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Autore: rosedodgson    03/04/2013    2 recensioni
...I due si guardarono in silenzio, le urla e il crepitare del fuoco in sottofondo.
“Voglio solo parlare…” iniziò lui calmo accennando un passo.
“Davvero?! Strano modo di parlare il tuo..” disse lei velenosa mentre dava un calcio al corpo inanimato ai suoi piedi....
Genere: Guerra, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sacro Romano Impero, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
- Questa storia fa parte della serie 'Illic es haud Sancti Peccatorii'
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Destructa


 

6 Maggio 1527, Roma

 
“Fatti avanti Stato Pontificio!”

Quello che, alle orecchie di Cristiana, sembrava una barzelletta patetica, era il gentile invito di un ragazzino vestito di nero e con i biondi capelli spettinati. Un ragazzino che brandiva una spada e la stava puntando verso di lei.

Per tutta risposta lo Stato Pontificio scoppiò in una sgraziata ed amara risata.

“Mi dispiace tanto ragazzino ma vedi, non combatto contro chi non mi arriva nemmeno alla vita…”

Sacro Romano Impero rimase di sasso nell’udire quella risposta. Che lui sapesse, la sorella maggiore di Italia era una persona gentile.

“Tu non sai chi hai di fronte! Io sono..”

“No lattante! Sei tu che probabilmente non mi riconosci! Forse la mia colpa è di essere cresciuta nel….” .

Un colpo. Le bastò un singolo colpo per sgozzare il soldato che la stava attaccando alle spalle. Stette a guardare il corpo che cadde ai suoi piedi. Dopo pochi secondi di spasmi, gli occhi si rivoltarono e l’uomo si abbandonò in una pozza di sangue.

“Cristiana!”

La voce, che alle orecchie di lei era sempre sembrata così calda ed amichevole, la fece sussultare. Non di spavento, ma di rabbia. Pura rabbia.

“Ah! Bravo Sacro eccetera eccetera…” lo schernì mentre alzava lo sguardo verso la voce “ hai chiamato qualcuno che ti aiuti…e per di più… uno sporco traditore!”

Alle spalle del ragazzino era comparso un uomo. Una figura nera che spiccava come una macchia d’ inchiostro, la cui pergamena non erano altro che le alte fiamme che stavano
divorando la sua città. Roma era in fiamme, profanata per l’ennesima volta. E i colpevoli di tutto ciò le stavano davanti a pochi metri dalla sua lama.

“Per favore, Impero”  disse la figura con tono deciso “vai dagli altri.. qui ci penso io..”

Il ragazzino abbassò lentamente la spada, diede un’occhiata di traverso alla pazza che le stava di fronte e se ne andò.

I due si guardarono in silenzio, le urla e il crepitare del fuoco in sottofondo.

“Voglio solo parlare…” iniziò lui calmo accennando un passo.

“Davvero?! Strano modo di parlare il tuo..” disse lei velenosa mentre dava un calcio al corpo inanimato ai suoi piedi.

“Crist…”

Gli era addosso. Riuscì a parare l’affondo con facilità, benché lei l’avesse preso alla sprovvista. Era veloce, lo sapeva bene ma, molte cose erano cambiate negli ultimi tempi. Con un solo colpo la mandò a terra, pregando, in parte, di non essere stato troppo brusco. La spada dello Stato Pontificio roteò qualche metro più in là mentre lei lo guardava dal basso con una smorfia, una smorfia orribile.

La osservò per un attimo. Indossava solo il busto dell’armatura sopra il lungo farsetto da uomo. Doveva essersi cambiata in fretta, appena aveva visto il primo incendio o qualcuno l’aveva informata del loro “arrivo”. Osservò i suoi occhi selvaggi color ambra, le macchie di sangue sul suo volto e sulla sua corazza… le ciocche scappate dalla crocchia. No. Non c’era motivo di affondare la lama nella ferita appena aperta.

“Torna a casa e chiuditi nei tuoi appartamenti… mi farò vivo io…”

“Non osare darmi degli ordini! Non te lo permetto!” ansimò Cristiana, ancora a terra. Poi, senza staccare gli occhi da quelli verdi di lui, indietreggiò, strisciando, per afferrare la spada.

L’altro rimase inespressivo.

“Torna a casa…” ripetè lui voltandosi.

Lei inspirò profondamente, scossa dai tremiti di dolore.

“NON DARMI LE SPALLE SPORCO MORO!”

Spagna rimase fulminato. Il sangue gli andò letteralmente alla testa e la presa sull’asta dell’alabarda si fece ferrea. Avrebbe potuto anche spaccarla in due. Mai, a lui, mai. Era una cosa che non poteva tollerare da nessuno, neppure da lei.

Si girò, il volto trasfigurato in quello di un animale affamato. E lei sorrise. Sorrise infelice di quella reazione. Erano due belve pronte ad uccidere l’altro. No, erano peggio. Non c’erano ne sentimenti ne ricordi. Solo odio.

“L’hai voluto tu.”

Lei era già in piedi mentre lui partiva all’attacco. Lei si chinò: avrebbe approfittato del suo annebbiamento mentale per colpirlo. Il suo roverso andò a segno ferendolo all’ascella destra.
Lui grugnendo per il dolore, fece roteare l’alabarda e la colpì alla schiena. Lo Stato Pontificio riuscì a mantenere l’equilibrio. Era riuscito a sfondare la corazza? Probabile. Il dolore era lancinante ma lei era troppo furiosa per rendersene conto.  Si erano cambiati di posizione e per la seconda volta Spagna prese l’iniziativa. Fendente, dall’alto. Voleva tagliarla in due? Sporco bastardo…

Parò il colpo ponendo la spada orizzontalmente ma quasi subito se ne pentì. Spagna era forte, dannatamente forte. Lui continuò a spingere sulla spada di lei. Si sarebbe spaccata? Spostò velocemente la mano sinistra sull’estremità corrispondente della spada. Lui sentì il cedimento momentaneo ma lei rispose con energia. Il sangue iniziò a colare lungo il polso sinistro. Poi vi furono una serie di colpi. Prima al viso, poi al fianco. Cadde in ginocchio sputando sangue. Prese con la mano ferita uno dei due coltellacci che teneva dietro la schiena e gli penetrò la coscia destra. Antonio rispose immediatamente con una ginocchiata sotto al mento che avrebbe spezzato il collo ad un comune essere umano. Cristiana cadde all’indietro ed Antonio iniziò ad infierire con l’asta e la cuspide. Nessuna parte del corpo venne risparmiata.

Poi tutto si fermò. Antonio rimase, per la seconda volta, a guardare quel corpo coperto di sangue. Ansimava e si teneva la gamba ferita. Cristiana, d’altro canto se ne stava lì immobile, in una pozza di sangue con gli occhi chiusi e la bocca socchiusa.

Antonio si avvicinò. L’aveva davvero uccisa? Si chinò e le tocco il collo. Non sentì nulla.


Oh Dios, che aveva fatto?!

La chiamò, la scrollò, le toccò il viso.

L’aveva uccisa. Il panico iniziò a scorrere dentro di lui, affogando ogni traccia di ira e trascinandolo in un oceano di disperazione.  Lo Stato Pontificio era morto, distrutto. Come voleva il
suo sovrano.

“Ti odio…” una voce flebile e quasi incomprensibile uscì dalle labbra insanguinate di lei.

“Cristiana!”

Era viva. Antonio sentì il suo cuore ritornare a battere, mentre lei schiudeva l’unico occhio buono. Il sinistro era gonfio ed ematoso. Le dita di Spagna si avvicinarono al suo viso per
togliere le ciocche che lo attraversavano trasversalmente, ma lei si voltò dalla parte opposta.

“Non toccarmi…”

Antonio sospirò profondamente. Le ferite inflitte da lei continuavano a sanguinare ma ben presto si sarebbero rimarginate. Spagna lo sapeva, avvertiva ogni giorno di diventare più forte e resistente a guerre e a scontri singoli. Ma lei… sapeva di averle inflitto una ferita ben peggiore di quelle corporali. Ma non poteva fare altro. Le parole del suo sovrano erano sacre, per lui. Ribellarsi era quasi impossibile e la nazione ne avrebbe pagato direttamente il prezzo.

“Cristiana…” iniziò prendendo coraggio.

“Taci taci taci… vattene, torna da quei bastardi e lasciami stare…”

“No, devi ascoltarmi!”

Antonio sapeva cosa stavano facendo i “suoi ” uomini e quelli di Sacro Romano Impero. Ma doveva avvisarla. Non aveva molto tempo.

“Perché?”

La voce di Cristiana era flebile ed incolore. Guardava, immobile ed abbandonata a terra, il muro di una delle case che affiancavano lo stretto vicolo dove avevano appena combattuto.

“Perché l’hai fatto? Perché proprio qui?”

Spagna si chinò ancora di più. Decise di evitare stupidi giri di parole e di arrivare al punto.

“Tu sai cosa voglio Cristiana…” affermò con schiettezza e sincerità.

“Voglio l’Italia, l’ho sempre voluta e la voglio tutta…”

“Sei un bastardo Antonio”

“Ascoltami…” continuò lui imperterrito facendo finta di non aver sentito “… possiamo ricreare l’Impero del nonno, io, te, i tuoi fratelli, Sacro Romano Impero… possiamo ingrandirci e dominare l’Europa…”

“Smettila…”

“Possiamo davvero farlo… uniremo i nostri eserciti ma ognuno manterrà l’autonomia su esportazioni , importazioni,  tradizioni, cultura… non faremo gli stessi errori dell’Impero Romano, Cristiana… ”

“Ma chi credi di prendere in giro?!”

Con una smorfia, lo Stato Pontificio cercò di alzarsi. Spagna rimase vicino a lei, senza toccarla. Sapeva che lo avrebbe respinto.
Trattenendo urla e gemiti di dolore, riuscì a strisciare vicino al muro e a tirarsi su. Le gambe tremavano violentemente e continuava a sputare sangue.

Doveva tornare dai suoi, ma voleva anche vedere come stava Roma. L’aveva lasciata guaiante in un angolo, le orecchie abbassate, scossa dai tremiti.

Anche Spagna si era alzato e l’aveva raggiunta. Era in trappola, tra il muro ed Antonio. Continuò ad evitare il suo sguardo. Non voleva guardare in faccia quel traditore.

“E non è tutto…” le sussurrò “… el nuevo mundo…”

Antonio credeva fortemente nelle sue parole, accennò un sorriso che lei non vide.

“Ci sono stato, è ricco, è fertile, è nuovo… sai cosa può rappresentare per noi due?”

“L’influenza di quel ragazzino ti sta dando alla testa…” ansimò lei. Ma Spagna non la sentì. Era troppo preso dal suo discorso.

“Verresti con me? Verresti a vedere il nuovo mondo con me? Sto costruendo una flotta potente, la più potente di tutte… verrai? ”

Il tono di lui era uno schiaffo al cuore. Come poteva mostrarsi così entusiasta in quel momento?!

“Come puoi chiedermi una cosa del genere? Ora! Antonio, tu stai distruggendo la mia città, il mio fulcro vitale!” Tossì nuovamente sangue, maledicendo le costole rotte e il fegato spappolato. “Come puoi solamente pensare che io possa seguire la tua pazzia? Io ho delle responsabilità qui…”

Antonio stette in silenzio per un attimo. Possibile fosse così cocciuta? O forse non voleva guadare in faccia la realtà?

“Non puoi averli per sempre. Prima o poi, o io, o Francia o qualcun altro, riuscirà a annetterli..tu non sei abbastanza forte per poterli mantenere sotto il tuo controllo… sai che è la verità…”

Lei rimase immobile, lo sguardo perso nel vuoto, la mano sulla bocca.

“Cristiana..”

Le si avvicinò ancora di più. Lei non si mosse. Esitò e poi disse.

“Valeria…”

Finalmente lo guardò. Con un occhio solo, ma lo guardò.

“Fidati di me, io.. io non ti farei mai del male..”

Sebbene quelle ferite e quelle ossa rotte dicessero il contrario, quelle iridi verdi, così intense da fare male al solo sguardo, le parevano sincere. Cosa doveva fare?

“Fidati di me..”

La voce di Antonio era ridotta a un sussurro. Sembrava che non stesse minimamente soffrendo per le profonde ferite che era riuscita ad infliggergli. Ed era maledettamente vicino. Così vicino da farla stare meglio. Perché era così. Purtroppo.

Nonostante fosse quasi morta per colpa sua, nonostante lo odiasse in quel momento con ogni cellula del suo corpo, sia come persona che come Stato, nonostante si fossero feriti a
morte come bestie, la sua vicinanza, la sua voce calda la faceva stare bene, le faceva quasi dimenticare chi era, dov’era….

Lui sussurrò ancora quel nome mentre appoggiava l’avambraccio sinistro sul muro.  Sarebbe bastato un attimo per caderci. Un attimo per dimenticare tutto e sigillare le sue parole, le sue promesse appoggiando le labbra su quelle sanguinanti di lei.

Aveva già gli occhi semichiusi, offuscati dal desiderio, quando lei voltò il viso dall’altra parte con una smorfia. Dolore? Disgusto? Entrambi, forse.

“I- Io…. non avrò pietà  per i vostri uomini… sappilo Spagna…”

“Valeria..”

“.. e smettila di chiamarmi così, Valeria è morta tanto tempo fa, lo sai bene…” aggiunse con tono amaro.

Poi, senza dire altro, zoppicò lontano da lui, si piegò, riprese la spada abbandonata sul terreno e gli voltò la schiena. Lui rimase a guardarla, senza fiatare, immobile,  l’avambraccio sinistro ancora  appoggiato al muro.  

“Non cercarmi Spagna, per alcun motivo…”

E se ne andò, visibilmente ferita, grondante di sangue. Sarebbe stata una facile preda per chiunque.

“Aspetta! Cristiana! ”

Ma lei non si voltò. Girò l’angolo e sparì.

Antonio si abbandonò sul muro. Doveva tornare anche lui dai suoi ma, per qualche strano motivo non voleva continuare la marcia. Roma era in fiamme, dilaniata. In quel momento centinaia di uomini stavano morendo, le donne venivano stuprate, i bambini rimanevano orfani e senza casa.

Lo sguardo si posò sulla pozza di sangue dove Cristiana, poco prima, giaceva. Si avvicinò e si piegò per raccogliere un po’ di quel liquido rosso sulle dita. Non vi era una ragione, puro istinto. Se lo portò vicino alle labbra.

“I soy un cabrón..” mormorò, prima di riprendere l’alabarda insanguinata e ritornare dai suoi uomini.

 

 
Ilsacco di Roma avvenne nel 1527 ad opera delle truppe dei lanzichenetti al soldo dell'Imperatore Carlo V d’Asburgo. re diSpagna e del Sacro Romano Impero. Il saccheggio durò addirittura un anno, con la perdita e distruzione di monumenti, reliquie (il Velo della Veronica con il presunto volto di Gesù) e più di 45.000 morti solo tra i civili. Fu uno dei numerosi “sacchi” alla città eterna, ma a parer mio uno dei peggiori. I “tedeschi” (ma tra loro c’erano tantissimi spagnoli) lasciarono Roma solo dopo aver  saccheggiato il saccheggiabile ed essere decimati dalla peste.
 
Se siete interessati al personaggio seguite la serie "Illic es haud Sancti Peccatorii" (basta cliccare in alto.....shhhhh...)
 

_Angolo dell’Autrice_
Cielo! Chiedo scusa per il ritardo.
Non l'ho riletto quindi se ci sono degli orrori errori non uccidetemi!
Questo capitolo è più sanguinolento ma spero vi piaccia come i precedenti…
Questo lo dici tu…
Buona Pasqua (in ritardo -.-“)
Alla prossima con un capitolo…. un po’ diverso (forse…) 

  
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