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Autore: FairyFrida    05/04/2013    3 recensioni
{dalla storia}
« Mi hai vista ancora prima che entrassi nel tuo campo visivo » osservò Frida divertita. « Hai allenato la bacchetta con l’Homenum Revelio? »
« Oh, ma certo. Corvonero » rise lui - ma di una risata bella, notò Frida, che non intendeva essere né di scherno né di disprezzo -. « Vi si riconosce non appena aprite bocca »
« Siamo così prevedibili? » gli chiese lei, unendosi alla risata, troppo contagiosa per non essere imitata. « Hai da cambiare dei galeoni? Il mio capo mi ha mandata per questo » disse poi, scuotendo il sacchetto e facendone tintinnare il contenuto.

[ Quarta classificata a parimerito e vincitrice del Premio Fluff al contest "King's Cross, 1 Settembre, ore 11, binario 9 e 3/4 - quando la self-insertion diventa arte", indetto da Shallo sul forum di EFP ]
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George, e, Fred, Weasley, George, Weasley, Nuovo, personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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I met a man today and he smiled back at me







I met a man today and he smiled back at me.





Diagon Alley, 18 settembre 1996

Quella mattina, nella tiepida luce di metà settembre, Frida vide i pochi colori rimasti di Diagon Alley sotto una luce nuova; passò davanti a un misero cumulo di calderoni neri e ben lucidati, sorrise di fronte ai coppi rosso vermiglio dei tetti, venne abbagliata dal riverbero del sole sul marmo abbacinante delle guglie della Gringott. Tutt’attorno a lei le gigantografie in bianco e nero di Mangiamorte ricercati e i lugubri cartelli che riportavano istruzioni del Ministero sembravano sfocati e appartenenti ad un altro universo.
La sua era quella serenità spontanea, forse un po' infantile, del primo giorno di lavoro, delle responsabilità da sempre agognate ma in fondo un po' temute, delle aspettative che stava alimentando dentro di sé da ormai qualche anno.
Il desiderio di lavorare in una libreria era qualcosa che faceva parte di lei da quando ne aveva memoria, un sogno che covava fin dal tempo in cui nascondeva sotto le coperte libri anziché orsetti di pezza e trascorreva la notte a sfogliare pagine grazie alla debole illuminazione della candela poggiata sul comodino. Sarebbe potuta sembrare una bambina solitaria, spesso raggomitolata in poltrona o sotto un albero con un volume tra le mani, gli occhi attenti che scrutavano i ruvidi fogli davanti a sé e il resto del mondo tutt'attorno come una cornice lontana; tuttavia questa sua tendenza a isolarsi era soltanto dovuta al suo carattere insicuro e poco espansivo, che la spingeva a chiudersi in se stessa e nel cosmo di carta e inchiostro che mai avrebbe potuto criticarla né sminuirla. Ma quel medesimo universo che in un certo senso la proteggeva dal rischio di soffrire, allo stesso tempo non poteva fornirle momenti di gioia né di autentico divertimento, ed era questo che Hogwarts le aveva insegnato, oltre ad averle aperto le porte della sua immensa biblioteca.
Il Cappello Parlante, avendo immediatamente compreso la sua natura riflessiva e curiosa, l'aveva Smistata a Corvonero, offrendole così la possibilità di conoscere anime affini alla sua con cui avrebbe potuto sviluppare al meglio le sue capacità; ma il destino, forse ironicamente, aveva fatto sì che stringesse le amicizie più autentiche e profonde con studentesse di altre Case, che le avevano fatto scoprire la deliziosa euforia delle illegali passeggiate notturne e delle catapulte di marmellata attraverso i rispettivi tavoli durante la colazione. C'era Catherine, una Grifondoro temeraria e sempre disponibile a dare una mano, che si trattasse di suggerire una mossa vincente a Scacchi Magici piuttosto che di pulire una pergamena imbrattata da sterco di gufo; e c'erano Martha e Alexandra, Serpeverdi all'apparenza ciniche e maliziose, ma dotate di un senso dell'umorismo vivace e forse un po' macabro che a Frida divertiva tanto.
Era a loro che pensava mentre percorreva il selciato con passo ora affrettato ora incerto: alle loro nuove vite fuori da Hogwarts e agli anni indimenticabili che avevano trascorso tra le mura del castello, dove il resto del mondo pareva così spaventoso eppure così lontano. Quando la minaccia di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato era tornata a impregnare le strade e le case, e il terrore si era insediato sottopelle in ogni famiglia di Maghi, loro avevano appena ricevuto i M.A.G.O., e quello che avrebbe dovuto essere un saluto malinconico ma ricolmo di speranze e di entusiasmo per il futuro si era in realtà tramutato in uno straziante addio che sapeva di abbandono. Frida era stata fortunata: il Ghirigoro l'aveva assunta praticamente subito, dopo un breve periodo di tirocinio che era servito al signor Flourish per valutare la sua capacità di destreggiarsi tra i metodi di classificazione e la sua efficienza con i clienti; ma non era stato così per le altre. Se Alexandra si era iscritta a Magisprudenza sognando una proficua carriera al Ministero, Martha e Cat erano ancora indecise sul loro futuro.
Giunta finalmente sotto l'insegna della libreria, Frida si concesse un'occhiata alla vetrina, controllò che la camicia non fosse stropicciata sotto il maglione e con un sospiro d'incoraggiamento spinse la porta. Il dondolio della campanella e il caratteristico odore di pergamena nuova che aleggiava nel negozio annunciarono l'inizio del suo primo turno ufficiale al Ghirigoro.

*

« Lennox, appena finisci di svuotare lo scatolone vai nel negozio accanto a cambiarmi quei Galeoni in tagli più piccoli » le disse il signor Flourish, indicandole un cassetto sotto il banco in cui doveva appena aver messo il sacchetto con le monete da scambiare. Era un momento di relativa calma, essendo primo pomeriggio, e Frida era occupata a sistemare nuove copie di Pozioni Avanzate nello scaffale apposito - non era infatti raro che alcuni studenti ordinassero manuali scolastici anche dopo l’inizio delle lezioni.
« Sì, signore » rispose svelta, riponendo l’ultimo volume e scendendo agilmente dalla scaletta di cui si stava servendo per arrivare ai ripiani, troppo alti per la sua misera statura.
« E già che ci sei, portami un caffè. Senza zucchero »
Frida annuì diligentemente, ripose il sacchetto di Galeoni in una tasca del mantello e uscì dalla libreria. Già durante il periodo di tirocinio aveva sperimentato gli ordini telegrafici e un po’ burberi del proprietario, ma si era proposta di cercare di sopportarli sempre perché non avrebbe permesso che la sgarbatezza del suo datore di lavoro le rovinasse il piacere di fare il lavoro che aveva sempre desiderato.
Il negozio di fianco al Ghirigoro era il negozio di scherzi gestito dai gemelli Weasley, Grifondoro che a scuola erano stati al suo stesso anno; nonostante avessero la stessa età, tuttavia, Frida non aveva mai avuto l’occasione di scambiare due parole con nessuno dei due, ma li conosceva soltanto di fama. Avevano fatto parlare molto di sé, già mentre frequentavano Hogwarts: le loro Merendine Marinare erano state molto in voga tra gli studenti durante l’anno dei M.A.G.O., e i loro tentativi di boicottare la Umbridge erano passati sulla bocca di tutti, nell’entusiasmo generale. Quella spettacolare fuga da scuola, poi, aveva assicurato loro memoria imperitura in numerose generazioni, e l’apertura dei Tiri Vispi Weasley era stata allo stesso tempo il coronamento della loro celebrità e l’inaugurazione di una carriera che si sarebbe rivelata senz’altro altrettanto vincente.
Frida aveva appena richiuso la porta dietro di sé e subito era rimasta senza fiato per la grandiosità del negozio e per la quantità impressionante di espositori dai colori sgargianti, che sembravano accavallarsi l’uno sull’altro come onde di una mareggiata.
« Posso aiutarti? » la sorprese una voce dal tono particolarmente allegro proveniente da un punto che Frida non seppe immediatamente identificare.
Si voltò a destra e a sinistra, ancora disorientata, e non vedendo nessuno fece più volte il giro intorno a se stessa sporgendosi tra le file di scaffali; alla fine lo vide, seduto su un trespolo dietro al registratore di cassa, una matita appuntata dietro l’orecchio e un sorrisetto sghembo tipico di chi ha appena compiuto una qualche marachella.
« Mi hai vista ancora prima che entrassi nel tuo campo visivo » osservò Frida divertita. « Hai allenato la bacchetta con l’Homenum Revelio? »
« Oh, ma certo. Corvonero » rise lui - ma di una risata bella, notò Frida, che non intendeva essere né di scherno né di disprezzo -. « Vi si riconosce non appena aprite bocca »
« Siamo così prevedibili? » gli chiese lei, unendosi alla risata, troppo contagiosa per non essere imitata. « Hai da cambiare dei Galeoni? Il mio capo mi ha mandata per questo » disse poi, scuotendo il sacchetto e facendone tintinnare il contenuto.
« Scommetto che lavori al Ghirigoro » ghignò lui, la mano destra che andava ad aprire lo sportello delle monete sotto il registratore di cassa.
« È tipicamente da Corvonero anche questo, non è così? » lo anticipò Frida, sorridendogli. Si accorse che non riusciva a rivolgersi a lui senza accompagnare le parole con uno stiramento degli angoli della bocca, come se lui fosse divertente a prescindere e meritasse un sorriso per questo; doveva essere l’effetto che facevano i gemelli Weasley ai loro interlocutori.
« Anche, ma più semplicemente è il negozio qui accanto » le rivelò, sfilandole il sacchetto di mano e slacciandone la cordicella per contare i Galeoni. « In effetti avresti anche potuto lavorare al Serraglio Stregato qui di fronte, ma non saresti vestita in questo modo »
« Oh » disse Frida, un po’ imbarazzata dal fatto che lui l’avesse osservata davvero anziché limitarsi a guardarla di sfuggita. « E sentiamo, come sarei vestita, Sherlock? »
« Sono George » rise lui, rivolgendole un’occhiata a metà tra il divertito e l’interdetto. « E mio fratello si chiama Fred. Nessuno Sherlock in famiglia »
Questa volta fu Frida a scoppiare a ridere, nascondendosi la bocca con una mano come faceva sempre quando la risata rischiava di farsi troppo sguaiata.
« Lascia perdere » gli disse « La prossima volta che vengo ti porto un libro, così farai finalmente conoscenza con Sherlock »
George ghignò e le indicò un piccolo caminetto nell’angolo della stanza, ancora spento dal momento che quell’anno le temperature autunnali non si erano ancora fatte troppo basse.
« Ecco la fine che Fred farebbe fare al tuo Sherlock; sostiene di essere allergico ai libri: gli fanno venire la scarlattina »
« Ma è assurdo! » esclamò Frida « E tu? La pensi come lui? »
« Diciamo che non stanno molto simpatici nemmeno a me » confessò George ridacchiando. « Però io a differenza di Fred potrei venire a trovarti a lavoro senza rischiare un attacco di nausea, o di panico. Ecco qui » annunciò poi, versando sul piano del banco un mucchietto di Falci e uno più grande di Zellini.
« Perfetto » lo ringraziò Frida, cominciando a riempire il sacchetto e accorgendosi solo dopo un po’ che forse avrebbe dovuto contare anche lei le monete, così da rendersi conto se George si fosse sbagliato nello scambiargliele. Lasciò perdere, pensando che tanto non sarebbe stata in grado di tenere il conto nemmeno in una situazione normale, figuriamoci con lui che la osservava. Aveva anche dei begli occhi, oltre che un bel sorriso, e il modo in cui lui la guardava la faceva quasi sentire bella, lei che bella non si sarebbe definita mai. Stava succedendo qualcosa davanti a quel registratore di cassa, e le monete le sembrarono stranamente sfuggenti mentre cercava di riporle nel sacchetto; e poi si ricordò improvvisamente che il signor Flourish stava ancora aspettando il suo caffè senza zucchero.
« Beh, grazie allora » disse Frida raccattando gli ultimi zellini. « È stato un piacere conoscerti, e » fece una pausa come per racimolare il coraggio di dirgli davvero che le sarebbe piaciuto rivederlo, « magari ci vediamo in giro, allora »
« Se la scarlattina non ci uccide prima, sì » rise George; quella risata risuonò per l’ennesima volta dentro di lei, e Frida seppe in anticipo che cosa avrebbe sognato quella notte.

*

Quando finì il turno, verso le cinque del pomeriggio, Frida era soddisfatta; il primo giorno di lavoro tutto sommato era andato bene: non aveva rovesciato il caffè sulle carte del signor Flourish, aveva riordinato la sezione dedicata al Quidditch e aveva trovato per un paio di clienti i libri di cui avevano bisogno. Ora non vedeva l’ora di incontrarsi con Alexandra e Catherine, che la stavano aspettando nella casa che condividevano in Charing Cross Road per farsi raccontare l’esito della giornata. Martha si trovava ancora all'estero per perfezionare il suo francese: proveniva da una famiglia facoltosa, e, come le era richiesto dal suo casato, era necessario che conoscesse la lingua dei suoi antenati. Frida non vedeva l'ora di riabbracciarla: non si erano viste per tutta l'estate, e ormai mancavano soltanto pochi giorni al suo ritorno.
Si stava chiudendo alle spalle la porta della libreria, quando il suo sguardo si posò inconsciamente sulla vetrina dei Tiri Vispi Weasley lì accanto; una ragazza circa della sua età stava affiggendo un nuovo cartellone pubblicitario servendosi della bacchetta. Frida la riconobbe come la ragazza che ad Hogwarts era sempre in compagnia dei gemelli; le sembrava di ricordare che il suo nome fosse Christine: Cat le aveva parlato di lei, ogni tanto, visto che a volte si davano una mano con i compiti, in sala comune.
Se fosse stata ancora la Frida di qualche anno prima, probabilmente avrebbe abbozzato un sorriso da lontano e poi avrebbe proseguito per la sua strada in direzione del Paiolo Magico; ma la sua amicizia con Catherine era riuscita a tirarle fuori un lato più socievole e intraprendente che la faceva sentire bene con se stessa ogni volta che lo mostrava.
« Ciao! » disse quindi, avvicinandosi a Christine. « Lavori qui? Sei fortunata: è un negozio fantastico, ci sono stata stamattina! »
« Grazie » le sorrise lei. « Lo penso anch’io! »
Frida lesse velocemente le scritte viola e gialle che pubblicizzavano la linea di accessori Scudo, poi gettò uno sguardo oltre la vetrina alla ricerca di una chioma rossa che allineasse gli espositori o che sfamasse le Puffole Pigmee, ribelli nella loro gabbietta.
« Cercavi qualcuno? » le chiese Christine incuriosita.
« No, no, guardavo solo » disse Frida nervosamente, chiudendosi nella sua tipica ritrosia.
Christine le lanciò un’occhiata obliqua, tipica di chi ha capito tutto senza che altri gesti o parole siano necessari, e Frida si chiese com’era possibile, che una ragazza praticamente sconosciuta riuscisse a leggerle dentro in una simile maniera.
« Giovedì teniamo aperto anche di sera, per festeggiare l’equinozio » le annunciò Christine con una luce particolare negli occhi. « Se ti fa piacere e se non hai altri impegni, ti aspettiamo »
« Oh, verrei volentieri; ci penserò, grazie » le sorrise Frida entusiasta.
« Splendido! » esultò Christine. « Ci vediamo presto allora! »
E Frida sperò intensamente che le sue amiche non avessero già altri programmi per la sera dell’equinozio.

*

Due giorni dopo, George passava casualmente davanti al Ghirigoro, e il suo pensiero andò alla ragazza di cui non conosceva nemmeno il nome, visto che lui si era scordato di chiederglielo e lei di presentarsi; in quel breve lasso di tempo in cui avevano parlato, qualcosa era scattato dentro di lui, qualcosa che l’aveva condotto a non rimuoverla dalla sua mente. Così, con un sorriso baldanzoso e sicuro di sé dipinto sul volto, entrò nella libreria e chiese della ragazza con i capelli ricci; la trovò nel retro, impegnata a fare l’inventario dei volumi che approfondivano i metodi di lettura del futuro.
« Non dirmi che trovi interessante anche questa roba » le disse, assumendo il tono di voce più orripilato che riuscì a produrre.
Lei si voltò di scatto, lasciando cadere il libro che teneva in mano, e appena lo riconobbe sollevò visibilmente un sopracciglio in un’espressione di stupefatta incredulità.
« Per Rowena, mi hai fatto venire un colpo! » esclamò, raccogliendo il volume sul pavimento e controllando che la rilegatura non si fosse rovinata.
George ghignò; la sua entrata in scena era riuscita perfettamente.
« Allora, ti stai divertendo qui o possiamo andare a parlare da un’altra parte? » le propose, guardandosi intorno e sentendosi un po’ a disagio in quello stanzino affollato da soli libri.
« Devo completare questo, prima » gli rispose lei, visibilmente dispiaciuta. « Altrimenti chi lo sente il signor Flourish? “Lennox, credevo di essere stato chiaro!”, “Lennox, il tuo comportamento è indifendibile!”, e così via »
« Lennox è un nome da ragazzo » ridacchiò George. « I tuoi genitori volevano un maschietto? »
« Ma quanto sei spiritoso » rise lei, e George si accorse della piccola fossetta che le marchiava la guancia sinistra. « Mi chiamo Frida; Lennox è il mio cognome, ovviamente »
« Ovviamente » ripeté George, il suo tipico sorriso sghembo che si apriva sul volto. « Puoi finirlo dopo, il tuo inventario, ora andiamo »
« Andiamo dove? Il mio turno finisce tra ben due ore » sospirò Frida costernata.
« Inventati una scusa per uscire prima, no? » le propose lui prendendola per un polso e trascinandola fuori.
« Tu stai scherzando, tu non conosc- » protestò Frida - anche se George si accorse che stava cercando di non ridere.
« Lennox, finito l’inventario? » inquisì il signor Flourish vedendola già di ritorno.
« No, non ancora » ammise Frida, la mano di George che continuava a tenerle il braccio, dandole piccole strette per incentivarla a trovare una scusa plausibile. « Mi sono appena ricordata che il signor Blotts aveva bisogno che spedissi un gufo da parte sua, quindi sto andando un attimo all’ufficio postale; le serve qualcosa? »
Il libraio dovette credere all’intera storia - anche perché Frida era stata parecchio convincente, e aveva sfoggiato una faccia di bronzo e una sicurezza di sé che avevano piacevolmente sorpreso George -, perché si limitò a scuotere il capo e tornò a rivolgere la sua attenzione al cliente che stava servendo.
« Ottimo diversivo » si congratulò George, appena furono fuori, in una cupa Diagon Alley presa d’assalto da banchetti di amuleti e venditori ambulanti.
« Grazie » rise Frida. « Ho avuto delle brave maestre. Una la conosci senz’altro: Catherine Holden, Grifondoro; è stata Cacciatrice nella vostra squadra di Quidditch »
« Sicuro, io e Fred la chiamavamo la Scheggia » si illuminò George. « Con lei in campo non c’era gara: dopo dieci minuti di gioco eravamo già in vantaggio di almeno trenta punti »
« Lo so, c’ero anch’io! » gli ricordò lei. « Tifavo sempre per voi, quando non c’erano i Corvonero in campo »
« Tu non hai mai fatto parte della squadra? »
« Non sono mai stata abbastanza brava » sospirò Frida. « Avrei voluto entrare come Cercatrice, ma Cho Chang era decisamente imbattibile ai provini. Però adoro volare; è stato mio nonno a insegnarmi, a soli tre anni, e non ho mai desiderato di chiudere la mia scopa nello sgabuzzino »
« Entriamo alla Masca? Ho voglia di una Burrobirra » propose George, accennando all’insegna scricchiolante del pub lì vicino.
« Tecnicamente io starei lavorando... » disse Frida reticente. Sembrò pensarci un po’ su, poi esclamò: « Ma sì, dai, dobbiamo festeggiare »
« Festeggiare che cosa? È il tuo compleanno? » le chiese lui divertito, aprendole la porta in un gesto che intendeva essere galante
« Ho abbandonato il negozio con una scusa improbabile e probabilmente il mio capo capirà che non sono affatto stata all’ufficio postale, quindi mi punirà o, peggio, mi licenzierà » elencò lei. « Eppure non sono per niente preoccupata: vale o no come motivo per festeggiare? »
« Vale » confermò George dedicandole un sorrisetto soddisfatto.




Hogsmeade, 18 settembre 1997

« Chi l'avrebbe mai detto: Charlie Weasley che chiede un appuntamento a te » commentò Martha ridacchiando alle parole che Catherine aveva appena pronunciato.
« Che c'è di male? » chiese Frida; smise di giocherellare con l'ombrellino della sua Acquaviola e le dedicò uno sguardo sorpreso.
« Beh, lui è parecchio più grande; e poi abbiamo sempre pensato tutte che Charlie fosse un vagabondo, insomma, non il tipo da ragazza fissa »
« Forse è colpa della guerra, forse è quel bisogno di aggrapparsi a qualcosa con il timore che tutto si riduca in polvere e che non rimanga più nulla » osservò Frida, voltandosi verso Christine come per cercare sostegno. Ma evidentemente Chri non le stava ascoltando, assorta nel rimestare il cucchiaino nella coppetta di gelato ormai sciolto.
Frida capì che stava pensando a Fred dalla piccola ruga sulla fronte che le si formava solo quando rifletteva su qualcosa di particolarmente piacevole o spiacevole - e in quel momento Fred era entrambe le cose. Se da un lato avanzava sempre di più in loro la consapevolezza che ciò che li legava era qualcosa di profondo e di tremendamente importante, dall’altro proprio per questo aumentava il timore che qualcosa potesse riuscire a separarli, a maggior ragione ora che entrambi facevano parte dell’Ordine.
A volte si trattava di semplici consegne, a volte di ronde per assicurarsi che i Mangiamorte non stessero preparando alcun colpo ai danni della comunità, altre volte ancora di controlli in quartieri babbani per assicurarsi dell’assenza di movimenti sospetti; ma sempre, nell’animo di chi restava a casa ad aspettare, di chi quel giorno non veniva mandato in missione, c’era quel senso di inquietudine e talvolta di puro terrore che faceva fatica ad essere lavato via.
Un colpetto dall’esterno della finestra impolverata le fece trasalire tutte; fortunatamente era solo Fred, puntuale per dare il cambio alla coppia che stava facendo la ronda in quel momento. Frida e le sue amiche lasciarono una manciata di monete sul tavolo e uscirono stringendosi nei mantelli.
« Sembra fine ottobre » commentò lugubre Cat lanciando un’occhiata alle nubi nere distese sul cielo plumbeo.
« Io non vedo nessuna zucca » scherzò Fred, che non aveva perso il suo solito umorismo nonostante fosse assediato dall’inquietudine come tutti. Fece un cenno a Chri perché si avvicinasse e le cinse le spalle con un braccio; poi le posò un bacio tra i capelli.
« Allora, pronta per un tour romantico? » le chiese ammiccando.
« Che modo carino per definire una ronda » rise Christine scompigliandogli i capelli.
« Vero? Su, andiamo. Remus e Hestia ci aspettano da Mielandia » annunciò Fred. « Ci si vede in giro, donzelle! »
« Che si fa? » chiese Catherine quando Fred e Cri scomparvero dietro l’angolo.
« Io pensavo di andare a trovare George in negozio, visto che è rimasto da solo »
« Certo, una volta era lui a distrarre te dal lavoro » ammiccò Martha, e Frida non poté fare a meno di sorridere al ricordo della prima volta in cui George l’aveva istigata ad abbandonare la libreria per uscire con lui.

*

« Come va l’inventario? » sorrise Frida comparendo da dietro uno scaffale sbilenco.
« Ehi » la salutò George, posando i fogli che stava consultando e passandosi una mano tra i capelli, sfinito.
« Non starai lavorando troppo? » gli chiese lei, avvicinandosi e posandogli un bacio sulle labbra.
« Finché c’è lavoro è meglio approfittarne » le rispose lui saggiamente. Sapevano entrambi che era solo questione di tempo e presto i Weasley sarebbero stati presi di mira - i motivi avrebbero essere potuto molteplici, secondo l’ottica balorda del Ministero.
« Giusto » approvò Frida. « Pensa a me che tra un paio di mesi sarò costretta a impacchettare il nuovo libro della Skeeter! »
« Preferisco ridurmi il cervello in pappa con questi numeri » dichiarò George, stirando la bocca in un sorriso sghembo, che Frida non poté trattenersi dal baciare nuovamente.
Accadeva qualcosa quando le loro labbra si incontravano, qualcosa che rendeva tutto così completo, come l’ultimo ingrediente aggiunto a una pozione in preparazione o come l’ultimo definitivo punto in un romanzo di mille pagine.
Mentre George approfondiva il bacio e le scostava i boccoli dalla guancia destra, Frida pensò che era per questo che valeva la pena vivere, per questo che si preparava ad ogni missione per l’Ordine, per questo che si alzava ogni mattina con l’inquietudine di non vedere il sole tramontare. Perché finché lei e George fossero stati insieme, erano una potenza; e lei avrebbe sempre trovato il coraggio di reggersi sulle sue gambe e di non crollare finché lui fosse stato al suo fianco a sorreggerla.



There are thoughts like these that keep me on my feet, that keep me on my feet.

















Frida’s corner ~

Questa storia è stata scritta per il contest sulle self-insertion indetto da Shallo sul forum di EFP, classificandosi quarta parimerito e aggiudicandosi il Premio Fluff (qui trovate i giudizi). Dire che mi sono divertita a scriverla è dire poco - insomma, chi non ha mai sognato di lavorare al Ghirigoro e di incontrare i gemelli Weasley? *_*

Brevi note di servizio:
1) Il titolo e le citazioni che aprono e chiudono la storia sono tratte da Sloom, ovviamente degli Of Monsters and Men. ♥
2) I nomi dei due proprietari della libreria li ho ripresi dal nome inglese del Ghirigoro, “Flourish&Blotts”.
3) Ho inventato l’esistenza di un pub a Diagon Alley; mi sembrava improbabile che il Paiolo Magico fosse l’unico, e poi la gelateria di Florian era chiusa e avevo bisogno di un luogo di “ritrovo”. Quindi ho inventato “La Masca” - probabilmente non conoscerete il termine a meno che non siate piemontesi, significa comunque “strega, fattucchiera”.

Spero che la storia vi sia piaciuta; vi lascio con il doveroso link alla storia che ha spartito con me la medaglia di legno, e cioè We were nothing like the rest di Krixi19: è una storia bellissima che vale davvero la pena leggere, anche perché è così dettagliata e ben costruita che potrebbe essere benissimo considerata Canon, vi assicuro.

Un grazie a voi che avete letto e un grazie un po' più speciale a Catherine, Martha, Alexandra e Christine, per quello che hanno condiviso con Frida. ♥


   
 
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