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Autore: BeeMe    02/04/2013    1 recensioni
Jack si sedette sul marciapiede davanti alla casa che la ragazza gli aveva indicato il giorno prima, giocherellando con il suo bastone.
Stava disegnando con il ghiaccio sull’asfalto scuro della strada quando Annie si sedette al suo fianco.
-Mia mamma non ti ha visto.
Non era domanda, Jack lo sapeva.
-Nessuno mi ha mai visto.
-Io ti vedo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jack Frost
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Vento portami via.

Un sussurro che nessuno a parte la brezza fresca che lo sollevò da terra sentì.

Portami a casa.

Jack non sapeva perché si ostinava a tornarci, non era mai stata la sua casa. Si era svegliato nel lago vicino a quel paese quasi trecento anni prima, quando ancora non vi erano che poche piccole case. Eppure Jack sentiva quelle poche e piccole case più vicine a lui rispetto ai giganteschi grattacieli che aveva visto in giro per il mondo.

Il ragazzo chiuse gli occhi e quando li riaprì non era più a Tokio. Sorrise riconoscendo le case che aveva salutato qualche tempo prima e si accorse con stupore che stavano iniziando a costruire un nuovo centro residenziale.

Da quanto tempo non tornava lì?

Fece rapidamente i conti per poi ricordarsi che era passato quasi un anno, un lieve attimo per uno che ha l’intera eternità davanti.

Si sedette sul piedistallo della statua nel centro del paese e osservò le persone affrettarsi per le strade probabilmente alla ricerca di un regalo per un parente sconosciuto.

Natale stava arrivando e nessuno voleva farsi trovare impreparato.

Credevano nell’arrivo di Nord, ci credevano davvero, ma volevano sempre farsi trovare pronti, volevano superarlo.

Sciocchi.

Non ci sarebbero mai riusciti.

Lui passava la sua vita cercando di accontentarli, non l’avrebbero mai battuto con i loro regali comprati all’ultimo nel primo supermercato che trovavano.

Un paio di bambini lo superò correndo e Jack si ritrovò a seguirli con lo sguardo, a sperare che d’improvviso lo vedessero e lo riconoscessero.

Lui era invisibile, lui non esisteva per loro.

Aveva sentito quello che sussurravano le madri ai loro figli, gli ordinavano di coprirsi perché altrimenti Jack Frost gli avrebbe morso il naso. Eppure poi lo chiamavano ‘mito’, lo definivano come una leggenda popolare che si era persa nei secoli.

Non sapevano che era davanti a loro, non l’avevano mai saputo.

Jack si alzò da dove si era seduto e la neve iniziò a cadere piano ascoltando un suo pensiero lasciato andare dalla sua mente.

Quel giorno non aveva voglia di correre coi bambini, di far scivolare la gente su lastre di ghiaccio che comparivano nei momenti meno opportuni. Quel giorno voleva solo camminare un po’ e osservare la gente. Si chiese se senza di lui sarebbero state felici comunque.

Improvvisamente qualcosa lo colpì e lui cadde a terra senza mai lasciare il suo bastone.

-Oh mio dio, scusa! Ero soprappensiero, non ti sei fatto male vero?-

Jack boccheggiò quando si rese conto che quella domanda era rivolta a lui e che era caduto perché qualcuno gli era sbattuto contro.

Qualcuno lo vedeva!

-Non... non mi sono fatto niente, grazie.

Alzò lo sguardo e vide una ragazza stesa al suo fianco, i lunghi capelli scuri che le ricadevano scomposti sul viso.

Lo stava guardando e i suoi occhi chiari stavano fissando proprio lui, stavano cercando nel suo viso qualcosa che la rassicurasse. Era preoccupata per lui.

-Scusami, davvero. E’ che sono scivolata sul ghiaccio.- indicò uno strato di neve che si era solidificato. Jack non l’aveva fatto apposta. In realtà non se n’era nemmeno reso conto.

-Sono così contenta che tu non ti sia fatto nulla.

La ragazza si rialzò e si scrollò via la neve dai vestiti, pronta ad andarsene.

-Aspetta!

L’aveva urlato prima di riuscire a pensare a qualsiasi altra cosa. Era la prima persona che lo vedeva da sempre e non poteva lasciarla andare in quel modo.

Lei era speciale.

E lo stava guardando stupita.

Jack si alzò in fretta e tese la mano, sia per presentarsi sia per assicurarsi ancora una volta che lei lo riuscisse a toccare.

-Mi chiamo Jack, piacere.

Sorrise quando la mano tiepida di lei si strinse attorno alla propria.

-Io sono Annie. Che mano fredda che hai.

Eppure non la staccò, restò lì aspettando qualcosa e fissando il ragazzo negli occhi.

-Annie Stark, per la precisione. E mio padre sta girando l’angolo e non gli piacerebbe vedermi con un ragazzo. Comunque la mia casa è quella, nel caso ti interessasse!

La ragazza indicò una piccola villetta lilla in fondo alla via e corse via senza che Jack potesse fare niente.

Poteva ritrovarla, si corresse mentalmente ricominciando a camminare.

Bussò alla sua porta il giorno dopo e non si stupì quando la donna che gli aprì non lo vide.

Era sempre stato così, probabilmente si era immaginato Annie Stark.

Un’illusione fin troppo realistica.

Jack si sedette sul marciapiede davanti alla casa che la ragazza gli aveva indicato il giorno prima, giocherellando con il suo bastone.

Stava disegnando con il ghiaccio sull’asfalto scuro della strada quando Annie si sedette al suo fianco.

-Mia mamma non ti ha visto.

Non era domanda, Jack lo sapeva.

-Nessuno mi ha mai visto.

-Io ti vedo.

Ne era convinta perché era vero. Era il primo essere umano che lo vedeva e ancora Jack stentava a crederci.

Il ragazzo scosse piano la testa: -Non dovresti. Sono sempre stato invisibile, non so cosa sia successo ieri.

Annie sembrava incredula, come se l’idea di un ragazzo invisibile che solo lei poteva vedere fosse improbabile.

Effettivamente lo era.

-E chi saresti allora? Un supereroe?

Il ragazzo sorrise piano: -Non sono un supereroe. Sono Jack Frost.

Jack non sapeva a cosa stesse pensando in quel momento, per quale motivo sperava che lei riconoscesse il suo nome.

Annie inarcò un sopracciglio: -Quel Jack Frost? Non credo più nelle favole da un pezzo, mi dispiace.

-Eppure credi nei supereroi. Io sono un mito, una leggenda a cui non crede più nessuno.

Un lampo di luce rinfrescò gli occhi azzurri della ragazza che sussurrò: -Io credo in te, sei qui davanti a me. Sarei una sciocca a dubitare di te.

Jack soppesò quelle parole con attenzione, indeciso se credere o no a quello che gli aveva appena detto. Aveva cambiato idea in meno di un minuto o fingeva solo?

Annie sorrise e gli prese una mano, facendolo alzare a forza sbuffando qualcosa riguardo alle sua mani gelide.

-E’ come se ti avessi già conosciuta sai? -disse lui all’improvviso. Era vero. C’era qualcosa nella risata di quella ragazza che lo riportava indietro, ad un ricordo scomparso.

Lei si fece seria e guardò meglio il volto pallido del ragazzo: -Non ti ho mai visto prima di ieri eppure sono sicura di conoscerti.

Si fermò un attimo, mordendosi il labbro inferiore.

Era indecisa se dirgli qualcos’altro che credeva lui avrebbe ritenuto frottole.

Alla fine sospirò e incominciò a parlare: -Non chiedermi come lo so, ma ami volare sopra le città al tramonto, quando le luci si fondono con il tramonto. Litighi con il Coniglio Pasquale, ma alla fine ti piace, lo ritieni un duro. Chiami questo posto casa senza nemmeno sapere perché e...-

Si zittì d’improvviso, lasciando la frase a metà.

-E...? - la incalzò il ragazzo. Quello che aveva detto fino a quel momento era vero.

-Niente, era una stupidaggine, non so nemmeno come mi è venuta in mente.

La ragazza abbassò lo sguardo e continuò a camminare in silenzio, il volto in fiamme per ciò che non gli aveva detto.

Jack sorrise vedendola così in imbarazzo e, di colpo, non era più lì a fianco di quella strana ragazza che aveva conosciuto il giorno prima e che sapeva tutto di lui.

D’improvviso era seduto sul bordo di un tetto e stava osservando se stesso scherzare con Annie Stark. Gli sarebbe sembrata una scena normale se non fosse stato per i vestiti della ragazza, così inconfutabilmente antichi da non lasciare dubbi.

Non era il ventunesimo secolo, saranno stati duecento anni prima. Trecento, lo corresse una voce nella sua testa, trecento anni prima.

Vedeva il ragazzo che era stato ridere e parlare in una lingua che risuonava nell’angolo più buio della sua mente. La conosceva, l’aveva parlata per tutta una vita, ma quello era stato prima.

Per la prima volta Jack si chiese se fosse stato qualcuno prima di diventare Jack Frost e il ragazzo coi capelli scuri che era indiscutibilmente lui gli diede la risposta.

Era qualcuno, era una persona come tante altre, una che conosceva la stessa ragazza che avrebbe rincontrato trecento anni dopo.

Jack batté le ciglia e l’istante dopo si ritrovò di nuovo a fianco di Annie Stark, a quella del presente, quella che si stava torturando una ciocca di capelli fra le dita nel disperato tentativo di sopprimere l’imbarazzo.

-Noi ci siamo già conosciuti. -bisbigliò Jack e la ragazzo sobbalzò di colpo, come se non si aspettasse quell’affermazione. Si ricompose dopo un attimo.

-Sì. -mormorò in risposta e arrossì.

-Ma è stato prima -aggiunse dopo un attimo e Jack tornò a guardarla.

-Prima? -domandò e lei annuì.

-Prima di tutto questo. -disse e allargò le mani per poi piantare i suoi occhi neri nelle iridi chiare del ragazzo.

Jack si ritrovò ad annuire senza nemmeno sapere il perché e sentì la mano calda della ragazza posarsi sulla propria.

Un battito di ciglia ed era tornato nel passato.

Questa volta stava pattinando su un lago ghiacciato, mano nella mano con Annie.

Stavano ridendo e non si accorsero della grossa crepa che si andava allargando pochi metri più in là.

Jack urlò, cercò di avvisare il se stesso del passato, ma nessuno sentiva le sue urla mute.

Il suo alter ego fece piroettare Annie e mentre lei girava felice spalancò gli occhi per il terrore. Aveva visto la crepa e sapeva che era troppo tardi.

Afferrò saldamente i polsi della ragazza e la abbracciò per un istante, poi la spinse lontano. I pattini aiutarono la sua fuga, la fecero scivolare via più velocemente di quanto non sarebbe stata mai capace.

Il ghiaccio cigolò sotto il peso di Jack, improvvisamente fermo, e Annie urlò capendo cosa stesse succedendo.

Jack si sdraiò a terra, ma era troppo tardi, il ghiaccio si sfaldava e già sentiva l’acqua gelida lambirgli i piedi.

Annie gridò di nuovo, ma stavolta era una frase, stava dicendo qualcosa nell’antica lingua che il Jack del presente non riusciva a decifrare.

L’altro lui disse qualcosa in risposta e poi venne assorbito nell’oscurità del lago.

Jack vide i suoi capelli scuri scomparire oltre il ghiaccio e chiuse gli occhi. Non voleva più essere lì.

I singhiozzi di Annie accompagnarono il suo ritorno nel presente.

Quando socchiuse le palpebre vide la ragazza guardarlo e capì che anche lei aveva assistito a quella visione.

-L’hai visto anche tu? -gli domandò con gli occhi lucidi di lacrime e Jack annuì.

Lei si strinse contro il suo petto: -E’ per questo che so tutte queste cose di te, non è vero?

-Che cosa? -il ragazzo la fece allontanare dalla sua felpa e la guardò dritto negli occhi.

-E’ per quello che ti ho detto, no? Oltre questa vita, la morte non ci separerà

Di colpo tutte quelle parole gracchianti che i ragazzi del passato si erano detti trovarono un senso. 

-A quanto pare ci sono riuscita. -disse Annie, le lacrime che ormai le cadevano lungo le guance.

Jack provò ad asciugargliele, ma lei rabbrividì al contatto con le sue dita gelate.

-Sei sempre stata così testarda, Annie Stark. -bisbigliò e qualcosa nel suo stomaco gli diceva che era davvero così. Lei non si era mai arresa.

Annie sorrise fra le lacrime: -Anche tu sei tornato.

-Non me ne sono mai andato. -rispose Jack e lei tornò a stringersi contro di lui.

-Comunque avevi ragione, tutto ciò che hai detto è vero. -disse lui dopo un po’ e lei si girò a guardarlo in faccia.

-Amo volare al tramonto e litigo sempre con il Coniglio Pasquale. Prima di oggi chiamavo questo posto casa senza nemmeno sapere che era perché ci sei tu e voglio sapere cos’altro stavi dicendo.- concluse con un sorrisetto.

Lei roteò gli occhi, divertita, e restò in silenzio per qualche minuto.

-Davvero continui a tornare qui solo per me? -bisbigliò dopo un po’ e Jack annuì.

-Quindi è vero anche che continui a far ghiacciare i vialetti delle case solo per vedere gli altri scivolare, che fai cadere i fiocchi di neve lungo la schiena per vedere le facce delle tue vittime, che... -si interruppe di nuovo e le sue guance tornarono a colorarsi di rosso.

-E...?

-E mi ami. -lo disse tutto d’un fiato e poi si girò dall’altra parte. Jack rimase a bocca aperta, incredulo. Non riusciva a credere a quello che aveva appena sentito.

-Lo so che ci siamo incontrati solo oggi, che sembro una stalker psicopatica a sapere tutte queste cose su di te. E’ che le so e basta. Come le visioni. Le ho ogni notte, sai? Ogni singola notte. E ci siamo sempre noi due, in quell’altro posto. -Annie iniziò a parlare a macchinetta, troppo imbarazzata per rendersi conto di stare straparlando -Insomma, non è normale, proprio per niente!

-Annie... -iniziò lui, ma la ragazza proseguì come se niente fosse: -Dai, sognare qualcuno che non hai mai visto, poi andarci addosso e scoprire che nessuno lo vede!

-Annie! -esclamò Jack e lei si zittì di colpo.

-Mi dispiace, non dovevo dirlo. -sussurrò dopo qualche istante.

Jack sorrise e le sollevò il viso affinché i loro sguardi si incrociassero.

-Annie, hai ragione. Ti amo più di qualunque cosa sulla Terra, ti amo da prima di ricordarmi di te, ti ho amato prima di diventare Jack Frost.

Poi, senza lasciarle dire nulla, si chinò in avanti e la baciò.

Le sue labbra erano morbide e calde e avevano lo stesso sapore che avevano trecento anni prima.

Si staccò quando la sentì ridacchiare.

-Che c’è? -chiese, preoccupato di aver rovinato tutto.

Lei sorrise: -Hai le labbra gelide. Anzi, per la cronaca, sei tutto gelido!

Jack ridacchiò e la strinse a sé ancora più forte: -Dio, quanto ti amo, Annie, mi sei mancata tantissimo.

-Ti amo anch’io, Jack, e ricordati che tornerò, che niente ci può separare.

Lui sorrise prima di tornare a poggiare le labbra su quelle della ragazza.

-Ti amerò anche oltre questa vita, per sempre. 

 

 

 

 

  
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