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Autore: miseichan    03/04/2013    9 recensioni
“Greg, non ci serve un mediatore.” intervenne John “Mi limiterò ad ucciderlo, una volta per tutte.”
“Credi sia il caso?”
“Oh, sì. Mi dispiace solo di aver aspettato così tanto.”
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Lestrade, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Pillole di Baker Street'
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Cluedo

 

 

 

“Greg?”

Un grugnito soffocato gli giunse all’orecchio, indistinto.

“Greg, ci sei?”

Nuovo grugnito. 

“Greg, scusa per l’ora, ma...”

Mosse la mano sul muro, il disperato desiderio di riuscire ad accendere la luce. 

“... c’è un problemino, di là. E davvero, davvero, servirebbe il tuo intervento.”

Aveva finalmente trovato l’interruttore quando, nel buio, sentì quel sospiro: infastidito, esasperato e, purtroppo, chiaramente femminile. 

“Greg,” chiamò ancora una volta, un tremolio nella voce “forse è meglio che non accenda la luce, non è vero?”

“Sarebbe meglio, sì.” borbottò Lestrade, lanciando un cuscino in direzione dell’inopportuno. 

“Greg, no Greg, senti...”

“Fuori! Fuori di qui, subito!”

“Greg, devi venire, davvero. Davvero. E’... urgente. Rischiamo grosso, stavolta.”

“Sono le tre del mattino! Non voglio saperne niente!”
“Neanch’io volevo saperne niente, Greg! Stavo studiando, sai? E’ urgente, però. Davvero.”
“Smettila di dire davvero!”

“Ma davvero è importante!”

Lestrade gemette, un rumore di lenzuola smosse in sottofondo. 

“Di nuovo loro?” chiese, massaggiandosi gli occhi. 

“Peggio del solito.”

“Stento a crederlo.”

“Anderson ha minacciato di andare a chiamare il rettore.”

Lestrade s’infilò un paio di boxer e inveì, uscendo dalla stanza e avviandosi a passo di marcia verso il dormitorio vicino. 

Le urla lo raggiunsero prima di quanto si sarebbe aspettato: non era un buon segno, non era affatto un buon segno. Quei due bastardi! Che andassero a farsi fottere. 

Girò l’angolo in fretta e furia e rischiò di scontrarsi con Anderson, fermo fuori la porta:
“Stanno esagerando.” borbottò quello, scuro in volto “Il rettore mi darà ragione se...”

Lestrade lo spinse di lato e lo superò per entrare nella stanza, la pazienza che diminuiva in maniera preoccupante. 

Anderson, al diavolo, che andasse a farsi fottere anche lui. 

A quanto pareva era l’unico a non poter prendere in considerazione quell’opzione. 

 

 

 

“Tu non sei umano!”

“John, mi vedo costretto a contraddirti: sono molto più umano di te. Io...”

“Chiudi quella dannata bocca, maledizione! Dovrebbero rinchiuderti, lo sai?”

Lestrade chiuse gli occhi, solo per un istante. 

Peggio. Molto peggio di quanto pensasse. 

“Perché sei tanto arrabbiato davvero non lo capisco.”

“Tu non lo capisci?”

“Ero convinto di farti un piacere, John. Se ci pensi bene, io...”

“Tu sei un fottutissimo stronzo, ecco cosa sei!”

Lestrade mosse un passo in avanti, avvicinandosi cautamente ai due: sporse le mani verso di loro e aspettò che il silenzio calasse nella stanza. 

“E tu che ci fai qui?” lo interpellò Sherlock, inarcando un sopracciglio scuro. 

“Greg, non ci serve un mediatore.” intervenne John, scrollando le spalle “Mi limiterò ad ucciderlo, una volta per tutte.”

Lestrade accennò un sorriso, gli occhi che preoccupati si fermavano sulla pistola che quest’ultimo stringeva in mano:

“Credi sia il caso?”

“Oh, sì. Mi dispiace solo di aver aspettato così tanto.”

“Tu non vuoi uccidermi, John. Cosa faresti, poi, senza di me?”

Prima che la risposta a quella domanda potesse riecheggiare nella stanza, Lestrade sbottò, stanco:

“Si può sapere cosa diavolo è successo?! Le vostre urla si possono sentire dal cortile, dannazione! Sono le tre di notte, ve ne rendete minimamente conto?! Domani c’è lezione! E voi... e voi ve ne state qui a gridarvi contro, a svegliare l’intero dormitorio e... e minacciano di andare a svegliare anche il rettore se non...”
“Anderson.” sputò Sherlock, le labbra che si piegavano in una smorfia “Mi sono sempre chiesto come quell’idiota abbia fatto ad arrivare qui: l’asilo sarebbe più appropriato alle sue...”

“Taci, Sherlock.” lo interruppe John, massaggiandosi gli occhi con le dita “Greg,” chiamò poi, piano “Scusa, davvero. Vuoi... vuoi qualcosa da mettere indosso? Senti freddo?”

Lestrade aprì la bocca per dire qualcosa, le parole che rifiutavano di venir fuori:

“Dammi... dammi la pistola, John.”

“Come?” fece quello, rigirandosi l’oggetto fra le mani “Oh, certo.” mormorò, continuando tuttavia a stringerla fra le dita.

“Cos’è successo, si può sapere?” chiese allora Lestrade, realizzando troppo tardi di aver commesso la più grande stupidaggine della serata. 

“Cos’è successo, chiedi.” fremette John “E’ successo che questo stronzo si è presentato alla mia cena con Molly!” 

“Non era una cosa programmata, John, per l’amor del cielo! E’ semplicemente capitato!”

“Quante volte ti ho ripetuto di non farlo capitare, eh?! Quante?!”

“Duecentosei.” scandì Sherlock “Con questa duecentosette.” 

“E allora perché diavolo sei venuto?!”

“Passavo di lì, ecco tutto.”

John reclinò il capo all’indietro, gli occhi chiusi, tremante di rabbia:

“Lo senti, Greg? Ascolti le sciocchezze che dice?”

“Non chiedere supporto al ragazzo in mutande, John, non ti fa onore.” intervenne Sherlock “E poi, davvero, credevo di farti un piacere.”

“Non devi immischiarti nella mia vita, porco cane!”

“Ero convinto ti interessasse sapere che la ragazza con cui cenavi aveva da poco fatto sesso.”

“No, Sherlock, non mi interessava. E poi... oh, signore, dovevi proprio parlare davanti a lei?”

“Era una sgualdrina. Fare sesso nel pomeriggio e poi venire a cena con te, su.”

John boccheggiò, sbattendo le palpebre cinque, sei volte. 

“Oltremodo disdicevole, permettimi.” aggiunse Sherlock, sollevando il colletto del cappotto nero.

“Con me.” fece poi John, annuendo senza convinzione “Era venuta a letto con me, Sherlock. Siamo stati a letto insieme e poi, insieme, siamo andati a cena. Lei e io. Noi.”

“Oh.”

“E poi arrivi tu e cominci a straparlare di sesso e di...”

“Ragazzi, per cortesia.” provò Lestrade, un brivido di timore che gli percorreva la schiena.

“... rapporti non soddisfacenti e...”

“Ragazzi, cercati di controllarvi, ve ne prego.”

“... il rapporto non soddisfacente di cui parlavi...” boccheggiò John “Non è stato... è stato più che soddisfacente, la miseriaccia! Cosa diavolo ne vuoi sapere tu?!”

“Era chiarissimo, John. La domanda è come facevi tu a non saperlo.”

“Ragazzi...”

“Lo uccido, Greg.”

“Bastava osservare il modo in cui giocava con i capelli per capire che...”

“Chiudi quella dannata bocca, Sherlock, o non rispondo più di me.”

Lestrade tremò, la consapevolezza di ciò che sarebbe inevitabilmente successo che si faceva strada in lui. Arretrò, ripromettendosi di non farsi mai più coinvolgere. 

Ne andava della sua salute mentale. 

“Sono semplice deduzioni, John.”

Aveva gli occhi chiuse Lestrade, quando lo sparò rimbombò. 

Al diavolo, doveva farsi altri amici.

 

 

 

“Non guardarmi così, Greg.”

“Gli hai sparato.”

“Lo avevo avvertito.” si strinse nelle spalle John, passeggiando nel giardino dell’ospedale.

“Gli hai sparato davvero.”

“L’ho preso solo di striscio.”

“Avresti potuto ucciderlo.”

“Se avessi voluto, sì. Ma come vedi, purtroppo aggiungerei, è ancora fra noi.”

“Gli hai sparato.”

John sospirò, la mano che andava a scompigliargli i capelli. 

“Gli hai sparato.” ripeté per l’ennesima volta Lestrade, lo sguardo vacuo.

“Devi ancora realizzare l’accaduto o mi stai velatamene pregando di completare l’opera?”

“Potrebbero... potrebbero arrestarti. Finirai in prigione. Non concluderai gli studi. Mi... mi lascerai solo con Sherlock, santo Cielo!”

John inarcò un sopracciglio, il capo che si inclinava di lato:

“E’ stato un incidente.” mormorò, un vago sorriso che gli piegava le labbra. 

“Come?”

“Lo ha detto anche Sherlock, no?”

“Come...? Quando?”

“Prima. Stava pulendo la pistola e per sbaglio è partito un colpo.”

“E le impronte?”

“Quali impronte?”

“Ma...”

“Non c’è scappato nessun morto, Greg, ti vuoi calmare?”

Lestrade chiuse la bocca, crollando a sedere sulla panchina più vicina. 

“Gli hai sparato.”

“Oh, mio Dio!” rise John, sedendosi al suo fianco “Riprenditi, su!”

“Non riesco a crederci, davvero. Non credevo... non credevo sareste mai arrivati a tanto.”

“Hai sentito cosa farneticava, non è vero? Mi ha fatto saltare i nervi, ecco tutto.”

“Non lo fa solo con te.”

John sorrise, piegandosi in avanti, i gomiti sulle ginocchia:

“Sa essere insopportabile.”

“Lo so. Ci sono anch’io quando il venerdì sera giocate a Cluedo.”

“Vero.” rise John “E il colpevole è il morto.”

“E’ solo un po’ particolare.” mormorò allora Lestrade, riferendosi a Sherlock “Originale, ecco.”

“E’ un bastardo, ecco cos’è.”

“Ti vuole bene, John.”

“Cosa?”

“Sei l’unico, lo sai vero?”

“Di che stai parlando?”

Lestrade sospirò, carezzandosi il mento con espressione assorta:

“Nessuno lo sopporta, è vero. E tu più di tutti hai il diritto di odiarlo, ma... lui ti vuole bene. Davvero. Forse non te ne accorgi, ma... insomma, solo con te vuole giocare a Cluedo, no?”

John sbatté le palpebre, incredulo:

“Solo con me vuole giocare a Cluedo?”

“Già.”

“E da questo tu deduci che mi vuole bene?”

Lestrade sospirò, congiungendo le mani:

“Insulta tutti, sì. Quando insulta te, però, è diverso. Come fai a non capirlo, John?” schioccò la lingua, frustrato “E’ diverso il modo in cui si comporta con te, in cui parla con te. E’ diverso il modo in cui ti guarda! Non...”

“Dove vuoi arrivare, Greg?”

“Non gli interessa nulla. Sherlock è sempre, costantemente annoiato. La noia è tutti ciò che conosce, okay? Eppure, guarda caso, mette sempre il naso nelle tue relazioni.”

“E quindi?”

“Ti sembra normale?”

Lui non è normale, Greg.”

Un sospiro esasperato sfuggì dalle labbra di Lestrade mentre le sue mai scuotevano di colpo le spalle di John:

“Gli interessi tu, pezzo d’idiota. Gli interessi solo tu.”

Il silenzio sconcertato dell’altro riuscì solo ad irritarlo maggiormente, fermo nelle sue convinzioni:

“Solo tu riesci a distrarlo dalla noia, John.”

“Sei... tu devi essere impazzito.”

“Io ho ragione.”

“No, invece! Tu hai dormito poco, ecco cos’è.”

“Non ho proprio dormito, se è per questo. Il punto, però, resta lo stesso.”

“Quale? Che... che Sherlock è innamorato di me?”

Lestrade si alzò in piedi, scuotendo la testa:

“Non parlo di amore, no. Non sono nemmeno convinto che Sherlock sappia cos’è, l’amore. Dico solo... dico solo che con te gioca a Cluedo.”

“Con me gioca a Cluedo.”

Solo con te gioca a Cluedo.”

 

 

 

“Come va la gamba?”

“Potrei già andare via, ma quell’idiota del dottore...”

“Quindi va bene.” lo interruppe John, sedendosi sul bordo del letto.

Sherlock nicchiò con il capo, guardandolo di sottecchi:

“Sei ancora arrabbiato?”

“Sì.”

“Vuoi spararmi di nuovo, John?”

“Non tentarmi.” sorrise quello, accomodandosi meglio. 

Si guardarono per un po’ in silenzio, poi John inclinò il capo e mormorò:

“Lo sapevi.”

“Cosa?”

“Che... che ci ero stato io a letto con Molly.”

“Non so di cosa parli.”

“Tu sai sempre tutto, Sherlock.” lo riprese John “E non fai altro che vantartene.”

Un rumore in corridoio li distrasse per un attimo, facendo voltare entrambi. 

Quando John tornò a guardarlo, per un attimo, solo un istante, si fermò a contemplare il profilo del pazzo furioso con cui divideva la camera. Il profilo di un folle. Il profilo di un genio.

Il profilo di un angelo.

Chiuse gli occhi e sospirò, chiedendosi se non fosse il caso di portarselo a letto.

Così, tanto per la soddisfazione di dargli torto. 

Così. 

Per farglielo capire, assaggiare, sapere, che lui era tutto tranne che insoddisfacente. 

“John” si sentì chiamare poi, mentre le immagini cominciavano a sparirgli dalla mente.

“Mmm?”

“Ti va di giocare a Cluedo, stasera?”

“Certo.”

 

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