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Autore: Felis    08/04/2013    2 recensioni
Quasi ogni giorno ci capita di doverci spostare, per lavoro, per studio, o semplicemente per andare a casa di un amico. Chi può dire di non aver mai preso un treno, un aereo, un autobus?
La maggior parte delle volte arriviamo a destinazione senza alcun problema.
Ma se durante il tragitto accadesse qualcosa di assolutamente fuori dell'ordinario?
Genere: Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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Note: Un'altra raccolta? Sì, un'altra raccolta.
Premetto che sarà un po' diversa dalla precedente, vorrei provare qualcosa di diverso. Qui ho voluto fare un esperimento di scrittura in prima persona tramite l'uso di un netbook (devo ammettere che ancora non mi convince appieno, ma a voi l'ultima parola). L'idea per questa storia mi è venuta proprio mentre cercavo di scrivere qualcosa durante un viaggio in treno, trovo che l'atmosfera a bordo sia molto stimolante!


#1: Il Treno


I limiti della mediazione interculturale nella

Ore 18.17
Sono sul treno.
Il vagone è quasi vuoto. Nessuno prende mai questo treno a quest'ora.
L'aria condizionata è rotta e si muore di caldo. Dai finestrini entra un'aria che sa di fieno ed escrementi di cavallo.
Ed io, sfortunatamente, devo scendere all'ultima fermata. Ne avrò ancora per un po'.
Dovrei iniziare a scrivere la tesi ma non ne ho assolutamente voglia.
La verità è che mi piace cazzeggiare prendendo nota delle cose che mi succedono intorno.
Se dovessi morire in uno dei tragitti dall'università a casa lascerei ai posteri un resoconto dettagliato della pallosissima vita di una studentessa universitaria. Diciamo che gli ultimi cinque anni della mia vita si potrebbero tranquillamente riassumere in poco più di un gigabyte di spazio.
Due file di posti più in là, alla mia sinistra, c'è una bambina che canta a squarciagola una canzoncina dalle parole incomprensibili, e la madre sembra divertita. Vorrei ucciderle entrambe.

Plin plon
Il treno si ferma. Un altro paesino di cui l'annunciatore automatico non fa nemmeno il nome. Probabilmente non esiste nemmeno sulle cartine geografiche.
Non possiamo permetterci l'affitto di un appartamento vicino all'università.” Mi tornano in mente le ultime parole di mia madre.
Certo, se tu non spendessi tutto lo stipendio di papà in scarpe costose mentre lui spende l'altra metà in sigarette ce lo potremmo permettere eccome.
Ma non siete mica voi che dovete farvi quattro ore di treno cinque volte a settimana per stare a sentire dei vecchi decrepiti che non sanno nemmeno di trovarsi al mondo.
Scrivere mi fa venire sonno.
E' salito un uomo all'ultima stazione. Sulla cinquantina, giacca color cacarella, un borsalino in testa da cui sgorgano discese di goccioline di sudore lungo le tempie.
Mi chiedo perché non se lo levi. Probabilmente gli si sarà incollato in testa, con questo caldo.
Si avvicina nella mia direzione.
Prego silenziosamente che non occupi uno dei sedili accanto a me.
Mi scusi, signorina, è libero?” Mi chiede.
Ecco. E' finita.
La mia buona educazione mi obbliga ad assecondare la sua richiesta.
Faccio cenno di sì col capo.
E lui sprofonda nel sedile di fronte a me, abbandonando su quello affianco una ventiquattr'ore dello stesso colore del completo.
Mi chiedo cosa potrebbe contenere. Probabilmente qualche scartoffia.
La mia posizione mi consente di continuare a scrivere senza essere osservata.
Come ti chiami?”
Charlotte.
Mi chiamo Charlotte. Per gli amici Charlie, ma non vedo a lui come possa interessare.
Un bel nome. Scommetto che gli amici ti chiamano Charlie.”
Mi prende un groppo alla gola. E' come se mi avesse letto nel pensiero.
Mi sai dire che ora è, Charlotte?” Mi chiede, accortosi del mio evidente disagio.
Guardo l'angolo in basso a destra dello schermo.
Le 18.35.”
Fissa una ciocca rossa che mi scivola lungo la spalla come se me la volesse tagliare per annusarla.
Dio, che ansia.
Quest'uomo mi fa venire la pelle d'oca.
Cosa scrivi con tanto fervore?”
Cosa dovrei rispondere? Sto scrivendo di quanto tu sia inquietante?
Un racconto.”
Non so come mi sia uscito. Avrei dovuto dirgli che sto scrivendo un articolo sui molestatori nei mezzi di trasporto pubblici, così magari mi avrebbe lasciata in pace.
Oh, davvero molto interessante. Di che parla?”
Che cazzo te ne frega?
Non lo posso dire. Vorrei pubblicarlo.”
Accenna una risata.
Oh, d'accordo, d'accordo! Ammiro i giovani che sanno quello che vogliono.”
Io vorrei solo che la smettessi di mettermi ansia.
Sembro essermela cavata con quest'ultima risposta.
Ha smesso di fissarmi come Jack lo Squartatore ed ora sta leggendo una copia dell'Economist presa dalla tasca esterna della valigetta.
Posso finalmente rilassarmi un po'.
Il ciondolìo del treno è così soporifero...

19.22
Credo di essermi addormentata.
Il sedile di fronte a me è vuoto.
Ma eccola ancora lì, una valigetta che sembra essersi fatta un bagno nel fango adagiata affianco al finestrino.
Che sia andato in bagno?
Ho la gola secca. Prendo una bottiglietta d'aranciata dalla borsa e me la bevo quasi tutta d'un fiato.
Il treno ha un sobbalzo, ed io per poco non mi tingo la maglia d'arancione.
Solo ora mi accorgo che il vagone si sta lentamente svuotando.
Non vorrei mai trovarmi da sola con quel mix tra Al Capone e Psycho.
Sento un bisogno fisiologico impellente.
Penso che andrò in bagno.

Rieccomi.
Sono rimaste solo due persone nella mia carrozza.
Un ragazzo biondo e lentigginoso con una borsa con su stampato il logo Cyclones a caratteri cubitali –probabilmente la squadra di football di una qualche università-, seduto accanto all'ingresso, e una signora di mezz'età con un vestito a quadri poco dietro di me.
Faccia da piscopatico ancora non si vede.
La valigetta sembra essere stata aperta di recente.

19.51
Ancora poche fermate e sarò arrivata.
Mi alzo facendo finta di dover sistemare la valigia nel portabagagli, e mi accorgo che anche il ragazzo non c'è più. Sarà arrivata la sua fermata.
Il pensiero di quella valigetta socchiusa sul sedile di fronte mi tormenta da quando mi sono svegliata.
Dopotutto cosa sarà mai una sbirciatina?
-
Cercavi qualcosa?”
La sua voce pungente mi spara un colpo dritto allo stomaco cogliendomi con le mani sul freddo cuoio della ventiquattr'ore.
Io.. mi sono sporta troppo per mettere una cosa in valigia, poi il treno ha curvato e ho perso l'equilibrio.”
Plin plon
La curiosità uccise il gatto, dicono.
L'uomo mi sorride, prende la sua valigetta e se ne va.
Tiro un sospiro di sollievo e sprofondo sul sedile, mentre con il cuore che batte ancora al doppio del normale lo guardo allontanarsi.
Il treno si ferma, le porte si aprono.
Poi riparte, e mi affaccio istintivamente al finestrino.
Il ragazzo non c'è.
La stazione è vuota, immersa nell'ombra.

20.05
Sembra tutto tranquillo dopo lo spiacevole inconveniente di poco fa.
Forse troppo tranquillo.
Sono rimasta sola nel vagone.
Ho fatto due passi per controllare la carrozza anteriore e posteriore alla mia. Nessuno.
Tiro fuori il cellulare dalla tasca... Scarico.
Non mi resta che aspettare.
Che sete assurda.
Mi scolo la seconda bottiglia d’aranciata. In questi viaggi ne porto sempre con me un paio.
Lo ammetto, sono una maniaca dell’aranciata.
Devo andare di nuovo alla toilette.
Non avrei dovuto bere tutta quell'aranciata.
Stavolta porto il netbook con me.

Mi sono chiusa dentro.
C'è una scia di sangue sotto la porta che non avevo notato quando sono entrata.
Un tremendo odore di rancido mi penetra le narici come una vite arrugginita.
Qualcuno non avrà scaricato bene, lo scarico è leggermente aperto.
Premo il pulsante dello sciacquone.
E-
C’è una cazzo di mano incastrata là dentro.
Due dita sporgono dal buco come se si stessero aggrappando per non cadere giù, sulle rotaie.

Tossisco nel fazzoletto che ho in mano. Mi viene da vomitare.
Senza pensarci su apro il cassetto dell'immondizia per buttarcelo dentro, quando vedo un ciuffo di capelli aggrovigliati in del sangue rappreso sporgere attraverso le salviettine di carta.
Dio.
Credo abbia fatto a pezzi gli altri passeggeri.
In quella valigetta c'erano dei fottuti attrezzi da macellaio, ne sono più che certa.
Ma che sto dicendo?
Beh, il fatto che qualcuno si sia tagliato una mano mentre era al cesso e l’abbia gettata di proposito giù per il water per sbarazzarsene è oggettivamente poco plausibile.
Sto iniziando a farmi prendere dal panico.
Respira, Charlotte, respira.
Ok.
Sono chiusa nel bagno di un treno e non ho niente con cui difendermi.
Mi viene da chiedermi se mischiando un’aspirina e un po’ d’aranciata non avessi potuto creare un potente esplosivo, un po’ come con coca cola e mentos.
Potrei beneficiare dell’effetto sorpresa.
Già mi immagino i titoli dei giornali: “Ventunenne scassa il cranio di un macellaio psicopatico con il suo netbook nella toilette di un treno”.
Ti prego, fammi scendere, la prossima fermata è la mia.
Solo qualche altro minuto e poi potrò scapparmene da qui a gambe levate e raccontare tutto alla polizia.
Potrei anche prenderlo come spunto per la tesi.
Solo qualche altro minuto..
Sento dei passi.
Merda.
Merda, merda, merda.
Il lucchetto gira su verde.
Pregate per m



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