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Autore: cartacciabianca    08/04/2013    5 recensioni
Quella parte era sempre la più difficile: la caccia poteva durare per giorni senza sosta, senza respiro, perché un solo sopravvissuto avrebbe potuto fare la differenza tra la vittoria definitiva e una nuova sconfitta.
E il suo Maestro era decisamente quel genere d'uomo che non ammetteva la sconfitta.
Genere: Azione, Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Charles Lee, Haytham Kenway
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Hunting Cats'
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L'ARTISTA

II parte

.: * :.

New York City Hall

 

 

 

 

 

 

 

 

 

— Sveglia, Charles. Siamo in ritardo. —

Il giovane del Cheshire sobbalzò tra le coperte, stringendo più forte il cuscino mentre Haytham attraversava a grandi passi la sua stanza, già impeccabilmente vestito, per andare ad affacciarsi a quell'unica piccola finestra che dava sul cortile interno, dove una pioggerella ora sottile cadeva dal cielo giallognolo.  

— Perdonatemi, Sir,— balbettò Charles, scattando in piedi e guardandosi attorno con l'aria di chi s'è risvegliato in un luogo sconosciuto. — Spero che la cena non si sia freddata… —

— La colazione, vorrai dire, — lo corresse Haytham con tono visibilmente irritato, ma non senza velare una puntina di compassione, come se non fosse in piedi anche lui che da pochi minuti; cosa che probabilmente era.

Quand'ebbe inghiottito la sorpresa, Charles cominciò a sistemarsi la camicia nei pantaloni con l'urgenza tipica di un grande imbarazzo, che gli aveva imporporato le guance e le punte delle orecchie.

— Non sta bene saltare i pasti, — commentò Haytham a bassa voce, mentre avvertiva il suo apprendista affaccendarsi nella stanza dietro di sé. — Ma, personalmente, devo ammettere di avere un gran appetito. E l'appetito è segno di buona salute, Charles. —

— Esatto, Sir, — ne convenne Charles, distratto. Mentre si metteva gli stivali, che doveva essersi sfilati nel sonno (perché ricordava di averli avuti ai piedi fino all'ultimo), lanciava occhiate alla figura scura dall'altro stagliata contro il vetro, come per accertarsi che fosse ancora lì e, nel contempo, sperando che Haytham continuasse a dargli le spalle a quel modo; quel modo forse anche un po' trattenuto che stava sinceramente alleviandogli la coscienza di fronte alla gravità della sua personale indolenza, ricaduta su di sé come sul suo Maestro.

Come aveva potuto dormire così a lungo?!

Ma cosa più assurda…

Stava davvero ancora piovendo?!

Dopo essersi allacciato il cravattino alla buona, Charles si arrestò di colpo al centro della stanza. Si sentiva la schiena scoperta. Troppo scoperta, pensò stirandosi le pieghe della camicia sul petto finché non giunse l'illuminazione.

Il panciotto.

Mentre lo cercava con gli occhi attorno a sé si passò una mano sul volto, accorgendosi disgraziatamente di aver bisogno di radersi ma che la fretta del suo Maestro non glielo avrebbe permesso (almeno non senza rischiare di sgozzarsi.) Fu in quel momento che Haytham si voltò e trovandolo ancora in quello stato non poté trattenere una smorfia contrariata. Lo superò sfiorandogli appena una spalla, nello spazio ristretto della stanza, e uscì, lasciando la porta aperta e il suono dei sui passi a riecheggiare nel corridoio come monito.

Charles scattò con l'intenzione di imitarlo, quando il panciotto apparve proprio là, sotto al suo naso, indosso allo schienale della sedia come su un manichino. Con un ghigno se lo infilò alla buona e uscì anch'egli, finendo di allacciarsi l'ultimo bottone sulle scale.

Al pian terreno c'era una certa confusione, segno che la mattinata era già bella che inoltrata.

Una pattuglia di soldati aveva occupato l'intero spazio del piccolo bancone e qualche tavolo nei suoi dintorni. Una giovane coppia si teneva le mani vicino alla finestra, liberandole ogni tanto per sorseggiare una bevanda calda che, tra uno sguardo languido e l'altro, avrebbe smesso di fumare prima che fossero riusciti a finirla. Tre giovani si scambiavano pareri su dei sonetti italiani inghiottendo whisky di ottima etichetta. In fondo alla sala, come un'ombra, se ne stava zitto un uomo con un libro.

Ad uno dei tavoli della corsia centrale, quella sotto ai due pilastri che reggevano il basso controsoffitto, si stava or' ora sedendo il suo Maestro e Charles lo raggiunse in contemporanea al "buongiorno" di Damion Dane. Entrambi gli ospiti ricambiarono e poi il locandiere dispose l'abbondante colazione sotto ai loro nasi, mentre Charles prendeva posto all'altro capo del tavolo, di fronte ad Haytham che, con palese antipatia, si apprestò ad evidenziare la necessità di avere del sale a parte, soffocando così, sul nascere, il gaio commento di Damion sulla loro consistente dormita. Quindi furono soli.

— Come prima cosa dobbiamo aggiornare Johnson sulla nostra sistemazione, — cominciò Haytham infilandosi il tovagliolo nel colletto. — Siamo partiti così di fretta da non riuscire neppure a chiedere pareri su una locanda ragguardevole. Non che questo luogo mi dispiaccia, anzi. Abbiamo però perso molto tempo prezioso e stiamo continuando a sperperarne, Charles. Stabilire un collegamento epistolare è la nostra prima priorità. —

— Yes Sir. —

— Perciò oggi vorrei che ti recassi alla stazione di posta con questa, — disse alludendo ad una piccola carta quadrata e ingiallita accanto al suo gomito e che Charles non aveva notato prima di allora.

Si allungò a prenderla e la infilò nella tasca del panciotto.

— L'avrei chiesto al locandiere, — aggiunse Haytham, guardando in modo critico il boccone troppo cotto infilzato nella sua forchetta, — se non sapessi quanto la carenza di personale si faccia sentire soprattutto nei giorni di pioggia, — concluse mestamente.

— Quando l'avete scritta? — chiese Charles.

— Ha importanza? — Haytham lo fulminò con un'occhiataccia.

Il sale arrivò.

— Nel frattempo io sarò al Municipio, — riprese Haytham, cupo, quando Damion scomparì di nuovo dalla sua vista. — Vedrò di fraternizzare con qualcuno di quegli imbellettati bellicosi, così da avere notizie fresche dal Nord… —

— Ma la Guerra non ci riguarda, Sir, — obbiettò Charles, prendendo ora ferma posizione nell'Ordine, poiché il titolo militare lo vincolava sul Fronte contro i Francesi esattamente o più di come vincolava i loro fratelli John Pitcairn e William Johnson.

— Non ancora, — lo corresse Haytham. — Ma ho il presentimento che i nostri amici ci hanno buttato già un occhio, perciò abbiamo tutto il diritto di fare altrettanto. —

— Lo dite solo perché è quello che fareste voi, — commentò.

— Sì, è vero. —

Charles rise, e quando notò l'ombra di una ruga da sorriso accennarsi anche all'angolo della bocca dell'altro, cominciò a mangiare, più sereno, i suoi fagioli.

 

.: * :.

Si separarono solo a mezzogiorno, sotto un cielo compatto e sempre più plumbeo che non prometteva nulla di buono, ma almeno aveva smesso di piovere.

Nonostante il comportamento di Haytham, Damion si era mostrato signorilmente disponibile nell'indicare ad entrambi le rispettive direzioni.

Per la stazione di posta più vicina Charles avrebbe dovuto percorrere per intera, verso est, la Gold Street e raggiungere la grande Princes Street, da percorrere anch'ella per un mezzo miglio; poi poteva scegliere se svoltare a destra e attraversare il mercato oppure continuare dritto per un altro miglio circa, ma in entrambi casi la sua destinazione si trovava alla fine di Rutgers Street, una parallela della Princes, e non si sarebbe mossa da lì.

Al contrario Haytham avrebbe dovuto riscendere William Street, verso sud-ovest, fino all'incrocio con Pearl Street, e tirare sempre dritto fino al municipio. Il suo percorso si preannunciava molto più breve.

New York non aveva nulla da invidiare a nessuna delle altre grandi città delle Colonie: con il suo porto maestoso, palcoscenico di dragoni a quattro alberi che arrivavano direttamente dalle coste africane carichi di sete, spezie e schiavi, e il glorioso reticolato commerciale che portava tè, zucchero e caffè in ogni spiaggia conosciuta di quella fetta di Mondo, era come una grassa regina avida ad un ballo delle debuttanti. Nonostante la cappa grigia a sminuirne i contrasti, Haytham la trovò ricca, rigogliosa come la quercia più bella del Royal Green Park di Londra, ma stava attraversando un quartiere piuttosto a bene, con le facciate pulite e le ampie finestre per fronteggiare le calure estive, le belle insegne pittate e le grandi vetrine dei negozi: se si fosse spinto di poco oltre i confini storici della cittadella era certo di aspettarsi un panorama completamente diverso, perciò decise di aspettare ancora un po' prima di darle un giudizio generale. Non appena il tempo fosse stato più favorevole, infatti, avrebbe girato l'intera penisola, spingendosi fino alla Frontiera, magari, ma per adesso doveva accontentarsi di visitare il vecchio pollaio e stringere la zampa a qualche vecchio gallo…

Svoltato l'angolo, fu sorpreso di ritrovarsi in una gran folla di nobiluomini imparruccati, che con la consistenza e l'aspetto di un tampone di cotone otturavano la via di fronte all'ingresso del Municipio. La città ne possedeva due già da metà secolo, ma quello era il più antico e si presentava come un basso edificio in mattoncini dall'aspetto comune, se non fosse stato per la grande Union Jack che ci svolazzava.

Le porte erano chiuse.

Haytham sospirò, prese un respiro profondo e con un sorriso falsissimo si rivolse al primo civile alla sua destra, domandando cosa fosse tutta quella confusione e perché il City Hall non avesse ancora aperto.

— Le elezioni, Ser. Che il Signore ce la mandi buona! Belcher ci aveva promesso che non un'altra stretta (*) avrebbe attanagliato i colli dei nostri figli, ma sono passati due anni e adesso anche il mio piccolo John ha l'età per la Guerra, ed io voglio che completi gli studi, non che vada a farsi scalpare da quei selvaggi! Dio mio! — La sola idea lo fece diventare verde di terrore.

Haytham annuì, compassionevole, e si lasciò stringere la mano quando gli diede ragione. Dopotutto anche lui stava perdendo alleati preziosi per via di quella dannata Guerra, a cominciare da Pitcairn, ma se la situazione stava peggiorando davvero come aveva sentito dire, presto o tardi si sarebbe ritrovato solo.

In quel momento un soldato di Sua Maestà uscì dal Municipio e corse alla campana reggendosi la spada al fianco con una mano. Suonò una decina di rintocchi e in pochi secondi un silenzio teso, immobile, calò sulla piazza.

Però! Hanno fatto in fretta, pensò Haytham.

Gonfiandosi d'aria i polmoni il soldato gridò che le elezioni erano state rimandate, e senza specificarne la ragione lasciò il suo piedistallo, sparendo dentro all'edificio.

Come non detto.

 

.: * :.

 

La reazione di disappunto era stata unanime, ma la folla si era dispersa in fretta.

Ormai di fronte al Municipio non rimanevano che tante impronte nello sterrato e solo un paio di teste, coperte da bei capelli a tricorno tra i quali spiccava quello blu bordato d'oro di Haytham: sicuramente non alla moda di New York, ma sufficientemente elegante, insieme al resto dei suoi abiti, da attirare l'attenzione di un giovane dietro di lui. Accarezzandosi il pregiato panciotto di velluto verde (davvero un azzardo in quell'infausto giorno di mal tempo - e gli andava anche lungo), lo sconosciuto gli domandò se non fosse un qualche membro illustre della Compagnia delle Indie Orientali, il che equivaleva a dargli del forestiero, ma lo disse come se oltre a quello Haytham fosse anche di pelle scura. Tanta scortesia era davvero ingiustificata, pensò Haytham, e quello era un povero idiota; oppure lo infastidiva il fatto che in Inghilterra fossero rimasti sarti capaci, quelli che prendevano le misure prima di tagliare la stoffa.

— Un visitatore, — rispose Haytham seccamente, senza staccare gli occhi dalle porte del Municipio che si stavano riaprendo piano, come se qualcuno al suo interno volesse accertarsi di potervi uscire inosservato. Infatti comparve lo stesso soldato, che quand'ebbe completamente aperto i battenti si sistemò di guardia a un lato dell'ingresso, impettito e con la baionetta sulla spalla.

— Ora il Municipio è aperto ai visitatori, — lo informò il giovane con tono accademico, come se si fosse rivolto ad un ragazzino o peggio, a un deficiente.

Haytham gli lanciò un sorriso forzato, e ignorando il prurito alle nocche si diresse verso i gradini.

Avere con sé la raccomandazione firmata dal Governatore Pownall non lo alleggeriva più come una volta, e anzi la carta bollata sembrava avere un suo peso specifico superiore al piombo. Se in passato aveva confidato nella sua utilità, ora Haytham se la sentiva nella tasca solo come un inutile fardello, e poiché non era nella sua natura graziare il superfluo, mentre saliva le scale la strappò in una dozzina di parti e prima di varcare la soglia del Municipio li affidò ad una folata di vento che li portò lontano tra i tetti luccicanti.

Pioveva.

 

.: * :.

 

 

 

 

 

 

 

Note

Sono quasi certa che questo ciclo dedicato all'Artista avrà più di tre parti.

Ho detto quasi perché potrei improvvisamente rompermi le balle, come voi, di Municipi e Governatori e puntare tutto sull'azione, come mi ha giustamente ricordato una lettrice.

(*) Per quanto riguarda la stretta, ovvero "The Press" come dicevano gli Americani, si tratta di una consistente azione di reclutamento forzato fattasi (oddio che orrore di scelta verbale) a New York in quegli anni. Ora non ricordo precisamente quanti e come, ma so con esattezza che alla fine del '57 agli Inglesi le cose su al Nord, in piena Guerra Franco-Indiana, le cose non andavano proprio bene e che quindi c'era bisogno di parecchia mano armata; New York in questo senso aveva, come ho scritto nei miei appunti, "un porto rinomatamente 'corsaro', e la marina britannica sai quanti ne ha pescati di begli squaletti lì da scagliare contro i pesciolini francesi che nuotavano nelle sue acque."

E' stato questo, in un certo senso, a rinnovare il mio interesse per Master and Commander: Ai Confini del Mare (pellicola del 2003 di Peter Weir.) Pur essendo ambientato durante le Guerre Napoleoniche, ovvero lontano dagli attuali punti di interesse del mondo di AC, è un film incredibile, ricco di un'arte, di una passione e di una cultura senza eguali. Ho scoperto da poco che è tratto da una serie di venti romanzi, ma già ne ho letti due e devo dire che nemmeno Weir, anche se ci è andato parecchio vicino, è riuscito a fare giustizia alle immagini, ai personaggi, alle situazioni e alla ricchezza di dettagli di Sir Patrick O'Brian.

"Ma perché diavolo 'sta pazza ha cominciato a fare salotto su un altro fandom?"

Ok, ora vi lascio.

Sperando che il capitolo, anche se tranquillo come o più del precedente, vi sia piaciuto.

E che il mio Haytham sia ancora IC.

A presto.

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