuri Kuran
per me, e che ora si stava ripetendo.
“Questo
è per te...questo è per loro...per non provare
più
dolore...per non esser più mostri...Sii felice mia dolce
Yuki, e tu, Kyriu,
prenditi cura di loro...” Sussurrò prima di
baciarmi la fronte e diventare
cenere e Sangue.
Sentii le forze
mancarmi, sentii l’eco sordo del corpo di
Zero che cadeva a terra come morto, prima di chiudere gli occhi, la
vidi, la
figura evanescente di Rose raccogliere la cenere brillante di quello
che fino a
pochi secondi prima era stato Kaname Kuran. La vidi sorridere soffiando
sulla
cenere, sino a che questa non divenne una nuvola inconsistente e pian
piano la
sagoma allampanata di un uomo, che con la sua mano strinse dolcemente
quella di
Rose, solo allora decisi di abbandonarmi
all’oscurità, un sorriso triste e
riconoscente sulle labbra.
Epilogo
“Kaname,
Rose! Tornate qui!” Una giovane donna, forse troppo
giovane per essere madre, corse a perdifiato sulla collina, i lunghi
capelli
ebano mossi dal vento estivo, la pelle chiara baciata dal sole
accecante ormai
alto nel cielo azzurro.
Era bella,
eppure il suo sguardo color cioccolato nascondeva
una tristezza antica, o meglio una consapevolezza troppo adulta per
quei
lineamenti sottili, dolci di un’adolescenza finita da poco.
La donna
raggiunse i due bambini, li guardò entrambi
severamente, infine li abbracciò chinandosi alla loro
altezza, e scompigliando
loro i capelli scuri, annegando nei loro occhi viola, così
simili a quelli del
padre.
“Non
dovete allontanarvi così tanto...o potrei perdervi, e
voi siete la cosa più cara che ho al mondo”
Sorrise baciando la fronte a
entrambi.
“Scusaci
Mamma...” Borbottarono ricambiando l’abbraccio con
vigore, sporgendo le loro manine per stringere il corpo esile della
giovane.
Zero li
osservò da lontano, con dolcezza, quella dolcezza
libera e spensierata che non aveva mai pensato di poter provare nella
sua vita,
gli occhi viola persi nel contemplare quella ragazza ormai donna, e
quei due
bambini, i suoi bambini. Gemelli eterozigoti, maschio e femmina,
entrambi vivi,
entrambi sani, entrambi liberi.
“Yuki...”Mormorò
raggiungendoli.
Lei
ricambiò lo sguardo e tenendo per mani i due piccoli
fuggitivi lo raggiunse.
“Mi
sei mancata...” Sorrise lui baciandole le labbra con
gentilezza, per poi posarsi sul suo collo candido, liberandolo con le
dita
affusolate dai lunghi capelli scuri, lì su quella pelle
integra posò prima un
bacio umido, leggero. Yuki sospirò piano, quasi avesse
atteso quel gesto per
tutto il giorno, poi un morso piccolo, delicato la fece sussultare di
sorpresa,
sorrise ancora, quando i denti di Zero lasciarono la sua pelle, priva
di segni,
priva di ferite, ancora intatta, umana.
Guardò
il sorriso privo di canini del giovane marito
illuminargli il volto, i capelli argentei risplendere sotto quel sole
accecante,
i due bambini aggrappati alle loro gambe.
Liberi, felici, umani...grazie al suo imperdonabile sacrificio.
"Ti amo..." Sussurrò Yuki, annegando nel suo sguardo rivivendo per un attimo quel loro passato antico, maledetto, eppure adesso quasi evanescente come un brutto incubo.
"Anche io..."Rispose lui, poggiando la fronte su quella della compagna, consapevole di stringere a sè il suo amore più imperdonabile, la sua follia più incredibile, il suo inizio, la sua salvezza, ora sua...
Si sarebbero
amati per il resto dei loro giorni, giorni
limpidi, lontani dall’ossessione del sangue, fatti di vita,
di sudore, di un
amore che di mostruoso non avrebbe avuto più nulla, giorni
in cui Zero avrebbe
preso Yuki con dolcezza e con passione sulle loro lenzuola, giorni in
cui si
sarebbero addormentati insieme, senza il desiderio di mordersi, senza
macchie
sulla pelle, nell’anima, giorni, ore a guardare i loro
bambini crescere
felici...
Liberi, felici,
umani
“Grazie...”
Pensarono guardandosi negli occhi prima di
tornare a casa.
Fine.
Note
dell’autore.
Ed eccoci
giunti alla conclusione...piange come una bambina...spero che questa
storia vi
abbia lasciato qualcosa, come ha fatto con me, scriverla è
stato un piacere, un
piccolo viaggio dolce e malinconico, forse un po’ triste nel
finale... Spero sarete
presenti in altre mie Fic, e spero che questo finale non vi abbia
deluso,
scusate se in ritardo clamoroso.
Un bacio
enorme.
Ancora nella
speranza che vi sia piaciuto
Allyn.
Alla
prossima (piange ancora)