Crossover
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Autore: Jade MacGrath    29/10/2007    1 recensioni
[Crossover Battlestar Galactica/Stargate SG-1/Stargate Atlantis] [incompleta]Quando il capitano Kara Thrace si è diretta verso l'occhio di quella tempesta spaziale, aveva finalmente compreso che Leoben e l'oracolo avevano ragione: il suo destino l'attendeva dall'altra parte. Ma non aveva idea che includesse un anello di metallo chiamato Stargate, la città di Atlantis, e una guerra per la salvezza di due galassie...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Telefilm
Note: Cross-over, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Carson aveva ragione. Leoben non vedeva il perché di fare giochetti. Forse perché, come disse al dottore, quando si sta per morire tutto diventa chiaro. Vedeva quello che aveva fatto, e capiva che il suo percorso era alla fine. Ma che aveva dell’altro ancora da fare, prima di dire addio.

Kara però rifiutò di incontrarlo di nuovo, anche solo per pochi minuti. Sorvegliava via le telecamere gli interrogatori, arrivando perfino a suggerire alle volte le domande ai soldati dentro con lui attraverso la radio, ma non sarebbe mai più entrata nella sua cella. Boomer invece si era chiusa in un ostinato mutismo. Sembrava che dopo aver fatto rapporto sulla sua situazione, non avesse altro da dire. Alle volte chiedeva di Sarah, ma niente di più.

Sarah era l’unica che con il tempo iniziò sul serio a migliorare. Passati gli effetti della droga, Weir aveva dato l’ordine di incarcerare anche lei, ma aveva dovuto cambiare idea subito perché Sarah aveva avuto una crisi di panico minuti dopo essere entrata. Vista la sua precaria sanità mentale, Carson suggerì di tenerla sotto sorveglianza con un bracciale elettronico, e di affidarla alla sua tutela. La cosa aveva sorpreso molti alla base, ma non Elizabeth. Carson aveva una gran carica di empatia dentro di sé, era per questo che era un ottimo dottore. Sarah era totalmente indifesa, e visto che i suoi amici non potevano proteggerla, l’avrebbe fatto lui.

Kara lo avvertì di non avvicinarsi troppo, ma qualcosa nei suoi occhi le fece capire che era tardi. Era lo stesso sguardo che aveva Helo su Caprica, quando aveva trovato lui e Sharon, e lui le aveva detto che Sharon era incinta. Aveva urlato di rabbia e frustrazione perché non poteva capire come il suo migliore amico potesse essere così idiota da stare con una Cylon sapendo perfettamente chi o cosa lei fosse, e Helo l’aveva guardata a quel modo. Lui non vedova la Cylon, vedeva la persona. Vedeva la donna. L’essere umano. Pensò che l’ultima cosa che mancava a quel punto, era Carson e Sarah diventassero gli Helo e Sharon locali. Atlantis non era il Galactica, ma molti scienziati, McKay in testa, non vedevano la differenza tra lei e un Replicante. O un tostapane, come avevano sentito Kara chiamare i cylon più di una volta.

Kara fu certa di aver perso il dottore, quando quasi venne alle mani con McKay dopo aver sentito lo scienziato chiamare Sarah ‘tostapane’ assieme ad un gruppetto di scienziati. Zelenka se n’era andato scuotendo la testa, e mormorando qualcosa in ceco di cui l’unica parola che Carson comprese era ‘idiota’. Il dottore era appena reduce da una videoconferenza con l’SGC che annunciava l’imminente arrivo della Odyssey, in cui aveva dovuto riferire delle condizioni della sua paziente. Non esattamente dell’umore migliore per sentire quel genere di commenti. Ringraziando il cielo il maggiore Lorne era nelle vicinanze e aveva evitato che ci fossero conseguenze.

Sarah stava migliorando ogni giorno, ma per quanto riguardava la sua mente era un discorso diverso. I cylon avevano un concetto di emozioni come poteva averlo un bambino. Sarah aveva vissuto sei anni con gli umani delle Colonie, quindi con ogni probabilità aveva iniziato a capire quanto i sentimenti potevano essere complessi. Poi era ritornata dalla sua gente, e infine era stata imprigionata e torturata dai Wraith. E quest’ultima cosa era grave abbastanza per non riprendersi più.

Sarah però voleva ritornare quella che era. Ricordava tutto quello che era stata, quello che aveva appreso dagli Antichi e dai suoi amici di Caprica. Aveva imparato da loro cosa voleva dire essere umana, e questo glielo doveva. Il bracciale di sorveglianza lo capiva, e non era nemmeno una scocciatura. Il problema erano gli altri. Doveva essere questo quello che aveva provato Boomer sul Galactica, nonché ragione principale della sua decisione di starsene da sola nella sua cella.

Ma a differenza di Boomer, lei sapeva che le sue conoscenze potevano chiarire molte cose ai nuovi abitanti della città sui vari laboratori e sulla città stessa. Questa, oltre a sapere di essere molto ma molto più intelligente dell’insopportabile umano che chiamavano McKay, era la sua motivazione a impegnarsi nelle sedute di terapia con Carson e la dottoressa Heighmeyer.

E arrivò il giorno dell’arrivo della Odyssey.

 

“Non sembra eccitato” commentò Vala osservando Daniel che dormiva con la testa sul tavolo in sala mensa.

“Fidati” disse Cameron “È eccitato come un bambino la sera di Natale.”

“Credevo avessimo deciso di limitare i riferimenti culturali che non posso capire…”

“È così eccitato che è stato in piedi tutta la notte.”

“No, è solo perché è preoccupato da morire per l’esito della missione…”

E avrebbe voluto aggiungere che anche lui non aveva una gran cera. Non c’era voluto un genio in quei quattro mesi per capire che il colonnello e il maggiore non l’avevano raccontata giusta. Mitchell, almeno. Appena aveva saputo che Kara poteva tornare prima dalla missione, gli era tornato il buonumore. Poi aveva saputo che il maggiore Thrace aveva deciso di restare. Vala non avrebbe usato la parola ‘deluso’, ma era quella che più ci si avvicinava. Quei ciondoli servivano fino ad un certo punto, la cosa reale era mille volte meglio.

E, a quanto pareva, preferiva vivere in una galassia a milioni di anni luce da lui.

Ormai però non aveva più importanza. Avrebbe rivisto Kara entro pochi minuti, e avrebbe capito come stavano le cose tra loro. Erano ancora in tempo a troncare, dopotutto non c’era più niente di vincolante tra loro.

Con un pezzo di tovagliolo, si allungò per tormentare l’orecchio del compagno addormentato.

“Sveglia, raggio di sole. È ora di vedere che ti ha portato Babbo Natale…”

Daniel si svegliò di colpo, un attimo disorientato.

“Che c’è?”

“Buongiorno!” disse Cameron. “Siamo appena usciti dall’iperspazio. Immagino tu non ti voglia perdere l’atterraggio…”

Mentre Jackson controllava l’ora, la voce del colonnello Emerson annunciò l’entrata nell’atmosfera del pianeta. Daniel fissò sconvolto Cameron e Vala.

“Perché non me l’avete detto?!”

E corse via come un fulmine diretto sul punte di comando.

Vala sputò nella sua mani i semi del frutto che stava mangiando.

“Ok. È un po’ eccitato.”

 

“Eccitata, maggiore?” domandò la dottoressa Weir a Kara, che dal balcone osservava il cielo.

“Un po’. Dispiaciuta, anche. Non vorrei andarmene. Ma a quanto pare la mia squadra è sul punto di ammutinarsi… se non ci sono io a farli rigare dritto, pare combinino di tutto!”

Eliabeth sorrise.

“John sentirà la tua mancanza. E anche noi. Ti eri inserita bene.”

“Questo posto mi piace molto. Mi spiace non poter restare a darvi una mano coi Wraith” disse sfiorando sul petto l’area dove le era rimasta la cicatrice “Ma credo che John salderà il mio debito per me. Ehi, guardi, la Odyssey!” disse poi, indicando con il braccio una nave in lontananza che si stava avvicinando velocemente.

 

“Odyssey, siete autorizzati all’atterraggio” comunicò il responsabile nella torre di controllo di Atlantis.

“Grazie, iniziamo le procedure” rispose il colonnello Emerson, dando ordine al pilota di correggere la rotta e di iniziare a ridurre la velocità. In quel momento, Jackson arrivò correndo e si mise al fianco di Carter, seguito poi da Vala e Cameron.

“Eccoti, lo stavi per perdere” disse la donna.

 “Scherzi? Non l’avrei perso per niente al mondo! Quante volte ho provato a venire qui?”

“Due volte di queste non ci sei riuscito per colpa mia” disse Vala. Come dimenticare il loro primo incontro sulla Prometheus, e quando erano finiti legati da quei braccialetti goaul’d, costretti ad una vicinanza forzata fino a quando il legame non si era affievolito? Entrambi erano ricordi che Vala conservava con affetto… Daniel, un po’ meno.

“Odyssey, qui Weir. Volevo essere la prima a darvi il benvenuto ad Atlantis.”

“Grazie, dottoressa. Stiamo dando un’occhiata alla sua bella città intanto che ci avviciniamo.”

“Sentitevi liberi di prendervi un momento, ma il Comando Stargate vuole che la missione inizi appena finito di scaricare i nostri rifornimenti. Weir, chiudo.”

Jackson fece una smorfia. Finalmente era arrivato ad Atlantis, ma la sua missione non era quella che aveva previsto. Subito avrebbe fatto una chiacchierata con Kara, perché non capiva come mai non fosse riuscita a venire a capo di niente sull’arma e di tutto su Kobol. Poi, dopo il briefing, avrebbe visto questa famosa Sarah. C’era una possibilità che venisse trasferita al Comando Stargate, ma tutto dipendeva dalle valutazioni del dottor Beckett, di Weir, di Carter e sue.

“Daniel, che c’è?”

“Niente, Sam… è solo che speravo che la mia prima visita non fosse in circostanze così poco piacevoli.”

“È solo un’altra missione, Jackson.”

“Con il fato della galassia in pericolo.”

“Andiamo in continuazione in missioni del genere.”

“Vala ha ragione. Se non abbiamo successo, e gli Ori fanno passare altre navi dal supergate…”

“Come ha detto la signora, prendiamoci un momento.”

Seguendo il consiglio di Mitchell, i quattro fissarono in silenzio la meravigliosa città a cui si stavano velocemente avvicinando.

“Benissimo, momento finito. Andiamo a salvare la galassia!”

 

Kara batteva le dita sulla ringhiera, nervosissima. La Odyssey era appena atterrata ad Atlantis, e i rifornimenti stavano venendo immagazzinati in quel preciso momento. In contemporanea, John e Weir stavano discutendo con l’SG-1 il da farsi con quella pazza idea di usare uno stargate della galassia di Pegaso per tenere occupato il Supergate. Non era una scienziata, ma non ci sarebbe stato un problema di dimensioni tra i due anelli?

Ad ogni modo, appena finito il briefing, non ci sarebbe stato modo per lei di sfuggire a Daniel e Cameron. Due conversazioni che moriva dalla voglia di avere.

Sentì le porte della sala conferenze aprirsi, e le voci di John e Cam. Cameron stava facendo i complimenti a John per la città, e John come al solito aveva fatto una battuta delle sue, oltre a dargli consigli (e un limone) per vedersela con McKay, in prestito, a quanto pareva, all’SG-1. 

Cam parlò brevemente con Daniel, e poi la vide sul balcone. Bene, il momento era arrivato. Cam guardò Kara appoggiata coi gomiti alla ringhiera, con addosso la divisa della spedizione, e mentre andava da lei ripassò il discorso che si era preparato in due mesi e mezzo, ovvero da quando Kara aveva rifiutato di tornare sulla Terra. Non c’era niente di scritto, di definitivo tra loro. Avevano dormito insieme quante volte? Quattro? Cinque? Conoscevano dettagli inimmaginabili l’uno dell’altra, ma l’immagine generale continuava a sfuggire. Infatti era convinto che, visto che non era stata in grado di concludere niente, sarebbe tornata subito sulla Terra a quello che sapeva fare, alla sua squadra che solo lei pareva in grado di tenere in riga. Invece Kara aveva trovato motivi per restare, che Landry però non aveva voluto digli. Sapeva della cattura e della prigionia sulla nave Wraith, ma anche quello per lui sarebbe stato un motivo per tornare e non per rimanere.  

 

Kara lo osservò avvicinarsi, fino a quando non le fu accanto sul balcone. Il cuore le batteva all’impazzata. Dei, e ora?

“Kara.”

“Cam.”

Si guardarono un attimo, e poi tornarono a fissare il pavimento e l’oceano.

“Come va sulla Terra?”

“Bene. Atlantis?”

“Tutto a posto.”

“Bene.”

“Bene.”

Ok, si disse Kara, ora o mai più.

“Mi sei mancato.”

“Mi sei mancata” disse Cameron nello stesso momento, e tutti e due sorrisero divertiti della cosa. Cam scosse la testa, e strinse forte Kara tra le braccia. Kara nascose la faccia contro il suo collo, e ricambiò la stretta. Rimasero così parecchi minuti, completamente inconsapevoli di tutto quello che li circondava o che stava per succedere.

“Mi sei mancata” sussurrò Cameron, lasciandola andare.

Kara sorrise “Come, niente rimproveri per la stronza che ha preferito una città al suo ragazzo?”

“Non ti preoccupare, a quello ci arriveremo. Al momento però sono solo felice di guardarti. Ho sentito che ho rischiato di non poterlo più fare.”

Kara abbassò lo sguardo “Hai sentito della mia avventura coi Wraith, allora.”

“Tu sei geneticamente incapace di non ficcarti nei casini, vero Kara?”

Kara pensò un attimo a John, e rise “Sì, è una tara di famiglia. E a proposito di famiglia…”

John scelse proprio quel momento per raggiungerli. Cam si allontanò da Kara per non destare sospetti, ma l’unica cosa che vide sulla faccia di Sheppard fu un’espressione divertita.

“Allora, è lui?”

“È lui” disse Kara annuendo.

“Fate capire anche a me?”

Kara si avvicinò a John “Weir mi ha detto che ‘quella cosa’ all’SGC la sa solo Landry. Direi però che è il caso di dirla anche a lui, che ne dici?”

“Dirmi cosa?”

John annuì e disse che era d’accordo.

“Bene… Cam, ti voglio presentare John.”

“Kara, ci siamo conosciuti prima, in sala conferenze.”

“No, lì hai conosciuto il colonnello Sheppard. Questo è John… mio cugino e unico mio parente rimasto nella galassia.”

Cameron prese un’aria incredula e sbatté gli occhi un paio di volte.

“Certo che ne sono successe di cose dall’ultima volta che ci siamo visti… Scusa, questa me la devi spiegare. Cugini?”

“Non lo sa nemmeno Beckett come possa essere possibile, eppure eccoci qua” disse John.

“Caspita… dev’essere stato uno shock. E da quanto lo sapete?”

“Da quando mi hanno salvato dalla nave Wraith. Era nel rapporto inviato all’SGC, ma a quanto pare Landry ha preferito che fosse una sorpresa.”

“E che sorpresa.”

“Eh già. Mi spiace di non poterti dare una mano, ma il programma delle esplorazioni è fatto e sarò fuori mondo durante la missione.”

“Goditela, considerato che sarà l’ultima tua avventura in questa galassia. Ho intenzione di riportare di peso il tuo posteriore sulla Terra, maggiore, ti piaccia o no.”

“Cos’è, minacci mia cugina?”

“Dio me ne scampi, l’ira funesta di Kara è qualcosa di leggendario!”

John annuì con aria di sapere che voleva dire, e Kara gli tirò una gomitata. Poi tutti e tre si fecero una risata, e ognuno ritornò al suo lavoro.

Kara, per l’occasione, avrebbe avuto una squadra totalmente diversa. I soldati della sua squadra erano stati requisiti dalla Odyssey, e per la prima volta avrebbe comandato un team scientifico.

Si fece una risata. Era quello che McNamara le aveva addotto come ragione per non andare nella galassia di Pegaso. Fare la balia a degli scienziati, come diceva lui, gli sembrava uno spreco del talento della ragazza.

Il team comprendeva il dottor Zelenka, il dottor Graydon, il tenente Cadman e l’appena arrivata dottoressa Crenshaw, che aveva terminato la missione su Kobol. River appena aveva visto Kara si era data ad una delle sue calorose cerimonie di accoglienza, neanche fosse Kara l’ultima arrivata. Trovava interessante che l’ultima missione di Kara coincidesse con la sua prima. Kara guardò il suo team (un ingegnere, un fisico, un marine, e un’archeologa) con un sopracciglio alzato, ma diede comunque ordine dopo il briefing di andare a prepararsi. Sarebbe stata un’esperienza interessante.

 

  
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