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Autore: Axul    30/03/2013    1 recensioni
Molly Tesla è una semplice cameriera che nasconde la sua identità di Morgan, artista e pianista di talento, riconoscibile solo grazie all'anello blu che mostra nei suoi video.
Di solito quell'anello passava inosservato, ma un cliente comprende immediatamente la sua maschera grazie a quello e le lascia un biglietto, che il suo migliore amico Justin riuscirà a decifrare in qualche ora
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Molly Tesla. Il suo nome era qualcosa di orribile, per questo aveva deciso di usare uno pseudonimo per il suo progetto: Morgan. Pronunciato alla francese, con l’accento sulla “a” e la “r” leggermente trattenuta in bocca.

Il suo progetto era un sito in cui commentava le canzoni, apriva vari dibattiti su qualunque tema e pubblicava i suoi disegni e video di lei mentre suonava il piano. Inquadrava solo le mani e la tastiera, non voleva che qualcuno la riconoscesse e non aveva intenzione di essere presa in giro per i suoi scompigliati ricci biondi.
Perché avrebbe dovuto sistemarsi se viveva da sola?
Evidentemente, era single e disinteressata ad una relazione. Non perché avesse sofferto in un modo così particolare da risultare banale, non voleva dover pensare a qualcun altro e mettere in secondo piano i suoi desideri.
Quando riprendeva le sue composizioni, indossava sempre un anello azzurro per essere riconosciuta ed evitare che qualcuno dubitasse di lei.
Ogni giorno riceveva delle risposte a qualcosa che scriveva oppure mail di persone interessate a conoscerla. Lei leggeva tutto, selezionava a che cosa rispondere e rideva delle battute di molti.
Una volta, mentre stava per spegnere il computer e andare a lavoro, le arrivò un messaggio privato di un ragazzo che si definiva suo fan e che le proponeva di incontrarsi per prendere un caffè, visto che vivevano nella stessa città.
Sbuffò e uscì.
Erano decine le mail di quel genere e non vi rispondeva mai.
Lavorava come cameriera in un bar dall’altra parte della città. Era un lavoro come un altro, le permetteva di avere molto tempo libero e di ascoltare la radio rimanendo così aggiornata sugli ultimi avvenimenti.
Quel bar era frequentato da persone di ogni genere, soprattutto ragazzi dai vari stili che si fissavano in cagnesco da una parte all’altra del locale. A volte si fermava a parlare, giusto per assicurarsi una mancia extra. I suoi preferiti erano gli alternativi: adorava i loro orecchini e i loro vestiti così diversi dai suoi.
Morgan non aveva uno stile, comprava quello che le piaceva e andava a periodi: c’erano giorni in cui si svegliava e indossava ampie felpe dall’enorme cappuccio; altri in cui preferiva le magliette attillate e le camicie. Un elemento che non cambiava mai era l’anello azzurro al medio della mano destra: un semplice cerchio di metallo che l’accompagnava da più di dieci anni.
Aveva 20 anni, più o meno l’età del gruppo di ragazzi che quel giorno entrò nel bar.
Sembravano tutti figli di papà: modi altisonanti, capelli gellati, mani in tasca, maglietta della Ralph Lauren, felpa sulle spalle, pantaloni di tessuto chiaro e mocassini in tinta con il maglione.
Si sedettero al tavolo vicino alla seconda finestra, quella che dava sull’albero e aspettarono con le dita incrociate.
Prese le loro ordinazioni e andò dietro al bancone a preparare le tazze di tè.
Con la coda dell’occhio notò alcune ragazze ridere di quei damerini abbracciate ai loro uomini dalle canottiere attillate.
Portò il tè e uno di loro le chiese: «Scusa, dove hai preso quell’anello?».
Era la prima volta che succedeva, di solito passava inosservato. «In Grecia una decina di anni fa.»
Quello accanto schioccò la lingua vittorioso. «Te l’avevo detto, Jasper!»
Jasper annuì comprensivo, con lo sguardo perso nel fumo del liquido ambrato.
Morgan sentì dei clienti richiamare la sua attenzione, aveva riconosciuto le loro voci. Si voltò e immediatamente vide Justin, Karoline e David con le mani alzate.
Andò da loro quasi sorridendo. «Vi porto il solito?»
Justin ammiccò, poi guardò i damerini. «E quelli? Che volevano?»
«Mi hanno solo chiesto dell’anello.»
Karoline e David assunsero delle espressioni stupite, come se non avessero mai notato quel gioiello.
«Sembra quello di Morgan!» commentò Karoline.
Da una parte era contenta di essere stata riconosciuta, ma dall’altra si sentì morire per come l’aveva pronunciato.
«Morgàn» la corresse Justin sospirando.
Sorrise. Justin era l’unico a sapere della sua doppia identità.
Era successo un giorno di qualche mese prima. Lui aveva dei sospetti dovuti a quell’anello, così le propose di andare in un locale dove suonavano musica jazz ogni venerdì sera. Presero un cocktail, ballarono e si sedettero stremati. Justin non poté non notare la mano sul tavolo che seguiva assiduamente i tasti del pianoforte nel locale. La chiamò con il suo pseudonimo e lei, senza neanche riflettere, lo fissò aspettando che continuasse. Troppo tardi si rese conto di essere stata scoperta.
Andò in cucina per prendere i loro piatti, preparati non appena il cuoco li aveva visti entrare.
I damerini rimasero a parlare a lungo, poi si alzarono lasciando una generosa mancia e un bigliettino sul tavolo. Si accorse del messaggio solo quando chiuse il locale; era caduto a terra quando aveva pulito frettolosamente per lasciare posto ad una coppia.
Dentro c’era una serie di numeri. Non era di qualche cellulare, sembrava più un codice. All’angolo del foglio delle note musicali. Quella doveva essere la chiave di lettura.
Decise di chiedere aiuto a Justin, lui adorava gli enigmi. Gli lasciò il foglio e, dopo neanche mezza giornata, lui comprese. «Le note sono di un testo degli Evanescence.»
«Come fai a saperlo? Sono note!» obiettò lei perplessa.
Girò il bigliettino. Vide una lettera. «Questa è la chiave dello spartito e qui sotto c’è anche il titolo della canzone, l’hanno scritto con la matita bianca. Sono o non sono un genio?»
«E i numeri?»
«”Morgan” in codice binario con qualche numero a caso nel mezzo per rendere più difficile. Credo che ti abbiano scoperta, dovresti smetterla di portare quell’anello.»
Con quella frase intuì chi fossero i mittenti.
«Perché gli Evanescence?»
«Per sviarti dalla soluzione… oppure perché è una delle cover più belle che tu abbia mai fatto» e si sistemò il ciuffo biondo sui capelli rossi con un fluido gesto della mano, come a cercare ammirazione.
Morgan sbuffò. Era abituata alla sua spacconeria, ormai non le faceva più effetto.
Justin cercava in tutti i modi di attirare l’attenzione. Andava a letto con chiunque ci provasse con lui e che gli piacesse caratterialmente; ogni mese bucava una parte diversa del volto o comprava un nuovo bracciale borchiato; indossava una giacca di pelle e d’estate girava spesso a petto nudo per mostrare il tatuaggio sul petto.
Il giorno seguente i damerini tornarono al bar. Non lasciarono nulla, si limitarono a bere il loro tè caldo alla vaniglia e Jasper, quello che sembrava essere il capo, le fissò ostinatamente l’anello.
«Io me lo porterei a letto» affermò di punto in bianco Justin.
«Ma va a cagare, Jus!»
«Dai! Domani gli parlo!»
Il giorno seguente entrò nel bar senza Karoline e David. Si sedette vicino al tavolo dei damerini in modo che Jasper lo guardasse e gli fece segno di seguirlo. Si alzò, andò in bagno seguito dopo qualche minuto dall’altro e, dopo una mezzoretta, ne uscì sistemandosi i pantaloni.
Morgan lo fissò con gli occhi stralunati.
Jasper aprì la porta aggiustandosi i capelli gellati.
«Com’è stato?» gli chiese una sera mentre guardavano le stelle in un parco vicino a casa sua.
«Ho avuto di meglio… sembra un santarellino, ma dovevi vedere come usava quella bocca!»
Dopo un mese, Jasper le chiese di parlare quando finiva il turno. Casualmente, Justin andò a prenderla proprio quel giorno, così loro tre si trovarono a discutere su una panchina poco distante dal bar.
«Quello è l’anello di Morgan» iniziò Jasper con convinzione.
Justin la guardò negli occhi. Sembrava le stesse dicendo di confessare.
«Sì. Beh, hai capito che io sono Morgan.»
«Dovresti dirlo a tutti, eviterebbero di guardarti in quel modo.»
Si riferiva alle occhiate perplesse dei clienti e alle loro ammiccate divertite.
«No, preferisco che resti un segreto.»
«Ma così un produttore potrebbe contattarti! Sei bravissima al piano!»
Justin annuì.
Capì che dovevano essersi messi d’accordo chissà in quale momento. «Possono comunque mandarmi messaggi.»
«I produttori guardano anche l’aspetto fisico. Sei carina, ti sistemi un po’, ti trucchi e sei perfetta per entrare nel mondo della musica» affermò Justin accendendo una sigaretta.
Un giorno si mise davanti allo specchio. Pettinò accuratamente i capelli, coprì le imperfezioni del volto con del fondotinta, si truccò con dell’eye liner e mise una camicia azzurra, in tinta con l’anello.
Si sistemò al pianoforte e accese la telecamera che aveva posizionato su un mobile.
«Bene, ragazzi, io sono Morgan. Allora, spero che vi piacciano i miei capelli, ci ho messo un po’ a sistemarli. Oggi volevo suonarvi “Hello” di Lionel Richie, ditemi poi cosa ne pensate!»
Quella sera stessa, Justin e Jasper andarono a casa sua per complimentarsi. Era strano vederli insieme, sia per lei sia per tutti, però ora nessuno osava più ridere del damerino, chiunque in città rispettava e conosceva Justin.
«Ma voi due state insieme o qualcosa di simile?» domandò quando si furono sdraiati sull’erba fresca di rugiada.
Justin scoppiò a ridere. «Molly, mi conosci! Sai che odio le relazioni stabili!»
«Idem per me, ci frequentiamo e basta.»
«E scopiamo» aggiunse Justin ammiccando.
Morgan alzò gli occhi al cielo con fare divertito.
Dopo più di tre mesi, nel bar entrò un ragazzo biondo con una camicia a maniche corte bianca slacciata, dei pantaloni a fantasia tartan bianchi e rossi, degli anfibi neri e vari bracciali di pelle ai polsi. Si diresse immediatamente al bancone e aspettò che Morgan arrivasse da lui.
«Cosa ti porto?»
«Un hamburger. E volevo chiederti se…» si bloccò un attimo guardandola negli occhi «Oddio! Finalmente ti ho trovata!»
Sorrise. «Non sei di qui, vero?»
«No, abito a circa 20 kilometri da qui! Volevo assolutamente conoscerti! Adoro i tuoi disegni!»
Finalmente qualcuno che nel sito notava altro oltre ai suoi video. «Sei uno dei primi a dirmelo, grazie!»
Lui sorrise, prese un piccolo quadernino che aveva in tasca e le chiese di fargli l’autografo. Lo accontentò con piacere.
«Allora, tu come ti chiami?»
«Samuel Bridge, ma chiamami Sam.»
Gli tese la mano. «Molly Tesla.»
Quando ebbe finito il turno, invitò Sam a casa sua per chiacchierare e, visto che non aveva ancora trovato un posto dove dormire, lo fece rimanere da lei. Era un ragazzo simpatico e le sembrava strano camminare con accanto una persona così alta, di solito andava in giro con Justin che era alto pochi centimetri più di lei.
Gli fece vedere i suoi disegni e lui le mostrò alcuni dei suoi ritratti e le chiese di fargli da modella, giurò che ci avrebbe messo poco.
Seguì le sue istruzioni, si appoggiò imbarazzata alla parete e guardò alla sua destra per non vedere lui. Finì dopo un’ora, le mostrò la bozza e le disse che ci avrebbe lavorato su e le avrebbe inviato la scansione.
Sentì il campanello suonare, andò ad aprire e si trovò davanti Jasper disperato. Lo fece entrare e aspettò che si sfogasse.
«L’ho visto mentre baciava un altro! Sapevo che lo faceva, non siamo insieme, non posso pretendere che ci sia solo io, ma…»
«Ok, calmati, ora gli dico di venire qui.»
«No!» urlò sconvolto.
Neanche lo ascoltò. Justin arrivò dopo una ventina di minuti baldanzoso come sempre. Salutò Sam, che aveva già conosciuto al bar, e rimase alcuni istanti a guardare Jasper.
«Tutto bene?»
Con quella domanda, Jasper si alzò preso dall’adrenalina. «Tutto bene?! Ti ho visto mentre ti facevi quello!»
«E quindi?»
Morgan era abituata alla freddezza di Justin nei rapporti, lui non voleva mai mostrare i suoi veri sentimenti alle persone e reagiva a tutto con distacco. Decise di mediare la situazione, prese in disparte Justin e offrì a Jasper una tazza di tè all’ananas.
«Jus, perché ti ostini a fare così? Non puoi dirgli semplicemente che anche tu sei innamorato di lui?»
«Sai che odio avere persone legate a me.»
«Ci pensavi prima, lui ti ama e lo sai benissimo.»
Sbuffò e tornò in sala. «Jasper, devi dirmi qualcosa? Questa scenata di gelosia a che cos’è dovuta?»
«Con quante persone mi hai tradito?»
Corrugò la fronte. «Non siamo mai stati insieme.»
«Ufficialmente no, ma tu stesso hai ammesso che ti senti legato a me. E potevi anche non farti quello davanti a me, visto che ti amo.»
Justin sospirò, guardò con la coda dell’occhio Morgan e poi di nuovo lui. «Ne parliamo fuori? Facciamo un giro, ti offro un gelato e andiamo al parco.»
«Non credere che lo faremo, però.»
Justin lo baciò senza preavviso cogliendolo di sorpresa. «Accetta una carineria, non lo faccio di solito. Se vuoi una dichiarazione seria accetti, sennò stiamo qui e ti dico quello che penso.»
Quando se ne furono andati, Sam la guardò perplesso. «Ma sono sempre così?»
«Grazie a dio, no. Allora, cosa possiamo fare adesso?»
Guardarono il “Rocky Horror Picture Show”, entrambi sapevano a memoria le canzoni e le cantarono a squarciagola. Sam le chiese poi di suonare il piano insieme. Colta da un’improvvisa ispirazione, prese la telecamera e la inquadrò su di loro.
«Buongiorno gente! O meglio, buonanotte! Allora lui è Sam, oggi vi suonerò “One” dei Metallica con lui!»
E cominciarono a suonare inseguendosi lungo la tastiera. Postò il video sul sito e lo abbracciò riconoscente.
«Sei fantastico! Grazie!»
 
Nessun produttore contattò mai Morgan, ma non le dispiacque, continuò a conoscere persone nuove.
Justin e Jasper si misero insieme ufficialmente, tutta la città li conosceva come J&J o J². Erano felici, ogni tanto litigavano per la gelosia reciproca, ma nulla di serio, dopo erano più uniti di prima.
Ogni fine settimana Sam andava a trovare Morgan. Non erano insieme, come alcuni sospettavano, erano amici, uniti dai loro mille interessi in comune e dalle loro abilità. Si scambiavano disegni, lui la ritraeva oppure la riempiva di foto che metteva poi su Internet, era praticamente la sua modella ufficiale.

  
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