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Autore: MGPrometheus    07/04/2013    3 recensioni
Sulle Nove Muse pende una maledizione: se non si riuniranno prima di compiere quarant'anni, moriranno all'istante e cederanno i poteri alla propria discendenza. Il destino di Alice sta per compiersi, ma solo soffrendo potrà imparare a morire.
Questo racconto onirico e psichedelico vi porterà alla fine del viaggio di Alice, descrivendolo però in seconda persona.
Genere: Angst, Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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«Tu sei morta» sbarri gli occhi. «Non puoi essere qui» un brivido su per la schiena. «Chi cazzo sei?»
«Tesoro, sono io.»
No, non puoi crederci: lei è morta vent’anni fa. Forse stai sognando. Ti mordi il piercing alla lingua, ma Dolores non sparisce, rimane ferma in mezzo al prato.
«Sono morta?» chiedi. «Questo è il par-»
«Non sei morta, Alice. Non ancora.»
Una folata di vento ti scompiglia i capelli, mentre quelli di Dolores restano immobili, come pietrificati.
«Zia, n-non sei viva, vero?»
Si apre un baratro sotto i tuoi piedi e precipiti urlando. Il vento ti chiude gli occhi e tende i capelli, tirandoti il cranio. Fiamme gelide divampano nello stomaco.
Qualcosa ti afferra la vita e ti strattona verso sinistra. Cadi sul soffice.
Apri gli occhi. Sei avvolta da una nube di polveri purpuree che, posandosi sul terreno, danno vita a un oceano sabbioso.
Odore di fiori appassiti e carne morta.
«Non dovresti fuggire così.»
Ti giri, Dolores troneggia su di te. Si gratta una guancia, stacca un pezzo di pelle violacea e lo mette in bocca. Mastica. Altri lembi di pelle si staccano dagli zigomi denudando l’osso.
Tremi, una mano invisibile ti stritola i polmoni. Tua zia ride fragorosamente. «La sabbia ha seppellito il tuo cuore. Non batterà più.»
Scatti in piedi. «Non capisco. Cosa cazzo sta succedendo? Dove mi trovo?»
La tunica nera di Dolores si agita ed esplode in uno stormo di corvi, il cui gracchiare ti graffia le meningi. Porti le mani alle orecchie e urli. I corvi volano via, oltre l’orizzonte.
Alzi lo sguardo. Nubi di piombo liquido divorano il cielo notturno.
«Svegliati!» intona un coro gregoriano.
Ti guardi intorno spaesata, non capisci da dove vengano quelle voci.
«Chi siete? Fatevi vedere!»
«Svegliati, ti prego!» il canto proviene da ogni singolo granello di polvere che volteggia nell’aria. «Non abbandonarmi.»
Ti porti le mani alle orecchie. «Basta! Basta!»
Silenzio. Tiri un sospiro di sollievo.
«Alice, ti amo!» stavolta distingui la voce di Ray, ha un tono disperato.
Una lacrima solitaria ti riga la guancia sinistra. «Ti amo anch’io!» Un tuono ruggisce, il cielo inizia a piangere sangue. Ti inzuppi da capo a piedi, i capelli pesano sulle spalle e la vestaglia da notte si appiccica sulla pelle. Il terreno ormai fangoso ti inghiotte fino alle cosce. Avanzi a fatica in quel liquido denso, le gambe pesanti come mattoni. Un masso emerge dalla fanghiglia, ti aggrappi. In un’orgia di cigolii metallici, il masso si stacca da terra e sale verso il cielo. La forza di gravità ti artiglia i piedi nudi e li tira verso il basso. Stringi i denti, ti trascini sul masso e ti stendi sulla pietra.
Conti dieci battiti prima di alzarti.
Dolores galleggia sospesa a pochi palmi dal suolo. È a petto nudo, al posto delle braccia ha un paio di tentacoli verdi, al posto delle gambe ha otto zampe di ragno.
«Hai fallito, Alice.»
In quel momento ricordi tutto: non sei riuscita a riunire le muse prima di compiere quarant’anni. Sei in coma.
Tremi, la bocca si prosciuga, il cuore è un tamburo impazzito. Non vuoi morire, non vuoi che finisca tutto così.
Inspiri, focalizzi la mente sulla melodia più potente che tu conosca e la canti. Silenzio, dalla tua bocca non esce alcun suono. Hai perso i poteri.
«Tesoro, se vuoi risvegliarti devi lottare. Ma non così e non contro di me.»
Dai capezzoli di Dolores zampillano dei potenti getti di petrolio. Il liquido nero la ricopre e, sotto di esso, il corpo brulica come uno sciame d’insetti. Dal petrolio emerge una donna avvolta in una tunica bianca decorata con triangoli neri. I suoi capelli di fuoco ondeggiano noncuranti della pioggia battente. I suoi occhi, uno verde a uno azzurro, scrutano la spada che tiene nella mano destra.
Solo allora ti accorgi di avere anche tu una spada in mano.
La prima stoccata saetta da destra, pari all’altezza degli occhi. L’impatto ti piega il polso.
Capelli-infuocati ghigna. «Questo duello c’è già stato» la voce di vaniglia. «Ma stavolta andrà diversamente.»
La sua spada fende l’aria, schivi a sinistra, lei ti anticipa con una falciata. La lama ti taglia la vestaglia e graffia la pelle. Una singola goccia di sangue scende lungo il fianco. Devi reagire!
Provi un fendente con il polso girato, diretto allo stomaco, ma Capelli-infuocati schiva indietreggiando. Nella sua mano sinistra si materializza una palla di fuoco azzurro. Te la lancia addosso, la schivi per pochi centimetri, ma una forza ti strappa di mano la spada e te la infilza nelle budella. Dolore. L’arma evapora tra gli schizzi di sangue. Cadi in ginocchio. Un sapore ferroso ti inonda la bocca, brucia la gola, riempie i polmoni.
Ti stendi sul terreno e perdi lo sguardo nel cielo. Il sole squarcia le nubi e ti riscalda il ventre sanguinante, le braccia, il viso. Non riesci a chiudere gli occhi: la luce ti avvolge, ha la consistenza del miele.
Un peso ti schiaccia il petto e ti impedisce di respirare, la vista si annebbia. Ti senti più debole a ogni battito.
Vorresti sentire il profumo speziato di Ray, assaporarne le labbra di zucchero filato, lasciarti cullare dal ritmo del suo respiro.
“Kingdom of Heaven” degli Epica ti invade la mente.
Guidaci al sicuro oltre i cancelli della morte.
Non riesci più a percepire il tuo corpo, ti senti leggera.
La morte non è l’ultima istanza.
Buio.

  
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