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Autore: thewhitelady    02/04/2013    5 recensioni
1993-2009
Come deve essere vivere la storia degli Oasis e della scena rock britannica dagli anni 90' ad oggi? Cassandra Walsh è forse l'unica persona al mondo a saperlo. In più in tutto il caos della sua vita di sex, drugs, and rock n roll sa solo una cosa, che a volte il posto migliore da cui godersi un concerto è da dietro il palco.
Per chi ama gli Oasis e quei due pazzi fratelli, ma anche solo per chi ha sentito una volta nella vita Wonderwall o Don't Look Back In Anger e vuole scoprire chi sono Liam e Noel Gallagher. Per chi ha nostalgia dell'atmosfera degli anni '90, e chi neppure l'ha vissuta davvero. Per chi ama gli aneddoti del rock e della musica. Una canzone per ogni capitolo. Cheers!!
Gruppi/Artisti che compariranno: Oasis, Blur, Pulp, Red Hot Chili Peppers, Radiohead, Kasabian, Paul Weller, The Stone Roses, The Smiths, Travis, Arctic Monkeys (un po' tutti)
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Gallagher, Noel Gallagher, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Maybe I don't really want to know
How your garden grows cos I just want to fly
Lately did you ever feel the pain
In the morning rain as it soaks it to the bone

 

La giornata non era partita per niente bene, ma forse perchè quella era una prerogativa di tutte le giornate che invece si sarebbero dovute prospettare come grandiose. Erano due notti che dormivo poco o niente – come d'altronde metà degli impiegati della Creation – e avevo la certezza assoluta che dopo il concerto avrei dovuto subire un trapianto di stomaco per le quantità esagerate di caffè, e di caffè-di-caffè, che ingurgitavo.
C'era la bellezza di tre mila persone a lavorare per quel fottutissimo concerto, ma sembrava sempre che dovessero venire a rompere l'anima a me, qualsiasi cosa succedesse, apparentemente serviva la mia supervisione. Non m'ero mai sentita così desiderata, ma sinceramente era molto meglio quando mi toccava occuparmi soltanto che gli amplificatori fossero a posto e che le chitarre fossero accordate, bei tempi quelli. Ora invece l'impianto acustico di Noel era più grande della muragliata cinese, ed ero appena stata nella postazione di fronte al palco adibita al controllo dell'audio che avrebbe dovuto raggiungere ogni singolo paio d'orecchie di tutte le 125 mila persone che s'apprestavano a sentire il concerto quella sera. Un intero gruppo di tecnici del suono era circondato da console che erano un mare vibrante di lucette, - era la fottuta NASA -, e si disperava facendo calcoli su come cercare di eliminare il problema di delay massiccio secondo cui il suono sarebbe arrivato in ritardo rispetto al video agli spettatori che stavano nelle ultime file. Dopo una buona mezz'ora di discussione tutto quello con cui venni fuori io fu: - Cazzi loro, se volevano star davanti si facevano più fila -. Ma la verità era che c'erano pure 7 mila persone nella guestlist e che se si voleva un posto fronte palco si doveva lottare seriamente o campeggiare a Knebworth per giorni. Dopo la mia filosofica conclusione, uscii all'aperto in quell'enorme campo che non mi pareva possibile che di lì a pochissime ore sarebbe stato riempito.
Camminai un bel po' prima di arrivare all'entrata dei cancelli, dove il mio pass AAA mi permetteva di varcarli senza alcuna preoccupazione. Fino a quel momento me ne ero stata nelle vicinanze del palco gigantesco dove era stato montato lo schermo più grande della storia, che era stato prodotto apposta. E fu solo in quel momento che realizzai che non si trattava di un concerto, ma di un evento. Una folla simile l'avevo vista soltanto ad alcuni festival, che poi in fondo quello lo era, ad esibirsi a supporto degli Oasis ci sarebbero stati: The Bootleg Beatles, The Chemical Brothers, Ocean Colour Scene, Manic Street Preachers e The Prodigy. Una specie di parata della musica britannica di quel periodo.
Mi aggirai tra le persone che s'erano raccolte lì ad assistere al più grande concerto all'aperto della storia, e mi pareva di passare in rassegna il Paese, c'erano i lads - giovani ragazzi della classe operaia -, persone che avresti incontrato al pub sotto casa, e altri che invece potevano solo aver dismesso camicia e cravatta e raggiunto l'Hertforshire direttamente dalla City, signore che magari erano lì ad accompagnare i figli adolescenti ma che parevano godersi assai l'atmosfera mentre sorseggiavano le loro birre dai bicchieri di palstica, ragazzine che non vedevano l'ora di poter gridare non appena Liam fosse salito sul palco e che provavano a corrompere la security per poter entrare nel backstage. Mi scappò un sorriso quando vidi pure qualche bambino portato sulle spalle dai genitori e che a quanto pareva rientrava nelle statische di quel britannico su venti che aveva cercato di accaparrarsi un biglietto.
Mi sfilai la giacca di jeans con cucito sopra “Knebworth Park 1996 – Crew” e me la legai in vita – perchè sì, erano gli anni '90 e si poteva ancora fare senza sembrare un'idiota -, mi misi a fare la fila come chiunque altro per poter comprare una pinta, anche se nel backstage ce ne era a volontà, era solo che volevo attardarmi ancora un po' in quell'atmosfera che mi mancava da troppo tempo ormai. L'attesa però era più lunga di quanto potessi immaginare, le file parevano infinite anche se c'erano forse più di un centinaio di chioschi pronti a venderti la base alimentare da concerto: birra, hot dog, fish and chips. E un congruo numero di bagni chimici per poter far uscire ciò che era entrato.
Davanti a me c'erano un gruppo di ragazzi con l'accento caratteristico di Middlesborough, che discutevano animatamente.
- Ok, la musica è una figata pazzesca, non mi troverei qui se non lo pensassi...ma non ditemi che non sono un po' montati, insomma tutte quelle sceneggiate tra di loro! - esclamò uno con gli occhiali.
- Ma vatti ad ascoltare i Radiohead allora – lo prese in giro un altro.
- Che c'entra! Sto dicendo che potrebbero farne a meno, e secondo me non lo fanno perchè altrimenti i media starebbero loro dietro molto meno -
- Bah, secondo me tutta sta gente non la raccogli se non c'è di mezzo soprattuto la musica – aggiunse un terzo prendendo una boccata di fumo.
- Fidati che è tutto naturale, amico – mormorai tra i denti io. Quelli mi sentirono e si girarono un attimo, mi diedero una rapida occhiata e poi il primo che aveva iniziato a parlare riprese col suo ragionamento, senza troppo badare.
- Il punto è che...boh... anche fossero vere tutte 'ste loro litigate, potrebbero anche ben tenersele per loro -
- Massì, dai, alla fine a me piacciono anche per questo. Sono come me e te, vanno al pub, fanno un po' i coglioni. Si pigliano a pugni ogni tanto. Te lo vedrai mica Brett Anderson a fare cose del genere -
- Esatto, come me e te, a parte un conto in banca come quello della fottuta Regina e una figa da paura tra le lenzuola – rise di gusto il quarto membro della combriccola che fino a quel momento se ne era stato in silenzio a seguire la discussione.
- Anche io ho iniziato a suonare, chi te lo dice che magari non finisco come loro?! -, gettò a terra il mozzicone, - e se ma lo divento, te stronzo non ti metto nella guestlist -.
L'amico rise ancora all'offesa, - Be' di certo una cosa è vera: han dato speranza a tutti...e comunque, falsi o no, io non vedo l'ora di sentirmi vivo stasera. Sapete che figata sarà sentire Champagna Supernova? -
-Mio cugino era a Loch Lomond e ha detto che la coda di strumentale è pazzesca. Ha detto pure che quei due ci han dato dentro di lingua -, risata, - scommetto che questi litgano tanto ma poi in albergo ci danno dentro da far cadere i quadri! -
- Sei il solito pervertito, Flicky -.
Tutti continuarono a prendere in giro Flicky e a chiamarlo con varie sfumature di “finocchio”, ma poi il ragazzo che pareva non stare nella pelle da sentire Champagne Supernova si voltò verso di me e mi rivolse la parola, - E tu invece che ne pensi? -, aveva un sorrisetto da pessima tecnica di abbordaggio.
Feci spallucce, - Ah, io son qua solo per vedere il chitarrista, ho un debole per lui -.
- Noel?! Checcazzo, è proprio vero che a fare la rockstar si cucca di più eh -, dopo di che parve pensare che non valeva la pena provarci con una che aveva tali gusti in materia di uomini. E io invece pensai bene che fosse ora di tornare a lavorare, quella fila per la birra sarebbe andata avanti troppo a lungo. In fondo mi ero riuscita a godere per un po' l'atmosfera da spettatrice.


Maybe I just want to fly
I want to live I don't want to die
Maybe I just want to breath
Maybe I just don't believe


Erano le due di pomeriggio e la buona parte del pubblico s'era accalcato nel campo di fronte al palco per ascoltare l'esibizione dei Bootleg Beatles, una cover band dei Fab Four – ma non mi dire... - e che parevano essere stati inseriti nella line up per rimarcare la provenienza degli Oasis, caso mai a qualcuno nel pubblico fosse sfuggita la cosa. Nel backstage per il momento si respirava un'aria distesa, Liam e Bonehead erano fuori a fumare, mentre Noel si trovava in compagnia dei Chemical Brothers, parevano nel bel mezzo di una discussione vivace, non stavo seguendo bene perchè ogni due per tre venivo chiamata da qualcuno ma credo che al centro di tutto ci fosse una canzone. Ne ebbi la conferma quando si misero a parlare del ritmo e, da odioso faccio-tutto-io nonché mancato batterista qual'era, Noel non lasciava parlare per un secondo né Ed né Tom.
- Ragazzi, non fatevi mettere in testa i piedi da questo qua –, cercai di ammonirli in un secondo di pausa, – se lo lasciate fare vi metterà la fottuta batteria di Tomorrow Never Knows! - esclamai probabilmente ispirata dalla cover che i Fake...voglio dire, Bootleg Beatles stavano suonando in quell'istante. Noel mi scoccò uno sguardo truce che però non aveva niente di maligno.
- E poi vi farà cambiare il nome in The Gallagher Brothers -.
Noel stava per aprire bocca quando a precederlo arrivò un insospettabilmente audace Guigsy: - Ammettilo che hai sempre voluto avere una band con il tuo nome! -. Intanto palleggiava con un pallone da calcio, chiamato Wilson VIII, discendente di una stirpe di Wilson che erano stati persi e/o distrutti nel corso dei tour precedenti.
- Un'altra sillaba e te lo buco -. Noel aveva avuto il tono di quel vicino scorbutico che tutti almeno una volta nella nostra infanzia c'eravamo trovati a fronteggiare una volta che la palla era caduta nel suo cortile. Al che Guigs “palleggiò” verso lidi migliori, nella fattispecie il divano dove Whitey era seduto, e si stava lentamente transformando in una batteria umana: tamburellava su qualsiasi cosa fosse a meno di 20 centimetri di distanza, e in mancanza di quel qualcosa, sulle sue gambe.
Il pomeriggio passava con una lentezza estenuante ed era punteggiato qua e là da facce più o meno conosciute, a persone famose come Jarvis Cocker, Richard Ashcroft e Kate Moss, si alternavano volti noti dei tempi del Boardwalk e altra gente che avrei evitato più che volentieri – nomi a caso: Meg Matthews e Lisa Moorish -. Pareva di stare in una specie di strano limbo in cui si era radunato il passato, il presente e il forse il futuro degli Oasis. A fare da San Pietro che accoglieva tutti alle porte di questo mondo parallelo c'era Alan McGee, che era come il padre orgoglioso di un ragazzo problematico che finalmente si diplomava. Era stato invitato pure Gem, ma Lou ormai stava arrivando a termine della gravidanza e figurarsi se, da odioso marito perfetto quale era, lui avrebbe mancato d'essere al fianco della sua dolce metà.
Ormai mi stavo occupando degli ultimi dettagli, non dovevo pensare agli Ocean Colour Scene che avevano i loro roadie per i cambi di strumento e quant'altro, al massimo mi potevo godere il loro Britpop di un retrò quasi osceno, che però per gente come me erano solo belle memorie, sulle note di The Day We Caught The Train.
- Ha bisogno di qualcosa Mister Squire? -. Non seppi come mi uscì, di norma non ero così formale, le buone maniere le lasciavo agli inglesi, io ero scozzese, che cazzo.
Con lentezza, come se si fosse appena scrollato di dosso un certo torpore, John Squire mi guardò diretto negli occhi. Non me l'aspettavo, i suoi erano intensi e così giovani. Come se m'avesse letto nel pensiero, disse: - Ho trentaquattro anni, puoi anche non chiamarmi Mister -.
Nonostante la richiesta esplicita, continuai a sentire un certo qual senso di reverenza pervadermi, - E' solo che i Roses... Spike Island è stato il mio primo vero concerto, e sembra una vita fa – mi giustificai, impacciata.
Squire sbuffò, poteva anche anche essere un sospiro divertito però, - Devo dire che hai molto tatto, considerato che ho mollato la band da tre mesi -. Pareva parlasse di sua moglie, altro che il suo gruppo.
Riuscii a racimolare un po' del mio carattere che pareva essersi vaporizzato alla presenza del chitarrista degli Stone Roses, tanto per specificare, prima che qualcuno pensi a quei gasati capelloni americani. - Di certo tu non ne dimostri di più a cercare di mettermi in difficoltà a tutti i costi! -, suonai un po' più infatile di quanto desiderassi, e quando Squire mi squadrò nuovamente con quel suo sguardo azzurro capii d'essere stata sconfitta. Sulle labbra rosse aveva un sorrisino.
- No – disse semplicemente.
- No, cosa? -
- No, grazie mille ma sono a posto, ho tutto quel che mi serve -
Feci per andarmene, prima che arrivassi era totalmente preso nel suonare la sua chitarra per cui presi quell'ultima frase come un congedo, ma Squire mi bloccò: - Spero di cuore che a loro non succeda quello che è accaduto a noi -. Mi voltai.
- Noi di casini con le case discografiche non ne dovremmo avere, McGee sa essere uno stronzo, ma alla fine è un buon stronzo -, mi lasciò finire di parlare prima di iniziare a scuotere lentamente la testa.
- Non parlavo di quello -, sospirò, come a cercare le parole, - noi siamo stati inghiottiti dal nostro stesso successo dopo il primo album, e certo anche dai casini tra me e Ian -. Tra Squire e Ian Brown era risaputo che negli ultimi tempi non fosse scorso buon sangue. Stavo per interromperlo quando lui riprese, con un sorriso – Ma mi hanno stupito una volta, Morning Glory ha superato ogni mia aspettativa dopo un album come Definitely Maybe -.
- Ce la faranno – intervenni a quel punto – sono gli Oasis -. Sapevo che quella frase non aveva molto senso detta così, ma per me ne aveva eccome: li avevo visti suonare al Boardwalk e chi mai l'avrebbe detto che sarebbero riusciti ad uscire da quella topaia. Mentre ora... Il pubblico esultò, come a ricordarmi proprio in quel momento che erano lì, probabilmente gli OCS avevano appena lasciato il palco ai gallesi Manic Street Preachers.
Era caduto uno strano silenzio, per cui mi affrettai a dire – Ah, complimenti per i tuoi lavori. Mi sono sempre piaciute un sacco le copertine per i vostri album e singoli -. Squire parve piacevolmente colpito da quell'apprezzamento e reclinò un attimo il capo in segno di ringraziamento; immediatamente seppi che la conversazione con l'ex-chitarrista degli Stone Roses era chiusa.


Maybe you're the same as me
We see things they'll never see
You and I are gonna live forever

I Prodigy stavano finendo di esibirsi sul palco, e l'eccitazione del pubblico si poteva percepire nell'aria: nella mente di tutti era scolpita la line up di quella sera e sapevano che tra meno di un'ora avrebbero assistito ad uno spettacolo che non avrebbero potuto dimenticare per tutta la vita, nel bene o nel male. Mi sentivo una pallina del pinball: rimbalzavo da una parte all'altra. Sembrava che tutto andasse bene, ma poi all'ultimo minuto saltavano fuori casini vari che non avresti mai voluto trovarti a fronteggiare a mezz'ora dall'entrata in scena della band. Stavo ascoltando il tecnico della batteria di Whitey che aveva problemi con il nuovo kit, quando improvvisamente venni arpionata per le spalle e trascinata via. Cercai di divincolarmi almeno per vedere chi fosse il mio rapitore.
- Perchè non la smetti di divincolarti? -, mi mormorò all'orecchio una voce che odiavo ammettere, ma era troppo sexy – 'Cause you're not going anywhere -, fece un accenno di cantato.
Scossi la testa con mestizia, - Siete insopportabili, voi cantautori, quando vi autocitate -.
Jarvis mi ignorò completamente, - Ricorda che io sono solamente un ambasciatore -, dopo di che mi spinse all'intero di una stanza, che riconobbi immediatamente essere la stanza dove la band si sarebbe dovuta riunire prima del concerto per concentrarsi. Ma c'era solo Noel. Improvvisamente ebbi una brutta sensazione e avrei voluto acciuffare Jarvis per potergliele dare, ma la porta dietro di me s'era già chiusa.
Noel mosse qualche passo verso di me quasi esitante, sapeva che le mie difese erano alte. - Volevo solo dirti due parole prima che questa -, fece una pausa indeciso come non mai, agitando la mano nella direzione da cui proveniva il vociare del pubblico, - questa pazzia abbia inizio -.
- Non sei mai stato tipo da preamboli, quindi spara -
- Ok, per stasera hai finito di lavorare... -
- Cosa?! - replicai fulminea.
- Hai capito, non devi fare nient'altro per stasera. Puoi andare a casa -, e qui comparve un ghigno su qeul suo viso da civetta, - o restare a vedere il concerto -.
Per un secondo avevo creduto che mi volesse licenziare, di nuovo. Ad ogni modo ero contrariata, non m'ero spaccata il culo per settimane per mollare il mio lavoro proprio all'ultimo, spalancai la bocca per replicare ma si aprì pure la porta alle mie spalle ed entrò la band al completo. Era ora, dovevo andarmene. In testa tutti i miei pensieri erano confusi, l'unica frase di senso compiuto che continuava a ricorrere in tutto quel casino diceva che Noel sarebbe diventato uno dei musicisti più famosi degli anni '90 indossando un orribile lupetto rosso a righe.
Una volta ancora nell'area principale del backstage non mi ci volle molto per individuare Jarvis, che quando incrociò il mio sguardo omicida cercò di fare del suo meglio per compiere una fusione con il muro contro cui s'era appoggiato. Neanche a dirlo, le leggi della fisica e gli atomi gli diedero contro. Per prevenzione s'era già schermato con un braccio il viso e con l'altra mano aveva formato una conchiglia a protezione dei gioielli di famiglia, - Ti prego, ti prego non i miei meravigliosi zigomi e... non Evaristo ed Ernesto, loro non hanno fatto niente – piagnucolò con una voce dal tono incredibilmente alto.
Feci un attimo marcia indietro davanti a quella visione ridicola di un uomo altissimo che si nascondeva come un bambino. - Qualcosa da addurre in tua difesa? - chiesi fredda.
Jarvis abbassò titubante il braccio che gli copriva la faccia, ma non mosse la mano dalla sua funzione difensiva, - E' stata colpa del nano -
- E' sempre colpa sua -, commentai distratta.
- Mi ha costretto -, continuò Jar, - i suoi occhi...i suoi occhi: ti bruciano l'anima! - esclamò, raggiungendo un'apice di melodramma probabilmente mai sfiorato neppure in una rappresentazione teatrale del Re Lear.
- Ok, ok mi hai convinto – decretai con un gesto della mano – puoi anche smettere di proteggere Evaristo ed Ernesto...? -, aggiunsi un tantino scettica.
- Evaristo ed Ernesto – ripeté compitamente Jarvis, - i miei testicoli -
- Molto piacere – commentai sarcastica.
- Vi avrei presentato prima, ma non ce n'è mai stata occasione -, la voce era sibillina come solo la sua poteva essere. Lasciai cadere il discorso prima che il cantante continuasse con i suoi amati doppi sensi, e imboccai la scaletta che portava all'aperto, su uno dei lati del mastodontico palco.
- Dove stiamo andando? -
Mi fermai di colpo, la domanda improvvisamene mi aveva riportato alla realtà. Esatto, dove diamine stavo andando? Non avevo ancora elaborato per bene quanto era successo in quella stanza, mentre ero sola con Noel. Nelle retine avevo ancora ben impresso il ghigno che m'aveva rifilato mentre diceva che sarei potuta rimanere a vedermi il concerto. Una parte di me avrebbe voluto correre via, entrare in macchina e con una sgommata mettere più miglia possibili tra me e Knebworth prima dell'inizio del concerto – caso mai quegli amplificatori fossero davvero così potenti da far arrivare il suono anche a chilometri di distanza. L'altra parte di me invece aveva preso bellamente sotto braccio Jarvis e mi stava dirigendo verso la folla che ormai era totalmente compressa contro le transenne, a formare il più grande agglomerato umano che mai avessi visto.
Sapevo di essere una perdente mentre mostravo il mio AAA pass ad uno dei bodyguard che attorniavano il palco, invece che All Access Area ci sarebbe potuto benissimo essere scritto I'm A Loser, e sotto una bella foto del ghigno di The Chief.
Aveva già finito di risuonare come intro The Swamp Song, ed io giusto in tempo mi issai oltre la transenna, nella zona fronte palco, - qualcuno provò a protestare ma Kevin, la guardia del corpo che aveva sempre lavorato con gli Oasis, lo zittì con un'occhiata truce -. Infatti neanche un secondo dopo che Jarvis aveva preso posizione al mio fianco, la band fece la sua maestosa entrata. Liam nel suo maglione a trecce bianco che pareva essere stato rubato ad una cicciona americana, e che comunque gli stava da dio, come solo a lui sarebbe potuto stare bene un maglione, come detto, rubato ad una cicciona americana. In mano aveva un bicchiere di birra e occhiali neri gli schermavano lo sguardo, presea fare come degli strani inchini, a muoversi come un uomo scimmia – o meglio, un uomo uovo, date le sue spiccate tendenze lennoniane -.
Spostai il mio sguardo su Noel, neppure quell'orrendo lupetto rosso a righe corredato da giacca di jeans gli avrebbe potuto togliere quell'aria gloriosa che pareva fluttuargli attorno. Era come un re che ammirasse i suoi possedimenti dalla cima di una montagna. Per un nanosecondo mentre prendeva in rassegna le facce di quell'immenso pubblico, quasi volesse ricordarsele una ad una, incrociò i miei occhi e parve ancora più soddisfatto.
- Ammeto la sconfitta, contro l'unico essere umano contro cui non avrei mai voluto perdere – dissi a Jarvis, senza neppure pretendere che mi riuscisse a sentire sopra tutte le grida che giungevano da ogni parte sino alle nostre orecchie.
Poi tutto non ebbe più senso, Noel s'avvicinò a sua volta all'asta del microfono, - This History! This History! Right here, right now: this is History! - con un dito puntato al pubblico scandiva ogni singola parola, come se avesse paura che ce lo scordassimo o che neppure ce ne rendessimo conto che quella era storia, che noi ne eravamo parte. S'era fatto il culo per anni e non ci avrebbe lasciato scordare che lì, in quel momento, la storia la stavano facendo gli Oasis, la sua band.
Erano nella storia. Quell'idea stava cominciando a rimbombarmi fin troppo nella testa sino a quando non venne fermata dalla voce di Liam che ovviamente doveva intervenire: - I thought it was Knebworth, let's go to History in the weekend to watch Oasis -.
Feci uno sbuffo divertito e sorrisi, come ero certa che stessero facendo più o meno tutte le persone che mi stavano attorno, fosse anche solo perchè sentivano quella sensazione febbricitante che precede la nota d'inizio di ogni concerto.
Noel aveva infine imbraccio la sua chitarra, - Good evening planet Earth -. L'intera platea gli rispose con un boato, e in quel momento, stando lì, pelle contro pelle, nel caldo umido dell'imbrunire d'Agosto poteva veramente sembrare che tutto il pianeta Terra si fosse riunito in quel campo per vedere quattro scapestrati mancuniani, più l'aggiunta di un cockney, a suonare la colonna sonora dei nostri anni '90.
- Columbia – annunciò Liam, e il fratello replicò – I'm colombian as well -.
- Che cazzone... - commentai ad alta voce, e di fianco a me sentii Jarvis scosso da una risatina: neppure lui voleva credere che su queste parole sarebbe cominciato il più grande concerto della storia.
Poi per fortuna dai giganteschi amplificatori prese a farsi largo la musica, accompagnata da un canonico “are you mad fer it?!” di Liam. E che la magia abbia inizio.
There we were, now here we are, continuo bending sul sedicesimo tasto, this is confusion, come on, come on, come on, come on, yeah yeah yeah, thank ya very mUch, ACQUIESSSCE, la scritta Oasis che capeggia sul palco, JUMP JUMP JUMP, 'cos weeee neeeed each other, weeee beeeeelieve in one another, I know we're going to uncover what's sleeping in our SOOOOOOUL, the fuckin' wind may blow, at the back, Liam che tiene il tempo muovendo il collo come un piccione, l'espressione estasiata sul viso di Noel, Whitey che batte come un dannato, 'cos my friend said, la giacchetta di jeans è scomparsa, he'll take you home, Liam abbracciato al microfono, I appreciate ye, nobody ever mentions the weather, troppo veloce, it's never gonna be the same, HELLOU, said it's good to be back (good to be back), distorsione, cheers, cheers, cheers, plant pots, coffee table, sofas, tea-pots, luce azzurra, we will find a brighter daaaya, immersi nel mare, niente occhiali, we don't believe in heaven, ancora occhiali, MIGHT SAY MIGHT SAY MIGHT SAAAY, il profilo di Liam in contro luce, Bonehead!Bonehead!Bonehead!Bonehead! Man, viola, arancio, viola, arancio, viola, kiss the girl, ma la voce di Noel sta diventando così acuta? Take me awayyyyy, fuck shit cunt, you knocked me on my feet, two of a kind, parole a vanvera, now that you're MIIIIIINEEEEEEAAHHH, niente occhiali, take me theere!take me there!take me there! Assieme :WHAT FOR?! Momento più alto della musica britannica, la concentrazione sul volto di Guigs, waaah, tamburi da guerra, strisce di fuoco sul pubblico, weeeeell, what's the story? Morning glory, colori, that's that's a drum, around our way, tempo di festa, armonica, lalalaaaa, northern soul, roud are way it's alright, heeeeey yooou, heeey yoou, hey Bonehead can you play that?! Liam che dà di matto, you gotta make it happeeeeeeen, nebbia gialla, Liam che discute col pubblico, la melodia degli archi, il pubblico che precede Liam: I'm freeeeeee, Noel che canta tra sé e sé guardando suo fratello, Bonehead all'acustica, I'd like to be under the sea in an octupus's garden in the shade, would you like to be under the sea in an octopus's garden you and me? Una coda di pura poesia accompagnata da degli sproloqui in mancuniano, this one's for Rob Collins: live forever, mate, you can take my soul, don't take my pride (pride) (pride) (pride), Richard Ashcroft dovrebbe essere fiero d'avere una tale canzone, a big boooo for Man United? BOOOOO, there are many things I would like to say to you, un disco di Geoge Harrison rubato da Sifters anni fa, you're gonna be the one that saves meeee (saves meeee) I would like to stay on stage but they always throw me off, thank very mUch, nostalgia evocata da una armonica e degli archi, sail them home with Acquiesce, quelle sopraciglia corrugate, DANCE if you wanna DANCE, siamo parte di un qualcosa, urla di ragazzina isterisca, who the fuck are Man United? Penso a mia madre, a notti di pioggia scrosciante e polizia che bussa alla porta di casa, you can put your life in the hands of this rock 'n' roll band, 'cos we'll never throw it all away, e Sally può aspettare, almeno per stanotte, it's not today, Liam torna con una sigaretta, my big mouth and my name, deliri d'onnipotenza, Jarvis mi prende sulle spalle, Liam è stupendo con quel taglio di capelli, build soooomething, build a better place and call it HOME, Whitey piglia di nuovo a maltrattare i tamburi e Liam balla come un fottuto Bee Gees, euforia, it's gettin' better maan, wooohoo, LIVE FOREVER: tutto veniva assieme, ogni cosa aveva senso improvvisamente, i fili si riannodavano ed a un certo punto nessuno era più perso, io non ero persa. Maybe you're the same as me, we see things they'll never see, you and I are gonna live forever, John Lennon appare sullo schermo, Liam si inchina, show your respect, see you later, il buio, non sono là nel backstage per la prima volta, Oa-sis! Oa-sis! Oa-sis! Oa-sis! Fischi & cori, Jooohnny?? Squire appare nella luce blu, wipe that tear away now from your eye, brividi, Noel che saltella su e giù cantando solo per se stesso, Squire parte con l'assolo, Liam vaga, è perso dentro quel maglione e dentro al suo mondo, il ritmo della marcia finale si sta per concludere: come può una canzone senza senso avere così tanto senso? Last one, we do it again sometime, un caleidoscopio di colori, goo-goo-joob, sitting in an English garden waiting for the sun, la Union Jack, and if the sun don't come you get your tan from standing in the English rain, choo-choo-pah, choo-choo-pah, choo-choo-pah, Liam tra il pubblico, gli afferro la manica solo per un secondo e tutto ciò che vedo è il suo sorriso da pazzo, pazzo felice, braccia in alto, applausi, il rombo dei fuochi d'artificio sopra le nostre teste, lacrime & sorrisi. The End.


I said "maybe" I don't really want to know
How your garden grows cos I just want to fly
Lately did you ever feel the pain
In the morning rain as it soaks it to the bone


Avevo dimenticato cosa volesse dire il post-concerto: la gente che saluta i compagni di una nottata, che se ne va e s'avvia stanca, ammaccata e sudata verso casa. Ed io che rimanevo invece lì, le mani posate sulle spalle di Jarvis a fissare il palco vuoto, le luci spente; l'illusione che se fossi rimasta ancora un poco sarei riuscita a prolungare quel momento, anche solo di qualche secondo.
L'idillio fu interrotto dal cantante di Sheffield: - Pensi di rimanere ancora per molto lassù? -, era vagamente infastidito.
Scesi e da lì in poi in un turbinio di facce, di spallate contro persone, di fermate improvvise, una forza misteriosa – col senno di poi, identificabile molto meno misticamente in Jarvis – mi guidò sino al backstage, che era già stato reso irriconoscibile dai festeggiamenti che avevano preso piede da soli pochi minuti. Qualcunò appena fummo entrati ci spruzzò di champagne manco avesse appena vinto a Silverstone il Gran Premio, e poi subito scappò via come un bambino soddisfatto della propria marachella. Era Guigsy, e a rincorrerlo c'era Bonehead che a ripetizione continuava a gridare una varianta della stessa frase, ovvero: - Vieni qui, brutto figlio di puttana, è Dom Perignon! -.
Mentre Jarvis tentava di asciugarsi gli occhiali con l'orlo della camicia, a me venne messa in mano una birra che bevvi avidamente data la disidratazione che comporta il cantare a squarciagola una ventina di canzoni. Il mio cameriere era McGee che pensò bene anche di assestarmi una sonora pacca sulla spalla – leggasi: lussazione articolare -.
- Ben fatto! -, esclamò palesemente ubriaco, fissandomi con gli occhi sgranati, - tu-persona-di-cui-non-mi-ricordo-il-nome – disse a raffica, poi il suo sguardo parve mettersi a fuoco -maccerto, sei Cassstavo scherzando -. Provai a sganciarmi dal capo della Creation, volevo trovare Noel o Liam, almeno prima che pure loro fossero troppo andati per riconoscermi.
- Un brindisi, ragazza -, alzai automaticamente la Heineken, forse ormai era un riflesso incondizionato. - A te -. A me?!
- A te che hai fatto parte dell'ispirazione per alcune delle canzoni che sono state suonate stasera -, con orrore sentii quelle prime parole e con orrore notai lo sguardo perso e tipico di McGee che incominciava uno dei suoi lunghi discorsi senva via di scampo per l'interlocutore, - a te che hai l'onore d'essere musa, amore e disperazione, delizia e croce -, l'alcool lo rendeva quasi stucchevolmente poetico – a te che conturbi il nostro cantautore nel più profondo, a te che dopo anni riesci ancora a farglielo tirare! Cheers! -. Ecco, appunto, poesia. McGee fece tintinnare il suo calice contro il vetro della mia bottiglia e se ne andò via, felice ed impunito dopo aver appena partorito il brindisi più orribile della storia, dall'invezione del bicchiere ad oggi.
In cuor mio sperai che nessuno avesse assistito alla scena, ma venni subito contrariata dato che c'era Whitey che si stava soffocando dal ridere nel suo stesso champagne, e che soprattutto avevo un'unghia laccata puntata contro il petto. Quell'unghia purtroppo era parte minore di una certa Meg Matthews.
- Lo sapevo – scandì la biondissima e boccolosa Meg – lo sapevo -, ripetè di nuovo, giusto nel caso che fossi un po' sorda, dubbio ragionevole dopo il concerto. Decisi che l'arma migliore era il silenzio, non contrattaccare, ma concentrarmi su quella ruga d'espressione che le si formava tra le sopracciglia e che parlava d'odio puro. - Ora anche McGee ti dà credito, ammettilo, ci stai prendendo gusto: vuoi di più -. Sì, tu fuori dalla mia strada.
- Non ti basta più scopartelo, vuoi il red carpet, le copertine di giornali...non fare quella faccia stupita da santarellina! -, in realtà stavo guardando il sempre composto Marcus Russel che saltava su e giù dai divani, una cravatta legata a mo' di bandana attorno alla testa. - Ma sappi che io ti precederò sul tempo, tu non diventerai mai la signora Gallagher! -, esclamò infine, sottolineando tutto con un movimento di braccio, rimase poi lì a prendere aria dopo quello sfogo, pareva un pesce – con la permanente – fuor d'acqua. Mi ci vollero un paio di secondi per riprendermi dal mio torpore mentale, per fortuna le orecchie mi ronzavano ancora per la musica ad altissimo volume, il che mi aveva un po' preservato dalle grida della signorina Matthews. Alzai la mia Heineken come avevo fatto prima con McGee, - Cheers, Meg – e m'avviai senza alcuna protesta verso la scaletta che portava all'esterno, dietro il palco, a bionda ancora incredula alla mia mancanza di reazione e troppo brilla per cimentarsi in una rincorso su tacchi a spillo.
Mi investì un forte colpo di vento e per poter accendermi una Benson ci misi svariati tentativi, quando finalemente stavo assaporando la prima boccata di fumo e girando a zonzo per il prato disseminato d'auto della crew venni sorpresa dalla forte deflagrazione dell'ennesimo fuoco d'artificio. Dannati cosi, non li avevano ancora finiti?!
Stavo passeggiando quando alla luce provocata da un'altra esplosione notai una figura familiare sdraiata nell'erba. Mi sedetti, a gambe incrociate, accanto ad essa.
- Piaciuto il concerto? -
Mi voltai verso Liam che s'era tirato su di un gomito, - Non male, certo io ero in prima fila, non so quelli indietro cento metri -.
Si rimise giù, - Si saranno dovuti accontentare della mia magnifica presenza, credi che sia un caso che la regia inquadri più spesso me che quell'altro? - sbuffò, per poi riprendere – sempre meglio che quella merda del Boardwalk -
- Il Boardwalk... - ripetei sovrappensiero, senza rendermene conto, - Ma sai che è stata lì l'ultima volta in cui vi avevo visto live, non da dietro il palco intendo – commentai con uno strano senso di nostalgia.
- Quanto anni fa era? -
- Non sai contare? -
- Mai stato bravo in matematica -
Feci un mezzo sorriso, - Tre anni, poco più di tre anni fa... è pazzesco -, mi sdraiai accanto a Liam, come se il peso di quella notizia fosse troppo gravoso. Gli occhi all''insù, vedevo per la prima volta i fuochi d'artificio quella sera oltre che a sentirli. C'era un che di commemorativo nell'aver fatto quella scelta ad effetto.
- Sembra una vita fa – osservai senza pensarci, sensa dare un vero significato alle parole.
- E' una vita fa -, mi corresse Ourkid che, ora, una volta che l'effetto della droga che aveva assunto prima del concerto cominciava a svanire assieme all'adrenalina, era estremamente quieto e riflessivo. - These are crazy days but they make me shiiiine – canticchiò poi all'improvviso, con aria da cazzone.
- Ti rendi conto che hai appena citato tuo fratello di tua spontanea volontà? -
- Oh porcammerda -.
Pausa.
- Ti senti vecchio? - scherzai
- No -, rispose secco, - E tu? -, era serio.
Non ci dovetti pensare, - Sì -.
- Non ti preoccupare: lo sei sempre stata -, ora il tono era più scherzoso.
Girai la testa verso di lui, il profilo che fissava dritto verso il nero pece della notte, - E tu non ti preoccupare: non lo sarai mai -. Ci fu una pausa, in cui rimanemmo a fissare un fuoco d'artificio sbocciare nel cielo e immediatamente appassire. - A volte penso che non voglio fare questa vita per sempre -, realizzai quanto avevo detto solo quando le parole lasciarono le mie labbra, quell'idea non s'era mai concretizzata nella mia mente, e ora invece improvvisamente sapevo di volere una casa mia – una che non fosse un disordinato appartamento nella periferia londinese -, un posto dove stare, qualcuno con cui stare. Dio, allora ero davvero vecchia...
Liam però stavolta non colse la serietà che c'era nella mia frase, ed esplose con un sonoro – Cazzo! Ti pare che sono io quello che ha appena fatto un concerto davanti 125 mila persone e stiamo qui a parlare di te? -, lui e le sue manie da prima donna, sorrisi e un po' gli fui grata.
- Allora, parliamo di te – cominciai con tono leggero, che però venne accolto dal silenzio, il che mi inquietò un poco. Avvertivo accanto a me Liam, titubante, - Dici che si può andare più in alto d così? -.
Ponderai un attimo la risposta e poi per una delle primissime volte da quando era iniziato il mio rapporto con Liam, non fui completamente sincera, ma decisi per il compromesso: - Non lo so, ma se c'è una band che può farlo sono gli Oasis -. Liam parve soddisfatto della risposta e si limitò a continuare a scrutare il cielo.
Forse per la mezza bugia appena detta, sentii l'impellente bisogno d'alzarmi. - Tu resti qui? -, sapevo che era una domanda di cortesia.
- Sì, ancora un po', sono la star: devo farmi aspettare ed acclamare dal mio pubblico, costruire l'attesa -.
Senza altro aggiungere mi incamminai di nuovo verso il backstage, con l'intenzione di concedermi finalmente l'indulgenza di un vero brindisi, e qualche chiacchiera con gente più amabile come Simon Fowler o Tim Abbott.
Venni però attratta come una falena da un puntino luminoso che baluginava nella notte, l'estremità accesa di una paglia. Decisi che era ora di sotterrare, almeno per il momento, l'ascai di guerra, non si poteva rovinare così una serata epica.
- Come mai non sei dentro a festeggiare? -
- Tutta la gente lì dentro sembra volere me – ghignò Noel – e non m'ero ancora concesso una sigaretta post-concerto, con calma -, inspirò un po' di fumo, dandomi un'occhiata fugace, - e tu? -.
- Lo stesso -
- La seconda? -
Pensai ai vari inteventi di Meg e di McGee, - Anche la prima -, osservai.
- Tu non mi chiedi se m'è piaciuto il concerto? - feci così, sperando d'evitare troppe frecciatine sulla sua vittoria pre-concerto.
Volse gli occhi al cielo, come prima suo fratello, che ancora risuonava degli ultimi fuochi d'artificio, feci lo stesso pure io, smettendo di fronteggiarlo. - No -, sputò fuori il fumo, - Da come saltavi e cantavi credo che non ci sia bisogno di domande -.
- E' stato grandioso -
- Non sai quanto -, e in ogni singola sillaba si sentitva l'orgoglio d'essere stato quel palco, d'aver suonato per una moltitudine, di essere un qualcuno e non più Noel Gallagher, operaio nato a Burnage. Pochi secondi dopo sentii il palmo caldo della sua mano contro il mio dorso, un attimo d'esitazione e poi l'intrecciarsi delle dita. Decisi di non domandargli e di non domandarmi e mi rilassai solamente, appoggiata al suo corpo. - You met me at a very strange time in my life -.
Sarà sempre un momento strano, era questo il punto, ma non ci pensai più di tanto. Lasciai che le parole si confondessero con il rimbombo dei fuochi d'artificio. Mi ero da poco abituata a quella posizione quando si sentì una voce chiamarmi – Cass? Cass? Sei qui? -, mi voltai bruscamente, e più in là sulla porta, nella luce che proveniva dallinterno scorsi da figura appesantita, che assieme alla voce poteva appartenere solo che a Mike, uno dei tecnici delle luci.
- Sì, sono qui -, gridai di rimando.
- C'è qualcuno che ti vuole al telefono! -
- Arrivo! -, mi girai verso Noel che aveva prontamente sciolto la presa sulla mia mano e pareva intento più che mai a fumare. - Devo andare – fu la mia uscita idiota e che rimarcava l'ovvio, lui ignorò apparentemente la cosa: - Eri con Liam prima? -. Annuii.
- Vado a cercarlo, McGee gli voleva parlare -, dopo di che prese a camminare nella direzione da cui ero venuta, senza ulteriore cenno.
Raggiunsi di corsa Mike, che ormai aspettava da un po'. - Con il casino che c'è non sono riuscito a capire neppure chi fosse, ma sembra molto agitato -, disse appena ebbi salito le scale.

 

Maybe I will never be
All the things that I want to be
But now is not the time to cry
Now's the time to find out why

 

- Pronto? - feci quando ebbi in mano il ricevitore, l'altra a tapparmi un orecchio per sentire meglio.
- Cass, è m-maschio – la voce era quasi balbettante.
- Colin?? -, era non so perchè l'ultima persona che mi sarei aspettata di sentire.
- Sì, sì sono Gem...Colin...m'hai sentito? E' un maschio! - esclamò più sicuro ora, quasi con una risata isterica.
- Come, cos...? E' un maschio? - capii all'improvviso, - Ma non è presto? -, ero sbalordita e sul punto d'essere presa pure io da quella strana risata che pareva essersi impossessata di Gem.
- Sì, ma Lou è entrata in travaglio nel tardo pomeriggio, non avevo avuto tempo di chiamarti, e...e c'era il concerto e... -
- Ok, frena, frena. Hai detto che è un bambino? -
- Sì, sì, ora è con Lou, dovresti vedere quanto è grosso -, divagò con voce felice. - Mi devi aiutare Cass – disse infine, riacquistando un poco di serietà, - Lo sai che avevamo deciso che se fosse stata una femmina il nome l'avrebbe scelto Lou, se fosse stato un maschio, io -
- E...? -, non capivo dove stesse il problema.
- Non ho la più pallida idea di come chiamarlo – fece quasi affranto – mio figlio è nato da un'ora e io non so che nome dargli -. La situazione era a metà tra l'assurdo e il serio, ed in tutto questo io non mancai di assaporare la situazione: il momento in cui Colin “Mr. Perfezione” Gem Archer si trovava in difficoltà e aveva bisogno di me.
- Allora? Hai qualche suggerimento? -
Un sorrisetto mi si dipinse sulle labbra prima di dire il nome a Gem. Poi vi fu qualche attimo di silenzio dall'altro capo del ricevitore.
- Non posso -, fu la replica, - Dai, non posso chiamare mio figlio così -
- Perchè no? Suona pure bene -
- E quando sarà grande cosa gli dirò? Ti chiami così perchè quella scapestrata che vedi spesso girare per casa una volta era in... -
Lo interruppi: - Prendere o lasciare, Colin. Questa è la mia proposta, hai qualcosa di meglio, forse? -
Udii un sonoro sbuffo, - No, ma ci penserò -
- Ora posso chiedere io un favore a te? -. Questo sì che era molto più nei canoni.
- Sentiamo -
- Quando hai finito di cambiare pannolini, potresti chiamare la Mattel e dire di venirsi a riprendere Meg? E' ora che ritirino dal mercato Barbie Stronza Alcolista -.
E fu così che quel giorno non solo assistette al più grande concerto all'apero di tutta la storia della musica, ma anche alla nascita di Joel Archer.

 

Maybe you're the same as me
We see things they'll never see
You and I are gonna live forever

We're gonna live forever
Gonna live forever

 

 

thewhitelady is not dead! Tralasciando i miei mancati aggiornamenti per cui non ho più scuse d'addurre, ora che sono ritornata, per mia fortuna o sfortuna dati i tempi, in patria. Quindi partirei subito dalle precisazioni su questo capitolo, più o meno importanti.
1. Per descrivere il concerto di questo capitolo, mi sono rifatta ad un video (http://www.youtube.com/watch?v=pfmpf505xf8) che però riprende la seconda serata (11 Agosto) e non il 10 Agosto come qua sarebbe mia intenzione
2. Per descrivere il concerto ho usato uno stile che di solito non è molto il mio, ma vorrebbe essere un po' più immediato, ma tutte le cose che ho scritto sono prese sempre dal video che ho linkato sopra, sono le sensazioni che ha vissuto Cass, il corsivo è quando parla LIam, mentre il grassetto è Noel.
3. Il figlio di Gem si chiama davvero Joel ed è nato nell'Agosto del '96, giorno esatto non si sa, ma me l'avevano servita su un piatto d'argento. Spero che tutti abbiano capito qual'era il nome che Cass aveva suggerito ;)
Passando alle inezie da maniaca dei dettagli come me.... 4.La giacca di jeans esiste davvero, quella della crew ** ( http://www.britpopstore.co.uk/store/wp-content/uploads/2012/08/0071-550x309.jpg)
5. I testicoli di Jarvis si chiamano Evaristo ed Ernesto perchè così si chiamano i testicoli di Turk, il chirurgo di Scrubs.
6. Quando Noel dice "M'hai conosciuto in un momento davvero strano della mia vita" è una citazione da Fight Club di Chuck Palahniuk, citazione anacronistica per di più dato che il libro sarebbe uscito una settimana dopo il concerto di Knebworth, e il film (ecco qui la scena, merita tantissimo: http://www.youtube.com/watch?v=LTnPjHh8fZ0) solo nel 1999. Però la cosa mi piaceva, quando ho immaginato Cass e Noel in quella posa davanti ai fuochi artificiali ho avuto un attimo di dejà vù involontario.
Credo che questo sia tutto, un ringraziamento speciale a EMMA BENNET perchè se non fossi stata spronata da lei probabilmente questo capitolo l'avrei finito nel 2014. Checce posso fà, I guess I'm just laaazy!
Ps: La canzone che stano progettando assieme Noel e i Chemical Brothers è Setting Sun, che sarà il primo singolo al numero 1 del duo elettronico, cui Noel presterà voce, testo e batteria
Pps: questi sono gli Stone Roses, e quello in t-shirt bianca è quel genio chitarristico anche sì detto John Squire.
   
 
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