Toc-toc.
Miyazawa,
inginocchiata davanti allo specchio, nella sua stanza, fa un tale salto
che
quasi rovescia a terra i trucchi sparsi disordinatamente sul tavolino.
Il
pennellino del mascara che stava passando sulle ciglia le scivola tra
le dita e
riesce ad acciuffarlo giusto in tempo prima che cada sul pavimento.
Qualcuno
bussa alla porta! È lui! È arrivato, è
arrivato!
Perché
è sempre così puntuale, accidenti? Non potrebbe
essere un po' più simile a
certi fidanzati di cui ha sentito parlare, che fanno sempre tardi agli
appuntamenti? Così una ragazza ha tutto il tempo di
prepararsi con calma.
Con
un'unica bracciata afferra il mucchio di trucchi e li infila in un
cassetto,
poi lo chiude precipitosamente. Non vorrebbe mai che lui
vedesse tutta quella roba, senza dubbio ripenserebbe
all’aspetto
orrendo che Miyazawa ha al naturale. Per fortuna l’ha vista
in quelle
condizioni solo una volta, ma basta e avanza. Non è mai
uscita di casa senza un filo di trucco naturale e delicato sul viso, ma
da qualche
tempo a questa parte ha notato di essere diventata molto più
maniacale per
quanto riguarda il suo aspetto e, nonostante tutte le promesse di
spontaneità,
trascorre ore a prepararsi. Chissà come mai.
Toc-toc.
«Eccomi!»
grida Miyazawa, agitata.
Si
getta un’ultima occhiata allo specchio, si alza e controlla
rapidamente che la
stanza sia in ordine e che non ci sia nulla di imbarazzante in giro,
come un
reggiseno o qualcosa del genere. Poi corre al piano di sotto,
scivolando sulle
scale. Si aggrappa al corrimano per evitare un capitombolo,
atterra sana e salva nel piccolo ingresso e spalanca la porta.
«Ciao,
benvenuto!» esclama, un po’ affannosamente.
Arima
è lì, di fronte a lei, elegante, tranquillo ed
impeccabile come al solito, la
cartella di scuola sotto il braccio e un golf poggiato sulle spalle. La
fissa
con aria perplessa.
«Ciao,
Miyazawa. Stai bene?»
Lei
sfoggia un gran sorriso. È davvero felice di vederlo. Deve
solo calmarsi un po'.
«Certo! Perché non dovrei?»
«Sembri… agitata».
«Sciocchezze!
Su, entra!»
Arima
esita un istante, poi le rivolge uno di quei suoi affascinanti sorrisi
capaci
di mettere ko moltitudini di ragazze in adorazione. Quando sorride in
quel
modo, Miyazawa si sente come si sentiva da bambina dopo essere appena
scesa
dalle montagne russe: stordita, le ginocchia tremanti e la testa e lo
stomaco
che fanno a gara a che gira di più. All'improvviso ci ha
ripensato: non
cambierebbe Arima con nessuno. Le va bene così
com'è, puntualità svizzera
compresa. A malapena si ricorda di chiudere la porta alle sue spalle.
«La
tua famiglia è… via?» chiede Arima, con
cautela.
Se
ne sta in piedi nell’ingresso, un po' rigido, quasi
guardingo. Sembra
preoccupato e Miyazawa non può dargli torto: l'ultima volta
che è venuto a
trovarla quando il resto della famiglia era in casa, Kano e Tsukino lo
hanno
bersagliato di battutine, risatine e domande idiote, sua madre gli ha
offerto
dei biscotti per bambini a forma di dinosauro e ha blaterato
qualcosa sui
matrimoni in giovane età, mentre suo padre non ha fatto
altro che
lanciargli
occhiate truci. Comprensibile che voglia starne alla larga.
Miyazawa
arrossisce. «Oh, sì, sono tutti al
cinema» risponde e nel frattempo impreca
mentalmente contro la famiglia folle, impicciona e insopportabile che
si
ritrova. «Kano e Tsukino hanno trascinato papà e
mamma a vedere un film».
Arima
appare sollevato, anche se si sforza di non lasciarlo trapelare, e
annuisce.
Poi scende un silenzio di tomba. Lui fissa il pavimento, Miyazawa un
punto
sulla parete di fronte a lei. Nessuno dei due si muove né
emette un fiato.
Hanno già trascorso del tempo insieme, da soli, eppure non
riescono ancora ad
abituarsi. Ogni volta sembra che tra loro vi sia un muro di imbarazzo e
timore
che poi si dissolve lentamente con il passare dei minuti, ma all'inizio
superare quell’atmosfera è
sempre dannatamente
difficile.
«Vuoi
salire?» propone Miyzawa di scatto, rendendosi conto di aver
lasciato il suo
ospite in piedi nell’ingresso.
Lui
le sorride di nuovo. Sembra già un po' più
rilassato. «Certo».
Miyazawa
lo precede su per le scale, lungo il breve corridoio e poi nella sua
stanza.
Non è la prima volta che lui entra lì dentro, ma
vederlo vicino al suo letto le
mette sempre una certa agitazione. Arima si guarda intorno con educata
curiosità.
«Però,
che ordine» commenta, poi le lancia un’occhiata
furba. «Confessa, Miyazawa,
metti a posto la tua camera solo quando vengo a trovarti».
La
ragazza fa un salto di un metro e un'espressione di panico monta nei
suoi
occhi. «No, non è vero! È sempre
così… più o meno. Ho soltanto
sistemato
qualcosa qua e là».
Farfuglia
affannosamente, ma ha il sospetto che non le servirà a
molto. Arima la fissa
divertito e poi lui sa che le abitudini sono dure a morire e che ogni
tanto la
vecchia Miyazawa fa di nuovo capolino. È piuttosto difficile
chiuderle la
bocca. Stizzita e imbarazzata, Miyazawa distoglie lo sguardo da Arima,
che
continua a ridere sotto i baffi, e gli occhi le cadono su qualcosa che
la fa
trasalire: un vecchio e spelacchiato orsetto di peluche,
dall’aria malconcia,
abbandonato tra i cuscini del letto. Che ci fa lì,
accidenti?! Dovrebbe essere ben
nascosto da qualche parte insieme agli altri oggetti compromettenti! Le
è
sfuggito mentre riordinava la stanza? Fissa il piccolo e innocuo
orsetto di peluche
in silenzio, come se fosse un orrendo mostro. Se Arima se ne accorge la
prenderà in giro per il resto
dell’eternità!
In
quel momento Arima, incuriosito dalla faccia di Miyazawa, segue la
direzione
del suo sguardo e vede cosa ha catturato la sua attenzione. Scoppia a
ridere.
«E
quello? Non l'hai tolto di mezzo?»
Miyazawa
capisce subito cosa sta per fare. Conosce quell’espressione
negli occhi del suo
ragazzo. Lei la chiama sguardo alla Asaba.
Si lancia verso il letto, ma lui è più veloce: in
un attimo ha afferrato il
peluche ed è balzato indietro, verso l’armadio, e
ora sventola in alto il suo
trofeo mentre Miyazawa gli saltella intorno, frenetica, cercando di
recuperarlo
e sbraitando spiegazioni e minacce. Ma Arima non la ascolta nemmeno e
la prende
beatamente in giro.
«Che
carino! Cos’è, un ricordo d'infanzia? Che dolce,
dormi
ancora con i tuoi vecchi peluches? Non pensi che i nostri compagni di
scuola
dovrebbero conoscere il tuo lato tenero? Domani lo mostrerò
a tutti, sei d'accordo?»
«Non
è vero, non è vero! Non è mio,
è di Kano, l’ha lasciato qui stamattina
e… Non è
mio, ti dico! Ridammi quel coso, Arima! Ridammelo!»
Miyazawa,
stufa di saltellare, prende lo slancio per afferrare il peluche e
finisce
addosso ad Arima. Lui nasconde l’orsetto dietro la schiena e
con l’altro
braccio cinge la vita della ragazza per tenerla ferma. Ride ancora
più forte.
Evidentemente se la sta spassando. All’improvviso gira su se
stesso,
tirandosela dietro, e Miyazawa si ritrova al posto di Arima. Sussulta
quando
lui la spinge leggermente contro l’armadio, bloccandola con
il proprio corpo.
Arima
sta ancora ridendo, osservando l’espressione da pesce di
lesso di Miyazawa, poi
sembra rendersi conto di quanto siano vicini. Lentamente torna serio,
guardandola
dritto negli occhi, anche se sulle labbra gli aleggia ancora un sorriso
vago.
Quasi si appoggia a lei, facendole sentire la pressione del suo corpo,
mentre
con un tonfo lascia cadere a terra il peluche. L'oggetto della disputa
sembra
completamente dimenticato. La sua mano sfiora quella della ragazza,
esitante.
Fa un sospiro lieve e le sue guance arrossiscono appena. È
sempre timido e
incerto quando la tocca per la prima volta. Non è semplice,
per lui, per un
ragazzo che è cresciuto prima in un mondo di violenza e poi
in un ambiente
rigido e severo, abbandonarsi al contatto fisico, ma quando lo fa,
è come se
donasse tutto se stesso.
Miyazawa sente una stretta al cuore per la
tenerezza e
un brivido correrle rapido lungo la schiena. Ha la pelle
d’oca e il respiro
accelerato. Arima
le accarezza il dorso della mano, poi il braccio, lentamente,
delicatamente, ma
senza più traccia di esitazione. Le stringe la spalla e si
china verso di lei,
con la strana sensazione di cadere nel vuoto, come attratto dalla forza
di
gravità. La bacia. Un bacio leggero, a fior di labbra,
all’inizio, poi Miyazawa
gli getta un braccio intorno al collo, quasi aggrappandosi a lui, e gli
si fa
più avvicina, anche se a nessuno dei due sembrava possibile
essere più vicini
di così. I loro corpi aderiscono perfettamente. Miyazawa
stringe una gamba
contro il fianco di lui e sospira, mentre il bacio diventa
più impetuoso,
sensuale, inarrestabile, come il loro desiderio.
Ecco,
pensa Miyazawa, questo è uno dei quei
momenti. Momenti in cui il mondo sembra ridursi ad una bolla
di sapone che
racchiude soltanto loro due e fuori il nulla, niente che possa
distrarli,
fermarli o semplicemente raggiungerli.
Quando
sono costretti a separarsi per respirare, restano l’uno
incollato all'altra, a
guardarsi negli occhi senza battere ciglio. Miyazawa è
scossa da brividi
violenti e le sembra che il letto ampio e comodo li stia chiamando,
complice la
solitudine della casa. Ma in teoria non è così
che avevano deciso di passare il
pomeriggio. Una piccola, piccolissima, ma martellante parte di lei,
quella
difficile da mettere a tacere, le sta sussurrando che hanno altro da
fare. Si
schiarisce la voce.
«Ehm…
Noi dovremmo… i compiti…» balbetta,
sentendosi un’idiota totale.
Pensa
che Arima scoppierà a riderle in faccia un’altra
volta, invece la fissa in
silenzio per un istante, poi fa un sorrisetto e si allontana da lei,
lasciando
ricadere le braccia lungo i fianchi.
«Sì,
hai ragione. Meglio mettersi al lavoro, abbiamo un sacco di
compiti».
Eh?
Miyazawa spalanca gli occhi, stupita. L'espressione del
ragazzo non la convince
affatto. Le sembra di intravedere ancora lo sguardo
alla Asaba, lì dietro, da qualche parte. Arima sta
tramando qualcosa. Cosa?
In fondo, però, è vero che ci sono i compiti da
fare. Si sono incontrati per
quello, non per… il resto dopo, magari.
«Cominciamo
da matematica?» propone Arima mentre si siede sul pavimento.
È quella la loro
postazione quando studiano insieme, seduti o allungati per terra con i
libri
sul tavolino basso. Ora che si trova di spalle, lei ne approfitta per
acciuffare l'orsetto di peluche e ficcarlo nell'armadio alla
velocità della luce.
«Sì,
va bene» risponde, ostentando
disinvoltura.
Ancora
un po’ accaldata, si siede accanto a lui. Tirano
fuori libri e
quaderni e lei suggerisce di ripassare la teoria prima di iniziare gli
esercizi. Meglio fare le cose con ordine. Apre il capitolo alla prima
pagina e
comincia a leggere silenziosamente. Arriva fino in fondo al paragrafo
prima di
rendersi conto che non ha capito una parola. Il silenzio profondo della
casa,
che di solito le facilita la concentrazione, le rimbomba nelle orecchie
peggio
della baraonda prodotta da Kano e Tsukino quando sono insieme nella
stessa
stanza. L’unico rumore è il ronzio continuo delle
cicale eppure quando rilegge
il paragrafo per la seconda volta non ottiene risultati migliori. Le
sembra privo di significato. Tutta la sua attenzione converge verso un
punto alla
sua destra, dove siede Arima, così vicino che basterebbe
allungare appena una
mano per toccarlo… Trasalisce involontariamente. Per
giustificare quel
movimento improvviso, si affretta a cambiare posizione e la sua gamba
urta
contro quella di lui. Perfetto. Arima solleva gli occhi dal libro e la
guarda
con aria interrogativa. Sicuramente si starà chiedendo il
motivo di tutto quell’agitarsi.
«Allora,
cominciamo il primo esercizio?» esclama Miyazawa, affannata,
cercando di darsi
un contegno. Con un certo sforzo, rimette qualche centimetro di
sicurezza tra sé
ed Arima.
Lui
alza le spalle. «D'accordo».
Sembra indifferente, ma tiene gli occhi bassi e lei
non riesce a scorgere la sua espressione. Il fruscio della carta mentre
sfogliano i quaderni rompe il silenzio per qualche secondo, poi Arima
tempera
la sua matita. Miyazawa osserva ipnotizzata il movimento ripetitivo
della sua
mano. Adora quelle dita così sottili e delicate…
Adora sentirle correre sulla
pelle, evocando sensazioni di cui lei non conosceva neanche
l’esistenza fino a
poco tempo fa. Poi solleva lo sguardo e si accorge che Arima la sta
osservando.
Ha le sopracciglia inarcate e sembra divertito, ma la sua espressione
è
intensa. A qualunque cosa stia pensando, di sicuro non è la
matematica ad
accendergli quella luce negli occhi.
«Tutto a posto?» indaga, tranquillo.
«Sì!» risponde lei con voce stranamente
alta e
squillante e un attimo dopo arrossisce da capo a piedi e prova la
fortissima tentazione
di sbattere la testa contro il tavolo. Perché
le è uscita in quel modo, accidenti?! È stata
così… ridicola!
Afferra la matita con gesto stizzito e guarda l’esercizio.
La sua concentrazione non è migliorata. Affatto. Adesso
invece di un mucchio di
parole senza senso, vede un mucchio di numeri senza senso. E il caldo
afoso decisamente
non aiuta. Le sembra di essere seduta accanto a un fuoco. Al suo fianco
sente
il respiro lieve di Arima e tutti i suoi sensi si concentrano su quel
movimento
appena percettibile. Non esiste nient'altro. Neanche una
bomba che le
scoppiasse sotto il naso potrebbe distrarla. Quando si
accorge di
aver iniziato a tamburellare con la matita sul quaderno, non ce la fa
più.
«Al diavolo!» sbotta e lancia via la matita che
rotola sul tavolo e scivola a terra.
«Che c'è?». Arima la sta fissando di
nuovo e non
sembra per niente dispiaciuto di interrompere lo studio.
Miyazawa ha l’aria stravolta, le guance rosse, il
fiato corto e gli occhi grandi e brillanti. «Stai pensando
quello che penso
io?»
Lui fa un sorriso sghembo. «Dipende. Stai pensando
che ci sarebbero cose da fare ben più interessanti dei
compiti?»
«Indovinato!»
Ridendo, Miyazawa gli si lancia letteralmente
addosso. Arima tende le braccia per prenderla, ma cade comunque
all’indietro,
sul pavimento, Miyazawa sopra di lui. Non è affatto stupito
da quell’entusiasmo,
anzi, sembra che lo condivida in pieno. Solleva la mano per scostarle
dalla
fronte una ciocca di capelli in disordine.
«Chi sei tu e che ne hai fatto di Yukino Miyazawa?»
chiede, fingendosi sopreso.
«Quello che tu
hai fatto di Soichiro Arima, credo» risponde lei,
allegramente.
Arima riesce solo ad emettere uno sbuffo di
risata prima che la sua ragazza gli chiuda la bocca con un bacio.
~ Fine ~
Questa shot è stata scritta per lo SfigaFandom Fest 2013 organizzato da Fanworld.it. Il prompt da utilizzare era "compiti a casa" (che, a causa della mia scarsa fantasia, ho usato anche come titolo...), i personaggi Arima e Miyazawa. Era da sempre che sognavo di scrivere qualcosa su KareKano, anche se me ne sono resa conto soltanto scrivendo questa fanfiction xd. Spero di aver fatto un buon lavoro e di essere riuscita a strapparvi un sorriso. Grazie, alla prossima!