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Autore: Lulu_Tommo22    02/04/2013    4 recensioni
Il 1867 non è stato nella storia un anno di gran rilevanza. Non ci furono state guerre importanti. Ne invenzioni importanti. La data 1867 non è riportata in quasi nessun libro di storia ma seppur è stato un anno in cui non sono successi grandi eventi è sempre stato un anno di trecentosessantacinque giorni. E non tutti lo hanno dimenticato.
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xxx Lulu_Tommo22
Genere: Generale, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ringrazio in anticipo chi leggerà questa piccola Os e chi la commenterà. Grazie a tutte, perchè anche se poche persone leggono fanfiction inerenti a Cody Simpson, quelle poche recensiscono quasi sempre, al contrario di altri fandom.
Vi lascio alla storia, un bacio
Lulu_Tommo22

ps: se vi va passate anche dalle altre mie storie su Cody - Stelle cadenti - I need the silence of the music - Stay strong



1867

 
Il 1867 non è stato nella storia un anno di gran rilevanza. Non ci furono state guerre importanti. Ne invenzioni importanti. La data 1867 non è riportata in quasi nessun libro di storia ma seppur è stato un anno in cui non sono successi grandi eventi è sempre stato un anno di trecentosessantacinque giorni. E non tutti lo hanno dimenticato.
 
In quell'anno una giovane ragazza erede di Alexandre Beauharnais nonno dell'allora rinomato sovrano di Francia morto 1821, decise di lasciare il territorio natale, nella quale la sua vita sarebbe stata monotona accanto ad un nobile che l'avrebbe ricoperta di doni ed amata, come si può amare una chiave che porta alla vita mondana. Dopo aver lasciato quindi Parigi, s'imbarco alla volta del famoso Castello d'If. Per chi non sapesse cosa era per quel tempo il Castello d'If, oggi si può accomunare ad una prigione di massima sicurezza. Una prigione di quelle che si vedono nei film americani più moderni e dalle quali è impossibile evadere. Il Castello d'If era così. Era una piccola fortezza prigione situata sul piccolo isolotto d'If già in funzione nei primi anni del terzo decennio del 1500. Ma il dettaglio che aveva attratto la giovane dama non era certo la sua collocazione, ma il romanzo da poco pubblicato di Alexander Dumas. Il quale narrava di un giovane Edmond Dantes che dopo che era stato rinchiuso in questa prigione per varie motivazioni ed inganni era riuscito ad evadere. Storia però falsa ed inventata, ma così realista che aveva suscitato curiosità nella giovane. La bella Arianne, così si chiamava la ragazza si occupava principalmente dell'aspetto diplomatico della cosa. Firmava i documenti dell'arrivo dei detenuti e controllava ogni tanto che non venissero trattati male, cosa molto difficile dato che si trattava di nemici di Francia.
 
Il 3 marzo dello stesso anno, Arianne si trova a passare in rassegna delle carte di certi detenuti arrivati nella prigione nel 1860. una carta però spicca tra tutte, che risveglia la sua indole romanzesca. La carta del prigioniero numero 34, che le ricorda nuovamente il suo bel romanzo ormai dimenticato in qualche stanza della sua veccia casa nel centro di Parigi. Non che quel personaggio era stato accusato di essere un bonapartista come Edmond Dantes, ma le ricordò quest'ultimo solo per il fatto di avere lo stesso numero di cella. Così curiosa decise che il giorno seguente sarebbe andata a trovarlo, anche perché non vi erano notizie precise sul motivo della sua incarcerazione in una delle più temute carceri. Anche perché come poteva un ragazzino di venti anni essere imprigionato già da ben sette anni. Cosa poteva aver fatto di male un bambino di tredici anni per finire lì. Arianne se lo chiedeva anche durante la notte non riuscendo a dormire. Ormai il sonno non le veniva ed il sole stava già sorgendo, così decise di prendere la sua vestaglia, non avendo voglia di cambiarsi per indossare la sua uniforme, e scendere.
Mentre stava scendendo si accorse che la cella numero 34 non era situata proprio come descritto nel libro, infatti essa si trovava in direzione sud, direzione dalla quale non si vedeva il sole in nessuna ora del giorno. La differenza tra le celle era quella anche perché da qualunque dei lati del castello d'If si guardava, si vedeva sempre e solo il mare.
 
Giunta al numero alla quale lei era indirizzata si arrestò di colpo, notando quando essa era più buia e stretta rispetto alle altre. Forse perché il prigioniero era un bambino quando era arrivato... con queste domande Arianne si affacciava alla piccola finestrella sulla porta prima di prendere una candela dal muro lì vicino per poi aprire la porta con le grandi chiavi di bronzo. Richiuse la porta alla sue spalle prima di passare ad osservare la piccola stanza, coordinando i movimenti degli occhi con quelli della candela. La cella era priva di ogni lume all'infuori della candela ed appariva tetra e triste. Malinconia prese la giovane Arianne dalla quale bocca scomparve il sorriso non appena lo vide.
Ciao. Tentò di dire lei più naturalmente possibile ma le si mozzò il respiro quando vide quella testa bionda sollevarsi per lasciar vedere due occhi inespressivi, glaciali.
Tu sei il 34 giusto? Io sono Arianne. Continuò lei cercando di riuscire a far aprire bocca al ragazzo.
Okay non vuoi parlare. Sospirò. Hai bisogno di qualcosa?
Il ragazzo restò nuovamente in silenzio, senza però staccare gli occhi dalla ragazza che era appena entrata.
Perché non mi vuoi parlare? Chiese nuovamente lei sedendosi a serra. Lui sorrise ironico.
Attenta MyLady così si sporca. Disse lui semplicemente alzandosi dall'angolo in cui era seduto per avvicinarsi a lei.
Non credo che sei nella posizione di prenderti gioco di me. Disse la ragazza alzandosi a sua volta in piedi, non ottenendo però l'effetto voluto. Come poteva mostrarsi superiore una ragazzina più bassa di lui di più di quindici centimetri ed in vestaglia? Perché non si era messa la divisa?
Ma io non volevo prendermi gioco di lei MyLady. Non lo potrei mai fare. Disse prima di arrivare proprio davanti a lei. Pochissimi centimetri li dividevano.
Chi sei?
Numero 34 l'hai detto te no? Il ragazzo scoppio a ridere. Non ricordava nemmeno l'ultima volta in cui aveva riso. Forse sì, aveva riso quella volta che sua sorella era inciampata ed era caduta nel fango ma erano ricordi vecchi, così vecchi che non sapeva più nemmeno dove la sua adorata sorellina era in quel momento. Sospirò.
Intendevo, il tuo vero nome. Disse lei prima di posare la candela per terra ed appoggiarsi alla parete.
Perché dovrei? Disse lui osservandola.
Perché almeno senza neanche affaticarti soddisferesti una mia curiosità e poi potrei tornarmene a lavoro. Disse la ragazza ovvia.
Appunto.
Appunto cosa?
Se ti dico il mio nome te ne andrai e non tornerai più. D'altra parte sono un prigioniero, chi vuol parlare con un prigioniero? Disse lui sorridendo amaramente prima di sedersi nuovamente nel suo angolino. Arianne sorpresa e triste per lui lo abbracciò di slancio. Il ragazzo si pietrificò di colpo.
Scusa. Disse lei ritraendosi di poco, ma subito dopo due braccia forti le cinsero la vita. La presa era forte come se in essa racchiudesse tutto il dolore per l'affetto mancato nell'adolescenza.
Devo andare, ma tornerò, te lo prometto. Disse lei avviandosi verso la porta, lasciando la candela all'interno della cella per lasciare un po' di luce al ragazzo. La porta si chiuse alle sue spalle nello stesso momento in cui il sorriso sparì dalle labbra del giovane, il quale assunse nuovamente un'espressione di dolore e di odio nei confronti del mondo.
 
 
Il biondo, aveva imparato ad odiare tante cose nella sua prigionia.
Odiava le persone, quelle false, quelle che ti mentono per farti felice sul momento ma per poi farti soffrire.
Odiava i ricordi, soprattutto quelli felici, quelli legati all'infanzia, quelli che gli ricordavano che anche lui sapeva sorridere.
Odiava la luce, che gli ricordava sempre che esisteva un mondo esterno alla sua cella, che ormai considerava casa. La odiava perché si sentiva tradito ed umiliato da quel mondo che tanto essa gli ricordava.
Odiava se stesso. Non per qualche motivo in particolare, ma si odiava comunque.
Odiava suo padre. Era colpa sua se era finito là dentro. Anche se in realtà che colpa può avere un uomo che è finito in carcere solo perché ha oltrepassato l'oceano giungendo dall'Australia in Francia con la speranza di una vita migliore per il figlio? Nessuna, ma lui lo odiava ugualmente.
Odiava anche Arianne perché lo aveva fatto sorridere. Di nuovo. La odiava perché sapeva che l'avrebbe abbandonato, come tutti gli altri, ma ciò che non sapeva era che questa volta aveva trovato una persona che gli sarebbe rimasta accanto. Per sempre. Ed il per sempre esiste per un carcerato e la sua carceriera.
E si convinse anche lui, quando lei tornò il giorno dopo, e quello dopo ancora, e così via, mantenendo la sua promessa, che forse alla fine nessuno dei due ricordava, ma scordata la promessa Arianne non smise di andarlo a trovare entrando sempre nella cella con il sorriso sulle labbra prima di dire : Ciao Cody.

 
  
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