Ognuno
ha il
suo sogno proibito.
Il
mio aveva
occhi chiari dello stesso colore del mare quando ci sono le giornate di
sole o
dell’erba la mattina presto quando è ancor bagnata
dalla rugiada, morbidi
riccioli neri e un sorriso da zingaro.
Era
il mio
sogno da quando ero una studentessa del liceo, e lui era il bello della
scuola,
e ancora oggi, purtroppo o per fortuna, mi trovavo a condividere molto
spesso
delle giornate con lui visto che frequentavamo lo stesso giro di amici.
Quando
mi
guardava mi tremava il cuore e mi si piegavano le ginocchia.
Eros,
mai
nome fu più azzeccato, non si limitava a incrociare gli
occhi con i tuoi, andava
oltre. Sembrava spogliarti, entrarti dentro, raggiungere la parte
più vulnerabile
della tua anima.
Ed
era strano,
perché non avevo mai visto degli occhi chiari essere
così espressivi e
profondi, di solito sono sempre piatti o al massimo lucidi, ma i suoi
no, andavano
oltre ogni definizione possibile di occhi normalmente detti belli.
Gli
riusciva
benissimo e purtroppo non solo con me. Il delinquente lo sapeva e ci
marciava. Questo
suo fare da spaccone era il motivo per cui io non mi ero mai avvicinata
a lui e
l’avevo sempre trattato con freddezza, ricevendo in cambio la
sua antipatia.
Innanzitutto
non aspiravo a diventare un’altra tacca del suo
“palmares”: mi facevano una pena
pazzesca quelle che gli si infilavano nel letto, e che prima o poi
avrebbero
fatto una misera fine; qualche giorno di felicità e un
baratro infinito di
disperazione, questo era il loro destino, e mi facevano anche pena
perché
sapevano quello a cui andavano incontro, ma pur di dire di essere state
a letto
con lui soprassedevano a tutto.
Perciò
resistevo, stoica.
Lui
mi guardava
e io mi giravo dall’altra parte; tutte gli facevano la ola,
io invece fingevo
di ignorarlo. Mi costava una fatica immane, ma era l’unica
arma di difesa che ero
riuscita a inventarmi.
Fino
alla settimana
scorsa questa tecnica aveva funzionato a meraviglia, poi mi era venuta
la
brillante idea di accettare l’invito del mio amico Roberto,
che aveva una casa
in montagna e aveva deciso di ospitarci tutti per festeggiare insieme
la
Pasqua.
Naturalmente
Eros era compreso.
E
come se
non bastasse, io ero davvero negata sugli sci: nonostante avessi preso
molte
lezioni, la neve continuava a farmi paura.
Ieri
faceva un
freddo cane, aveva nevicato tutta la notte e uno strato di neve soffice
e
fresca si era posato su quella battuta e ghiacciata del giorno prima.
Qualcuno
dei
nostri amici era rimasto al cottage, soprattutto le coppiette che
avevano
deciso di festeggiare in intimità la Pasquetta, altri
avevano deciso di
scendere in paese, mentre io, indecisa come sempre, alla fine avevo
optato per
seguire il gruppo di coloro che avevano deciso di andare a sciare, dove
guarda
caso c’era anche il mio incubo preferito.
Eros
e
Gianni, il suo migliore amico, erano già scesi, mentre io
osservavo la pista
dall’alto, non più così sicura di
volere affrontare quella discesa che si
prevedeva essere parecchio pericolosa visto che la pista era scoscesa.
Purtroppo però non avevo molte alternative, visto che stando
ferma lì mi
avrebbero ritrovata come un ghiacciolo, allora mi ero fatta coraggio e
mi ero
gettata.
Mai
fare le
piste ghiacciate a spazzaneve: quando partono le code non le fermi
più e ti ritrovi
a terra.
Io
avevo
fatto un volo di quelli da manuale, tipo gatto Silvestro quando si
schiantava
contro gli alberi.
Una
volta
atterrata con il sedere mi guardai intorno per essere sicura che
nessuno mi
avesse visto, sarebbe stata una brutta figura colossale per la quale mi
avrebbero preso in giro a vita, ma per fortuna non c’era
anima viva dietro di
me, e Eros e Gianni continuavano tranquilli la loro discesa. Quindi,
prima che
uno dei due si accorgesse della mia assenza, provai a mettermi in
piedi, ma un
dolore lancinante alla caviglia mi fece lanciare un urlo; non riuscivo
a capire
se fosse rotta o meno, ma era sicuro che di lì, senza
l’aiuto di qualcuno, non
mi sarei riuscita a muovere, e in quel momento rimpiansi che non ci
fosse
nessuno attorno a me.
Mi
stupii, e
non poco, quando vidi tornare indietro Eros.
“
Non ti ho
vista più dietro di noi, e poi ho sentito un urlo,
così sono venuto a vedere
cosa fosse successo. ” Mi disse, forse accortosi della mia
faccia sbalordita. “
Cosa ti fa male? ”
“
La
caviglia. ” Balbettai, ancora scioccata che fosse tornato
indietro lui e non
Gianni.
“
Riesci a
muoverla? ” Mi domandò serio, osservando
attentamente la parte lesa dopo aver
sganciato lo sci e avermi sollevato un po’ la tuta. Dosando
bene la forza,
mossi leggermente il piede, ma non riuscii a trattenere una smorfia di
dolore e
le lacrime che mi bagnarono il viso.
“
Ok, non
dovrebbe essere rotta. Ti metto un po’ di neve sopra per non
farla gonfiare,
nel frattempo chiamo i soccorsi e andiamo in ospedale per esserne
certi, va
bene? ” Annuii, felice ma nello stesso tempo sconvolta che
fosse lui a
prendersi cura di me.
Quando
arrivarono i soccorsi, Eros insistette per accompagnarmi, e io lo
lasciai fare,
in fondo avevo bisogno di una presenza amica, non sarei riuscita ad
aspettare
da sola i risultati delle radiografie senza immaginarmi il peggio.
Durante
l’attesa mi tenne per tutto il tempo la mano, senza dire
nulla,
afferrandola dopo
che avevo iniziato a
torturarmi le pellicine.
Dopo
che il
medico ebbe confermato che non avevo nulla di rotto, ma solo una brutta
slogatura che sarebbe passata con tanto riposo e una pomata contro il
dolore,
prendemmo un taxi per tornare al cottage.
“
Grazie per
la compagnia. ” Gli dissi, senza riuscire a guardarlo negli
occhi, troppo
imbarazzata per la situazione che si era venuta a creare.
“
Quando
piangi sei più umana e bellissima. ” Mi disse,
sollevandomi il mento con due
dita e guardandomi negli occhi e io questa volta non riuscii a
sottrarmi. “ Ti
ho mai detto che mi piaci da impazzire? ”
Avevo
il cuore
in gola, per un attimo avevo pensato che se mi avesse baciata, stavolta
non
avrei avuto la forza di allontanarlo.
Allora
sorrisi
sarcastica. “ Lo dici a tutte, ma con me non attacca.
”
“
Bene, devo
dire che ti sei ripresa in fretta, stai tornando a essere la miss
simpatia di
sempre. ”
“
Senti chi
parla! ” Le ostilità stavano ricominciando.
Eravamo ancora in taxi e già
avevamo ricominciato a scannarci.
“
E’ un vero
peccato perché a guardarti da lontano, quando non apri
bocca, sembri un
angioletto. ”
Iniziai
a
ridere amara. “ Eros, guarda, sarò anche
spaventata e un po’ ferita, ma la
testa ci sta ancora tutta. Con me perdi tempo, so bene che fine fanno
le
ragazze che si mettono con te. ”
Mi
aspettavo
una sua bordata, invece mi prese una mano.
“
Anya le
altre non contano. Ha ragione Gianni quando dice che sono un
po’ bacato:
piaccio a tutte e io invece ho perso la testa per l’unica che
non mi vede
proprio. ”
“
E chi
sarebbe la fortunata? ” Chiesi, poco convinta.
Lui
sorrise
furbo, senza rispondere nulla, avvicinando velocemente il suo viso al
mio e
baciandomi, prendendomi totalmente alla sprovvista.
Non
riuscivo
a pensare lucidamente, l’unica cosa che mi veniva in mente
era che avevo le
labbra totalmente screpolate, e sicuramente lui lo stava notando, ma
non sembrava
dargli fastidio da come muoveva le sue labbra sulle mie: era esigente,
ma anche
gentile; con la punta della lingua tracciava il contorno del mio labbro
inferiore, senza chiedere di più, senza forzare la mia bocca
ad aprirsi.
Quando
sentii la testa girare per la mancanza di ossigeno, lui si
allontanò, e senza
lasciarmi il tempo di dire niente, scese dal taxi, e dopo aver pagato
la corsa,
si allontanò velocemente.
Ai
sogni si
può anche resistere, a un amore vero no.
Quel
bacio
era stata la mia personale linea di non ritorno.
Quella
notte
non riuscii a chiudere occhio: se prima credevo di essere innamorata,
adesso avevo
la certezza di esserlo davvero.
E
avevo una
paura da morirne.
La
mattina
seguente gli altri erano appena usciti, andavano tutti a sciare visto
che era
l’ultimo giorno di vacanza e io non avevo voluto che nessuno
ci rinunciasse per
fare un po’ di compagnia all’inferma. Roberto,
gentilmente, mi aveva lasciato
un libro sul tavolino. “ Così ti fa un
po’ di compagnia e non ti sentirai sola.
” Mi aveva detto.
Eros
invece
se n’era andato senza una parola.
Dopo
qualche
tempo sentii la porta di casa aprirsi: qualcuno era tornato. Mi
asciugai gli
occhi in fretta perché detestavo farmi compatire dagli
altri, specialmente
perché stavo piangendo per una persona che non avrei mai
potuto amare realmente.
E
a varcare
la soglia fu proprio il mio incubo/sogno personale.
“
Cosa vuoi?
” Gli chiesi acida.
“
Nulla. ”
Rispose, rimanendo sulla soglia con le mani in tasca, dondolando sui
talloni:
sembrava quasi in imbarazzo, se non fosse stato per quello strano
luccichio che
gli faceva brillare gli occhi.
“
Non vai a
sciare? ”
“
Avrei
un’idea migliore. ” Si avvicinò a passo
svelto, sedendosi accanto a me sul
divano.
“
Lo posso
immaginare ma io non sono una ragazza usa e getta, in questa cosa ci
metterei
il cuore. ”
“
Io ce l’ho
già messo: ti amo, scemotta. ”
“
Come? ”
“
Hai capito
bene, sei tu la ragazza per cui ho perso la testa, sei tu quella che da
tempo
popola i miei sogni. ho cercato di fartelo capire in ogni modo durante
questa
vacanza, ma a quanto pare tu sei parecchio tonta. ” Sorrise
dolce, mettendomi
una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“
Perché non
ha alcun senso quello che stai dicendo, potresti avere tutte le ragazza
che
vuoi, perché proprio me? ”
“
Perché tu
sei Anya. ” Posò le labbra sulle mie ed io
stavolta, dopo un attimo di
smarrimento, risposi reattiva al bacio. Massaggiai le sue labbra con le
mie, le
schiusi appena per accogliere la sua lingua nella mia bocca. La mia
lingua
s'intrecciò con la sua, mentre il mio corpo veniva percorso
dai brividi oltre
che dalle sue mani. Iniziarono ad esplorare i fianchi, risalirono sul
ventre,
fino ad impossessarsi del mio seno. Io ero stordita, mentre mi
accasciavo con
la schiena sul divano. Le mie mani iniziarono ad imitare le sue,
andando a
carezzare con lentezza il suo corpo. Lentamente alzai la sua maglia
come lui
fece con la mia.
Le sue labbra scesero sul mio collo, e s'allontanarono soltanto per
sfilarmi la
maglia. Baciò le mie spalle, la mia gola, il mio seno.
Mentre teneva il seno
con le mani, la sua bocca s'alternava tra un capezzolo e l'altro,
succhiandolo
appena e leccandolo con dolcezza.
Sospirai. Avevo la sensazione che quello non fosse il mio corpo:
sentivo un
calore partire dabbasso che mi annebbiava il cervello.
Eros scese
sempre più giù, baciando il mio ventre,
l'ombelico, fino al limitare dei jeans.
Mi aiutò a slacciare i jeans e a sfilare anche gli slip. Mi
sorrise,
guardandomi con desiderio.
Lui si sfilò i pantaloni e rimase in boxer. Arrossii.
Eros mi
guardò, sorrise.
“ Sicura di volerlo fare, piccola? ” Mi chiese con
dolcezza, anche se il suo
sguardo era pieno di desiderio.
Annuii, mentre lentamente gli sfilai i boxer. Mi baciò, mi
fece stendere sul
divano. Mi osservò.
“ Vorrei davvero che tu mi amassi, Eros... ”
Mormorai, mettendo a nudo le mie
paure, poco prima di ricevere un bacio, l'ennesimo, sulle labbra.
“ Ma io ti amo, stella, ti amo tanto. Pronta? ” Mi
chiese, guardandomi
attentamente.
“ Si...pronta. ” Esclamai, chiudendo istintivamente
gli occhi un attimo prima
che lui iniziasse a penetrarmi. Provai dolore, sentii un qualcosa
rompersi
all'interno del mio corpo e mi morsi il labbro. Lui si fermò
per farmi abituare
all'intrusione.
Iniziò a muoversi lentamente, dentro e fuori, mentre io
allacciai le mie gambe
sulla sua schiena. Si muoveva con un ritmo ipnotico, mentre io
sospiravo e
mugolavo appena. Si mosse un po' più velocemente, mentre lo
sentivo affondare
sempre più in me. Mi baciò ancora, mentre il
ritmo aumentava. Ormai non provavo
più dolore, ma solo piacere. Lo sentivo gemere su di me, sul
mio corpo, mentre
si muoveva sempre più velocemente.
Soffocai i miei gemiti baciandolo, e sentii crescere in me un piacere
nuovo,
qualcosa di sconosciuto che nascendo dal mio ventre si irradiava in
tutto il
corpo, lasciandomi navigare in una bolla, come sospesa in un altro
mondo. Anche
Eros godette, gemendo il mio nome nel momento del piacere.
Rimanemmo
per un po’ in silenzio, abbracciati su quel divano, ognuno
perso nei propri
pensieri: Eros era il mio sogno a occhi aperti, e adesso che li
chiudevo ed era
tutto vero mi sentivo morire dalla felicità. Non sapevo dove
tutto questo ci
avrebbe condotti, ma in quel momento non volevo pensarci, volevo
godermi quegli
attimi che non sapevo se sarebbero tornati o meno, e non riuscivo a
pentirmi
della mia avventatezza: era con lui che sognavo la mia prima volta e
con lui
era accaduta, non sapevo se questo sarebbe stato amore vero, ma
sicuramente in
quel momento io mi ero sentita amata.
Tantissimi auguri di vero cuore a tutti, un bacione, Paola.
Ps: un ringraziamento speciale alla mia puffetta e alla sua amica per
aver realizzato la bellissima copertina della storia ;)