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Autore: Keros_    01/04/2013    6 recensioni
[Future!Seblaine]
Blaine, dopo anni di matrimonio con Sebastian e aver messo su una famiglia, decide di divorziare dal marito a causa di un tradimento subito da quest'ultimo. Così va a vivere con suo fratello Cooper e la sua compagna Elizabeth, facendo fare ai bambini avanti e in dietro da una casa all'altra; ma affrontare un divorzio non è mai così facile come si pensa, sopratutto se si provano ancora dei sentimenti profondi verso colui che dovrebbe diventare l'ex.
Abbiamo: Cooper che è stufo d'avere il fratello in giro per casa, Elizabeth che non ne può più di ascoltare i suoi monologhi depressi, Grant che è furioso con entrambi i genitori, Juliette che vuole la felicità dei due uomini, Sebastian che decide di riconquistare Blaine, Tony innamorato di Sebastian, John che vorrebbe creare una relazione con Blaine e quest'ultimo che vorrebbe continuare ad andare avanti con il divorzio.
Ma lo sappiamo tutti, ottenere ciò che si vuole non è mai così facile.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4

Dopo un intera settimana di lotta, Blaine aveva ceduto; si era lasciato convincere ad andare a quell’appuntamento al buio programmatogli dal fratello. Aveva provato in tutti i modi ad imporsi e a dire che non ci sarebbe andato, ma sembravano essersi coalizzati tutti insieme in un complotto contro di lui.
 
Grant improvvisamente sembrava essere diventato più gentile, persino con Sebastian e Blaine non poteva far altro che ringraziare il cielo, pur sapendo che l’unica persona che doveva prendersi il merito era Elizabeth.
 
Per disdire l’appuntamento aveva sperato su una reazione poco carina di Juliette. Inutile dire che fece soltanto un buco nell’acqua. La bambina, dopo che gli ebbe spiegato la situazione dettaglio per dettaglio proprio per spaventarla, lo aveva guardato con gli occhi sgranati e la bocca socchiusa, poi quando Blaine credette d’aver almeno un motivo per cui giustificarsi con Cooper, aveva detto: “Papà devi andarci e se è uno della tv, visto che conosce lo zio? E poi devi essere felice.” Dopo averla ascoltata, Blaine si batté una mano sulla fronte e si era diretto trotterellando da El, sperando almeno sul suo appoggio. Altro buco nell’acqua. “Blaine, vai, divertiti, scompari dalla circolazione almeno per una sera così io e tuo fratello possiamo stare tranquilli e perché no? Vedi di divertirti anche tu.”
 
Cooper nemmeno a nominarlo, era stato capace di preparargli lui stesso i vestiti e dargli qualche lezione per un appuntamento perfetto e lo aveva tartassato di continui: “Vacci,” “Sono un attore, ho perso del tempo prezioso per procurarti questo appuntamento, ora ci vai,”
 
“Blaine, voglio la casa libera. DE-VI SCOM-PA-RI-RE.”
 
E quindi, adesso, Blaine si ritrovava a dover chiamare l’ultima persona che volesse venisse a conoscenza della sua uscita: Sebastian.  Si erano sentiti più o meno ogni giorno, come al solito dopotutto, ma non aveva accennato nemmeno una volta a quell’uscita nella speranza che non ce ne fosse bisogno e adesso doveva proprio dirglielo, visto che aveva acconsentito a tenersi lui quella sera i bambini.
 
Prese il cellulare dalla borsa e si sedette sulla cattedra, sperando che qualche studente non arrivasse in aula prima del suono della campanella e riuscisse a sentire quella che sicuramente sarebbe stata l’ennesima litigata. Poi pensò che stranamente, gli ultimi giorni erano passati tranquillamente senza troppi battibecchi e con un Sebastian molto più accondiscendente del solito.
 
Digitò il numero del quasi ex marito e portò l’apparecchio elettronico all’orecchio. Dopo qualche squillo, in cui aveva pensato a qualche possibile scusa per permettergli di non dovergli dire la verità, la voce di Sebastian arrivò ben decisa.
 
“Ciao dolcezza.”
 
Ciao, Sebastian. Come sta-“
 
 “Tutto quello che vuoi, zucchero. Che ti serve?”
 
“Mi serve un favore.”
 
“Accetta un caffè e possiamo discuterne.”
 
“Sebastian, non è il momento e non voglio litigare. Quindi-“
 
“Cosa ti serve? E’ successo qualcosa?”
 
Il tono di voce leggermente allarmato fece sentire Blaine ancora più in colpa. Fece un respiro profondo e poi disse: “No, sta tranquillo. E’ che mi hanno spostato il consiglio docenti all’ultimo minuto e oggi sono tutto il pomeriggio a scuola. Volevo chiederti… Non è che stasera i bambini possono rimanere con te?”
 
Sebastian sbuffò dall’altro capo del telefono.
 
 “sicuro che non puoi stasera?”
 
“Si, ma se è un problema fa niente. Non vorrei-“
 
“Disdico l’impegno che avevo, non preoccuparti.” Lo sentì sorridere, “Per te questo ed altro.”
 
“Grazie.” Blaine si mordicchiò il labbro poi aggiunse: “Devo andare, ci sentiamo.”
 
 
Sebastian portò il telefono davanti agli occhi e lo guadò con un sopracciglio alzato, Blaine non gli aveva dato nemmeno il tempo di rispondere che aveva già riagganciato. Decise di non farci troppo caso e ripose il telefono nella tasca dei pantaloni.
 
Per quella sera aveva progettato di andare a divertirsi in qualche locale poco consono alle persone della sua età, ma dover passare la serata con i figli non dispiaceva più di tanto, anzi da una parte quella notizia l’aveva messo di buon umore. Frequentare i bar gay non era più come se lo ricordava, divertente e un buon posto dove trovare qualcuno da portarsi a letto, ma era noioso e monotono.
 
“Chi era al telefono?” Si girò verso Grant che lo guardava con un ghigno dal sedile accanto al suo.
 
“Tuo padre,” rispose alzando le spalle.
 
“Ti ha detto di John?” Continuò il figlio, con uno strano ghigno a delineargli le labbra.
 
Sebastian inchiodò di colpo, istintivamente; Fortuna volle che erano parcheggiati davanti alla scuola di Grant e ancora fermi. Si girò verso il ragazzo, cercando di capire se lo stesse prendendo in giro, gli stesse facendo uno scherzo o voleva soltanto vedere la sua reazione; rimase sorpreso nel vederlo completamente sincero, anche se un po’ divertito. Stava dicendo la verità e Blaine non gli aveva detto niente.
 
“Chi è John?” Chiese in cagnesco, senza preoccuparsi di dover sembrare freddo e distaccato. Che poi al diavolo, Blaine era suo e questo qui da dove era spuntato? Aveva tutto il diritto di sentire il sangue ribollire nelle vene e il bisogno d’andare da quel moretto e baciarlo con foga per fargli capire quanto si appartenessero.
 
“Uno con cui esce stasera, al vostro ristorante preferito.” Rispose Grant, alzando le spalle e allacciandosi la cintura, con la più completa  indifferenza.
 
“Come lo ha conosciuto?” Chiese lui, dovendosi controllare dal non staccare il voltante a furia di stringerlo così forte.
 
“Non lo so, penso tramite zio Coop. Si vedono alle otto e mezza…”
 
Sebastian non rispose e fece cadere il discorso, chiedendosi perché diamine suo figlio stesse lasciando la frase in sospeso e dicesse cose che a lui non interessavano…
 
O forse sì? Sì, gli interessavano.
 
In pochi secondi pianificò tutto ciò che avrebbe fatto quella sera e si annotò in mente di chiamare la babysitter per tenere sotto controllo Grant e Juliette.




 



 


Blaine si sentiva un vero ed emerito idiota.
 
Era davanti all’entrata del ristorante da una quindicina di minuti buoni, imbacuccato nel suo giubbotto blu scuro e ancora non si era fatto vedere nessuno; oppure era lui che non voleva entrare ? Ovviamente la seconda.
 
Cooper gli aveva raccomandato di farsi trovare alle otto e mezza, puntuale e non come suo solito, nel tavolo prenotato a suo nome e molto probabilmente avrebbe trovato John lì ad aspettarlo e invece aveva fatto tutto il contrario: Si era presentato con dieci minuti di ritardo, aveva dato un’occhiatina veloce all’interno del locale che aveva trovato per metà vuoto, come era solito nei giorni di settimana, e poi era uscito ingannandosi lui stesso dicendosi che in quel modo l’avrebbe riconosciuto subito e incontrato prima.
 
Ma la verità era un’altra: Voleva solo andare via.
 
Ancora si chiedeva perché diamine aveva accettato di presentarsi lì a conoscere uno sconosciuto, amico di suo fratello. Guardò l’orologio da polso, notando che erano già le nove meno dieci e decise d’entrare e sedersi al tavolo;  credeva che non si sarebbe presentato e ormai che era lì, si sarebbe concesso il suo piatto preferito.
 
Spinse la porta con gentilezza e sorrise al cameriere che ricambiò e lo accompagnò fino al tavolo, in silenzio, un po’ confuso di non vederlo insieme a Sebastian, ma non disse nulla.
 
Quando ancora stavano insieme andavano molto spesso in quel locale, con i bambini e non, quindi il proprietario li conosceva, così  come tutti gli altri che vi lavoravano e Blaine ringraziò il cielo che nessuno di questi, che aveva già salutato, gli avesse chiesto il motivo dell’assenza del quasi ex-marito.
 
Non gli andava di dover dire che non stavano più insieme, ma non perché erano cose personali, bensì perché suonava male dirlo ad alta voce e poi non gli piacevano quelle pacche nelle spalle e i “eravate una bella coppia, peccato che è finita così.”
 
Già, peccato e lui non poteva far altro che dargli ragione, mentre gli si posava un peso sul cuore.
 
Si sedette e poggiò il giubbotto nella sedia accanto alla sua, mentre i cameriere lasciava due menù sul tavolo. “Cenate da solo o aspettate qualcuno?”
 
Preferirei da solo ma forse verrà un uomo che neanche conosco.
 
Preferirei aspettare altri cinque minuti per ordinare, se non è un problema” Rispose gentilmente,  lasciandogli uno dei suoi sorrisi cordiali.
 
“Come preferite, ripasserò più tardi.” Detto questo, il ragazzo in vestito nero andò via, lasciando Blaine da solo.
 
Poggiò i gomiti sul tavolo per poi intrecciare le mani tra loro e poggiarci il viso. Avrebbe aspettato soltanto cinque minuti, dopodiché avrebbe ordinato, mangiato e poi tornato a casa solo per la soddisfazione di vedere l’espressione impaurita di suo fratello quando gli avrebbe rivolto un occhiata truce. 


 




 

Dopo una decina di minuti e ormai con il dubbio che la sua famiglia l’avesse davvero preso in giro, la porta del locale si aprì, facendo entrare un uomo di qualche anno più grande di lui, avvolto in un cappotto nero e una sciarpa viola intorno al collo.
 
Blaine lo vide parlare con il cameriere che aveva accolto anche lui, e arrossì visibilmente quando quest’ultimo indicò proprio verso di lui e sentì due occhi azzurri addosso. Improvvisamente sperò che ci fosse stato un equivoco e che l’uomo non si stava dirigendo proprio verso di lui.
 
Ovviamente furono speranze vane.
 
L’uomo infatti si fermò proprio dall’altra parte del tavolo e Blaine notò che aveva dei bellissimi riccioli biondi non troppo lunghi e un pizzetto poco evidente per via del colore chiaro. Questi poggiò una mano sulla sedia e dopo un attimo di silenzio prese la parola.
“Ciao, sono John. Tu sei Blaine, giusto?”
“Si,” rispose immediatamente, un po’ agitato.
“Posso sedermi?”
Certosiovviamente.”
Il biondo sorrise a quelle tre affermazioni dette senza spazio tra loro, mostrando delle bellissime rughe d’espressione intorno agli occhi che delineavano anche sugli zigomi alti.
 
“Scusami per il ritardo,” disse levandosi il cappotto e lasciandolo sulla sedia, sopra quello di Blaine. Si sedette comodamente difronte a quest’ultimo, “Ma la Signora Colin si è sentita male e non potevo di certo lasciarla senza il mio aiuto.”
 
“Sei-Sei un dottore?” balbettò Blaine in risposta e l’altro si illuminò.
 
“Si, sono uno pediatra a dire il vero. Ho il mio studio, ma molto spesso mi chiedono una mano all’ospedale.”
 
“Ma se lavori-“
 
“Scusa se ti interrompo ma voglio rispondere subito alla tua domanda,” disse con un sorriso e il moro annuì leggermente, per nulla offeso. “La Signora Colin è la mia vicina di casa e siccome vivo da solo, diciamo che mi fa più come mamma,” John rise leggermente, “è molto anziana e prendendosi cura della nipotina, si è presa la febbre pure lei.” Si fermò un attimo, come a riflettere su qualcosa poi disse: “Tu invece abiti con tuo fratello, se non sbaglio.”
 
Emmh.. no, non sbagli. Vivo con Cooper e la sua compagna Elizabeth.” Rispose titubante, sentendosi in colpa per non aver nominato i figli.
 
“Oh già, dimenticavo. Sono una bellissima coppia,” commentò l’altro, alzandosi di poco le maniche del maglione. “Cooper mi aveva detto di volere un figlio.”
 
Blaine quasi si soffocò con la sua stessa saliva e ringraziò mentalmente il cameriere che era appena arrivato al tavolo, chiedendo se volessero dell’acqua mentre aspettavano di decidere i piatti per la cena. Se ne andò subito dopo e John si sporse un poco verso l’altro, controllando se stesse bene, visto che era diventato ancora più rosso di poco prima.
 
“Cooper... Un figlio?” Chiese questi, facendo cenno con la mano di non preoccuparsi e urlandosi mentalmente di essere un idiota per aver fatto quella brutta figura. “Sicuro che te l’abbia detto? Non voleva cambiare nemmeno il pannolino a Grant quando è nato e gliel’avevo affidato per due giorni perché io e Sebastian eravamo fuori a causa di un impegno di lavoro, figuriamoci ad avere un figlio. Sarebbe una catastrofe.”
 
“Grant?” Domandò John, con un sopracciglio alzato e un menù a mezzaria. “E..” arricciò il naso, “Sebastian?”
 
Non li aveva nominati davvero, non l’aveva fatto. Aveva solo sentito male, tutto qui.
 
“Non rovinare tutto, divertiti e non parlare di ex-mariti e bambini.”
 
Ma perché non aveva dato ascolto alle parole di Elizabeth? Aprì e richiuse la bocca un paio di volte, pensando a qualcosa da dire. Niente. Non gli venne in mente niente, se non la più cruda e imbarazzante verità. “John, senti..”
 
“Scusatemi, possiamo ordinare?” Blaine si voltò di scatto, non sapendo se dover ringraziare o maledire il ragazzo che lo aveva interrotto per la seconda volta. Optò per la prima.
 
Il biondo sorrise al ragazzo e iniziò a dettargli le ordinazioni, dando il tempo a Blaine di decidere il piatto che preferiva, ma lui lo aveva già in mente, così ordinò la sua pietanza  e John aggiunse anche una bottiglia di vino rosso, dicendo che era davvero squisito e che doveva assaggiarlo. Lo ringraziò per il pensiero e acconsentì.
 
“John, non so cosa ti abbiano raccontato Cooper ed Elizabeth sul mio conto, ma sono sicuro che non abbiano detto la verità e che  mi abbiano dipinto in un modo molto differente da ciò che sono veramente.” Ammise quando il cameriere andò via.
 
“L’avevo capito, non sembri né depresso, né la brutta e piccola copia di tuo fratello.” Rispose serio l’uomo, ma con un piccolo sorriso sulle labbra, prima di intrecciare le braccia sul tavolo e porsi in avanti, incuriosito da ciò che stava per dirgli.
 
Blaine ridacchiò, grattandosi la fronte prima di ritornare serio. “Grazie… ma non era questo quello che intendevo. Io… Vedi, John, sto uscendo da un matrimonio.”
 
“A dire dalla tua fede non si direbbe.” Commentò dolce e scherzoso John, meravigliandolo. Si aspettava un commento acido e non un sorriso adorabile.
 
Istintivamente guardò la mano sinistra poggiata sul tavolo, notando un anello d’oro bianco in bella mostra sull’anulare. Fece per ritrarre la mano così da poterla togliere, ma una mano ben curata si poggiò sulla sua.
 
“Non devi toglierla per me, non mi causa nessun problema.” Disse l’altro, allentando la presa, “So quanto possa essere difficile.  Tre anni fa’ mi lasciai con il mio compagno dopo otto anni di convivenza, all’inizio non è stato facile.”
 
“Grazie,” rispose istintivamente, non sapendo nemmeno bene il motivo per cui l’aveva detto, forse perché lo capiva e non stava infierendo maggiormente. “Sono un idiota, già al primo appuntamento combino tutti questi disastri parlando di ex-mariti e figli.”
 
“E’ da tanto che non vai ad un appuntamento?”
 
“Da quando mi sono messo con Sebastian, quindi sì.” Rispose con un sorriso amaro, sentendosi in imbarazzo.
 
“Ti.. ti va di parlare dei tuoi figli?”
 
“Non sei spaventato all’idea che li abbia?” Chiese Blaine, confuso da tutta quella curiosità. Di solito gli uomini non scappavano sentendo parlare di bambini?
 
“No,” rispose ridacchiando, “Non so se l’hai notato, Blaine, ma sono più un ragazzino. Mi sono divertito nella mia vita, sempre senza esagerare, e le relazioni impegnative non mi spaventano e soprattutto ho sempre voluto avere dei bambini.”
 
Blaine rimase a bocca aperta, non era di certo la risposta che si aspettava. John fraintese quel silenzio, così continuò, “Non volevo dire che mi metterò tra te e tuo marito, tanto meno voglio rimpiazzarlo.”
 
“Esatto, perché non ne avresti nessuna possibilità.”
 
Blaine chiuse gli occhi e prese un respiro profondo sentendo un’altra mano posarsi su quella sua e di John, prima si sentire quest’ultima allontanarsi bruscamente. Alzò le palpebre e si girò verso Sebastian, in piedi davanti a loro e con un ghigno sulle labbra.
 
“Adesso, Mr non-mi-metterò-tra-te-e-tuo-marito, perché non sparisci dalla circolazione? Abbiamo da fare.”
 
“Sebastian,” riuscì a sibilare, “Che ci fai qui?”
 
“Oh, ciao zucchero. Ti avrei salutato prima se non fosse per riccioli d’oro seduto al mio posto.”
 
“Ma che dici? Quello non è il tuo posto, tu non dovresti essere neanche qui!”
 
“Fa niente,” Interruppe John ciò che sicuramente sarebbe stata un’altra litigata. “Evidentemente avete delle questioni da risolvere e come ho già detto: non mi voglio mettermi tra voi due.”
 
“Non ti stai intromettendo da nessuna parte.”
 
Il biondo si alzò in piedi, indossando il cappotto, guardando Blaine come a volersi scusare “E’ stato un piacere chiacchierare con te. Se ti va e avrete chiarito la situazione, puoi sempre chiamarmi.”
 
“Non lo farà.” Rispose al suo posto Sebastian e Blaine non sapeva se sentirsi lusingato o furibondo.
 
“E’ stato un piacere anche conoscere te, Sebastian,” Continuò il biondo, facendo finta di non aver sentito e offrendogli la mano che l’altro strinse con riluttanza. “Perdonami, ma non me la sento di fare il terzo incomodo o dover assistere a una vostra litigata.”
 
“John, lui non era previsto, non sapeva nemmeno che fossi venuto qui,” controbatté Blaine, riferendosi al marito che stava ghignando senza pudore.
 
“Blaine, non so come funzioni tra voi due, ma il fatto che tu non gliel’abbia detto mi fa capire che sono di troppo e non mi va’ proprio questa situazione, mi spiace.”
 
In quelle parole c’era molta sofferenza e in quel momento Blaine avrebbe tanto voluto saperne il motivo, che molto probabilmente era legato al suo ex compagno. Ma si limitò ad annuire dispiaciuto, mentre il biondo gli faceva un cenno con il capo prima di dirigersi verso l’uscita.
 
Il moro non poté nemmeno seguirlo con lo sguardo, visto che il suo campo visivo venne compromesso da Sebastian che si era appena seduto sulle sue gambe, poggiato le braccia sulle sue spalle lasciandole a penzoloni e avvicinando pericolosamente il viso al suo.
 
“Se-Sebastian, ma sei scemo? Scendi subito.” Disse, cercando di cacciarlo via, confuso da quel movimento così rapido. “Ci stanno guardando tutti.”
 
“Chi era?” Chiese l’altro, ignorandolo del tutto e facendo incatenare i loro occhi.
 
“Chi?” Domandò quest’ultimo, ormai con il cervello scollegato, riuscendo soltanto a guardare le varie sfumature di verde all’interno di quelle iridi. E Blaine capì perché aveva deciso di sedersi proprio sopra di lui e non nella sedia accanto o difronte: non aveva via l’uscita ed era molto più vulnerabile del solito.
 
“…riccioli d’oro,” Rispose il più alto “Perché era qui?”
 
“Che t’importa.” Ma che stavano facendo? Stavano davvero mettendo in scena un teatrino così ridicolo e assolutamente surreale? “Sebastian, scendi immediatamente dalla mie gambe e vattene.”
 
“Così chiami non-mi-metterò-tra-te-e-tuo-marito?”
 
“Non hai nessun diritto di essere geloso. Non ne hai alcuno e adesso scendi.” Sbottò Blaine, ripetendo le stesse parole per ribadire il concetto, innervosito da tutta quella situazione.
 
“Non ne ho la minima intenzione.”
 
Sebastian!
 
“Non scendo.” Ripose il suddetto, che anzi si sistemò meglio sopra le sue gambe.
“Levati immediatamente.” Continuò Blaine, poggiandogli una mano sulla coscia per spingerla via, senza alcun risultato.
 
“No fin quando non mi rispondi e risolviamo questa storia.”
 
“Ma che ti prende?  Ti stai comportando come un bambino.” Lo ammonì il moro, sperando che almeno quell’affermazione lo facesse tornare in sé.
 
“Non mi sto comportando come un bambino, sei tu che ti comporti come un idiota.”
 
“Perché, sei geloso?” Gli chiese cercando di spaventarlo, sperando che si alzasse una volta per tutte.
 
“Non lo so,” Sebastian lo guardò confuso per un attimo, “Non sono geloso, solo non mi va che tu vada in giro con quello lì.”
 
“Bèh, non m’importa. Devi alzarti di qui, scusarti con me e andartene. Hai già fatto abbastanza.”
 
“Ceniamo insieme e poi me ne vado.” Controbatté Sebastian, abbassando lo sguardo sulle labbra dell’altro mentre le iridi si scurivano leggermente.
 
“Non ceneremo insieme, levatelo dalla testa. E adesso scendi, mi stai mettendo in imbara-“ Blaine non riuscì a terminare la frase a causa delle labbra di Sebastian sulle sue, che prorompenti se ne erano impossessate, lasciando scivolare la sua lingua contro quella del moro, coinvolgendolo in un bacio appassionato.
 
Dopo un attimo di esitazione e sorpresa, Blaine si ritrovò a ricambiare con la stessa foga, stringendogli la gamba, sentendo il bisogno di averne di più e crogiolandosi in quel sapore di pasta dentifricia e della sigaretta che Sebastian era solito fumarsi quando agitato o sotto pressione.
 
Si staccarono soltanto quando ebbero il bisogno di riprendere aria nei polmoni e Blaine ringraziò il cielo, perché se l’avesse baciato per un altro secondo, sarebbe diventato di nuovo dipendente da quelle labbra e avrebbe potuto dire addio a mesi e mesi di sacrificio.
 
“Ti voglio Blaine, ti voglio davvero. E non solo a livello sessuale, noi siamo più di questo. Ti rivoglio indietro.” Confessò Sebastian una volta staccati, ma restando col viso sempre a pochi centimetri di distanza.
 
“Sono un giocattolo, Sebastian? E’ così che mi vedi? Pensi di potermi riprendere quando qualcuno si avvicina o scartarmi quando non ti vado bene?”
 
“Tu mi vai sempre bene.”
 
“Non quella volta, a quando pare.” Controbatté Blaine, “Levati, per favore.”
 
Sebastian finalmente si decise dal alzarsi, un po’ ferito da quella situazione. Blaine fece lo stesso, mentre il cameriere portava le prime portate, lasciandole sul tavolo, senza dire una parola; e fu in quel momento che si rese conto del silenzio in cui si era imbattuto il locale.
 
Afferrò il giubbotto e lo indossò, guardando Sebastian sedersi al posto di John e iniziare a mangiare, fingendo che non sia successo nulla. Abbottonò l’ultimo bottone e si girò, dando le spalle al ex-marito, stava per dirigersi all’uscita quando la voce di quest’ultimo arrivò alle sue orecchie.
 
“Tutto ciò che ti ho detto è vero, comprese le due parole dall’avvocato.”
 
Blaine non rispose, semplicemente uscì dal locale, senza salutare o dare spiegazioni, perché sapeva che Sebastian era stato sincero con lui, che volevano le stesse cose, che gli aveva parlato a cuore aperto e che lo aveva ferito di proposito, e soprattutto che era ritornato ad essere dipendente da quelle labbra.
 
Ciò che non sapeva era di Sebastian che si leccava le labbra dopo che se ne era andato, che pagava il conto senza aver quasi toccato cibo, che decideva di non andare a letto con nessun’altro che non fosse lui








 




TADAAAAN.SSi emmm ecco.. cosa dovrei dire? 
Questo qui è il mio Sebu Gelosone completamente OOC, purtroppo ç_ç personalmente volevo qualcosa di più IC, ma è uscito così e Ninni l'ha definito il capitolo perfetto.. e io chi sono per contraddirla? LOL
 
A voi è piaciuto? Magari fatemi sapere :3
 
E niente prima d'andare a letto (perché sono le 4.20 e io sono ancora qui) vi ricordo che per tutta la settimana non aggiornerò e non so quando sarà possibile, ma vi terrò aggiornati nella pagina autore.
 
Bacioni,

Mirma :)
 
   
 
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