Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: Wren    23/10/2007    9 recensioni
Un ragazzo coraggioso destinato a diventare Re, una principessa che attende il ritorno dell'amato, due amanti maledetti, uno shiromanjuu ubriacone e un basettone ambiguo e malintenzionato... Una fiaba come quelle che eravamo abituati a sentire una volta! ...o forse no? (ShaoranXSakura, KuroganeXFay) (Perchè mi impergolo in multi-chapter fic, che ho la forza di volontà di un dente di leone[tanpopooo!!!]?)
Genere: Romantico, Commedia, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fay D. Flourite, Kurogane, Sakura, Syaoran
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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No, non mi ero scordata di questa storia...
Spiacente per voi!XD






Capitolo 2
Dove assistiamo ad un ricordo riguardante Seishiro, poi l’Autrice si beve definitivamente il cervello, abbandona la pseudo serietà con cui aveva tentato di trattare questa storia, Shaoran finisce in un paese assurdo e ne sperimenta in prima persona il sistema legale. E poi fa il suo ingresso Kurogane.







Shaoran mandò giù d’un sol fiato le poche gocce che erano rimaste nel suo bicchiere ed accasciò la testa sul bancone della taverna.
Era trascorso all’incirca un mese da quando si era visto costretto ad abbandonare la sua casa e il regno. Da quando era stato separato da Sakura…
Non si era mai fermato, aveva proseguito il suo cammino a testa china, col cuore gonfio di ricordi che gli rallentava il passo. Doveva continuare a viaggiare, senza ai voltarsi indietro, o la tentazione di fare ritorno si sarebbe fatta troppo violenta da sopportare.
Lui non poteva più tornare.

Seishiro-san era il Capitano della Guardia Reale, lo era fin da quando Shaoran aveva memoria. All’apparenza sembrava tutto fuorché un guerriero, con quel suo sorriso cordiale e un paio di occhiali sempre calcati davanti agli occhi, che gli conferivano un’aria più intellettuale che militaresca, eppure una volta, da bambino, Shaoran l’aveva visto all’opera e ne era rimasto impressionato.
Un piccolo drappello di sicari si era introdotto nei giardini del palazzo e il bambino vi era incappato per caso durante una delle sue esplorazioni. Era ancora piccolo, non capiva cosa ci facessero là quegli sconosciuti, ma non sospettò che avessero cattive intenzioni finché gli uomini non lo videro e, rendendosi conto di essere stati scoperti, cercarono di chiudergli la bocca per sempre.
Shaoran aveva chiuso gli occhi spaventato quando l’avevano attaccato, ma nessun colpo l’aveva raggiunto, perciò aveva riaperto titubante gli occhi. Davanti a lui stava Seishiro col sorriso impeccabilmente scolpito sul suo volto nonostante la spada sguainata. Gli uomini che l’avevano aggredito erano a terra e, prima che Shaoran avesse tempo di muovere un muscolo, furono raggiunti dagli altri. Il Capitano si era mosso con tale forza e rapidità che gli assassini non avevano avuto modo di reagire.
Seishiro si era voltato verso di lui e gli aveva domandato con estrema gentilezza se stesse bene e Shaoran aveva fatto cenno di sì senza ricordarsi di chiudere la bocca, spalancata dallo stupore.
Da allora il bambino aveva cominciato a ronzare attorno al Capitano con curiosità, cercando di non farsi notare nel timore di essere mandato via. Seishiro se ne era accorto immediatamente ed invece di cacciarlo, con una risata, l’aveva invitato a farsi avanti.
Il Capitano aveva preso in simpatia il ragazzino ed aveva preso ad insegnargli i rudimenti della lotta, della scherma e del duello. Shaoran era un allievo capace e volenteroso ed aveva continuato ad essere il suo maestro negli anni a venire, fino al giorno in cui si era presentato davanti alla porta della sua casa con un’espressione mortalmente seria. Shaoran, abituato a vederlo sorridere affabilmente in ogni occasione, aveva compreso che non si trattava di una visita di piacere.
“Vieni con me Shaoran…” gli disse con un tono velatamente imperativo.
“Dove dobbiamo…?”
“Raccogli quanto ti serve per un viaggio e seguimi.”
Shaoran si era voltato verso suo padre, il quale a sua volta fissava il Capitano con un’espressione tanto addolorata quanto consapevole. Si era avvicinato al figlio e gli aveva appoggiato una mano sulla spalla, stringendola.
“Fa’ come dice…”
Shaoran aveva infilato in una sacca dei vestiti, alcuni utensili, delle provviste, ed aveva agganciato alla cintura la rudimentale spada che aveva imparato a maneggiare. Fece per uscire dalla soglia, ma Fujitaka lo raggiunse ancora una volta e lo abbracciò. Il ragazzo ricambiò il gesto disperato del padre senza fare domande e quando lui lo lasciò andare vide un’immensa tristezza nei suoi occhi e pensò che quell’immagine gli sarebbe rimasta incisa nella mente per sempre.
Seguì Seishiro-san fino alle stalle, presero dei cavalli e partirono.
Shaoran si guardò indietro e pensò a Sakura ed il pensiero di lei gli si conficcò nel cuore come una spina, senza che lui ne capisse il perché.
Cavalcarono per ore, sempre in silenzio, Seishiro in testa e Shaoran alle sue spalle, troppo in soggezione per fare domande. Infine giunsero alla strada maestra che conduceva ai confini del regno e laggiù si fermarono.
“Da qui in poi proseguirai da solo.” gli comunicò il Capitano.
Shaoran lo guardò senza capire ed aspettò che gli fosse spiegato meglio il significato di tutto quello che gli stava capitando.
Seishiro non per nulla contento del compito che gli era stato imposto, ma un ordine restava un ordine. Guardò con rammarico il ragazzo che era diventato col tempo suo allievo e ne ebbe un po’ compassione.
“Sei stato esiliato, Shaoran.”
“Cosa??? Ma… Perche…?”
“Il perché non conta. E’ un ordine del Re.”
Il ragazzo era esterrefatto. Tutto avrebbe potuto immaginare, tranne quello. Non aveva fatto nulla! Doveva trattarsi di un errore! Lui non poteva andarsene, doveva aiutare il padre nel suo lavoro, doveva incontrare Sakura e…
Sakura! Non poteva andarsene senza rivederla almeno un’ultima altra volta.
“Seishiro-san, con tutto il rispetto, non posso permetterle di mandarmi via!” e tirando le redini de cavallo, l’aveva fatto voltare per tornare indietro.
Prima che la cavalcatura potesse prendere velocità, Shaoran sentì un colpo terribile alla spalla e cadde dalla sella. Seishiro lo fissava con aria minacciosa, avvicinandosi.
“La prossima volta ti ucciderò, Shaoran. Non costringermi a farlo.” ed il ragazzo seppe all’istante che l’uomo avrebbe mantenuto quell’impegno senza ripensamenti.
“Ma…Io…non posso andarmene…” tentò disperato, senza la forza di alzarsi da terra.
“Mi dispiace.” ed il Capitano diceva sul serio, nonostante il cipiglio mortalmente serio che mostrava.
“…che posso fare per poter tornare?” domandò Shaoran.
“Per ora non c’è nulla che tu possa fare. Parti e vattene dal regno. Diventa forte ed un giorno, chissà… troverai la tua occasione per tornare, se è questo che vuole il Destino.”
Seishiro osservò il ragazzo per un lungo istante, poi spronò il cavallo in direzione del palazzo.
“Addio, Shaoran.”

Dopo giorni di viaggio attraverso regioni disabitate, montagne percosse da venti impietosi e foreste battute da feroci predatori, finalmente Shaoran aveva ritrovato un piccolo sprazzo di civiltà. Il villaggio che l’aveva accolto era solo un avamposto di confine, piccolo e povero, senza troppi edifici e con un esiguo numero di abitanti, ma anche in quel poco che offriva erano evidenti i segni di una cultura completamente diversa da quella a cui il ragazzo era abituato.
Era giunto in un altro regno.
La taverna nella quale aveva trovato rifugio era accogliente e l’oste estremamente gentile persino con lui che era un perfetto sconosciuto. Aveva pagato per avere una cena, ma alla fine la stanchezza e la nostalgia l’avevano portato a concludere la serata al bancone con un boccale (di dimensioni relativamente normali, ma a lui che non era abituato a bere sembrava enorme) pieno di una bevanda alcolica che non aveva mai visto prima, dal vivace colore giallo ed un aroma di limone. Ed ora che l’aveva finito, nonostante gli sembrasse le palpebre pesanti come macigni e la testa avesse da tempo cominciato a vorticare, sentiva il suo spirito vivo ed indomito come mai era stato.
“Non è giusto!” tuonò, dando un pugno al bancone.
“Ah… qualcuno qui ha avuto una giornata pesante…” commentò l’oste con un sorriso amichevole in direzione del nuovo arrivato evidentemente alticcio.
“Una giornata?” Shaoran si avvicinò con passo ciondolante all’uomo. “Una giornata??? Lei non ne ha idea! E’ più di un mese che vago come un selvaggio perché quel… quel… cavolo di Re mi ha mandato via senza nemmeno due paroline di spiegazione!”
“Caspita… un bel guaio davvero…” lo consolò l’oste dandogli una pacca di simpatia sulla spalla.
“Davvero…” sbuffò il ragazzo risprofondando nella depressione. “Non ho potuto nemmeno dire addio a Sakura…”
L’oste drizzò le orecchie.
“Sakura? E chi sarebbe questa ragazza?” domandò sospettoso. “…tua sorella?”
“No…” Shaoran si risollevò con la passione che gli ardeva negli occhi. “Sakura è l’amore della mia vita!”
L’aveva praticamente gridato, tanto che l’intera locanda ora lo fissava insieme all’oste. La cosa strana è che lo fissavano tutti molto male.
“GUARDIE!!!” strillò improvvisamente l’oste in preda al panico, stordendo la già molto provata testa del ragazzo.
Improvvisamente attorno a lui si fece un gran baccano ed una gran confusione, anche se lui era troppo rintronato dall’alcol per capire cosa stesse succedendo. Poi sentì delle mani afferrarlo con violenza e si ritrovò incatenato e trascinato via prima di avere il tempo di dire “Eh?!”.

“Silenzio in aula!” risuonò la voce decisa dell’uomo seduto sullo scranno.
Il fervente vociare della sala si spense all’istante, facendo piombare sul povero Shaoran, incatenato come il peggiore dei farabutti, un silenzio carico di tensione.
L’uomo che aveva zittito la piccola folla dei presenti indossava ampi abiti bianchi, aveva lunghi capelli argentei e dei profondi occhi violetti che erano intenti in quell’istante esatto ad osservare il ragazzo con aria di sufficienza.
“Io sono il Giudice Yue. Dimmi, ragazzo… sai perché sei stato condotto alla mia presenza?” gli disse con voce tagliente.
“Beh… veramente… no!”
Il giudice si accigliò.
“Non prendermi in giro, reati di tale dissolutezza non possono esser stati compiuti senza il preciso intento di ledere i sacri principi del Regno di Eagle!”
“Vi giuro, vostra eminenza, che non ne so nulla davvero!”
“Ragazzo! Stai giocando col fuoco! Ci sono molti testimoni pronti ad affermare sotto giuramento che hanno sentito distintamente la blasfemia che hai pronunciato nella taverna!”
“Ma non ho detto nulla di male! Ne sono sicuro!”
“Non mentire! Hai forse tu affermato di amare una certa ragazza di nome Sakura? Osi forse negarlo?”
Shaoran arrossì come un pomodoro e si ripromise di non andarci mai più così pesante con gli alcolici.
“Non lo nego, vostra grazia, ma non vedo come questo…”
“Non lo neghi nemmeno??? Cosa mi tocca sentire! Erano anni che non mi ritrovavo davanti un individuo di simile bassezza morale!”
“…eh?”
“Ragazzo, questa corte ti riconosce colpevole e ti condanna al carcere a vita nelle segrete della capitale! Guardie! Portatelo via!”
“…EH?”
Due soldati lo afferrarono per le braccia incatenate e lo sollevarono di peso, trascinandolo fuori dal tribunale.
“Certo che…” commentò uno con tono divertito, mentre caricavano Shaoran su carro e vi assicuravano le catene. “…erano anni che non succedevano più cose del genere… Gli etero sono stati dichiarati fuorilegge e banditi dal regno di Eagle più di trent’anni fa!”
“EHHH????”

La cella puzzava di paglia marcia, una pioggerellina continua di gocce d’umidità piombava giù dal basso soffitto di pietra e dopo una settimana là dentro Shaoran era convinto che non avrebbe resistito un giorno di più. Non tanto per le infime condizioni della prigione, quanto per la compagnia.
“Ah! Me misero! Un altro giorno lontano dalla mia miss! Ma il mio amore non si spegnerà certo per così poco!”
Shaoran avrebbe cominciato a sbattere la testa contro il muro se sono non fosse stato sicuro che la sua situazione non sarebbe affatto migliorata. Il ragazzo che era in cella con lui non faceva altro da mattina a sera, se non invocare la sua “miss”, piangendone la lontananza, ma professando l’incorruttibilità del suo immenso amore per lei.
“Senta, Sorata, capisco la sua situazione, mi creda che la capisco perfettamente… ma non pensa che il suo atteggiamento sia controproducente?” tentò per l’ennesima volta di zittirlo.
“Il mio ardente sentimento non si spegnerà per le ingiuste leggi di questo paese! Il mio amore non conosce ostacoli e non teme nulla! Continuerò a gridarlo al mondo senza alcun indugio!” rispose sempre più convinto Sorata.
“Temo però che se continua così, non rivedrà la sua miss molto presto…”
“Ahimè lo so! Ma non posso trattenermi! Mascherare tutta questa passione equivarrebbe ad un tradimento! E dato che mi è impossibile fuggire dal tunnel che ho scoperto sotto la cella, non mi resta che lamentare il mio dolore! Oh miss! Spero che il mio cuore ti raggiunga!”
Shaoran drizzò le orecchie ed afferrò di scatto la spalla del compagno di cella, costringendolo ad interrompere le sue lamentazioni.
“Ha detto che c’è un tunnel sotto la cella???”
“Beh sì… uno dei sassi del pavimento viene via e sotto c’è un passaggio… per me è troppo piccolo perciò me ne dimentico sempre…”
“E per me? Dice che io potrei farcela?”
Sorata parve pensare alla possibilità solo in quel momento, lo squadrò dall’alto in basso girandogli attorno.
“Beh… credo che si possa tentare!”
Il ragazzo controllò velocemente che non ci fossero guardie nei paraggi, poi si chinò a terra, infilò le dita nelle fessure tra le pietre del pavimento e ne sollevò una molto larga e piatta. Al di sotto di essa si poteva scorgere quello che pareva un canale di scolo delle fogne.
“Prego!” disse Sorata facendo spazio a Shaoran.
Il passaggio in effetti era molto stretto, ma trattenendo il fiato e grazie all’aiuto di Sorata che dall’altro lo spingeva, Shaoran riuscì a lasciarsi cadere nell’acquitrino melmoso che stava là sotto.
“Scappa in fretta Shaoran! Preso si accorgeranno che non ci sei e ti inseguiranno ovunque! E guardie della capitale si vantano che nessun prigioniero è mari fuggito da queste prigioni!”
“Sorata… io…” per un attimo Shaoran si sentì in colpa a lasciare l’altro in balia del suo destino, ma d'altronde non c’era nulla che lui potesse fare per aiutarlo.
“Non dimenticherò il suo gesto!” e dopo un piccolo inchino, prese a correre alla cieca nei condotti bui della fogna.

La guardia fece il suo titubante ingresso nel cortile. Riferire notizie a Sua Eminenza era un lavoro rischioso anche in condizioni normali, chi era latore di cattive nuove normalmente non veniva accolto con molta simpatia. Forse oggi Sua Eminenza era di buon umore…
“Perché osi disturbare la mia quotidiana passeggiata?” venne redarguito il soldato non appena il Sovrano si accorse della sua presenza.
“Ecco… ci sono notizie dalle prigioni…” iniziò la guardia sudando freddo.
“…sì?” lo invitò a proseguire Sua Eminenza con lo sguardo già stretto in due sottili fessure adirate. “…è… ecco… vedete, il fatto è che… un prigioniero… è… fuggito, Vostra Magnificenza…” il soldato deglutì.
“Cosa? COSA? Nessuno fugge dalla mia prigione! NESSUNO! Qualcuno porti via quest’uomo e lo metta alla gogna! Chiamate i cavalieri! Chiamate l’esercito! Inseguite il criminale!”
E mentre attorno a lui tutta la corte si mobilitava, chi per eseguire gli ordini, chi per allontanarsi il più possibile dall’iracondo Sovrano, Fei Wang Reed, Re e Gran Sacerdote di Eagle, ritrovò la sua compostezza pur non perdendo la sua rabbia. Si accarezzò le basette e la barba già pensando alla tremenda punizione che sarebbe toccata all’intrigante che aveva osato fuggire dalla sua prigione. “Nessuno fugge dalle segrete di Eagle… Nessuno.”
Nella calma serafica che quella certezza gli aveva donato, si permise infine di indulgere in quelle rassicuranti parole che rappresentavano la forza e la sicurezza su cui si basava il suo potere.
“Va tutto secondo i miei piani...”

Shaoran corse a perdifiato senza sapere esattamente dove andare, svoltando ora a destra ora a sinistra, sperando che prima o poi avrebbe ritrovato la luce. Sopra di lui vedeva passare molte uscite coperte da una graticola, ma sembravano ancora gli interni del palazzo della capitale, segno che era ben lontano dall’essere salvo.
Continuò a correre finché non gli mancò la terra sotto i piedi e cadde a faccia in giù nell’acqua profonda. La fogna finiva in un fiume sotterrane e Shaoran doveva esserci finito dentro.
“Se seguo la corrente…” si disse il fuggiasco. “…probabilmente uscirò da qualche parte…”
Shaoran pregò intensamente di non uscire proprio davanti ad un drappello di guardie armate poco amichevoli.
Seguire la corrente non era semplice, perché le acque erano molto tranquille, ma dopo un tempo che gli parve infinito, quando gambe e braccia cominciavano ad indolenzirsi e sentiva l’umidità penetrargli fino alle ossa, finalmente vide una luce.
Poco dopo il fiume sbucò fuori da un arco di pietra in piena campagna, non c’era anima viva là attorno per sua fortuna. Shaoran si trascinò fuori dall’acqua e si distese sull’erba a riprendere fiato. Era salvo.
All’improvviso dalle vicine torri della città giunse un ritmico suono di allarme e si udirono fin da laggiù le grida infuriate delle guardie.
Shaoran dimenticò immediatamente la stanchezza e saltò letteralmente in piedi.
Era salvo, ma per continuare ad esserlo doveva scappare.

Le campane della capitale suonavano l’allarme ed il loro scampanio si diffondeva come un’ondata di marea lungo le valli circostanti, fino sulle colline a nord. In cima ad una altura si era fermato in ascolto un cavaliere .
La brezza gli gonfiava il mantello scuro, nero come del resto erano neri i suoi abiti, l’armatura, il suo destriero ed i suoi capelli corti e ribelli. I suoi occhi cremisi fiammeggiavano in direzione del castello dal quale l’allarme giungeva ed un ghigno soddisfatto gli si dipinse sul viso. Alto sopra le colline, si udì il grido di un rapace ed una piccola saetta scese dal cielo in picchiata, per planare poi e posarsi sul braccio proteso del cavaliere. Era uno straordinario falco dal piumaggio bianco dorato, con due (sì, due!) scintillanti occhi celesti nei quali sembrava aleggiare un’innata tristezza.
“Ci siamo…” mormorò il cavaliere, carezzando con dolcezza la testa dell’animale prima di lasciarlo tornare in volo, dopodiché spronò il cavallo e partì alla volta della capitale.
Dopo due anni Kurogane tornava a Eagle.



…continua…





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