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Autore: pallina90    31/03/2013    3 recensioni
Ognuno ha il suo sogno proibito.
Il mio aveva occhi chiari dello stesso colore del mare quando ci sono le giornate di sole o dell’erba la mattina presto quando è ancor bagnata dalla rugiada, morbidi riccioli neri e un sorriso da zingaro.
Era il mio sogno da quando ero una studentessa del liceo, e lui era il bello della scuola, e ancora oggi, purtroppo o per fortuna, mi trovavo a condividere molto spesso delle giornate con lui visto che frequentavamo lo stesso giro di amici.
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ognuno ha il suo sogno proibito.

Il mio aveva occhi chiari dello stesso colore del mare quando ci sono le giornate di sole o dell’erba la mattina presto quando è ancor bagnata dalla rugiada, morbidi riccioli neri e un sorriso da zingaro.

Era il mio sogno da quando ero una studentessa del liceo, e lui era il bello della scuola, e ancora oggi, purtroppo o per fortuna, mi trovavo a condividere molto spesso delle giornate con lui visto che frequentavamo lo stesso giro di amici.

Quando mi guardava mi tremava il cuore e mi si piegavano le ginocchia.

Eros, mai nome fu più azzeccato, non si limitava a incrociare gli occhi con i tuoi, andava oltre. Sembrava spogliarti, entrarti dentro, raggiungere la parte più vulnerabile della tua anima.

Ed era strano, perché non avevo mai visto degli occhi chiari essere così espressivi e profondi, di solito sono sempre piatti o al massimo lucidi, ma i suoi no, andavano oltre ogni definizione possibile di occhi normalmente detti belli.

Gli riusciva benissimo e purtroppo non solo con me. Il delinquente lo sapeva e ci marciava. Questo suo fare da spaccone era il motivo per cui io non mi ero mai avvicinata a lui e l’avevo sempre trattato con freddezza, ricevendo in cambio la sua antipatia.

Innanzitutto non aspiravo a diventare un’altra tacca del suo “palmares”: mi facevano una pena pazzesca quelle che gli si infilavano nel letto, e che prima o poi avrebbero fatto una misera fine; qualche giorno di felicità e un baratro infinito di disperazione, questo era il loro destino, e mi facevano anche pena perché sapevano quello a cui andavano incontro, ma pur di dire di essere state a letto con lui soprassedevano a tutto.

Perciò resistevo, stoica.

Lui mi guardava e io mi giravo dall’altra parte; tutte gli facevano la ola, io invece fingevo di ignorarlo. Mi costava una fatica immane, ma era l’unica arma di difesa che ero riuscita a inventarmi.

Fino alla settimana scorsa questa tecnica aveva funzionato a meraviglia, poi mi era venuta la brillante idea di accettare l’invito del mio amico Roberto, che aveva una casa in montagna e aveva deciso di ospitarci tutti per festeggiare insieme la Pasqua.

Naturalmente Eros era compreso.

E come se non bastasse, io ero davvero negata sugli sci: nonostante avessi preso molte lezioni, la neve continuava a farmi paura.

 

Ieri faceva un freddo cane, aveva nevicato tutta la notte e uno strato di neve soffice e fresca si era posato su quella battuta e ghiacciata del giorno prima.

Qualcuno dei nostri amici era rimasto al cottage, soprattutto le coppiette che avevano deciso di festeggiare in intimità la Pasquetta, altri avevano deciso di scendere in paese, mentre io, indecisa come sempre, alla fine avevo optato per seguire il gruppo di coloro che avevano deciso di andare a sciare, dove guarda caso c’era anche il mio incubo preferito.

Eros e Gianni, il suo migliore amico, erano già scesi, mentre io osservavo la pista dall’alto, non più così sicura di volere affrontare quella discesa che si prevedeva essere parecchio pericolosa visto che la pista era scoscesa. Purtroppo però non avevo molte alternative, visto che stando ferma lì mi avrebbero ritrovata come un ghiacciolo, allora mi ero fatta coraggio e mi ero gettata.

Mai fare le piste ghiacciate a spazzaneve: quando partono le code non le fermi più e ti ritrovi a terra.

Io avevo fatto un volo di quelli da manuale, tipo gatto Silvestro quando si schiantava contro gli alberi.

Una volta atterrata con il sedere mi guardai intorno per essere sicura che nessuno mi avesse visto, sarebbe stata una brutta figura colossale per la quale mi avrebbero preso in giro a vita, ma per fortuna non c’era anima viva dietro di me, e Eros e Gianni continuavano tranquilli la loro discesa. Quindi, prima che uno dei due si accorgesse della mia assenza, provai a mettermi in piedi, ma un dolore lancinante alla caviglia mi fece lanciare un urlo; non riuscivo a capire se fosse rotta o meno, ma era sicuro che di lì, senza l’aiuto di qualcuno, non mi sarei riuscita a muovere, e in quel momento rimpiansi che non ci fosse nessuno attorno a me.

Mi stupii, e non poco, quando vidi tornare indietro Eros.

“ Non ti ho vista più dietro di noi, e poi ho sentito un urlo, così sono venuto a vedere cosa fosse successo. ” Mi disse, forse accortosi della mia faccia sbalordita. “ Cosa ti fa male? ”

“ La caviglia. ” Balbettai, ancora scioccata che fosse tornato indietro lui e non Gianni.

“ Riesci a muoverla? ” Mi domandò serio, osservando attentamente la parte lesa dopo aver sganciato lo sci e avermi sollevato un po’ la tuta. Dosando bene la forza, mossi leggermente il piede, ma non riuscii a trattenere una smorfia di dolore e le lacrime che mi bagnarono il viso.

“ Ok, non dovrebbe essere rotta. Ti metto un po’ di neve sopra per non farla gonfiare, nel frattempo chiamo i soccorsi e andiamo in ospedale per esserne certi, va bene? ” Annuii, felice ma nello stesso tempo sconvolta che fosse lui a prendersi cura di me.

Quando arrivarono i soccorsi, Eros insistette per accompagnarmi, e io lo lasciai fare, in fondo avevo bisogno di una presenza amica, non sarei riuscita ad aspettare da sola i risultati delle radiografie senza immaginarmi il peggio. Durante l’attesa mi tenne per tutto il tempo la mano, senza dire nulla, afferrandola  dopo che avevo iniziato a torturarmi le pellicine.

Dopo che il medico ebbe confermato che non avevo nulla di rotto, ma solo una brutta slogatura che sarebbe passata con tanto riposo e una pomata contro il dolore, prendemmo un taxi per tornare al cottage.

“ Grazie per la compagnia. ” Gli dissi, senza riuscire a guardarlo negli occhi, troppo imbarazzata per la situazione che si era venuta a creare.

“ Quando piangi sei più umana e bellissima. ” Mi disse, sollevandomi il mento con due dita e guardandomi negli occhi e io questa volta non riuscii a sottrarmi. “ Ti ho mai detto che mi piaci da impazzire? ”

Avevo il cuore in gola, per un attimo avevo pensato che se mi avesse baciata, stavolta non avrei avuto la forza di allontanarlo.

Allora sorrisi sarcastica. “ Lo dici a tutte, ma con me non attacca. ”

“ Bene, devo dire che ti sei ripresa in fretta, stai tornando a essere la miss simpatia di sempre. ”

“ Senti chi parla! ” Le ostilità stavano ricominciando. Eravamo ancora in taxi e già avevamo ricominciato a scannarci.

“ E’ un vero peccato perché a guardarti da lontano, quando non apri bocca, sembri un angioletto. ”

Iniziai a ridere amara. “ Eros, guarda, sarò anche spaventata e un po’ ferita, ma la testa ci sta ancora tutta. Con me perdi tempo, so bene che fine fanno le ragazze che si mettono con te. ”

Mi aspettavo una sua bordata, invece mi prese una mano.

“ Anya le altre non contano. Ha ragione Gianni quando dice che sono un po’ bacato: piaccio a tutte e io invece ho perso la testa per l’unica che non mi vede proprio. ”

“ E chi sarebbe la fortunata? ” Chiesi, poco convinta.

Lui sorrise furbo, senza rispondere nulla, avvicinando velocemente il suo viso al mio e baciandomi, prendendomi totalmente alla sprovvista.

Non riuscivo a pensare lucidamente, l’unica cosa che mi veniva in mente era che avevo le labbra totalmente screpolate, e sicuramente lui lo stava notando, ma non sembrava dargli fastidio da come muoveva le sue labbra sulle mie: era esigente, ma anche gentile; con la punta della lingua tracciava il contorno del mio labbro inferiore, senza chiedere di più, senza forzare la mia bocca ad aprirsi.

Quando sentii la testa girare per la mancanza di ossigeno, lui si allontanò, e senza lasciarmi il tempo di dire niente, scese dal taxi, e dopo aver pagato la corsa, si allontanò velocemente.

Ai sogni si può anche resistere, a un amore vero no.

Quel bacio era stata la mia personale linea di non ritorno.

 

Quella notte non riuscii a chiudere occhio: se prima credevo di essere innamorata, adesso avevo la certezza di esserlo davvero.

E avevo una paura da morirne.

La mattina seguente gli altri erano appena usciti, andavano tutti a sciare visto che era l’ultimo giorno di vacanza e io non avevo voluto che nessuno ci rinunciasse per fare un po’ di compagnia all’inferma. Roberto, gentilmente, mi aveva lasciato un libro sul tavolino. “ Così ti fa un po’ di compagnia e non ti sentirai sola. ” Mi aveva detto.

Eros invece se n’era andato senza una parola.

Dopo qualche tempo sentii la porta di casa aprirsi: qualcuno era tornato. Mi asciugai gli occhi in fretta perché detestavo farmi compatire dagli altri, specialmente perché stavo piangendo per una persona che non avrei mai potuto amare realmente.

E a varcare la soglia fu proprio il mio incubo/sogno personale.

“ Cosa vuoi? ” Gli chiesi acida.

“ Nulla. ” Rispose, rimanendo sulla soglia con le mani in tasca, dondolando sui talloni: sembrava quasi in imbarazzo, se non fosse stato per quello strano luccichio che gli faceva brillare gli occhi.

“ Non vai a sciare? ”

“ Avrei un’idea migliore. ” Si avvicinò a passo svelto, sedendosi accanto a me sul divano.

“ Lo posso immaginare ma io non sono una ragazza usa e getta, in questa cosa ci metterei il cuore. ”

“ Io ce l’ho già messo: ti amo, scemotta. ”

“ Come? ”

“ Hai capito bene, sei tu la ragazza per cui ho perso la testa, sei tu quella che da tempo popola i miei sogni. ho cercato di fartelo capire in ogni modo durante questa vacanza, ma a quanto pare tu sei parecchio tonta. ” Sorrise dolce, mettendomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

“ Perché non ha alcun senso quello che stai dicendo, potresti avere tutte le ragazza che vuoi, perché proprio me? ”

“ Perché tu sei Anya. ” Posò le labbra sulle mie ed io stavolta, dopo un attimo di smarrimento, risposi reattiva al bacio. Massaggiai le sue labbra con le mie, le schiusi appena per accogliere la sua lingua nella mia bocca. La mia lingua s'intrecciò con la sua, mentre il mio corpo veniva percorso dai brividi oltre che dalle sue mani. Iniziarono ad esplorare i fianchi, risalirono sul ventre, fino ad impossessarsi del mio seno. Io ero stordita, mentre mi accasciavo con la schiena sul divano. Le mie mani iniziarono ad imitare le sue, andando a carezzare con lentezza il suo corpo. Lentamente alzai la sua maglia come lui fece con la mia.
Le sue labbra scesero sul mio collo, e s'allontanarono soltanto per sfilarmi la maglia. Baciò le mie spalle, la mia gola, il mio seno. Mentre teneva il seno con le mani, la sua bocca s'alternava tra un capezzolo e l'altro, succhiandolo appena e leccandolo con dolcezza.
Sospirai. Avevo la sensazione che quello non fosse il mio corpo: sentivo un calore partire dabbasso che mi annebbiava il cervello.
Eros scese sempre più giù, baciando il mio ventre, l'ombelico, fino al limitare dei jeans. Mi aiutò a slacciare i jeans e a sfilare anche gli slip. Mi sorrise, guardandomi con desiderio.
Lui si sfilò i pantaloni e rimase in boxer. Arrossii.
Eros mi guardò, sorrise.
“ Sicura di volerlo fare, piccola? ” Mi chiese con dolcezza, anche se il suo sguardo era pieno di desiderio.
Annuii, mentre lentamente gli sfilai i boxer. Mi baciò, mi fece stendere sul divano. Mi osservò.
“ Vorrei davvero che tu mi amassi, Eros... ” Mormorai, mettendo a nudo le mie paure, poco prima di ricevere un bacio, l'ennesimo, sulle labbra.
“ Ma io ti amo, stella, ti amo tanto. Pronta? ” Mi chiese, guardandomi attentamente.
“ Si...pronta. ” Esclamai, chiudendo istintivamente gli occhi un attimo prima che lui iniziasse a penetrarmi. Provai dolore, sentii un qualcosa rompersi all'interno del mio corpo e mi morsi il labbro. Lui si fermò per farmi abituare all'intrusione.
Iniziò a muoversi lentamente, dentro e fuori, mentre io allacciai le mie gambe sulla sua schiena. Si muoveva con un ritmo ipnotico, mentre io sospiravo e mugolavo appena. Si mosse un po' più velocemente, mentre lo sentivo affondare sempre più in me. Mi baciò ancora, mentre il ritmo aumentava. Ormai non provavo più dolore, ma solo piacere. Lo sentivo gemere su di me, sul mio corpo, mentre si muoveva sempre più velocemente.
Soffocai i miei gemiti baciandolo, e sentii crescere in me un piacere nuovo, qualcosa di sconosciuto che nascendo dal mio ventre si irradiava in tutto il corpo, lasciandomi navigare in una bolla, come sospesa in un altro mondo. Anche Eros godette, gemendo il mio nome nel momento del piacere.

Rimanemmo per un po’ in silenzio, abbracciati su quel divano, ognuno perso nei propri pensieri: Eros era il mio sogno a occhi aperti, e adesso che li chiudevo ed era tutto vero mi sentivo morire dalla felicità. Non sapevo dove tutto questo ci avrebbe condotti, ma in quel momento non volevo pensarci, volevo godermi quegli attimi che non sapevo se sarebbero tornati o meno, e non riuscivo a pentirmi della mia avventatezza: era con lui che sognavo la mia prima volta e con lui era accaduta, non sapevo se questo sarebbe stato amore vero, ma sicuramente in quel momento io mi ero sentita amata.

Questo è il mio personale augurio di Buona Pasqua, spero vi piaccia!
Tantissimi auguri di vero cuore a tutti, un bacione, Paola.
Ps: un ringraziamento speciale alla mia puffetta e alla sua amica per aver realizzato la bellissima copertina della storia ;) 

   
 
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