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Autore: Rowena    04/04/2013    7 recensioni
... e la strega che scacciò la Banshee di Bandon aveva il labbro leporino. Voglio dire, andiamo...
Storia di un'avventura dimenticata per mano di un mago vanesio e troppo desideroso di fare fortuna.
[Questa storia partecipa al contest "Paddy’s Day – Festeggiamo San Patrizio!" indetto da Ferao sul forum di EFP].
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Gilderoy Allock
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Personaggi senza nome e affini'
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Castle Bernard: pur avendo vissuto sette anni in un maniero ben più maestoso – più vivo, soprattutto – Hatty non era preparata a quella vista. Della splendida villa settecentesca rimanevano ormai soltanto le mura, segno della devastazione causata dall'incendio. Chissà che meraviglie dovevano essere andate in fumo: quadri, tappeti pregiati, mobilia intarsiata d'oro... tutto distrutto. In alcuni punti, le pareti erano ancora annerite, a testimoniare cos'era accaduto sessant'anni prima.
Anche in quella rovina, la struttura del castello, a volerlo chiamare così, le parve incredibile: superata la facciata severa, composta da linee dritte – ad eccezione delle finestre bifore che sormontavano le varie porte – si trovò di fronte ad ambienti dalle forme tonde e circolari, più morbide di quanto dall'esterno si lasciasse intendere. Dove lo strato d'intonaco era caduto si potevano vedere le varie tecniche di muratura, le losanghe di riempimento, e perfino i mattoni e la calce. Lo scheletro di Castle Bernard si erigeva in quella mattina nebbiosa con la dignità di un mostro marino ferito, ma non per questo sconfitto.
Estasiata, Hatty si dimenticò per un attimo della sua missione e si permise di vagare tra i vari ambienti, facendo attenzione a non infilarsi nell'erba troppo alta. La tradizione Babbana raccontava che San Patrizio aveva scacciato tutti i serpenti dall'isola di smeraldo ai tempi della sua evangelizzazione, ma era meglio non rischiare troppo la sorte. Arrivare così vicina a una Banshee e poi essere sconfitta dal morso di una vipera sarebbe stato davvero ridicolo, a suo parere.
Nel salone più ampio della villa, la strega alzò il naso verso il soffitto scoperchiato, guardando con mestizia il cielo: aveva scelto di muoversi all'alba per evitare di essere vista – anche se dubitava che fossero in molti in giro a quell'ora, vista la bisboccia del giorno prima – ma anche nella speranza che il sole le venisse in aiuto per contenere il potere nefasto dello spirito che andava ad affrontare. Invano, il cielo irlandese si prendeva gioco di lei: al posto del bel tempo preventivato il giorno prima, una fitta coltre plumbea si assicurava che neanche un raggio di luce primaverile raggiungesse le rovine di Castle Bernard.
Non aveva alleati, si ripeté Hatty ancora una volta, solo se stessa. Almeno quel clima fosco l'aveva aiutata a raggiungere il rudere senza essere scorta: aveva seguito la strada che portava il nome della tenuta finché non aveva superato le case abitate, quindi aveva tagliato per i campi. Già, almeno era servito a qualcosa, anche se avrebbe preferito lo stesso una bella giornata di sole.
Meglio continuare il giro.
Era pazzesco, la natura era ricresciuta in maniera quasi implacabile, agli occhi della strega, e si stava rapidamente riappropriando di quella porzione di terreno che doveva essere stato disboscato per far spazio alla grande dimora della famiglia Bernard. Alberi sottili erano riusciti ad attecchire su ciò che restava del primo piano, e le loro radici scendevano seguendo le pareti fino a terra, a cercare il prezioso nutrimento. Hatty era incredula e ammirata per la tenacia di quelle giovani querce che avevano trovato suolo fertile nella devastazione dell'incendio e che in quel momento prosperavano quali signore incontrastate del luogo... Beh, tolta la Banshee.
Gli esseri umani, ad ogni modo, non erano riusciti a tornare a Castle Bernard; probabilmente non ci avevano neanche provato. Richiamò la storia che ormai sapeva a memoria, per tenere la mente occupata mentre camminava: il Lord era stato tenuto prigioniero per circa sei settimane e, anche se non era stato particolarmente maltrattato, non si era mai ripreso dal sequestro, morendo un paio d'anni dopo. Il titolo e il possedimento erano passati a un cugino, Lord Percy, ma questo ai tempi era un giovanotto e stava entrando nell'accademia della RAF, non si era di certo preoccupato di rimettere in lustro la magione di famiglia, tanto più che un eventuale cantiere sarebbe stato un obiettivo fin troppo ghiotto per l'IRA. E in seguito, ormai la rovina era progredita troppo in profondità per poterci mettere mano.
Peccato. Chissà cosa doveva aver pensato Lady Georgiana, quella donna così forte da mettersi a cantare l'inno tanto odiato dai guerriglieri in spregio alla morte, nel vedere la sua bella casa ridotta così. Hatty non si riteneva un tipo troppo suggestionabile, eppure sentiva che gli spiriti di tutte quelle persone coinvolte nell'incendio erano ancora lì, in qualche modo. Aveva ragione, quello era il posto perfetto per la genesi di una Banshee... Sì, ma dove si stava nascondendo?
Temendo un attacco a sorpresa, la ragazza si fermò per recuperare il suo paraorecchie rosso sgargiante dalla borsa e se lo calcò con attenzione sul capo. Ora era totalmente isolata da qualunque tipo di suono.
Non fece in tempo a complimentarsi con se stessa, che un movimento improvviso la spaventò al punto da farle estrarre la bacchetta e assumere la posizione di difesa. Solo in un secondo momento, quando si concesse di ragionare, riconobbe la sagoma di Augurey che si nascondeva tra le fronde di un albero sopra di lei. L'uccello aveva un aspetto malsano anche per ricordare un avvoltoio, e il suo piumaggio scuro mandava riflessi verdastri innaturali, visto che in cielo non si vedeva neanche una bava di sole. Per un istante, Hatty sentì un brivido lungo la schiena, temendo che fosse un presagio di morte, ma poi si ricordò che quella era solo una credenza popolare.
«Stai calma», si disse ad alta voce senza sentirsi, «vuol dire soltanto che sta per piovere. O che ha trovato qualche nido di Pixie con cui fare colazione. Stai calma».
Eppure l'Augurey continuava a fissarla con quegli angosciosi occhi vitrei senza pupilla... Che il professor Pokeby fosse stato solo fortunato?
Prima che la strega potesse crogiolarsi ancora in quelle domande sciocche, però, una folata di vento particolarmente intensa le strappò la sciarpa dal volto, obbligandola a rincorrerla prima che volasse oltre le mura del castello. La natura decisamente non sembrava con lei quel giorno.
«Ora basta», esclamò scocciata, legandosi la sciarpa in vita. Non poteva permettere a una simile sciocchezza di crearle simili problemi, né farsi problemi sul suo aspetto in quel frangente: tutte le descrizioni di Banshee che aveva visionato riportavano che gli spiriti erano scheletrici, verdognoli e con le orbite cave, per cui quella di Bandon non si sarebbe di certo scandalizzata nel vederla a volto scoperto.
Ancora irritata per il contrattempo e carica di un'energia rabbiosa, Hatty ripercorse tutto il perimetro del castello sia dall'interno che all'esterno, senza trovare nulla. Eppure, pensava di aver capito ormai dove doveva essersi annidata la Banshee. Aveva visto un cancello, ormai un vero e proprio ammasso di ruggine, in una delle sale interne, ed era certa di dove portasse: la cantina in cui i Bernard e i loro domestici si erano rifugiati per salvarsi dai guerriglieri dell'IRA.
Non aveva idea di come fossero gli ambienti sotterranei, non aveva trovato alcuna planimetria a riguardo... Poteva anche sbagliarsi, in fondo i due ragazzi morti erano stati ritrovati nel salone attiguo all'ingresso, eppure qualcosa la chiamava da là sotto, una sensazione sempre più sgradevole di secondo in secondo.
Non era il freddo senza speranza che generavano i Dissennatori, né la fitta di paura che scatenava un Molliccio quando assumeva la forma più temuta da un mago... Era qualcosa di diverso.
«Alohomora», mormorò la donna davanti al cancello arrugginito, pronta a scendere nella cantina.
La scala si era conservata meglio di altre parti, ma Hatty immaginò che fosse l'influenza della Banshee: tolta la facciata, che probabilmente veniva curata per motivi turistici, quei gradini erano la sola parte della magione a non essere stata intaccata dalle erbacce. E man mano che scendeva, quella sensazione di rinascita che le avevano fatto provare le piante svaniva: là sotto la pietra era fredda e liscia, umida in qualche punto per le infiltrazioni d'acqua. Solo in quei punti un soffice muschio aveva osato sfidare lo spirito, ma si limitava ad aree molto piccole.
La strega cercò di sfruttare fino all'ultimo la luce naturale che proveniva dall'alto, temendo che illuminando il sotterraneo con la magia la Banshee si sarebbe lanciata all'attacco. Arrivata agli ultimi gradini, però, l'oscurità si era fatta così fitta che temette di cadere e farsi male: e se si fosse rotta una gamba, chi l'avrebbe trovata in quello scantinato? Proprio nessuno.
Si avvicinò la bacchetta alle labbra e sussurrò: «Lumos».
Quello che le apparve era un ambiente sobrio, una lunga stanza con volta a botte.
«Qui dovevano esserci gli scaffali dei vini, chissà che annate pregiate conservava il Lord... Tutto andato perduto», disse con rammarico avanzando lentamente.
Si guardava intorno con ansia, chiedendosi cosa aspettarsi, eppure non sembrava esserci cenno di magia. Era arrivata in fondo alla cantina ed era ancora a mani vuote. A questo punto anche solo un topo le sarebbe andato bene...
E poi eccola, come se il suo scetticismo l'avesse evocata dal nulla: una donna scheletrica dal volto verdognolo, con la pelle tirata sulle ossa, senza occhi e con mani adunche. Era ammantata in mille veli neri, e una lunga chioma scarmigliata dello stesso colore le scendeva lungo la schiena.
Hatty premette immediatamente le mani sulle cuffie del paraorecchie, intuendo che la prima reazione dello spirito sarebbe stata gridare per ucciderla all'istante.
Vide la Banshee aprire la bocca e, senza prendere fiato, cominciare a urlare, ma il suo espediente si rivelò efficace più che mai. Non udì neanche un frammento di quell'urlo, neanche il rimbombo dato dalla volta della cantina.
Furibondo, lo spirito cercò di avventarsi sulla strega per strapparle via la protezione, ma Hatty se la cavò con un Incantesimo Scudo che probabilmente in realtà non avrebbe avuto alcun effetto, ma che bastò a far arretrare la Banshee, che prese tempo e cominciò a girarle intorno.
«Guardami», gridò a quel punto la giovane donna, illuminandosi il volto con la propria bacchetta. «Guardami!»
E in quell'urlo c'era lo stesso dolore della Banshee, la stessa sofferenza che l'aveva generata. Anni di prese in giro, di mortificazioni, amori appassiti senza neanche aver tentato di dichiararsi, certa di ottenere solo rifiuti, colloqui di lavoro umilianti...
Guarda la lepre marzolina, che saltella nei prati chiedendo solo un po' d'affetto e viene respinta come una bestia rognosa.
C'era tutto questo nello sguardo della strega e lo spirito lo colse, così provò di nuovo ad avvicinarsi a Hatty, ma questa volta con intenti diversi: le si parò davanti a braccia aperte, e la donna comprese che se non avesse approfittato di quel momento sarebbe stata inglobata in quell'entità di dolore. Non poteva permetterlo, lei che aveva vissuto sì tutta quella pena, ma che sapeva che la sua esistenza non si limitava a questo.
Non era una Banshee, né si era mai lasciata inghiottire dalla sofferenza che le era stata inflitta.
Con naturalezza, sollevò di nuovo la bacchetta verso la Banshee e pronunciò l'incantesimo su cui aveva ragionato per settimane. Non era una creatrice di formule, eppure fin dal primo momento in cui l'aveva pensata...
«Soloisco» pronunciò con tono sereno, concentrandosi su quei momenti che avevano reso più leggera la sua difficile vita. L'amore della sua famiglia, le soddisfazioni accademiche, la sensazione di essere trattata alla pari dai pochi amici sinceri che si era fatta a Hogwarts, perfino il volto rugoso di Henry Belcher, che con calore e insistenza le offriva una birra al Leprecauno ubriaco... Tutto il conforto che aveva ricevuto nei suoi venticinque anni di esistenza.
E a ogni immagine che si formava nella sua mente, il raggio ambrato che fuoriusciva dalla punta della sua bacchetta s'intensificava sempre di più, più luminoso e potente di ogni altro incantesimo avesse mai lanciato, mentre la Banshee sembrava spogliarsi di un velo, diventare più leggera, più rosea.
Si era aspettata che lo spirito facesse resistenza, eppure sembrava abbracciare quell'incantesimo consolatorio a braccia aperte, come se non aspettasse altro... E allora Hatty comprese che il grido della Banshee, letale per l'uomo, era solo una disperata richiesta di aiuto e di pace, così straziante da non poter essere ascoltata.
Si sentì gli occhi pieni di lacrime e li chiuse un attimo per pulirli con la mano, e quando tornò a guardare lo spirito, non era rimasta che una bolla di energia luminosa. Commossa, Hatty allungò una mano e fu investita da ricordi che non le appartenevano: Lord James che consolava il nipotino dopo una brutta caduta in giardino e gli sussurrava che un giorno avrebbe pilotato un aereo tutto suo, una cameriera che si sfilava una giacca dozzinale e la metteva sulle spalle della sua padrona in camicia da notte, davanti al castello in fiamme, l'abbraccio muto dei coniugi Bernard al ritorno di lui... Tutti frammenti che la sofferenza della famiglia aveva offuscato nel corso degli anni.
Hatty si asciugò di nuovo gli occhi e respirò a fondo l'aria umida del sotterraneo: la sensazione opprimente di poco prima era passata del tutto, per lasciarle un gran senso di pace. Si guardò l'orologio che aveva al polso e rimase stupefatta nel vedere che era nella cantina da almeno un paio d'ore, mentre a lei erano parsi solo pochi minuti.
La purificazione della Banshee aveva richiesto molto più tempo di quello che lei aveva percepito...
Doveva svignarsela alla svelta da Castle Bernard prima di essere denunciata per violazione di domicilio!
Risalì la scala per scoprire che, mentre lei era là sotto, fuori era iniziato un temporale coi fiocchi: pioveva a dirotto, e in lontananza si sentivano rimbombare i tuoni.
L'Augurey che le aveva messo paura al suo arrivo al rudere volava tra le fronde degli alberi con una inquietante contentezza, ma Hatty non vi badò: lasciò che la pioggia la inzuppasse, realizzando lentamente quanto aveva fatto.
Era viva, innanzitutto, e già quello non era un risultato da ignorare. Ed era riuscita a far svanire la Banshee, esattamente come aveva immaginato!
In preda a una risata convulsa, ma inequivocabilmente di gioia, la strega si sfilò il paraorecchie dal capo e si tirò indietro i capelli ormai fradici, sollevando il viso per assaporare ogni goccia di quella pioggia.
Ce l'aveva fatta!
Ancora ridendo, si lanciò nei campi che aveva già percorso all'andata saltellando e senza badare al terreno molle. Anche fosse caduta nel fango, in quel momento non le sarebbe davvero importato.
Avrebbe cambiato la sua vita, avrebbe cambiato tutto.
Arrivò correndo in paese, con l'intenzione di saldare subito il conto al pub e trovare un posto tranquillo per scrivere la sua esperienza, anche se forse era ancora troppo euforica per trascrivere una storia sensata...
«Ehi, dove corri? Sembri proprio una lepre di marzo» le gridò dietro un uomo anziano avvolto in una cerata di plastica verde militare.
Solo allora Hatty si rese conto di essere ancora a viso scoperto e cercò di sciogliere il nodo che le teneva la sciarpa in vita, ma la maglia bagnata era impossibile da manovrare.
«Non ti angustiare a coprirti, Hatty, credi che in ottant'anni non abbia mai visto di peggio?»
Henry. Era così ansiosa di nascondersi il viso che non l'aveva neanche riconosciuto.
«Mi dispiace, io...»
«Ti ho detto che non fa nulla. E poi di che ti scusi? Non credo che sia un risultato voluto».
«La gente spesso non capisce e si offende», biascicò Hatty scostandosi una ciocca di capelli abbastanza voluminosa dagli occhi.
Il Babbano alzò le spalle: «Oh beh, la gente è stupida e non vuole vedere ciò che non sa spiegarsi, ma tu non dargli soddisfazioni».
«Oh no, dopo oggi non credo lo farò mai più» rispose lei annuendo vigorosamente.
«Hai trovato quello che cercavi, allora».
La ragazza si guardò per un attimo i piedi: «Sembra banale se dico che ho trovato molto di più?»
«In genere sì, ma dall'euforia sulla tua faccia direi che oggi si può fare un'eccezione», disse bonariamente Henry. «Allora scriverai un bell'articolo... Mi raccomando, parla bene di Bandon: è una bella cittadina, anche se come hai visto è abitata da gente un po' strana».
«Non si preoccupi, lo farò!», gli gridò dietro Hatty, ricominciando subito a correre con la sciarpa rossa che, benché fosse zuppa di pioggia, ondeggiava dietro di lei.

***

«E dunque questa è la mia storia, signor...»
«Lockhart», scandì il mago che le sedeva di fronte sfoggiando un gran sorriso che la mise ancora più a disagio.
Hatty si strinse nella sua sciarpa, che per una volta aveva arrotolato intorno al collo per spiegare ogni dettaglio del suo racconto. Non le piaceva quel giovane editor, né che le avesse dato appuntamento fuori dagli uffici della Obscurus Books, la stessa casa editrice che aveva pubblicato la prima edizione di Fantastic Beasts, il libro che aveva consacrato Newt Scamander. Tutto il colloquio aveva qualcosa di losco, a suo parere: perché vedersi in quello squallido pub magico di provincia, perché così tante domande su ogni dettaglio della sua impresa... Non aveva forse letto il manoscritto? Lì c'era tutto, ogni tratto della storia che meritava di essere raccontato.
Era delusa, e non si curava neanche troppo di nasconderlo: visti i toni entusiastici della lettera di risposta che aveva ricevuto dall'editore, si era aspettata tutt'altro tipo di incontro. Aveva impiegato sei mesi per rendere giustizia alla storia della famiglia Bernard, alla testimonianza di Henry e di altri anziani che aveva scovato nelle vicinanze di Bandon che avevano conosciuto il periodo della guerra d'indipendenza, per non parlare di quanto fosse stato difficile rendere a parole l'esperienza che aveva avuto nel sotterraneo del castello. E ora quel mago da strapazzo, con un caschetto biondo a dir poco inquietante e troppi denti bianchi, dritti e splendenti per essere davvero un inglese le poneva questioni banali e senza senso. Erano lì da più di due ore e si era neanche accennato ai dettagli della pubblicazione...
«E mi conferma che la copia che ha mandato alla Obscurus Books e quella che stringe al momento tra le mani sono le uniche due esistenti, è esatto?», domandò il mago senza perdere quel sorriso entusiasta neanche per un istante. Come potesse parlare ed esibire tanti denti allo stesso tempo, per Hatty era un mistero.
«Sì, è proprio così, ma non capisco perché le serva saperlo».
«Vede, la sua storia ci interessa molto, anzi, mi interessa molto», spiegò Lockhart senza fare una piega. «C'è il potenziale per un grande libro, ma ci sono un sacco di elementi da rivedere... A cominciare dalla protagonista».
«Che vuol dire? Io ho scacciato la Banshee, non vedo perché...»
Ma il mago aveva già estratto la bacchetta dal suo gilet color lavanda per eseguire l'unico incantesimo che davvero gli fosse mai riuscito al primo colpo: «Oblivion!»
Hatty rimase come imbambolata e il suo volto fu avvolto dalla nebbia lattiginosa che venne prodotta dall'incantesimo: lentamente, quella nube andò a cancellare ogni ricordo dell'ultimo anno. Uno dopo l'altro svanivano come neve al sole, lasciando nella testa della strega un immenso vuoto.
«Vuol dire, cara signorina March, che la sua storia venderà molte più copie con la mia faccia in copertina. Senza offesa, ma con quella storpiatura nessuno starebbe ad ascoltarla nemmeno se venisse pagato», commentò l'uomo con cinismo mentre l'Obliviazione svolgeva il suo inesorabile compito.
Tenendo sempre ben sollevata la bacchetta in direzione della strega, Gilderoy Lockhart prese a guardarsi le unghie della mano libera e si strappò via con i denti una fastidiosa pellicina che andava a rovinare la sua perfetta manicure. Bastarono pochi minuti per assicurarsi di aver fatto un buon lavoro, e prima che la donna fosse tornata pienamente padrona di sé afferrò la seconda copia del manoscritto e andò a pagare il conto al barista, aggiungendo un piccolo extra.
«La signorina non si sente bene, sembra essere vittima di qualche fattura...» disse sempre con il suo sorriso ammiccante. «Potrebbe chiamare il San Mungo? Io sfortunatamente ho un impegno di lavoro a cui non posso proprio mancare».
«Certamente, signore, me ne occuperò io», annuì il corpulento mago dal viso deturpato da una grossa famiglia di verruche.
Un altro Galeone sul bancone unticcio: «E, ovviamente, io non sono mai stato qui».
«Ma naturalmente», sogghignò il manigoldo arraffando la moneta d'oro.
Lockhart uscì dal locale fetido e si Smaterializzò per riapparire a una decina di chilometri di distanza, quindi chiamò il Nottetempo e comprò un biglietto per Londra.
Aveva grossi piani in mente... Gilderoy Lockhart non aveva capacità adatte per alcun tipo di lavoro, né era interessato a una vita di fatica. Erano secoli che stava negli uffici della Obscurus Books in attesa. La storia mandata da Hatty March era esattamente del genere che aspettava da anni: un'impresa eroica facilmente modificabile e di cui si poteva prendere i meriti senza troppa difficoltà. Aveva appena cancellato la memoria dell'unica persona che conosceva i fatti, perché la povera strega aveva deciso di mantenere il segreto con tutti per sorprenderli poi con il libro pubblicato... Meglio, così non sarebbe stato necessario affatturare anche amici e parenti. Meno lavoro sporco, che era così dannoso per la sua povera pelle!
Beh, il manoscritto che Lockhart avrebbe presentato a proprio nome sarebbe stato ben diverso: intanto, si disse sfogliando le pagine stilate da Hatty, tutta quella brodaglia noiosa sulla storia Babbana andava fatta sparire. A chi importava se i Babbani si uccidevano tra loro con quelle strane armi di metallo, o appiccavano fuoco alle case dei vicini? A nessuno, si disse Gilderoy scuotendo il capo con condiscendenza, proprio a nessuno.
In secondo luogo, doveva sfruttare l'occasione per vendere se stesso: sapeva di essere un bell'uomo, era il solo dono che aveva ricevuto dalla natura oltre al talento per gli Incantesimi di Memoria, per cui sarebbe stato sciocco non sfruttare quella dote. Ma come poteva fare...
Rilesse la descrizione della Banshee, un essere orripilante che probabilmente coincideva con il Molliccio di metà dei maghi e streghe irlandesi.
«Sant'Agrippa, ma quella come pensava di vendere un best seller con questa roba?» esclamò ad alta voce, quasi scocciato. «Manca qualunque tipo di fascino!»
Ed ecco l'idea geniale: tirò fuori piuma e inchiostro dalla tasca del suo pastrano di un tono più scuro della stessa tinta lavanda del gilet, e scarabocchiò sulla prima pagina del manoscritto di Hatty il titolo per il suo lavoro. Break with a Banshee.
Ma certo, si sarebbe inventato una qualche storia d'amore impossibile tra se stesso e lo spirito inquieto di Bandon, e avrebbe tracciato un'epica battaglia al momento di separarsi dall'amata ormai decisa a distruggerlo. Nella sua mente tutto appariva chiarissimo: la Banshee sarebbe stata bellissima, affascinante, ammaliatrice. Avrebbe costituito il potere seduttivo del male... A cui lui sul più bello si sarebbe sottratto per amore del bene e della verità!
Uno scossone del Nottetempo lo allontanò dal tavolino e dai fogli su cui aveva iniziato ad annotare tutti questi dettagli e si precipitò a recuperarli, per paura che qualcuno vedesse cosa stava facendo. Oh cielo, oh cielo! Si deterse la fronte con un fazzolettino di seta, sconvolto dal suo stesso genio: l suo libro avrebbe venduto più copie di Fantastic Beasts, alla faccia di quello spocchioso di Scamander.
E sarebbe stato solo il primo, si disse tastandosi l'altra tasca del pastrano: là c'erano almeno altri sei racconti potenzialmente utili ai suoi scopi, tutti di maghi con storie lacrimevoli che sarebbe stato altrettanto facile raggirare. Sarebbe stata una collezione incredibile, sì!
Gilderoy non si considerava un uomo cattivo, solo voleva un modo facile e poco faticoso per ottenere fama e fortuna, e gli sfortunati ma avventurosi come Hatty March potevano fornirglielo senza che lui dovesse neanche scompigliarsi i capelli. Gli dispiaceva per la strega che aveva appena Obliviato, un pochino, forse, ma nel suo cinismo sapeva di avere ragione.
Con quella faccia in copertina, con quell'orribile labbro leporino soprattutto, la donna non avrebbe venduto neanche una copia. Perché sprecare una storia potenzialmente buona, dunque?
E con questi pensieri in testa, Lockhart tornò al suo appartamentino di Londra, pianificando le prossime mosse: incontrare tutti quei maghi, Obliviarli e cancellare ogni prova delle loro imprese fosse giunta in casa editrice. Licenziarsi e prendersi un anno sabbatico o due per scrivere tutti i suoi libri, in modo che fosse credibile. Trovare un editore e diventare famoso.
Sembrava un piano eccezionale, continuò a ripetersi, e il più grande rischio che correva era macchiarsi d'inchiostro!
Nel frattempo, ancora seduta al pub dov'era stata abbandonata, Hatty stava cercando di capire che avesse mai combinato della sua vita nell'ultimo anno, inutilmente. Vuoto assoluto.
Allo stesso modo, non sapeva spiegarsi come avesse potuto scoprirsi il viso in un luogo pubblico – e a dire il vero, non aveva neanche idea del perché si trovasse in un simile postaccio, ma in quel momento non aveva importanza.
I suoi ricordi, dov'erano finiti? Perché lei sapeva che era passato un anno almeno da quella giornata in giro per Galway con sua madre, quel penoso pomeriggio in cui era stata rimbrottata perché stava lasciando correre la sua giovinezza senza combinare nulla, eppure dopo non riusciva a vedere assolutamente nulla. Aveva la sensazione di aver fatto qualcosa, ma non riusciva proprio a ricordare.
Prima che il sedicente barista si ricordasse di chiamare il San Mungo per chiedere un pronto intervento, la strega si alzò e lasciò il locale senza dire una parola.
Con la sciarpa rossa di nuovo ben sollevata fino al naso, Hatty si mise a camminare cercando di catturare un frammento d'immagine che le balenava in mente.
Un uccello verdastro tra le fronde degli alberi, e una sala piena di gente rumorosa e ubriaca...
Una lepre marzolina sotto la pioggia.
Cominci davvero a farti suggestionare dalla gente, Hatty March. Infastidita, scacciò quell'immagine confusa e si Smaterializzò verso casa. Non doveva poi essere stata una cosa importante, se nemmeno se la ricordava.






Angoletto dell'Autrice: Non sapevo se aspettare ancora per postare l'ultimo capitolo, poi ho pensato che era bello avere qualcosa da aggiornare il giorno del mio compleanno. Ebbene sì, oggi divento più vecchia... Ma per niente più saggia! XD

Dunque, un po' di note: Castle Bernand è questa meraviglia, ho visto le foto per caso sul sito del turismo di Bandon e mi sono detta LO VOGLIO. Va ad aggiungersi all'enorme elenco di case e castelli irlandesi che comprerò quando sarò una scrittrice famosa e ricca (scherzo, ma magari! XD). Potete leggere la sua storia nelle pagine del sito, io vi consiglio di ruotare un po' le panoramiche (tipo Google Maps Street Vision per capirci) perché nonostante sia in rovina mi sembra un posto davvero eccezionale. Ho già detto che lo voglio? XD
La Banshee: non ci sono grandi informazioni su questi spiriti in Animali fantastici (male, signor Scamandro, MALISSIMO), come vi ho raccontato mi sono inventata la loro genesi e il modo per sconfiggerle. L'incantesimo "Soloisco" è una storpiatura di Solor un verbo deponente che, se i miei scarsi studi del latino mi assistono, vuol dire "consolare".
E arriviamo alla seconda parte: mi auguro che non mi linciate per quanto succede a Hatty, in fondo ero legata dal canon, non vogliatemi male! Vi regalerò una scorta di fazzoletti, se servono!
Scherzi a parte, per Allock... Ho cercato di sospendere il giudizio su di lui nella storia, anche se sia chiaro che a me fa schifo e che sono convinta si sia STRAMERITATO il suo karma di smemorato. Può dare forse fastidio che lui giudichi con tanta leggerezza Hatty e il suo difetto fisico, ma è quello che emerge dai libri, per cui non prendetevela con me. Ho voluto che la Banshee di Bandon fosse il suo primo "furto d'identità (o d'impresa)" perché è l'episodio che nel secondo libro cita più spesso, quindi ho immaginato che avesse per lui una valenza particolare. Il lavoro alla Obscurus è una mia idea (mi affascinano un casino le case editrici magiche, sarà deformazione professionale?): mi sa che con la sua valutazione sul manoscritto di Hatty, volutamente superficiale e ignorante, ho voluto fare un po' di critica sul mio lavoro, che spesso cerca i romanzi/libri più vendibili senza tenere conto della qualità, o facendola passare in secondo piano (vedete certi sfumati successi della scorsa estate). È un po' un'autocritica, anche... Non lo so. Giudicate voi! ^^
Grazie per avermi seguito in questa storia particolare, spero vi sia piaciuta. :) Ora aspettiamo i risultati del contest, devo dire che sono un po' in ansia... Speriamo bene!
Alla prossima,

Rowi
   
 
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