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Autore: BBecks    05/04/2013    6 recensioni
Emma e Perrie.
Due persone con una vita completamente differente. L'unica cosa che le unisce è l'aspetto esteriore - si somigliano come due goccie d'acqua - e il fatto di trovarsi entrambe a Londra, nello stesso giorno, alla stessa ora.
Quel ritrovo casuale, cambierà la vità ad entrambe.
Dal capitolo uno:
[...]
Non finii la frase, poiché davanti a me trovai una ragazza, poco più alta di me, con lunghi capelli di una strana tonalità di viola e vestita in modo eccentrico. Non appena ci guardammo in faccia, lanciammo un urlo simultaneamente.
Mi trovavo faccia a faccia con una ragazza identica a me.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Perrie Edwards, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Scambio d’identità.
 
«Scusi.» Sbottai, mentre di fretta scendevo le lunghe scalinate diretta alla biglietteria della metropolitana. Come al solito, ero in ritardo. La metropolitana sarebbe passata tra esattamente sette minuti, e io dovevo ancora correre a prendere i biglietti andata e ritorno per Londra centro.
«Mi dispiace, non volevo infastidirla.» Dissi per l’ennesima volta ad una donna davanti a me, in tono stizzito. Mi lanciò uno sguardo di fuoco, prima di allontanarsi. Dio, ma dovevano avere tutti un diavolo per capello, oggi? Oh, e soffrono d'irritabilità premestruale, pensai.
Dopo aver comprato in fretta e furia i biglietti, mi diressi - correndo - verso la fermata della metropolitana. Riuscii a salire per un soffio, spingendo qualche persona e scusandomi, per l’ennesima volta.
Dopo aver tirato per sbaglio una gomitata ad un ragazzo, decisi di annullare le mie ricerche per trovare un posto in cui sedermi, e mi misi in un angolino, evitando accuratamente di colpire qualcun altro. Cercai poi di prendere dalla borsa il mio tascabile, con poco successo. Decisi allora di ascoltare un po’ di musica, in attesa della mia fermata.
Mentre - rapita dalla melodia - mi guardavo attorno indifferente, notai poco lontano da me un paio di ragazzine di non più di quindici anni, che mi guardavano ed indicavano stupite. Il un primo momento cercai di non farci caso, ma gli sguardi e le risatine diventarono sempre più insistenti, fastidiose, così decisi di cambiare posto.
Proprio in quel momento la metro fece la sua ennesima fermata, e almeno una trentina di persone scesero. In un movimento repentino, riuscii ad accaparrarmi un posto a sedere. Sorrisi tra me e me, soddisfatta.
Qualche minuto dopo mi accorsi che le stesse ragazzine di prima, alle quali se ne era aggiunta un’altra, mi guardavano incuriosite, di nuovo. Lentamente si avvicinarono a me.
«Scusa» iniziò a dire una delle tre. «È da un po’ che ti osserviamo...» Sul serio? Non me n’ero proprio accorta, pensai indispettita. «E volevamo chiederti se eri proprio tu.»
Sorrisi. «Be’, se intendete, Emma Davis, la sconosciuta Emma Davis, sì sono io. Se invece, pensavate fossi Perrie Edwards, mi dispiace dirvi che non è così.» Dissi, cercando di apparire il meno infastidita possibile. Le ragazzine mi guardarono per qualche secondo, perplesse, poi alzarono le spalle e tornarono alla loro occupazione.
Non era la prima volta che un gruppetto di ragazzine veniva a chiedermi se fossi Perrie Edwards, cantante facente parte di un famoso gruppo femminile. All'inizio lo trovavo divertente, ma poi iniziai a stancarmi. Era fastidioso vedere i volti dispiaciuti quando dicevo che no, non ero Perrie, né facevo parte di un gruppo di discreta fama nazionale.
In effetti, alcune delle mie amiche mi avevano fatto notare la somiglianza, ma non ne avevo dato molta importanza, finché il gruppo non aveva acquisito fama e sempre più gente mi chiedeva se fossi quella ragazza.
Quando, una delle mie più care amiche, mi aveva mostrato una foto, inizialmente ne ero rimasta colpita. Ci assomigliavamo molto, io e questa Perrie, se non per i capelli; i miei erano più sul biondo miele, e sicuramente il mio abbigliamento meno curato e particolare, mentre la voce, sicuramente quella ci rendeva meno simili. Io non ero di certo conosciuta per le mie doti canore, al contrario.
Presa com'ero nei miei pensieri, mi accorsi di essere arrivata solamente dopo che la voce metallica aveva annunciato il nome della fermata.
Velocemente presi la borsa e mi avviai verso le porte automatizzate, spingendo un’altra volta un paio di persone, e scusandomi per l’ennesima volta.
Quando salii le scale, venni accolta da uno splendido sole che quel giorno illuminava la città. Mi complimentai mentalmente per aver messo in borsa un paio di occhiali da sole e li indossai, per poi dirigermi velocemente verso la mia destinazione.
Mentre camminavo in fretta tra londinesi e turisti, guardai l’ora. Ero in ritardo di ben quindici minuti, ed ero sicura che questa volta Alison non me l’avrebbe perdonato. Non un’altra volta.
Aumentai leggermente il passo e arrivai davanti ad un grande palazzo, trafelata. Davanti all’entrata del negozio di musica in cui dovevo recarmi, notai una lunga fila di ragazzi e ragazze di tutte le età, che sorrideva, chiacchierava e sgomitava per entrare. 
Strano, pensai, di solito questo negozio di cd - dove lavorava Alison - non era così gremito di gente. Fortunatamente, poco più avanti, c’era una porta secondaria che mi avrebbe reso l’entrata molto più semplice e agevolata. Velocemente, guardandomi prima intorno sospettosa, mi diressi verso la porta secondaria, e dopo aver bussato un paio di volte, venne ad aprirmi una ragazza, collega della mia amica.
La salutai calorosamente, e mentre la seguivo per un lungo corridoio che portava direttamente in negozio, le chiesi della ressa.
«Ma come, Alison non ti ha avvertito?» Domandò. Io scossi la testa. «Be’, oggi ci sarà un famoso gruppo qui per la promozione di un nuovo album. Faranno autografi e parleranno un po’ del loro nuovo progetto.»
«Ma è fantastico!» Esclamai felice. «Chi è questo gruppo?» Chiesi, sperando in qualcuno a me noto.
«Non so se l’hai mai sentito. Mi sembra siano le Little Mix.» Quel nome mi era familiare, pensai, ma in quel momento non mi veniva in mente niente. Seguii la ragazza ancora per qualche metro, finché non mi portò dalla mia amica.
«Sei in ritardo.» Esordii lei, lanciandomi un suo famoso sguardo inceneritore. Lo riservava per i momenti più speciali.
«Lo so, e mi dispiace. C’era un sacco di gente alla metro.» Affermai, pur sapendo di aver detto solamente mezza verità. Dallo sguardo che mi lanciò capii che ne era consapevole. Cercai di cambiare subito discorso. «Allora, hai bisogno di una mano, anche oggi?»
Ogni tanto aiutavo la mia amica al negozio. Era come se lavorassi da lei part-time.
«Certo cara. Ci sono un po’ di cd da risistemare - rigorosamente in ordine alfabetico - nella selezione gruppi hard/rock. Li troverai in magazzino. Sono sicura che ti divertirai.» Scherzò, prima di allontanarsi.
«Puoi contarci.» Dissi sarcastica prima che si allontanasse. Poi mi diressi verso il magazzino.
Stavo prendendo la prima pila di cd, quando sentii dei passi sempre più vicini, una voce mi fece spaventare e cadere i cd sul pavimento. Girandomi trovai la persona che meno riuscivo a sopportare: Aaron.
«Cosa diavolo vuoi, Aaron?» Sibilai, raccogliendo i dischi sparsi per il magazzino. Se Alison avesse visto il disordine come minimo mi avrebbe sbattuto fuori, o peggio, mi avrebbe fatto pulire i bagni.
E ovviamente era colpa di Aaron, come al solito.
«Sai com’è, anche io lavoro qui.» Ribatté sarcastico, avvicinandosi e aiutandomi a raccogliere la moltitudine di cd sparsi sul pavimento. Io lo fermai con un gesto della mano.
«Non ho bisogno del tuo aiuto, puoi anche andartene.» Sibilai.
«Mi dispiace, ma Alison mi ha ordinato di venire ad aiutarti. E sai che non posso disubbidire ai suoi ordini.»
Sospirai rumorosamente e mi alzai dal pavimento, con una pila di cd tra le mani. «Perfetto. Tu sistemerai i gruppi dalla A alla F, mentre io farò il resto. Così non dovremo né parlare, né tanto meno guardarci negli occhi o altre cose tremende.» Il ragazzo rise della mia battuta - che tanto sarcastica non era -, poi prese il resto dei cd e mi seguì verso l’interno del negozio, nella selezione del genere hard/rock.
Mentre sistemavo in ordine alfabetico, sentivo lo sguardo di Aaron addosso. Non faceva altro che osservarmi, quel ragazzo.
«Si può sapere cosa diavolo vuoi da me?» Chiesi infastidita da tutte quelle opprimenti attenzioni.
«Sai cosa voglio, Emma Davis.»
Gli lanciai un’occhiataccia, perfettamente a conoscenza di ciò che stava per dirmi. «Inutile chiedere, perché la risposta è no, Aaron. Non uscirò con te nemmeno se rimanessi l’unico uomo sulla faccia della terra.» Risposi tranquilla.
«Eddai, perché no? Io sono fantastico, tu sì, sei carina. Bisogna aggiustare quella parlantina e la tua acidità. Potremmo essere una bella coppia.»
Sistemai l’ultimo cd della mia pila, poi mi avvicinai a lui, poggiandogli una mano sulla spalla e scuotendo arrendevolmente la testa. «Sei troppo narcisista ed egocentrico. Cercatene un’altra.» Poi mi alzai e andai a riprendermi la borsa, che avevo lasciato nel piccolo guardaroba. Il mio turno di lavoro era finito.
Quando vi entrai, chiusi la porta alle mie spalle e mi girai, alla ricerca dei miei effetti personali. Stavo per prendere la borsa appesa ad un gancio, quando sentii la porta aprirsi. Immaginai fosse Aaron, così mi girai e feci per aprire bocca. «Che cosa vuoi ancora Aa...»
Non finii la frase, poiché davanti a me mi trovai una ragazza, poco più alta di me, con lunghi capelli di una strana tonalità di viola e vestita in modo eccentrico. Non appena ci guardammo in faccia, lanciammo un urlo simultaneamente.
Mi trovavo faccia a faccia con una ragazza identica a me.







Minuscolo spazio autrice:
Allora, che dire? E' la prima storia che metto su EFP, e devo dire di essere parecchio nervosa (hahahaha, povera me).
Spero davvero che vi piaccia questo primo capitolo, e ovviamente più si andrà avanti meglio capirete le cose.
Fatemi sapere qualunque cosa attraverso una recensione, ve ne sarei davvero grata! A presto bellezze! :)

  
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