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Autore: beastille    31/03/2013    11 recensioni
Siamo nel 2035, e gli One Direction non esistono più da tempo. Louis Tomlinson ha lasciato la band nel 2012 sotto l'ala protettiva di Simon Cowell, ha sposato l'anno successivo la storica fidanzata Eleanor Calder e nel 2017 i due hanno avuto un figlio, Jesse. Il divorzio, avvenuto nel 2030, ha lasciato tutti (o quasi) a bocca aperta.
Quando Fiona Richards, figlia di Gemma Styles e nipote di Harry, scopre che il ricordo degli anni passati turba ancora l'intera famiglia decide di partire per un viaggio attraverso l'Inghilterra per far luce sul mistero, trascinando dietro il fratello minore Mark nell'intento di riunire l'intera crew per la notte di Capodanno.
Scoprirà così che niente è come le avevano raccontato, e che certi segreti non dovrebbero mai e poi mai venire a galla.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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 Sono viva, somehow. Come molti di voi sanno, sono stata mangiata viva dalla vita reale in questo mese e passa, anche se non ho veramente giustificazioni per questo immenso ritardo.

Parlando della storia, finalmente "conosciamo" Louis. E suo figlio, quel gran pezzo di ragazzo di Jesse.
E, oltretutto, conosciamo una parte della storia omessa fin'ora (i cori di "che cazzo è successo nel duemilaedodici li sento fino a qua, non vi preoccupate.) Detto questo, vi lascio a questo capitolo molto in ritardo, sperando di riuscire a completare il prossimo in tempi perlomeno recenti.

Grazie a chi è arrivato fin qui.

 

 

 

 

 

Something fatal that fell into the wrong hands

Parte IV

 

 

 

 

Fiona alza un sopracciglio perplessa, mentre Mark sembra illuminarsi.

«La questione che?»

E allora Michael inizia a spiegare con voce incerta che non è ben sicuro di quello che può aver trovato, ecco, internet è un posto non troppo affidabile e che comunque a dirlo sono solo siti di gossip e una manciata di fan dalla dubbia sanità mentale, ma in sintesi -- Fiona è chiaramente spazientita ma non lo interrompe solo perché sicuramente Mike ci metterebbe il doppio a spiegare -- in sintesi c'è sempre stato questo sospetto che Harry e Louis avessero una relazione.

Mark sospira. «Louis era sposato.»

Mike risponde che, apparentemente, non è mai importato granché a chi sostenesse questa teoria. Eleanor Calder, cita, è sempre stata una copertura.

«E non è finita qui,» aggiunge quasi spaventato, «il fenomeno era talmente grande che i membri della band sono stati costretti a confrontarsi più di una volta con questi rumors. Louis ha smentito qualche volta, Harry non ha mai detto niente.»

Harry non ha mai detto niente.

Le ultime parole di Mike rimbombano nella testa di Fiona come un mantra religioso. Grazie Mike, grazie mille, ci sei stato utile, e con una scusa chiude la chiamata.

Suo fratello, seduto davanti a lei, la fissa con un'aria stralunata. «Dici che è la verità?»

Fiona deglutisce con fatica. «Non lo so,» mormora, «non so cosa pensare.»

E in realtà ci pensa, ci pensa per la restante ora di treno e non riesce a smettere di sentire nella sua testa le parole di Mike, che si accavallano al volto di suo zio e ai pochissimi ricordi di quello di Louis, nascosti nella sua mente e offuscati da una spessa patina che vi si è depositata sopra con il tempo.

Il treno si ferma e le sembrano passati pochi minuti -- oppure giorni interi, anni, non lo sa davvero -- e in silenzio prende il suo zaino e scende insieme al fratello.

«Sei sicuro?» chiede ad un tratto a Mark e il fratello non capisce. «Voglio dire,» si affretta a precisare, «siamo ancora sicuri di voler andare avanti con questa storia?» E non lo dice ad alta voce, ma Mark capisce al volo il sottotesto: forse avevano ragione, avevano ragione tutti quando dicevano che questa storia era troppo grande per noi.

Mark sospira. «A questo punto mi sembra quasi necessario.» Ci pensa un attimo, e aggiunge «però una delle tue sigarette potrebbe aiutare in questo momento.»

Fiona nemmeno si sente in colpa quando ne tira fuori una in più dal pacchetto quasi vuoto.

 

***

 

Tutto le sembra improvvisamente troppo.

Troppo costoso il tessuto della sedia sulla quale si è accomodata, troppo distaccato il tono del maggiordomo che li ha introdotti nell'enorme casa -- non ci ha quasi creduto, all'inizio, perché chi diavolo ha un maggiordomo nel 2035? Solo Louis Tomlinson, evidentemente --, troppo di cattivo auspicio il fatto che il signor Tomlinson e figlio siano fuori al momento e non vi preoccupate, ragazzi, torneranno subito, voi accomodatevi pure in soggiorno.

Fiona sente la punta delle dita che trema quando avverte il maggiordomo che apre la porta e fa entrare signor Tomlinson e prole, e non si accorge di aver trattenuto il respiro fino a quando non si ritrova senza fiato. La maniglia della porta fa un giro e il volto di uomo arrossato dal freddo e dalla neve che ha iniziato a cadere fitta si affaccia.

«Fiona? Mark? Che diavolo ci fate qua?»

 

***

 

Per Fiona, abituata a caotici pranzi in cui nessuno tace nemmeno per un secondo e tutti urlano da una parte all'altra del tavolo nonostante i futili rimproveri di Gemma, questo la mette terribilmente a disagio. Mark tiene gli occhi bassi e mangia in silenzio assoluto, lanciando qualche occhiata -- prontamente ricambiata -- a Louis.

Davanti a lei è seduto Jesse Tomlinson, e Fiona si decide a studiarlo attentamente per evadere dal disagio che le parte dalla base della schiena e che le sale lungo tutta la spina dorsale: Jesse è bello, oggettivamente bello, e Fiona pensa distrattamente che devono esserci nel mondo un sacco di persone brutte per dargli il permesso di essere così ingiustamente ben disegnato; i lineamenti morbidi, gli enormi occhi azzurri e quella zazzera di capelli biondo sporco gli incorniciano il viso in modo delizioso. Il sorriso gentile che le ha rivolto come saluto le è rimasto in testa.

È proprio per questo, forse, che non si fida; anzi, non si fida assolutamente. È il figlio di Louis Tomlinson e date le ultime scoperte ha questo terribile groppo in gola ogni volta che pensa all'uomo -- il quale, finora, ha distrutto ogni qualità che gli è sempre stata attribuita nelle sporadiche interviste che Fiona è riuscita a leggere prima di partire. Cerca per qualche istante traccia del sarcasmo e dell'ironia descritta dai giornalisti nell'uomo che le sta davanti, ma vede solo una persona con un sorriso di circostanza che non riesce a nascondere l'evidente turbamento provocato dalla visita dei due ragazzi.

 

Il maggiordomo -- Marcus, le è sembrato di cogliere -- porta via gli ultimi piatti del pranzo e si dirige verso l'enorme cucina. Il campanello suona di nuovo.

«Deve essere Sam.» annuncia Jesse a nessuno in particolare. Si alza dal tavolo, ma poi ci ripensa e si rivolge a Mark. «Senti,» gli dice, attirando la sua attenzione, «stiamo andando a giocare a calcio in questo posto al coperto per via della neve, ti va di venire?»

E Mark è colto piuttosto di sorpresa, ma lancia a Fiona un'occhiata significativa che può voler dire te la cavi tu con Louis mentre io scappo via perché è evidente che io non sappia giocare a calcio e mai avrò intenzione di imparare?, o in alternativa in ogni caso, sarebbe meglio che lo facessi tu da sola, e Fiona alza le spalle chiudendo gli occhi per un attimo.

«Ok.» risponde Mark, e il volto di Jesse si illumina mentre indossa un giaccone pesante che probabilmente costa più dell'intero guardaroba di Fiona.

«Torno per cena, papà.» dice senza nemmeno voltarsi, e quasi trascina Mark fuori dalla porta.

 

Fiona si pente di aver lasciato andare Mark circa venticinque secondi dopo, e considerato la sua solita velocità nel fiutare situazioni imbarazzanti ci ha messo un bel po' di tempo. Ormai, però, è fatta, e l'atmosfera si è inevitabilmente caricata di quell'insopportabile pesantezza che Fiona non ha idea di come interrompere.

Forse è il momento di buttarsi.

«Louis, io--» ma nello stesso momento l'altro inizia a parlare e lei non ha idea di cosa abbia detto, per cui si interrompe con una timida risata sulle labbra.

«Posso accendermi una sigaretta?» chiede lei. Lui le fa cenno con la mano di fare quello che vuole.

«So cosa volete da me, Fiona.» mormora Louis e si ferma subito, abbassando lo sguardo. Prende un respiro profondo e riprende a guardarla negli occhi, e c'è qualcosa di spaventoso nella sua espressione rassegnata. «Me lo aspettavo, in qualche modo. Ho avuto tempo di pensarci, più di vent'anni ad attendere che qualcuno di cui potermi fidare venisse a chiedermi come siano andate veramente le cose.»

Lo stomaco di Fiona fa una capriola gioiosa, e la ragazza prende un'altra boccata dalla sigaretta perché ci siamo ci siamo ci siamo quasi --

«E alla fine la mia risposta é no. Non posso dirvi niente.»

Il mondo crolla addosso a Fiona pezzo per pezzo. Rimane in silenzio, perché davvero, che altro può dire.

«Vent'anni sono troppi. Quello che è successo è in qualche modo troppo profondo e troppo rovinato, ed è troppo tardi per essere rimesso a posto. Mi dispiace, Fiona, ma non posso esserti d'aiuto. Finché tuo zio Harry non deciderà di dirti qualcosa lui stesso, io rispetterò la sua scelta di lasciare le cose come stanno.» Con voce incerta, aggiunge «in fondo, gli devo almeno questo.»

Fiona non riflette più tanto lucidamente, e spegnendo con stizza la sigaretta nel suo posacenere portatile inizia a parlare con una calma che non sapeva di avere.

«Louis,» inizia, senza sciogliere il contatto visivo tanto faticoso da tenere, «non me ne frega sinceramente nulla se hai una vita di rimpianti alle spalle e la tua crisi di mezza età l'hai avuta a ventun anni, Cristo. Ne hai, quanti, quarantacinque ora? Prendi la tua vita in mano. Qualunque stronzata tu abbia fatto anni fa non puoi rintanarti in una villa enorme e vuota con tuo figlio lontano da tutto e da tutti e fingere che non sia successo niente.»

Il viso di Louis si tende in una smorfia quasi cattiva. «Non ho intenzione di accettare paternali da una ragazzina troppo curiosa che trova divertente considerare un viaggio alla ricerca del "segreto perduto" l'avventura della sua vita, grazie tante.»

Fiona alza gli occhi al cielo in un modo che a Louis ricorda inquietantemente la stessa Gemma, e non demorde.

«Per Dio, non ho intenzione di insegnarti a vivere alla mia età, ma ti sto solo chiedendo di fare uno sforzo. Cosa credi, che io sia una giornalista in erba in cerca dello scoop del secolo per venderlo al The Sun il prima possibile?»

«Tu-- tu non hai idea, Fiona, di come ci si senta a portare un peso così grande per anni e non poterlo dire a nessuno, sei ancora troppo giovane.»

«E allora liberatene, cazzo!» continua Fiona imperterrita. «Per qualche terribile scherzo del destino tu sei in qualche assurdo modo parte della mia famiglia, o perlomeno parte di quella di mio zio, e a quanto pare c'è qualcosa di veramente marcio che tutti sanno e noi no e io intendo scoprirlo.» Fa una breve pausa per riprendere fiato, e si accende un'altra sigaretta. Louis la osserva fumare in silenzio, mentre lei lo schernisce con lo sguardo. L'uomo di fronte a lei ne ha quasi paura, per il modo così adulto che ha di inclinare la testa di lato e squadrarlo come se potesse cavargli fuori a forza ciò che nasconde da tempo.

«Ho visto il modo in cui zio Harry parla -- o meglio, non parla -- di te. Devi essere stato davvero uno stronzo.» e la frase le esce molto più crudele di quanto non volesse, e Louis sembra improvvisamente così mortificato e spezzato in due e inizia a respirare a fatica e ommioddio, pensa lei, non è che ora muore d'infarto qua davanti a me, insomma, avrà anche la sua età--

«Non sono una persona crudele, sai.» dice Louis con voce flebile, e Fiona sente quasi visceralmente il bisogno di abbracciarlo. Invece allunga la mano a stringere quella dell'altro dalla parte opposta del tavolo. Louis nemmeno la guarda, ma la sua espressione sembra un muto ringraziamento per non aver insisto oltre.

«Mentre aspetti che i ragazzo ritornino puoi farti una doccia o quello che vuoi, Marcus può indicarti qual è il bagno degli ospiti.»

«Grazie.» mormora Fiona alzandosi dal tavolo.

Fa appena in tempo ad afferrare il telefono dalla tasca esterna dello zaino quando l'invadente suoneria la fa sobbalzare un poco, e sbloccando la tastiera del cellulare quasi sbianca davanti al messaggio.

 

Da: Mark

Fiona, abbiamo un problema. Treni per Holmes Chapel sospesi causa neve. Che cazzo facciamo?

 

***

 

Fiona osserva Louis Tomlinson parlare al telefono mangiandosi le unghie con nervosismo. Ha rinunciato ad accendersi una sigaretta qualche minuto fa, quando è stato chiaro fin da subito che non sarebbe servito a molto. Mark, al contrario, non riesce a stare fermo e cammina su e giù per il salotto facendo un rumore insopportabile con in suoi anfibi.

Louis non li guarda in faccia e si mordicchia il labbro inferiore distrattamente. «Gemma, hai ragione, si sono messi in pericolo ma in fondo non è successo nien--»

Fiona riesce solo a sentire sua madre urlare dall'altra parte della linea, e per un istante soltanto prova davvero infinita compassione per Louis Tomlinson (chi l'avrebbe mai detto.) Poi si ricorda che una volta a casa tutto questo toccherà sopportarlo a lei, e di colpo prova pietà solo per sé stessa.

«Sì, ci penso io. Buonanotte, Gemma.» Louis chiude la conversazione stizzito, e guarda i due ragazzi con aria altrettanto scocciata.

«Mi avete costretto a parlare con vostra madre per la prima volta in molto tempo,» dice con voce stanca, «immagino di non essere più allenato come anni fa.» Poi si addolcisce un po', e si rivolge direttamente a Fiona. «Dormirete qui per questa notte, domani mattina vi lascio alla stazione a prendere il primo treno per Holmes Chapel. Dire che vostra madre è incazzata sarebbe in qualche modo riduttivo, ma immagino avrete modo di accorgervene direttamente voi stessi.» Indica con un gesto casuale il piano di sopra e inizia ad avviarsi verso il suo studio. «Marcus vi ha preparato la camera di fronte a quella di Jesse, non mi importa di cosa facciate a patto che domani mattina siate ancora qua. Buona notte.»

Fiona lo guarda allontanarsi in silenzio.

 

***

 

Sono le tre del mattino e in casa dorme solo Mark, ma questo Fiona non può saperlo. Ignora, appunto, il fatto che Louis sia sveglio nel suo studio con un plico di fogli e foto in mano e che non riesca a chiudere occhi.

La casa è buia e terribilmente inquietante a quell'ora della notte, con solo la luce bianca della luna ad illuminare i lunghi corridoi dalle grabdi finestre. Si stringe più stretta nella coperta che ha sulle spalle e si dirige a passo spedito verso la cucina con il suo pacchetto di sigarette -- l'ultimo del viaggio -- in mano. La luce del locale è accesa, e Fiona prega silenziosamente di non trovarci proprio Louis.

Tira un sospiro do sollievo quando invece trova Jesse seduto al tavolo che la guarda modicchiandosi un labbro, una tazza fumante nella mano sinistra.

«Ciao.» le dice sorridendo. Fiona lo saluta educatamente.

«Vuoi?» le chiede lui facendo cenno col capo verso il bollitore sui fornelli. Fiona scuote la testa, mostrandogli il pacchetto di sigarette. Ne tira fuori una, ci ripensa per qualche secondo, e gliene porge una. Jesse ringrazia e se l'accende con un accendino che tira fuori dalla tasca dei pantaloni. Fiona registra distrattamente il fatto che il ragazzo non indossa il pigiama, ma ha ancora i jeans e la maglietta bianca del pomeriggio.

«Insonnia, eh?» le chiede lui, e Fiona non ha davvero voglia di fare conversazione. Alza entrabe le sopracciglia e sospira.

«Credi davvero che siano stati insieme?» dice ancora Jesse, e Fiona a quel punto alza lo sguardo interessata. Non ha bisogno di chiedere al ragazzo a chi si riferisca.

«Non lo so.» risponde sinceramente.

Finiscono la sigaretta in silenzio, e Fiona si alza per tornare nella sua camera. Jesse la segue con lo sguardo, in attesa di qualcosa che invece non succede.

 

***

 

Se ne sono andati in fretta, salutando Louis con un abbraccio veloce. Jesse ancora dormiva.

Fiona e Mark sono evidentemente sollevati, Louis non ha accettato l'invito a Capodanno; nessuno dei due se l'è mai augurato, e non ci hanno sperato nemmeno per un secondo.

Il treno è quasi vuoto ma i sedoli sono comodi, confortevoli, e a Fiona manca già viaggiare per così tante ore di seguito in silenzio.

«Ehi, Fiò, comunque il peggio è passato.» le dice Mark a un certo punto sorridendole empatico.

«Non lo so,» mormora Fiona con un sorrisetto colpevole, «dobbiamo ancora dire a mamma che abbiamo invitato l'intera crew degli One Direction per Capodanno.»

Mark si lascia andare in una risata liberatoria ignorando qualunque tipo di preoccupazione, perché è contento di ritornare finalmene a casa. In fondo, hanno tutto il tempo per prepararsi per la serata.

 

***

 

Louis, quella notte, ricorda.

 

Harry è distrutto. Guarda il plico di foto che tiene in mano e le sfoglia per l'ennesima volta.

La prima sono loro due davanti al portone di Louis, i corpi vicini e le labbra tese in una risata.

Nella seconda, Louis guarda dritto nell'obiettivo ma sembra non vederlo. Della terza, quarta e quinta, Harry ha già memorizzato tutti i dettagli: le mani di Louis sui suoi fianchi, le loro labbra che si toccano, l'abbraccio finale. La foto non è così nitida, ma i gesti sono inequivocabili. Se sono fortunati, saranno sul The Sun in un paio di giorni. Giusto in tempo per il week end.

«Che cazzo facciamo, Lou?»

Louis lo guarda stranito. «Mi sembra ovvio, ho già chiamato Simon. Ha già pagato perché non siano messe in rete.»

Harry rimane in silenzio per qualche secondo. Come spesso accade, tutto dentro di lui tace per qualche istante. Il suo cuore batte secondo il ritmo costante che avrebbe in un momento qualsiasi della giornata, i suoi muscoli sono rilassati e i suoi occhi vuoti.

Louis, però, sa cercare i segni della tempesta che sta per arrivare: Harry contrae le labbra così forte da farle diventare bianche e fa lo stesso con le sue dita, finché le fotografie che ha in mano non si stropicciano agli angoli. Colto da un senso di responsabilità e di protezione illegittimo le posa sul divano con un gesto secco.

Quando guarda Louis negli occhi, i suoi sono appena bagnati. Respira.

«Perché non possiamo, Louis?»

Louis risponde allo sguardo. Si limita a scuotere la testa leggermente, accennando un sorriso. «Non essere ingenuo, Harry. Non possiamo e basta.»

Qualcosa cambia nel tono di voce di Harry, e la nota di disperazione riempie la stanza con prepotenza e echeggia nella sua cassa toracica colpendo Louis dritto dove dovrebbe. «Perché no? Spiegamelo Louis, io non ho ancora capito.»

Louis a quel punto si alza in piedi e sbatte un pugno sul tavolo. «Dannazione, Harry, abbiamo una carriera davanti! Io ho una carriera! Non puoi pretendere di buttare tutto all'aria per una cosa stupida come questa!» e Louis davvero non voleva, davvero, e appena le parole escono dalle sue labbra vorrebbe ripescarle una ad una e ricacciarsele in bocca a forza, ma prima di poter fare qualunque cosa sono già arrivate ad Harry, che intanto tace.

Rimane in silenzio anche quando si alza lentamente guardandolo negli occhi ad ogni passo, quando prende la giacca e le chiavi di casa per uscire.

Sulla porta, però, indugia.

«Dimmi qualcosa, ti prego.» mormora Louis con un singhiozzo, cercando una qualunque traccia di emozione sul volto ormai rigato di Harry.

«Sei un egoista, Louis.» risponde Harry. «Cresci.»

Chiude la porta e il rumore sembra quello di un vetro che si spezza.

 

 

 

 

Nota finale: qui, sul mio livejournal, trovate un piccolo regalo: un albero genealogico con tutti gli Original Characters nominati nella storia.

   
 
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