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Autore: out there    02/04/2013    5 recensioni
'Parto. Lo so, vi darò un dispiacere ma non posso farci niente. La mia vita non è qui a Blackpool, sento di non appartenere a questo mondo, me vado. Non ho idea di dove andrò, non cercatemi. Mi farò sentire io, prossimamente. Abbiate fiducia in me.
Pam.'
'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo'
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Paul McCartney , Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(2)

 

Mi guardai intorno, spaesata. Le persone passavano mi accanto indifferenti, senza sapere che di fronte a loro c'era una ragazza in difficoltà.
Cavolo. E' ora cosa faccio?
Non sapevo dove andare, non sapevo cosa fare. Cercai di agguantare un idea in breve tempo e l'unica cosa che sembrava potesse funzionare era andare alla scuola di Cynthia. Se l'avessi trovata, forse, lei avrebbe potuto darmi una mano.
Decisi, allora, di chiedere qualche indicazione stradale, ma non ad una persona qualunque, piuttosto a qualcuno che ispirasse sicurezza.
Notai subito un signore che attirò immediatamente la mia attenzione. Era un uomo anziano, brizzolato, alto e un po' ricurvo, vestito di tutto punto come sono un gentleman inglese sa fare.
Gli andai incontro, con un sorriso cortese.
"Mi scusi, potrebbe aiutarmi?" chiesi gentilmente.
"Dica." rispose altezzoso, con un po' di puzza sotto il naso.
"Mi potrebbe indicare la strada per il Liverpool College of Arts, per favore?" Lui, pacato, senza alcuna espressione sul viso, mi rispose spiegandomi dettagliatamente dove dovessi andare. Gesticolava in un modo così elegante, doveva essere un uomo d'affari, di sicuro.
Ringraziai facendo un leggero inchino e mi diressi nella parte opposta alla sua. Diedi una veloce occhiata all'orologio, dovevo sbrigarmi prima che le lezioni finissero.
Mentre camminavo, baciata dal sole splendente, nella mia mente passavano mille pensieri.
Mi riconoscerà? Mi aiuterà? Ah, oddio, Pam, non farti tutti questi problemi. Sei paranoica, lo sai?
Sbuffai, stanca del miei pensieri e mi godetti il paesaggio rustico che mi si parava davanti.

Saltellavo mentre camminavo per le vie, così calde e accoglienti di Liverpool. Se solo avessi con me la mia macchina fotografica per immortalarle. Dovevo ammettere che era veramente una bellissima città. Poco caotica, poco traffico, tanta tanta vitalità.
Qui le persone erano felici e si vedeva; mi balenò allora l'idea di fermarmi lì, di non allontanarmi ulteriormente. Mi sarei trovata bene, forse.
Rimasi a bocca aperta di fronte alla maestosità della scuola d'arte.
Che bell'edificio, enorme. Mi ero sempre interessata di architettura e questo luogo era proprio il paradiso per me. Una grande scalinata portava all'ingresso dell'istituto con una grande parete con mattoni a vista e finestre sparse. Un edificio antico, a quanto pare.
Scalai i gradini, velocemente e tentai di aprire la porta a vetri che mi si parava davanti. Chiusa. Non potevo essere talmente sfortunata, accidenti.
"Cristo, ce l'hanno su con me oggi!" urlai alzando le braccia al cielo per poi lasciarmi cadere sconsolata sui gradini. "E che cavolo, tutto sembrava funzionare e ora? Taac, un casino dietro l'altro."
Poggiai le testa tra le mani e mi lasciai coccolare dal vento. Tanto non avevo nient'altro di meglio da fare.
Sentivo le ciocche muoversi sulla mia schiena, dondolavano. Alcune mi accarezzavano il volto, il che mi faceva un leggero solletico e mi faceva sorridere.
Aprii gli occhi, scorsi un parchetto in lontananza. Pullulava di persone, di bambini. Si sentivano voci, schiamazzi di felicità. Decisi di andarci a fare un giro.
Un gruppo di bambini in mezzo all'erba stavano giocando a calcio, si divertivano, si scatenavano. Che bello avere la loro età. Quando si è piccoli si è spensierati, senza problemi, senza alcuna preoccupazione. L'adolescenza invece ti porta solo un sacco di casini. Le loro risate mi fecero tornare il buon umore. Vedendo loro divertirsi così, capii che non c'era motivo per essere tristi, per buttarsi giù. Di addentrarmi in questa situazione lo decisi io, e allora che mi trovavo in quell'avventura dovevo viverla. Con tutti i suoi momenti felici e dubbiosi. Dovevo viverla appieno.
"Hei, piccoli!" salutai il gruppetto di fronte a me, attirando la loro attenzione. "Io sono Pam, non è che..mi fareste fare qualche calcio?"
I ragazzini erano un po' impacciati, imbarazzati e io tentai di farli sentire a loro agio sedendomi a gambe incrociate davanti a loro. "So di non essere una grande calciatrice ma posso provarci! Andiamo, posso competere con voi professionisti?"
Si guardarono negli occhi, divertiti, poi uno di loro mi passò il pallone. "Pronti!" urlai strappandogliela dalle mani e mettendomi velocemente in piedi. Il gruppetto si mise a seguirmi tentando di rubarmi la palla.
Era da tempo che non mi sentivo così bene, mi stavo divertendo, finalmente.

Piano piano arrivò il tramonto, il cielo si colorò di rosso, era stupendo. Lentamente però le nuvole fecero capolino e qualche goccia mi bagnò il viso.
Stavo vagando, senza meta, per le vie di questa meravigliosa città. La gente stava tornando nelle loro case, nelle loro famiglie, per gustare un caldo pasto in compagnia. Mi prese una grande fitta allo stomaco. Avevo fame, sete, tutto. Cominciavo anche ad avvertire un leggero freddo; nonostante fosse la fine di marzo, le serate erano gelide, dal momento che la primavera qui tardava sempre ad arrivare.
Altre gocce sul viso. Alzai lo sguardo al cielo, era nero. Stava per arrivare uno dei soliti temporali inglesi; avrei dovuto trovare velocemente un riparo.
In lontananza vidi una casa, con una scala di ferro esterna che probabilmente serviva come uscita d'emergenza. Mi avvicinai e tentai di arramipicarmi, senza farmi nè sentire nè vedere dagli inquilini che all'interno dell'appartemento facevano un rumore infernale. Mi rannicchiai di fianco ad una finestra, aperta e portai le mie ginocchia verso di me, per scaldarmi leggermente. Nel frattempo l'acqua è iniziata a scendere e mi bagnò tutta. I capelli e vestiti erano fradici e quel leggero venticello pungente mi faceva tremare. Nonostante tutto adoravo la pioggia. Adoravo il ticchettio che aveva sull'ombrello, l'amavo.
"John, vuoi una sigaretta?" una voce mi distolse dai miei pensieri. Era di un ragazzo e proveniva dall'appartamento. Cercai di farmi piccola piccola.
"Adesso no. Sto finendo la mia birra e poi il Liverpool sta per segnare." rispose un altro.
"Dai, cazzo, segna!" ma in quanti erano in quella casa?
"Cyn, mi fai compagnia tu, allora?" Cyn? Forse la mia amica Cyn? No, non poteva essere.
"Ok." disse una voce femminile. Sentii dei passi farsi sempre più rumorosi rivolti verso la mia direzione. Mi schiacciai di più con il muro. Non ero molto alta e questo giocava sicuramente in mio favore. Vidi, con la coda dell'occhio, la ragazza che si sedeva elegantemente sul davanzale. Scorgevo solo la sua schiena e dei capelli non molto lunghi, che arrivavano alle spalle, biondi, mossi. I due giovani continuavano a parlare del più e del meno, ma io non diedi loro molta retta.

Dopo un paio di minuti i ragazzi si ritirarono in casa e a me venne in mente una strana idea.
Strisciai a gattoni fin sotto lo sbocco verso l'interno dell'appartamento per dare un occhiata. Alzai lentamente il capo e scrutai ogni minimo particolare. La finestra dava sul bagno. Un bagno decisamente ordinato e pulito. Tutto aveva un posto e tutto era al suo posto. La porta, aperta, mi permetteva di guardare una piccola parte di appartamento. Scorgevo un divano e i riflessi di una televisione accessa. Sentivo schiamazzi divertiti e odore di birra e fumo di sigaretta. Nell'aria c'era anche un profumo di pizza calda, forse ancora nel forno. Il che solleticò i miei sensi e fece brontolare il mio stomaco. Accecata dalla fame e dalla curiosità di scoprire se quella Cyn era la mia Cyn, entrai. Scavalcai, grossolanamente il davanzale e poggiando il piede sulla vasca, atterrai nel bagno con un saltello. Notai uno specchio. La stanza era piccola e buia, ma la voglia di specchiarmi era troppo forte. La mia figura era sciupata. I miei capelli lunghi, bagnati, si appiccicavano al volto e il cappello che indossavo, sempre a causa della pioggia, si era deformato. La matita, che a volte indossavo, era colata dandomi un leggero aspetto di panda. Non ero proprio un bel vedere in quel momento.
Improvvisamente una voce mi immobilizzò.
"E tu chi diamine sei?!" era un ragazzo, quello della sigaretta.
Merda.
"Oops." risposi voltandomi verso di lui.

 

Saalve ragazzi :)
Ecco il secondo capitolo. Spero sia di vostro gradimento e che non vi abbia ''deluso''. Beh, potete sempre dirmi ciò che pensate in una recensione; mi fanno molto piacere e inoltre mi spingono a continuare :)
Beh, alla fine del capitolo si entra, finalmente, nella storia e fanno il loro ingresso i fab *applausi*
Che altro dire? Al prossimo capitolo.
Baci,
Chià.
Peace&love.

  
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