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Autore: Nimue_    04/04/2013    10 recensioni
Emma Carstairs, la seconda cacciatrice più abile al mondo, trova in Jace Lightwood un maestro molto particolare, pronto a insegnarle sei proposte che un cacciatore non dovrebbe mai dimenticare.
V Lezione: "Molteplicità", Tessa Gray + Charles Dickens.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Clockwork City'
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leggerezza Note: questa per me è un'epopea, perché ha richiesto una lunga ricerca. Ho notato che nel fandom ci sono quasi tutte Malec e così ho deciso di provare qualcosa di nuovo. In questa raccolta si susseguiranno storie di diversi personaggi, ispirate a sei virtù che lo scrittore italiano Italo Calvino avrebbe voluto spiegare ad un gruppo di studenti americani prima di morire. La mia idea è semplice: Emma Carstairs, protagonista di quella che sarà la terza saga scritta dalla Clare e parabatai di Julian Blackthorn (se non la conoscete trovate tutte le informazioni che vi servono qui), chiede a Jace, il suo idolo, di aiutarla a diventare una persona migliore e lui  le racconta sei storie che nascondono messaggi morali. Il prologo si ambienta cinque anni dopo la fine di TMI, come spiegato da Cassie. Le virtù citate da Calvino sono: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità e coerenza. Per adesso posso dire solo che la prima riguarda Isabelle e Max, mentre la seconda parlerà di Alec e Magnus. Spero, in un modo o nell'altro, di riuscire a portare avanti questa raccolta, e di aver creato qualcosa di diverso, che possa allietarvi. Buona lettura!


Six Memos for the Next Generation
SEI PROPOSTE PER LA PROSSIMA GENERAZIONE


- Dimmi che è uno scherzo. È uno scherzo, vero? -
Julian Blackthorn, la faccia sporca di colore, la guardò per la prima volta in vita sua come se non riuscisse a capirla. Posò il pennello con cautela, il viso dai lineamenti dolci che si dipingeva d'incredulità.
- Emma Carstairs che cerca di imparare qualcosa che non sia staccare arti nel modo più doloroso possibile? L'incontro con il tuo mito, "Jace Hotroppicognomi", deve averti fuso il cervello. -
La giovane cacciatrice, appollaiata sul davanzale della finestra dell'Istituto che dava sulla spiaggia, estrasse dal fodero una spada leggera dall'impugnatura decorata con foglie, prezioso cimelio di famiglia, e con un unico, agile movimento lo lanciò verso di lui. Cortana, questo era il nome della lama, sfiorò il suo parabatai e si conficcò nel muro.
Julian trattenne il fiato.
- Stavo solo scherzando. -
- Smettila di palesare che detesti Jace Lightwood. Al contrario di quanto tu possa immaginare, poterci parlare privatamente è stato illuminante. -
Emma rivolse lo sguardo al mare, pensierosa come il suo migliore amico non l'aveva mai vista. Julian sapeva che Emma aveva un debole per quel Jace, considerato il miglior cacciatore esistente; non era geloso, davvero, era solo che si aspettava di vederla più euforica dopo l'incontro tanto agognato.
- Come mai quella faccia, allora? Qualcosa non va, Emma? -
Il rumore delle onde in lontananza accompagnò le sue parole quasi suonasse la colonna sonora di una confessione dolorosa.
- Mi ha detto che non sono una buona cacciatrice. -
Julian sobbalzò, urtando la tela di un quadro quasi finito, e il suo pennello rotolò dal portacolori fin sul pavimento, lasciando tracce d'azzurro cielo che, realizzò più tardi, non sarebbero andate via molto facilmente.
- Mi prendi in giro. Sei la seconda cacciatrice più abile al mondo dopo di lui, non può averlo fatto sul serio. -
- Beh, l'ha detto per davvero. Credevo che mi avrebbe chiesto di dimostrargli cosa sapevo fare con la spada e invece mi ha chiesto di parlare. Jace Lightwood. Parlare. -
Jules si sedette con le gambe strette al petto, cercando di eliminare la tensione che gli irrigidiva i muscoli,
senza riuscire a capire cosa fosse successo tra quei due
- E? -
- E abbiamo parlato. E poi lui ha detto che non ho le qualità di una vera Nephilim, il che secondo lui è strano, visti i modelli a cui avrei potuto ispirarmi. Ha detto che ho le giuste doti tecniche ma che mi mancano le... Come le ha chiamate? Virtù. -
- E io che lo credevo simpatico. - sdrammatizzò. Emma si mise una mano tra i capelli, scuotendo la testa.
- Ha ragione, Julian. Se lo avessi sentito parlare di tutti gli atti di eroismo che ha visto, di tutte le lezioni di vita che ha imparato, paragoneresti la mia esperienza al niente. Combatto con la forza e nient'altro, mi vanto di saper uccidere un demone e mi rendo conto che lo faccio per il puro gusto di sentirmi invincibile, perché in realtà non so fare altro che possa definirsi buono. I miei genitori sono morti prima di potermi educare come si deve e ora sono una formidabile cacciatrice, Jules, ma sono anche una brava e valida persona? -
Julian sentì il cuore battere più forte, guidato dallo stesso ritmo di quello di Emma, e la runa dei parabatai iniziò a bruciare.
- Lo sei. -
Per me lo sarai sempre, Emma Carstairs. 
- Te l'avevo detto che avresti dovuto lasciarlo perdere. È un montato. -
- Jace ha ragione! - Emma non si rese conto di aver alzato la voce fino a quando non vide Julian guardarla con sconcerto, il volto reso cupo da un'ombra di malinconia.
- Ha ragione. Ha ragione quando dice che posso essere una persona migliore, che mi servono solo degli esempi da seguire. -
- Che scemenza. Ti ha detto dove trovarli? Ti ha dato una mappa del tesoro? -
La risposta tagliente che si era aspettato di ricevere da Emma non arrivò e lei lo guardò con uno sguardo nuovo, serio, privo dell'orgoglio che la contraddistingueva.
- Mi ha chiesto a quali ideali mi ispirassi nella vita e io non ho saputo rispondere, così mi ha dato i suoi: sei punti da ricordare, delle virtù che ha imparato scavando nel suo passato e che lo accompagneranno per sempre nel futuro. -
- Ti ha fatto una lezione morale? -
- Ne ha fatta una oggi. - sottolineò lei, - Ha promesso che mi racconterà altre storie da cui poter imparare qualcosa, ma per il resto dovrò documentarmi da sola. -
- Dimmi che è uno scherzo, è uno scherzo, vero? - ripeté Julian.
- La vuoi sentire una storia, Jules? -
- Sei proposte per la prossima generazione, quel Lightwood dovrebbe scriverci un libro. -
- La vuoi sentire o no? -
- Scommetto che farebbe un sacco di soldi mettendo la sua foto in copertina. Detto tra noi, secondo me è un finto biondo. -
- Jules! - esclamò.
Il ragazzo sbuffò, fingendosi scocciato. Si prese qualche secondo per studiare i capelli d'oro di Emma, gli occhi privi della loro consueta fierezza che puntavano su di lui in cerca di un appiglio, come se riuscissero a vedere il ritratto della speranza sul suo viso.
Dentro poteva leggerci che Emma, che non aveva nessun altro al mondo, desiderava solo confidarsi con l'unica persona di cui si fidava.
- Di che parla la prima storia? - chiese infine, ridisegnandosi un sorriso sul volto esclusivamente per lei.
- Di leggerezza. -
- Nel senso che Jace ti ha chiesto di dimagrire? -
- Oh, finiscila e ascolta! Il racconto comincia con un nome: Isabelle Sophia Ligthwood. -



Lightness
Mai prendere le cose con leggerezza.


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La gravità contiene il segreto della leggerezza, mentre quella che molti credono essere la vitalità dei tempi,
rumorosa, aggressiva, scalpitante e rombante, appartiene al regno della morte, come un cimitero d'automobili arrugginite.
Italo Calvino - "Lezioni Americane: Leggerezza."


Frivola, così l'avevano definita i suoi genitori. Isabelle ricordava il modo in cui suo padre l'aveva guardata quella volta, i lineamenti irrigiditi dalla delusione e dalla paura, mentre la voce di Maryse si alzava a dismisura. Ricordava come era stato rischiare di morire per un eccesso di strafottenza, dopo che aveva giurato a Jace di poter uccidere un demone superiore da sola, nonostante quella fosse solo la prima, vera missione che le veniva affidata.
Non sei me, Isabelle, aveva risposto lui, un ghigno poco convinto stampato sul volto. Pensaci bene. E lei non lo aveva fatto. Aveva sentito solo il sangue che bolliva nelle vene, l'euforia dell'uccisione, l'adrenalina, e non aveva voluto ragionarci sopra. Se lo avesse fatto, nella sua testa si sarebbe fatta spazio l'idea della sconfitta, tanto inaccettabile quanto spaventosa, e se c'era una cosa che a Isabelle faceva paura era avere paura.
Sei un'irresponsabile, Isabelle. Sua madre lo aveva urlato a quello che era il suo capezzale, dopo che solo l'intervento dei suoi fratelli era riuscita a salvarla da morte certa.
Non fai che prendere tutto con leggerezza, Isabelle.
Era così strano, si disse, - le braccia insanguinate che si facevano sempre più pesanti - come la memoria di quelle ferite fosse sbiadita con il tempo e come invece fosse rimasta quella delle parole di sua madre o di Alec che non spendeva nemmeno una parola in sua difesa quando tutti l'accusavano di superficialità. Aveva sempre pensato che la leggerezza fosse una virtù, che fosse tutta una questione di salti, di atterraggi sulle punte senza far rumore, di volteggi compiuti come una piuma nell'aria, aggraziata come un granello di polvere o un fiocco di neve.
- Voi non sapete niente di me. - aveva singhiozzato, il cuore pesante come un macigno, - Voi non mi capite. -
- Sei tu a non capire, Isabelle. -

In quel momento, con la testa insanguinata di Max appoggiata sulle gambe, Isabelle si rese conto di aver cominciato a capire. Lo comprese lacrima dopo lacrima, quando ormai sembravano passate ore dal momento in cui era rinvenuta e aveva ritrovato suo fratello steso nel disordine di una casa semidistrutta, gli occhi, di quel blu che aveva sempre invidiato, leggermente aperti come in cerca della luce.
- E' colpa mia, Max, solo colpa mia. -
Si chiese se i suoi rantoli fossero sensati o solo fatti uscire dalle sue labbra pallide dal terrore e dell'agonia. Si chiese se quello non fosse che un incubo in cui un pazzo aveva tagliato la gola a un bambino mentre lei non era lì per proteggerlo. Irresponsabile.
Posso lasciarti qui da solo, vero cacciatore? Sono al piano di sopra, se dovessi avere bisogno di me.
Avrebbe dovuto pensarci due volte prima di filarsene in camera per lisciarsi i capelli mentre fuori stava per scoppiare una guerra, senza tener conto che Max odiava la violenza, il buio e la solitudine. Invece aveva preso tutto con troppa, fatale leggerezza.
Era quello il significato delle parole di sua madre, allora: non pensare mai alle conseguenze delle proprie azioni, agire secondo l'istinto, indifferenti al male che si causa alle persone a cui si vuole bene.
- Andrà tutto bene, Max. Stanno arrivando per salvarti, mi hai sentito? E io sono qui. -
Adesso.
Le dita sottili di Max cercarono le sue e la sensazione di tenerle strette in mano le ricordò la fragilità dei gambi di rose, fiori che adorava mettersi tra i capelli per farsi guardare. Frivola.
Dov'ero mentre quell'assassino ti faceva del male, fratello mio?
-
Ucciderò Sebastian, te lo giuro. -
Quando suo fratello chiamò sua madre, in un ultimo, flebile singhiozzo, Isabelle pagò la pena della sua leggerezza: fu un attimo, il tempo di lasciare che qualunque speranza venisse soffocata dalla consapevolezza che la morte poteva potarsi via per perfino un bambino di nove anni, poi la cacciatrice sentì il suo cuore sgretolarsi sotto il peso dell'orrore e dei sensi di colpa, come se il centro di gravità si fosse spostato su di esso, riversandole addosso lo strazio del mondo.
- Resta con me, Max, ti prego. -
Max espirò un'ultima volta tra le sue braccia.
Silenzio.
 
Li ritrovarono in quel modo, ancora stesi sul pavimento, lo sguardo vitreo di Isabelle che guardava il nulla come in cerca dell'ultimo soffio vitale di Max.
Cominciarono urla che non aveva mai sentito prima.
Qualcuno gridò contro di lei.
- Perché non lo hai difeso?! -
Per leggerezza. Troppa leggerezza, la stessa con cui lo spirito di Max si era sollevato per sempre sopra gli affanni della realtà.
Alla fine, mentre il corpo di suo fratello le veniva strappato dal petto, Isabelle capì la mostruosità del rischio, dell'amore che provava per l'arte del combattere: nella vita, pensò, tutto quello che si sceglie e si apprezza con troppa leggerezza non tarda a rivelare il proprio peso insostenibile.



Note 2, la vendetta: il titolo della raccolta riprende quello di Calvino, il cui ciclo di conferenze avrebbe dovuto chiamarsi "Six memos for the next millennium". Io ho scelto "generation" perché in linea temporale Emma fa parte della nuova generazione di Shadowhunters. Chiarisco qualche punto:
- Cartona è la spada della famiglia Carstairs, chi ha letto Clockwork Princess sa di cosa parlo.
- Non sappiamo molto di Emma e Julian, i futuri protagonisti di  The Dark Artifices, ambientata a Los Angeles, solo che il loro amore sarà proibito perché i parabatai non possono sposarsi o stare insieme in quel modo. Quindi sì, a Emma in realtà piace Julian e viceversa. Inoltre, come ho spiegato nella storia, Cassie ha affermato che Jace è l'idolo di Emma. Chi ha letto CP2 sa da chi discende la ragazza, ma io non posso dirvi niente per non fare spoiler.
Si ringraziano tantissimo Yume, Liz e Ro per il supporto pro lettura di CP2, ma anche perché il sito che vi ho linkato sopra è il loro. Vi consiglio di passarci, ci trovate tante news, informazioni e iniziative adorabili. Grazie inoltre alla cara Khyhan per il betaggio e ad Ania per i complimenti sulla Jill. 

   
 
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