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Autore: shadow_sea    04/04/2013    7 recensioni
Questa storia, ambientata durante lo svolgersi degli avvenimenti narrati in Mass Effect 2, è la prima della trilogia che ho dedicato alla coppia Shepard-Vakarian.
Pubblicata inizialmente un paio di anni fa, ho voluto rivederne alcune parti, fare delle correzioni che mi parevano necessarie, aggiungere o togliere alcuni brani e perfino scrivere nuovi capitoli. Gran parte di questo lavoro mi è stato ispirato da chi mi ha seguito allora ed ha espresso le proprie opinioni. Ed è a tutti coloro che hanno potuto e voluto dedicarmi un po' del loro tempo prezioso che io dedico a mia volta queste pagine, un po' vecchie e un po' nuove, nel nome dell'affetto profondo per Mass Effect che unisce tutti noi.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Garrus Vakarian, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Shepard e Vakarian'
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Avvertenza
E' il secondo capitolo di questa storia, ma nella stesura originaria era il primo.


2. *ARCHANGEL*

Garrus Soundtrack - ME2



- Garrus, resta sveglio.
- Maledizione! Siamo quasi arrivati, tieni duro - Erano queste le frasi rabbiose che Shepard andava ripetendo da qualche minuto con voce tesa.
Il turian sentiva quelle parole, ma non riusciva a rispondere. La parte destra della sua faccia era andata distrutta: non sentiva più da quel lato e non riusciva ad articolare la mandibola.
La voce del comandante gli rimbombava nell’orecchio sano e il sapore metallico del sangue gli riempiva la bocca. Non soffriva per la ferita, grazie al medigel, e la necessità di ottenere una risposta all’unico interrogativo che avesse importanza in quel momento lo esortava a restare disperatamente aggrappato alla vita: doveva riuscire a formulare quella maledetta domanda.
“Spiriti, Shepard. Non mi importa un accidente di morire, ma prima devo sapere...” si ripeté ostinatamente, tentando nuovamente di parlare ed emettendo invece solo un rantolo gorgogliante, accompagnato da un fiotto di sangue bluastro “Devo aver perso i sensi dopo quel dannato razzo che mi è esploso in faccia. Non so come sia andata a finire la battaglia, ma siamo tutti vivi… Ora l'unica cosa che devo sapere è se sia morto quel maledetto bastardo al comando dei Sole Blu”.
- Non sforzarti di parlare, ma resta con noi - fu la sola risposta che Garrus ottenne alla domanda che non era riuscito a formulare.

Aveva ripreso conoscenza dentro la navetta da sbarco alle urla - Vai! Vai! Vai! - che il comandante aveva gridato a piena voce, dopo aver tirato un paio di energici pugni contro la paratia che isolava il vano di carico dalla cabina di pilotaggio.
Shepard continuava a parlare incessantemente rivolgendosi, a turno, a lui stesso, a Joker che era pronto al recupero della navetta sulla Normandy, e alla dottoressa Karin Chakwas che li attendeva al portellone della nave, munita di lettiga e medicinali di primo soccorso.
“La tua voce è diventata rauca a forza di lanciare ordini, comandante... se almeno mi dicessi quello che voglio sapere…” era il pensiero che passava ostinatamente per la mente di Garrus mentre ricambiava stancamente lo sguardo fisso su di sè.
Shepard non riusciva a distogliere gli occhi dal viso devastato del turian che stringeva fra le braccia, con la nuca appoggiata contro la sua spalla sinistra, nella stiva della navetta che si stava dirigendo verso la Normandy alla massima velocità possibile.
La battaglia contro le tre bande criminali che Archangel era riuscito a scatenare contro di sé su Omega si era finalmente conclusa, ma non prima che un razzo sparato dalla gunship di Tarak avesse colpito Garrus squarciando la sua armatura all’altezza del collo. Quel colpo gli aveva dilaniato la faccia, trasformandola in un ammasso di frammenti di placche ossee e brandelli di carne viva dai quali il sangue sgorgava incessantemente.
Quel sangue blu, denso e viscoso, continuava a colare tiepidamente sulle loro due armature, malgrado avessero usato tutto il medigel disponibile e nonostante gli sforzi disperati del comandante per fermare l’emorragia. La consapevolezza della gravità della ferita, unita all’angoscia per la sua impotenza, si trasformava in rabbia accecante, così come erano accecanti le lacrime di cui Shepard non aveva coscienza, quelle lacrime che le lavavano via dal viso il sangue della battaglia appena conclusa e finivano per gocciolare addosso al compagno ferito.

Non erano diverse dalle lacrime di tanti anni prima, su Akuze, quando aveva tenuto fra le braccia il suo capitano agonizzante, squassata dallo stesso miscuglio intricato di sentimenti. Con un colpo preciso, sparato con il bazooka, aveva colpito il divoratore già gravemente ferito nel mezzo dei tentacoli e finalmente quell’enorme corpo si era abbattuto al suolo.
Era corsa verso il capitano, accasciato contro la parete di un edificio della piccola colonia e aveva cercato di fermare il sangue che sgorgava dalla ferita infettata dal veleno sul suo fianco.
Il superiore le aveva stretto le mani fra le sue, facendo un gesto di diniego e lanciandole uno sguardo colmo di serena rassegnazione
- Sono fiero di te, Shepard. Hai fatto un ottimo lavoro – aveva poi dichiarato con un flebile sorriso, lanciando un’occhiata al corpo immobile del divoratore.
- Non può morire adesso, signore. Resista, la prego. I soccorsi non possono tardare.
- Sarei spacciato anche se fossero già qui, e tu lo sai bene. Piuttosto, hai capito perché tu sola sei ancora viva? - le aveva chiesto.
- Perché ho eseguito i suoi ordini, signore.
Lui aveva riso brevemente, nonostante il dolore.
- Non è per questo. Quali ordini potevo dare secondo te? E' avvenuto tutto troppo in fretta e nessuno di noi era preparato ad affrontare un mostro simile. Non è per i miei ordini se tu sei ancora qui. E' perché hai valutato correttamente la situazione e hai agito di conseguenza in modo rapido, senza farti prendere dal panico. I tuoi compagni hanno fallito... e io con loro.
- Lei si è sacrificato per salvare John...
- E non è neppure servito... anche se lo rifarei: non avrei potuto agire diversamente.
- E' questo il motivo se tutti noi l'abbiamo sempre considerata come un padre, più che come un semplice superiore.
- Diventerai un ottimo soldato - erano state le ultime parole del capitano, mentre il volto scolorava e il corpo si abbandonava senza più energie fra le braccia della ragazza in lacrime.

Shepard scacciò quell'immagine per tornare al presente. Si accorse che il respiro del turian si era fatto più lento e stentato, ma era ancora abbastanza regolare e ogni pochi secondi Mordin controllava le sue pulsazioni: deboli, ma continue.
Per una volta il salarian stava in silenzio, dopo che la sua interminabile diagnosi - Parametri di vita instabili. Valori critici. Medigel insufficiente per cura… Mandibola quasi divelta, orecchio destro distrutto, zona destra del cranio frantumata… Ricovero in infermeria urgente - era stata interrotta dalla voce gelida del comandante - Dove diavolo credi che stiamo andando? A ballare all’Afterlife? Tienilo vivo e taci...
Shepard tornò a rivolgersi al ferito - Vakarian, dannazione! Mi senti? Tieni duro. Tieni duro, testone di un turian. Non puoi morire ora, questo è un ordine!
Garrus aveva provato ancora una volta a chiedere di Tarak, inutilmente, poi si era abbandonato contro la spalla del comandante e aveva chiuso gli occhi, esausto e rassegnato.
“Non puoi averlo lasciato vivere, comandante, non dopo come mi ha conciato. La Shepard che conoscevo, quella che ho pianto per morta, non l’avrebbe lasciato in vita” fu il suo ultimo pensiero cosciente, mentre la sua mente scivolava verso un buio silenzioso e accogliente.

Riprese i sensi quando il suo corpo venne appoggiato su una barella. Guardò intorno a sé e riconobbe l’interno di una nave che rassomigliava a quella distrutta dai Collettori un paio di anni prima. “Questo scafo è più grande” osservò con vaga curiosità, perplesso dall'assenza di un qualsiasi logo dell'Alleanza. Il simbolo di Cerberus era invece ben visibile e i ricordi delle tante atrocità commesse da quella organizzazione generarono in lui un istintivo sentimento di rigetto.
Lo stesso logo inquietante spiccava inconfondibile anche sulla divisa del comandante che stava al suo fianco e correva accanto alla barella, ostinandosi ancora a gridare ordini a destra e a manca.
Una volta che la loro corsa si arrestò in una stanza chiara e luminosa che doveva essere l'infermeria, nel suo raggio visivo entrò il volto della dottoressa Chakwas. Provò a sorriderle, ma invece del sorriso di risposta si trovò a leggere sgomento e preoccupazione nei suoi occhi un po’ stanchi e segnati da qualche nuova ruga.
- E' una brutta ferita, peggiore di quanto mi aspettassi. E’ un miracolo che sia ancora vivo - furono le laconiche parole che pronunciò, come se lui non fosse presente. Applicò del sedativo e lavorò rapidamente per eliminare i frammenti di placche ossee ancora conficcate nel viso del turian, ricostruì i condotti sanguigni utilizzando tubi protesici e ripulì la ferita con altro medigel prima di suturare i lembi del vasto squarcio che infine fasciò. Solo a quel punto si rese conto che il ferito era cosciente e gli sorrise - Bentornato a bordo, Garrus.
- Comandante, vai a darti una lavata e a riposarti. Non puoi fare altro e qui dai impiccio - aggiunse poi con decisione, spostando la barella vicino ad un imponente macchinario. Nonostante la preoccupazione, Shepard sorrise fra sé, per nulla urtata dall'essere stata appena trattata come Mordin poco prima, quando la dottoressa lo aveva spinto fuori dall'infermeria in malo modo.
- No, non mi serve aiuto. E poi non sei vestito in modo appropriato - aveva proclamato cacciando il salarian fuori dalla porta e lanciando un'occhiata di disapprovazione anche a Shepard, ancora in tenuta da combattimento.
- In effetti non risulta che i germi di Omega accorcino i tempi di guarigione - ammise il comandante avviandosi a malincuore verso l'uscita, mentre la dottoressa si era già dimenticata di lei e si stava rivolgendo a Garrus - Adesso ti devo addormentare perché devo toglierti l'armatura e vedere come sei conciato. Tieni duro e vedi di non morire.
Era già uscita dall'infermeria quando il turian sollevò un braccio per prendere la mano della Chakwas, riuscendo finalmente ad articolare la domanda - Che ne è stato di Tarak? - prima di perdere i sensi sotto l'effetto dell'anestetico.

Una volta arrivata nella sua cabina, Shepard si lasciò scorrere addosso l’acqua tiepida della doccia, ipnotizzata dal liquido violaceo che si raccoglieva ai suoi piedi: il sangue rosso dei nemici e quello blu del turian scivolavano via dalla sua pelle mischiandosi fra di loro.
“La dottoressa ha ragione. Dovrei riposare, ma non riuscirei a star qui a far nulla, mentre Garrus lotta per sopravvivere” si giustificò lanciando l'asciugamano nel lavandino. Si vestì in fretta ed uscì dalla cabina con i capelli ancora bagnati.
Arrivata di fronte alla porta dell’infermeria, bussò con discrezione attendendo pazientemente un invito ad entrare, ma le giunsero solo alcuni fiochi brani di dialogo fra la dottoressa e il salarian, troppo a bassa voce perché potesse comprenderne il senso. Aspettò ancora un paio di minuti e poi tornò a bussare più forte, impaziente di avere notizie.
La dottoressa Chakwas uscì chiudendosi la porta alle spalle. Si appoggiò allo stipite e guardò con espressione partecipe il comandante.
- La ferita sotto la corazza era molto profonda e la perdita di sangue avrebbe probabilmente ucciso chiunque altro. Grazie anche a Mordin siamo però riusciti a compensare. Abbiamo utilizzato i migliori impianti cibernetici e Garrus dovrebbe recuperare le piene funzionalità, ma è presto per esserne sicuri. Per ora è sedato, perché appena torna in sé comincia a dire cose senza senso e si agita come un indemoniato. Ha ripetuto più volte una parola tipo talak, tarak o varak. Ha chiesto anche di te. Vai a farti una passeggiata, ti chiamerò appena ci saranno novità.
Detto questo, la Chakwas rientrò nell’infermeria e Shepard si diresse verso il ponte con l’animo leggermente più rilassato. Entrò e si accoccolò in silenzio sul pavimento, con le gambe piegate strette fra le braccia, al fianco della poltrona di Joker che la guardò e le disse - Hai veramente un aspetto orribile, comandante.
- La vita di Garrus è appesa a un filo. Devo affrontare una missione praticamente impossibile e il primo membro del vecchio equipaggio che riesco a ritrovare quasi mi muore fra le braccia…
- Non essere pessimista, comandante: hai già ritrovato il miglior pilota della galassia e ora c'è anche il turian con il palo fra le chiappe. Quello è un osso duro, non basterà il razzo di un cannone gigante a togliergli la vita.
Ci fu un lungo silenzio sul ponte, mentre tanti ricordi scorrevano nelle menti dei due vecchi amici, poi il pilota riprese a parlare - Certo che con il senno di poi... Potevamo anche immaginare chi fosse quell'Archangel: un turian che atterra su Omega per uccidere tutti delinquenti che trova in giro... E’ proprio una missione degna di quell'agente SSC insofferente ai regolamenti che osassero stare fra lui e i criminali a cui dava la caccia.
- Torno in infermeria - annunciò all’improvviso Shepard alzandosi bruscamente, probabilmente senza aver ascoltato una sola di quelle parole.
- Non ti ci vogliono, comandante.
- Pensi davvero che questo mi fermerà?

All By Myself



Questa volta Shepard non bussò alla porta: entrò, prese una sedia, la mise a fianco del letto su cui giaceva il turian e si sedette accavallando le gambe.
Dall’altro lato della stanza arrivarono le proteste di Mordin che però si smorzarono rapidamente dopo il commento rassegnato della Chakwas - Conosco quell’espressione, non riuscirai a smuoverla di lì.

Nella luce nitida dell'infermeria Shepard si prese del tempo per esaminare il volto del ferito là dove era rimasto libero dalla vasta fasciatura: non lo aveva mai guardato così da vicino, né con tanta attenzione. L'unico occhio rimasto libero dalle bende era chiuso, ma non era quello il motivo per cui le sembrò diverso dal solito. Fu la vista del visore, appoggiato su un tavolino vicino, a chiarirglielo, mentre il suo colore le ricordò il colore di quegli occhi ora chiusi, che ricordava azzurri come il cielo terrestre. Fissò gli zigomi pronunciati, sottolineati dal tatuaggio, e provò l'impulso di far scorrere la punta delle dita lungo quei segni misteriosi. Se ne vergognò e rimase immobile, ma continuò a studiare quel volto alieno, attratta dalla durezza dei tratti decisi. Le guance erano scavate ma non indifese, protette com'erano dalle lunghe mandibole ossee.
Anche la bocca appariva temibile. Priva di labbra, sembrava una fessura scolpita nella pietra. Forse a causa della sedazione, quella di Garrus era leggermente dischiusa, ma non per questo meno inquietante, dato che lasciava intravedere denti aguzzi da predatore.

- Per la prima volta credo di capire l'innata paura e repulsione che dobbiamo aver provato nel vedere il primo turian - ammise a bassa voce rivolgendosi in parte a se stessa e in parte alla dottoressa che si era avvicinata per regolare il flusso della flebo.
- Già - concordò lei - Il loro aspetto trasmette fierezza, implacabilità e un senso di sprezzo del pericolo non comune alla razza umana. Per questo sono sicura che guarirà perfettamente, nonostante le ferite riportate. Sembra che stia dormendo in questo momento, ma in realtà sta combattendo e non si arrenderà.
- Gli ho dato un ordine. Farà bene ad eseguirlo.
- Un turian non disubbidisce mai ad un ordine diretto del proprio superiore.
Shepard rise - No, ma Garrus non è un esemplare comune. Lui direbbe che non è un buon turian.
- Ricordo il nostro primo incontro sulla Cittadella - proseguì poi - Chiaramente irritato per l'intimazione del suo superiore a lasciar perdere l'indagine su Saren, era comunque deciso a proseguire, a dispetto dei suoi evidenti insuccessi. E me lo confermò a parole anche dopo, quando lo trovai nello studio della dottoressa Chloe Michel. Furono proprio quella sua decisione e sicurezza che mi spinsero a chiedergli di salire a bordo della Normandy.
- Mi sembra di ricordare che in quell'occasione fossi rimasta colpita anche dalla sua abilità con il fucile...
- Già. Non so come avrei fatto tutto ciò che ho fatto finora senza il suo aiuto... senza l'aiuto dei tanti amici che adesso non so neppure dove siano.
- Ci aiuterà ancora, ne sono certa. So che è inutile dirtelo, ma come ufficiale medico mi sento in obbligo di raccomandarti un po' di riposo. Stare qui non servirà a nulla perché lo terremo sedato per evitargli dolore.
- Lo so, dottoressa - rispose il comandante, senza dar segno di volersi alzare. La Chakwas si strinse nelle spalle, lanciò un'occhiata rassegnata a Mordin e appese il camice prima di uscire dalla porta per andare a godersi il suo turno di riposo.

Shepard fissò nuovamente il viso del turian nella speranza di riuscire a scorgere almeno un piccolo movimento, ma invano: solo le apparecchiature mediche attaccate al corpo le confermavano che era ancora in vita.
Quando Mordin si avvicinò per controllare le letture dei macchinari e per effettuare un ulteriore esame con il factotum, gli chiese - Posso parlargli?
- Non credo senta. Ma tua voce potrebbe aiutare.

Le prime frasi che Shepard pronunciò, continuando a fissare quel volto con le fattezze così diverse da quelle umane, risposero finalmente alla domanda del turian - Tranquillo, Garrus... pensa solo a guarire. Ho ucciso io stessa quel bastardo.
- Riesci a sentire la mia voce? Ho ammazzato Tarak. Ti ho vendicato - ripeté ancora avvicinandosi. Sperava che quel nome lo riscuotesse e di poter cogliere un rassicurante barlume di vita in quel corpo celato dal leggero lenzuolo: privo della solita armatura, le appariva vulnerabile, così emaciato e spigoloso. E sentiva anche che quella rassicurazione se l'era guadagnata, perché finalmente capiva che il dubbio sulla sorte di Tarak era stata la molla che lo aveva tenuto in vita durante il tragitto effettuato con la navetta da sbarco.

- Ascolta la mia voce: ho ucciso Tarak. L'ho ucciso perché se lo meritava, ma soprattutto per quello che ti aveva fatto - sussurrò ancora una volta. Fissò il volto immobile e si strinse nelle spalle sapendo che non era pronta ad arrendersi. Continuò a parlargli sottovoce perdendosi nei ricordi più lontani.
“La prima volta in cui ci siamo incontrati sulla Cittadella non avrei potuto immaginare che saresti diventato uno dei miei compagni più fidati. Avevamo uno scopo comune e abbiamo combattuto per ottenerlo: incastrare Saren, ucciderlo se necessario, distruggere la Sovereign. Sapevo che non ti saresti fatto scrupoli ad usare mezzi poco convenzionali o, addirittura, a sfidare le autorità e a disubbidire agli ordini diretti dei superiori per conseguire l’obiettivo che ci eravamo prefissi. Mi hai seguito su una nave sottratta all’Alleanza senza alcuna incertezza. E su Omega non hai detto neppure una parola sulla mia nuova divisa, nonostante Cerberus sia stato un nemico che abbiamo combattuto più volte insieme, inorriditi dai loro misfatti. Hai scelto di seguirmi senza chiedermi una parola di spiegazione, senza pronunciare una sola domanda. Shepard e Vakarian di nuovo insieme, come ai vecchi tempi”.

Si addormentò senza accorgersene, persa nelle visioni di eventi ormai lontani, e si riscosse con il sibilo della porta quando la Chakwas rientrò in infermeria. Dovevano essere passate alcune ore. Arrivata vicino al turian, la dottoressa sollevò il lenzuolo e controllò le bende, svolgendole in parte e mettendo a nudo la ferita sul petto e nel fianco. Shepard, che si era alzata per fare spazio alla dottoressa e per avere una visuale migliore, inghiottì a vuoto. Aveva visto molte ferite in tanti anni di combattimenti, ma quella di Garrus era veramente spaventosa: il danno si estendeva dalla faccia fino alla vita sottile, nonostante l’armatura che aveva indosso al momento dell’impatto. Forse erano state proprio le schegge strappate dalla corazza a fare un danno così esteso, dilaniando carne e muscoli, tendini e ossa.
- E’ spaventosa come sembra? - chiese a bassa voce, con il timore che il turian potesse svegliarsi proprio in quell’istante.
- Puoi stare tranquilla: ce la farà. Sta reagendo bene alle terapie. Anche tu dovresti riposarti. Non hai un bell’aspetto...
- Ci sarà tempo per riposare - avrebbe voluto rispondere, ma si limitò a lanciare un’occhiata più eloquente di qualunque frase. La dottoressa sorrise lievemente scuotendo la testa e se ne andò senza aggiungere altro, mentre Shepard riprendeva la sedia e questa volta la posizionava dalla parte opposta del corpo di Garrus, quella rimasta integra.

Dopo pochi minuti fu il medico salarian ad arrivarle vicino, ma si limitò a porgerle una grande tazza di caffè addolcito con latte condensato - Bevi. E’ caldo. Dà energia - le ordinò con gentilezza. Poi le drappeggiò una coperta sulle spalle e se ne andò borbottando qualcosa che suonava come - Mia paziente. Mia responsabilità.
Dopo aver finito il caffè, troppo dolce per i suoi gusti, Shepard appoggiò la tazza sul tavolino e scostò un lembo del lenzuolo, mettendo allo scoperto il braccio sinistro di Garrus. Appoggiò la mano destra su quella del turian, spiandone il viso per notare un possibile mutamento nell'espressione.
Non lo aveva mai toccato prima. Anche se ovviamente si erano scambiati delle strette di mano o pacche sulle spalle al termine di qualche azione particolarmente ben riuscita e forse si erano addirittura abbracciati in qualche rara occasione, in tutte quelle situazioni erano entrambi coperti da guanti e armature.
Era questa la prima volta in cui i suoi polpastrelli si posavano sulla pelle turian. Si sorprese trovandola leggermente più spessa di quella umana: un po’ ruvida, ma calda e morbida. La temperatura corporea era più elevata, come poté constatare dalla lettura di uno dei macchinari che ronzava debolmente, attaccato al soffitto sulla testa del ferito. Alla fine, con un misto di timore e curiosità, strinse la mano aliena fra le sue. Avvertì il profilo rigido delle ossa sotto la carne e sorrise fra sé nel constatare che le giunture apparivano familiari. Gli artigli erano invece differenti dalle unghie umane e sembravano capaci di arrecare ferite profonde: erano lunghi, piuttosto spessi e decisamente affilati. Sembravano fatti di puro metallo.

Trascorse le due ore seguenti su quella sedia dell’infermeria, con le dita serrate sulla mano di Garrus e gli occhi fissi sul suo volto devastato. A volte lasciava passare lunghi minuti in un silenzio assoluto, a volte parlava sperando che qualche frammento di una frase potesse arrivargli e spronarlo a guarire.
Gli raccontò sommariamente cosa aveva vissuto da quando si erano separati, senza però parlare della terribile sensazione provata mentre stava morendo: quell’esperienza era stata talmente devastante che tuttora si rifiutava di descriverla a chiunque.
La maggior parte dei suoi monologhi ricordarono avvenimenti vissuti insieme, battaglie combattute fianco a fianco e alcuni strani luoghi visitati nel corso delle loro tante avventure.
Mentre parlava si rese conto di quanto le fosse mancata la presenza del turian negli scontri che aveva combattuto da quando era tornata in vita: Miranda, Jacob e Mordin erano validi compagni, ma Garrus era unico. Sapeva come muoversi sul campo in armonia con lei, senza bisogno di parole.
Con la sua prodigiosa mira annullava eventuali imboscate o attacchi a sorpresa e le copriva sempre i fianchi, senza mai intralciarle i movimenti. Sapeva dove stare sul campo di battaglia, sapeva quando era necessario restare immobile in agguato e quando spostarsi furtivamente. E sapeva quando era opportuno caricare, prendendo il nemico alla sprovvista e seminando il panico.
- Devi guarire, Garrus Vakarian, e devi farlo in fretta. Ho bisogno di te. Per questa dannata missione ho bisogno di te addirittura più di quanto abbia bisogno di Kaidan... - gli confessò, approfittando di un momento in cui erano rimasti soli nell’infermeria. Poi sorrise e aggiunse - ma forse non vuoi che ti parli del tenente: non ti è mai piaciuto troppo, lo so, e non hai mai capito perché lo abbia scelto come mio compagno.

Quando i due medici rientrarono nell’infermeria, lanciandole una nuova occhiata preoccupata, lasciò andare la mano di Garrus e la ricoprì con il lenzuolo, poi si alzò stiracchiando i muscoli indolenziti.
- Va bene, vado a riposare. Avvertitemi immediatamente se c’è qualche cambiamento. Un’ultima cosa: appena riprende conoscenza ditegli che il bastardo è morto e che il colpo finale è stato il mio.

Si era dovuta arrendere ed era tornata alla normale attività di ogni giorno, sempre che si potesse mai parlare di normalità quando tutto l’equipaggio della Normandy era impegnato a trovare il modo per oltrepassare un portale dal quale nessun’altra nave aveva mai fatto ritorno. Ma nonostante l’importanza del compito e la concentrazione sui preparativi necessari, ogni tanto i pensieri del comandante tornavano al turian.
Così finì per parlare di Garrus in varie occasioni, e non solo con Joker, ma anche con tutti i nuovi membri dell’equipaggio che non lo avevano mai incontrato prima. Fu durante un incontro fra Shepard e Jacob in sala briefing che il turian comparve inaspettatamente sulla soglia della stanza, proprio mentre l’ufficiale Cerberus faceva il punto della situazione ed esprimeva le sue perplessità sulle possibilità che il ferito potesse riprendersi in tempi rapidi.

- Ho dormito a sufficienza e le gambe funzionano. Non vedo proprio perché dovrei starmene sdraiato come un invalido. Voglio dare un’occhiata a questa nuova nave. Ci sarà bisogno di calibrare le armi e devo parlare con il comandante - aveva dichiarato scendendo dal letto dell’infermeria, senza ascoltare le ovvie obiezioni di entrambi i dottori.
E fu così che Garrus arrivò alla sala briefing prima ancora che i due medici avvertissero il comandante, non volendo disturbare un colloquio che sicuramente riguardava la prossima missione della Normandy.

Il turian lanciò un’occhiata all’uomo di colore che stava parlando e lo interruppe - Shepard - esordì con voce tranquilla, come se si fossero visti fino a pochi minuti prima - Nessuno vuole darmi uno specchio. Quant’è grave?
Il comandante trattenne a stento una risata.
- Diamine, Garrus, sei sempre stato brutto… Mettici un po’ di trucco, e nessuno lo noterà - non poté astenersi dal ribattere, trattandolo con quel cameratismo affettuoso che annullò in un istante un eventuale imbarazzo per le troppe vicende accadute nel lungo periodo di lontananza.
- Non farmi ridere, maledizione. La mia faccia sta insieme a fatica.
Nell’ascoltare quelle battute, Shepard paragonò il volto che lui adesso mostrava a quello immobile e assente che le era rimasto davanti agli occhi per ore e ore. Se fino a quel momento avrebbe asserito che era impossibile leggere le emozioni sul viso di un turian, ora si rendeva conto del suo errore: la loro mimica facciale era semplicemente diversa da quella degli umani, ma con un po’ di pratica non sarebbe stato difficile interpretarla.
Fissò quindi con attenzione il viso di Garrus, prestando particolare attenzione quando si scambiarono qualche commento sulla loro situazione attuale.
- Lascia stare le mie cicatrici. Francamente, sono più preoccupato per te... Cerberus, Shepard? Ricordi gli esperimenti immorali che conducevano?
- E' per questo che sono felice che tu sia qui... Se dovrò gettarmi nel caos voglio qualcuno di fidato al mio fianco.
- Ti rendi conto che questo implica che anch'io verrò scagliato nel caos... Proprio come ai vecchi tempi. Quando avrai bisogno di me, sarò pronto a riprendere il servizio. Mi sistemerò e vedrò cosa posso fare con le batterie principali.
Una volta rimasta sola Shepard sorrise, soddisfatta nel constatare che quel vecchio amico confidava ancora in lei. Dalle sue parole e dall'espressione rilassata del viso era evidente che non era seriamente preoccupato dal marchio nero dorato sulla divisa che lei ora indossava, identico a quello che spiccava sulla fiancata della nuova Normandy.

Più tardi, mentre stava studiando la mappa galattica, si ritrovò a ripensare ancora una volta al viso di Garrus: il lato destro era deturpato dalle cicatrici recenti, nonostante l’impianto artificiale, eppure non le era apparso affatto alieno o sfigurato. Dopo averlo osservato a lungo durante il sonno indotto dai sedativi, si era resa conto di quanto fosse interessante e potenzialmente ricco di sfumature espressive. Se aveva apprezzato l'evidente tranquillità con cui il compagno aveva accolto la sua singolare alleanza con Cerberus, continuava a tornarle alla mente l'espressione divertita ed ironica che gli si era stampata sul volto quando avevano scherzato sulle sue nuove cicatrici. Ancora adesso, a mente fredda, quell'immagine riusciva ad allungarle le labbra in un breve sorriso.
Scacciò via quello strano pensiero, cercando di concentrarsi sul fatto che una volta attraccato sulla Cittadella avrebbe provato ad ottenere notizie sul tenente Alenko. David Anderson era sicuramente al corrente della sua posizione, anche se era improbabile che gliela rivelasse: per quanto fossero amici e si fidassero l’uno dell’altra, un Consigliere della Cittadella non avrebbe fornito informazioni riservate a qualcuno con indosso l’uniforme di Cerberus.

Nonostante avessero avuto poco tempo da passare insieme, provava una certa urgenza di avvertire Kaidan che era ancora viva. Era uno dei suoi pensieri costanti ed era felice che finalmente avrebbe avuto modo di farglielo sapere. Anderson si sarebbe rifiutato di darle informazioni sul tenente, ma era certa che avrebbe comunicato al tenente che lei era viva. Che cosa sarebbe successo in seguito era troppo arduo da prevedere, ma le era difficile immaginare un Kaidan che accettava serenamente il suo distacco dall'Alleanza, a meno che non fosse cambiato parecchio nel frattempo.
Si strinse nella spalle, sentendosi infastidita. Per lei erano passati pochi mesi da quando lo aveva visto l’ultima volta, pochi minuti prima che la SR1 venisse distrutta, mentre per lui erano passati due anni pieni. Non si faceva troppe illusioni sul fatto che quel ragazzo nutrisse gli stessi sentimenti di un tempo, ma sperava di riuscire a spiegargli le sue ragioni e a convincerlo ad unirsi al suo equipaggio: per il compito che doveva portare a termine aveva bisogno di persone valide e lui sarebbe stato un elemento prezioso.
  
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