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Autore: ManuFury    01/04/2013    4 recensioni
HOLA gente! ^_^
Ammetto che questa storia non è niente di che... diciamo un brevissimo incontro tra me e un mio personaggio.
Dal Testo:
(...) “Non dovresti scherzare sopra a certe cose…” Afferma una voce fuori dal mio bavoso campo visivo. È una voce un po’ strana, assomiglia tanto a quella del doppiatore italiano di Vin Diesel, ma è meno roca… molto più giovanile… un tipo di voce che ho sempre associato a… (...)
(Storia iscritta al Contest "Io ti ho creato e io ti... Incontro!" indetto da S.Slappy)
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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ALLA LUCE DELLA LUNA


 

 
 
Le chiare e tiepide notti d’estate hanno qualcosa di bellissimo, l’ho sempre pensato e continuo a pensarlo. E oggi non sembro essere l’unica. Dik, il mio splendido labrador miele, stranamente ha espresso la volontà di restare ancora fuori con me.
Ne sono felice, la sua compagnia è sempre ben accetta.
Ce ne stiamo entrambi sdraiati sul prato appena tagliato davanti a casa, io sulla schiena e lui su un fianco, a respirare profondamente il lieve aroma di erba appena tagliata che ancora aleggia nell’aria mite.
Mi giro verso di lui e noto come i raggi dei tre quarti di luna che splende alta nel cielo gli illuminano il pelo miele dandogli le sfumature metalliche dell’argento come se indossasse un’armatura. Stesso effetto per la corta erba, che si trasforma in mille lance alzate a difesa.
Sorriso e allungo un braccio ad accarezzargli un fianco morbido e peloso.
Dik apre lentamente gli occhi e alza leggermente la testa, annusando l’aria a captare chissà quali sconosciuti odori. Poi si alza, un po’ meno lentamente, e la cosa mi sorprende visto quant’è dannatamente pigro!
Passa un minuto, forse due, prima che nell’aria tiepida di questa sera d’estate si espanda forte l’abbaiare del mio cane mentre l’aria è frustata dal suo insistente scodinzolare.
“Smettila vecchio rimbambito! Sveglierai tutti!” Lo rimprovero subito. È da questa un anno che si comporta in modo strano durante le notti che precedono quelle di luna piena: si mette ad abbaiare e scodinzolare felice come se ci fosse qualcuno che ben conosce.
Qualcuno che vede solo lui.
Il problema è che non è mai facile farlo smettere!
“Santo cielo, Dik! Falla finita!” Tento di rimproverarlo, ma quel maledetto lecchino si gira verso di me, la lingua rosa a penzoloni fuori dalla bocca, e mi guarda. Essendo vecchio, approfitta del fatto che sono sdraiata per saltarmi addosso e leccarmi tutta la faccia, mentre quando eravamo cuccioli, si divertiva a buttarmi a terra con una sola zampata.
Io rido, cercando di togliermelo di dosso, mandandogli qualche insulto, ma il suo buon umore di certo mi contagia così come la sua bava mi bagna il viso.
“Massì, al Diavolo! – ululo con lui – facciamo i lupi mannari!” Ci scherzo sopra, unendomi a Dik nel suo abbaiare alla luna non ancora piena.
“Non dovresti scherzare sopra a certe cose…” Afferma una voce fuori dal mio bavoso campo visivo. È una voce un po’ strana, assomiglia tanto a quella del doppiatore italiano di Vin Diesel, ma è meno roca… molto più giovanile… un tipo di voce che ho sempre associato a…
Con uno sforzo che ha dell’inumato, vista la stazza del mio cane, riesco a togliermelo di dosso, girandomi abbastanza in quella direzione mentre mi passo una mano sul viso a ripulirlo dalle bave, altro che labrador, a sbavare sembra un boxer!
Pensavo di essermi immaginata tutto e invece, al principio solo come un’ombra indistinta, lo vedo.
Vedo i suoi occhi azzurri più del ghiaccio definirsi lentamente e puntarsi con insistenza su di me come se si aspettasse che io dica qualcosa di furbo… o anche solo qualcosa.
“Mmm… devo smetterla di abusare di acidi, mi fanno un brutto effetto.” Riesco solo a dire, con la lingua di Dik a pochi centimetri dal petto.
“Eh sì, direi che ti conviene.” Mi risponde l’altro, allungando un braccio per dare una carezza al mio cane, che si lascia coccolare anche da lui, con la cosa che sferza a destra e a sinistra senza pace.
Mi ritrovo a sgranare gli occhi un momento. Non per il fatto che Dik si sta lasciando coccolare da uno sconosciuto, una cosa normale, altro che cane da guardia, ma per il fatto che si sta lasciando coccola da un mio personaggio inventato!
“Scusa…?! Vuoi dire che ho abusato veramente di acidi?” Non volevo fare quella domanda, ne avevo altre per la testa, eppure l’ho fatta… mi sento quasi come se… stessi leggendo un copione invisibile.
L’altro scoppia a ridere nei contorni ormai più definiti della sua figura. È identico a come me lo sono sempre sognato.
E quel suono, quella della sua risata, mi ricorda quasi quello prodotto da una tempesta in arrivo. Ilarità che cessa di colpo mentre la sua espressione torna quella severa con la quale l’ho conosciuto la prima volta.
“No!”Risposta secca, tipica sua nell’interagire con le persone.
“Non ricordavo di averti fatto così spiritoso, Mister!” Dico mentre riesco finalmente ad alzarmi, adesso che Dik è disteso di nuovo su un fianco, intento a strusciare il muro nell’erba corta.
“Sono più sensibile di quanto possa apparire.”
“Certo, certo… partendo dal presupposto che questo è un sogno ben strano, non dovresti essere al lavoro?” Chiedo indicando con un dito il cielo splendente di stelle, lassù dove brilla chiara la luna.
“Partendo dal presupposto che questo non è un sogno come tu l’intendi… no, ci sono i tre quarti di luna, non la luna piena, Miss.”
Mi fermo un attimo.
Sì, ha ragione non è luna piena quindi si può quasi considerare in vacanza. Ma mi fermo di nuovo, ammutolendo… le sue risposte sono così parche ed enigmatiche da dare solo la parvenza di risponderti, senza farlo veramente. Maledetta me che l’ho creato così. E maledetto lui per essere venuto fuori proprio come lo desideravo!
“An no? – devo giocare il suo gioco. – Realtà non può essere visto che tu non esisti, caro Tristan, senza offesa. Abuso di acidi nemmeno. Se non è un sogno allora cos’è?”
“Attenzione… io non ho mai detto che non è un sogno, semplicemente nonè un sogno come tul’intendi.” Sorride appena, portandosi una sigaretta sottile alle labbra.
“Perché non potevo incontrare Russ? Lui è enigmatico, ma almeno è più ben disposto a rispondere alle domande di te.” Sospiro.
“Spiacente!” So che non lo è in realtà.
Si avvicina ancora con i suoi movimenti fluidi e mai esitanti, la Desert Eagle brilla appena alla sua cintura, quasi ammiccando nella mia direzione. Si è acceso la sigaretta nel mentre e ne tira una profonda boccata, chinandosi sul cane coricato al mio fianco. Dik gli scodinzola, lasciandosi coccolare di buon grado.
“Dovresti smetterla di fumare, ti rovinerai la salute.” Tanto vale cambiare discorso, so che non risponderà mai alla mia domanda, non in modo semplice, almeno.
“Sai che non è così.” Nell’aria si alza lento un grosso anello di fumo.
Ha ragione un’altra volta. Maledetto lui!
È fermo vicino a me e io non riesco a smetterla di osservarlo, è così perfetto. Il suo corpo stesso sembra fatto apposta per stare sotto questa pallida luce lunare: la pelle chiara sembra quasi brillare, riflettendo come uno specchio i chiari raggi lunari, i capelli corti e scuri li riflettono a loro volta, ma pennellandosi d’argento, donandogli qualche anno in più e, sicuramente, più fascino di quanto i suoi tratti severi ed europei già non facciano. Il vestire nero lo rende quasi un’ombra tra le altre ombre, ma io conosco perfettamente il suo corpo e so quanto è atletico, benché sia così nascosto.
“Hai finito l’esame o devi continuare ancora a lungo?” Non mi guarda, è concentrato su Dik e sulla sua sigaretta che sta diventando rapidamente un mozzicone. Non mi guarda ma sa cogliere le occhiate altrui.
“Non ho finito. E ti guardo perché sei bello.” Rispondo intrecciando le dita dietro alla nuca e distendendomi di nuovo a terra. Sì, è veramente bello.
“Mi guardi perché cerchi di capire in cosa sei finita… un sogno, un’allucinazione, lo scherzo di pessimo gusto di qualcuno che sta più in alto di te. Magari sei morta e questo è il Paradiso o forse l’Inferno. Di certo non mi guardi perché sono bello.” Gelido come i ghiaccioli che pendono davanti alla mia finestra in inverno.
“Almeno con me potresti risparmiarti il cinismo!” Sbuffo sonoramente.
“Si chiama realismo. Inoltre dovresti sapere che non faccio mai sconti, a nessuno, non me lo posso permettere.” Sbuffo più forte. Devo riconsiderare il mio pensiero di prima: i ghiaccioli davanti alla mia finestra sono nulla al confronto!
Benché tutto mi piace. Mi piace il suo modo di fare e di agire: freddo e impeccabile. Adoro anche l’aura di mistero che emana in questo momento. Prendo appunti mentali, voglio aggiungere il dettaglio di quest’aura nei prossimi capitoli, voglio far venire i brividi a qualcuno. E amo anche il suo modo di scherzare col pericolo che, in un personaggio come lui, proprio non poteva mancare. Humor inglese mi pare di averlo definito una volta; il genere di umorismo che capisce solo il diretto interessato.
Questa volta sospiro, persa nei miei pensieri come Dik è perso nelle coccole, che razza di ruffiano!
“E quel sospiro?” Sempre attentissimo a ogni dettaglio, simula solo la calma che sembra avvolgerlo, ma non è capace di stare tranquillo. Sempre e costantemente sul chi vive, incapace di rilassarsi o di abbassare la guardia per qualche minuto.
È quasi triste questa sua esistenza senza pace.
Sospiro di nuovo, in modo diverso e so che se ne accorgerà.
“Pensavo…”
“Brutto segno!” Sorride lui, tranquillissimo. Io, invece, mi alzo a sedere di scatto, fulminandolo con lo sguardo e con la mia espressione più iraconda.
“Non sei simpatico!”
“Lo so…” Ammette senza repliche. Mi ritrovo a voler imprecare: come faccio a non odiare e non amare allo stesso tempo questo personaggio? Così fiero, orgoglioso, forse… amo odiarlo!
“Io lo so meglio di te, Tristan. In fondo ti ho creato io.”
“Non è propriamente esatto…” Mi blocco completamente a quelle parole. La mia espressione adirata sfuma in stupore, puro e potente.
“Vorresti negarmi la maternità della tua creazione?!” Stupore e furia si mischiarono in un pericoloso mix!
“Esatto!” Mi risponde sempre calmo come se non si rendesse conto della gravità delle sue parole!
“Ma come ti permette razza d’ingrato?!? Saprai anche intrecciare le trame del tempo a tuo piacimento, conoscerai anche il modo di preservare la tua coscienza da una vita all’altra. Ma puoi perché io te lo permetto! IO! Io ho deciso che tu dovevi essere così: corpo e mente, idee e opinioni e tutto il resto! Io ti ho creato così! Con tutti i tuoi pregi e difetti, anche se non pensavo di averti dato anche questo!” E vorrei continuare, vomitargli addosso altri insulti, schiaffargli in faccia altre prove che lo rendono mio!
Vorrei ma lui alza semplicemente i suoi occhi di ghiaccio, mi guarda. Una mano continua a muoversi accarezzando il fianco del mio cane.
“Non serve adirarsi in questo modo. E nemmeno saper intrecciare i fili del tempo o dello spazio per rendersi conto che ho ragione. Tu mi hai reso quello che sono scrivendo di me, questo è vero. Non lo nego, nemmeno volendo. Solo che non sono tuo, non del tutto, almeno.” La sua calma gelida mi mette quasi i brividi, adesso capisco cosa provano i miei personaggi secondari a incontrarlo. E non li biasimo più di tanto per le loro reazioni!
“E chi sarebbe il tuo legittimo creatore?! Sentiamo!” Mastico le parole tra i denti come se fossero tante amare gomme da masticare.
“Lui.” E accarezza ancora il fianco di Dik, che alza il muso scodinzolando.
Al mio posto, invece, si è materializzata la mia perfetta copia di granito per quanto sono scandalizzata da quelle parole!
“Non puoi negarlo – inizia a incalzarmi come farebbe con un qualunque nemico. Gira attorno al nocciolo della questione come un predatore gira attorno alla propria preda intrappolata. – Una serata quando, appunto, la luna piena splendeva nel cielo e tu eri alla ricerca di un’idea vagamente originale. Hai sentito il tuo cane abbaiare, scodinzolandoti. Lo hai coccolato come al solito…”
Non seguo le sue ultime parole, non serve.
Ora ricordo.
Io, un foglio bianco, una biro blu e un’ispirazione che non voleva arrivare! Poi l’abbaiare insistente di Dik, coricato in terra che, come al suo solito, voleva qualche coccola. Io che mi alzavo, qualche carezza al suo fianco morbido e il pensiero che come cane non avrebbe fatto paura a nessuno, che sarebbe dovuto essere un mostro per suscitare un minimo di sgomento.
E l’idea era nata senza cercarla ancora: se Dik fosse stato un mostro, ci sarebbe voluto qualcuno per fronteggiarlo.
Ritornare alla scrivania e riempire quel foglio bianco era stato questione di un attimo. Così era nato Tristan Irving, il mio personale cacciatore di mostri. In fretta era anche arrivata la sua descrizione: i suoi occhi azzurro ghiaccio che nascondevano dietro alla loro ferrea freddezza conoscenze ed esperienze di un saggio. Saggezza che usava ma non dimostrava sempre, poiché il suo spirito restava quello strafottente di un ragazzino alle prime armi, che pensa di poter conquistare il mondo da solo.
Penso a questo, alle tante sfaccettature di questo personaggio che ho creato e che alle volte, come ora, mi sfugge di mano, penso alla sua storia lasciata per troppo tempo in sospeso; penso a questo e ad altro quando tutto attorno a me trema come se la terra fosse scossa da un piccolo terremoto.
“Sta per finire…” mi informa tranquillo Tristan.
“Cosa sta per finire?”
“Il sogno… sta per finire.”
“Ma mi hai detto che non era un sogno.” Ribatto alzandomi in piedi, tutto attorno a me inizia a perdere la nitidezza dei suoi contorni: l’erba appena tagliata, il cancello, gli alberelli da frutto di mio nonno.
“Ho sempre detto che è un sogno, ma non come tu l’intendi.” Sorride appena, terribile.
“No, aspetta un momento! Io non ho finito con te! Questo incontro è stato troppo breve, ho solo rivisto i tratti salienti della tua personalità, ma non li ho approfonditi come vorrei.” Dico mentre il paesaggio in lontananza inizia a dissolversi. Mi ricorda tanto la dissolvenza tra una scena e l’altra di un film.
“Basta e avanza. E poi, l’hai detto tu, il mio carattere è opera tua.” Sento voci in lontananza che mi chiamano. La terra trema di nuovo.
“Io so come sei, hai ragione. Ma sono gli altri a doverti conoscere. Abbiamo parlato delle sfaccettature del tuo carattere, accennato alla tua capacità di intrecciare il tempo, ma ci siamo decisamente scordati di parlare del tuo passato, delle tue idee presenti.” Parlo in fretta la dissolvenza si avvicina.
“Passato da copione, niente di esaltante. Idee poche, al primo posto il lavoro e al secondo il sopravvivere. – Mi sorride di nuovo, dando un’ultima carezza a Dik che è stranamente calmo, come se non avvertisse le scosse del terreno. – E poi, visto che hai scritto solo un capitolo… non è il caso di accennare più di tanto, non trovi?”
“Dannazione a te e alla tua maledetta parlantina!” Rispondo dopo un momento. Lo odio quando fa così, proprio lo detesto!
Tristan ride, mostrandomi i denti bianchissimi e in un attimo è ombra tra le ombre, sparito così com’è arrivato.
Mi lascia qui con Dik, con questa dissolvenza che avanza sempre di più illuminando a tratti tutto di un giallo sfumato. La terra ancora è scossa da forti tremori.
Dev’essere la fine del sogno visto che quelle voci mi chiamano sempre più distintamente, ma Tristan aveva ragione, non è un sogno come io pensavo… e me ne accorgo presto, o meglio, non lo faccio…
 
Rumore, voci… gli umani sono proprio dei maestri quando si parla di far casino e non lasciar dormire nessuno!
Fortuna che Dik è abituato. Alza la testa, stira le zampe anteriori sul copri divano e sbadiglia, lasciando la lingua rosea a penzoloni.
Guarda la sua padroncina seduta sulla poltrona che a sua volta guarda un programma in televisione a tutto volume. Trova strano di averla sognata, solitamente la sua produzione onirica riguarda massicce bistecche al sangue o belle femmine da inseguire e conquistare.
“Ma ciao tato, ti sei svegliato?” Lei gli sorrise con quel tono mieloso che gli umani usano spesso, il più delle volte in modo ingiustificato. Dik sbuffa e butta pesantemente il muso sul divano. Gli esseri umani sono dei pazzi… e lui era un cane ancora più pazzo giacché se li sognava!
 
 

***

 

L’angolino di Manu e Dik!
 
*Appare striscione con scritto “TRUE STORY!”*

Ebbe sì, essendo iscritta a questo Contest ho voluto anche raccontare la vera storia di com’è nato il mio carissimo Tristan!
Spero che la storia sull’abuso di acidi pesanti mio e di Dik vi sia piaciuta così come possiate aver gradito il mio buon Cacciatore (se cercate la sua storia, la troverete sul mio profilo, “Notti di Luna Piena” sezione Sovrannaturale, Licantropi).
Beh, non ho molto altro da aggiungere… anzi, una cosa da aggiungere l’avrei, se questa storiella vi è piaciuta almeno un pochino, dedicate tre secondi del vostro tempo a recensire, mi fareste molto felice! ^_^
Bene, detto questo, sono veramente a posto!
Ci si sente presto! ^_^
Tristan: si spera… -.-‘’
Shhh, fa il bravo e saluta chi ha avuto la pazienza di leggere questo sclero e ringrazia S. Slappy per la sua idea geniale!
Ci si becca in giro,
ByeBye
 

ManuFury,
 
Con la partecipazione straordinaria di Dik e del Cacciatore Tristan Irving!

  
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