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Autore: _eleonora    09/04/2013    14 recensioni
La sedia è caduta sul mobiletto in cristallo con sopra la foto di lui e suo figlio mentre giocano a golf , e ovviamente quest’ultima è caduta a terra frantumandosi. Cerco di raccoglierne i pezzi.
-Lascia stare dopo sistemeranno le domestiche.- Mi dice ancora ridendo il signor Styles.
-No, no davvero. Mi scusi.- Cazzo, una scheggia di vetro. Il dito inizia a sanguinare e io gli sporco addirittura il pavimento di sangue. Mi alzo cercando di smettere di sporcare in giro ma vado addosso ad un vaso. Dio, anche quello si rompe. Johanna, stop. Bloccati e respira.
La porta si spalanca ed entrano il figlio di Styles e una domestica. Ovviamente la porta mi sbatte addosso e io cado a terra dolorante al ginocchio. Oddio ma cosa sta succedendo? Il figlio si guarda intorno.
-Perché hai rotto una mia foto?- Questo lo uccido. Manca poco. Ho già le schegge pronte a terra per un omicidio con i fiocchi.
-Vaffanculo. Starò attenta quando prima di dirmi su parole mi chiederai perché stai pestando il mio sangue.-
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 14

 
Amami quando meno me lo merito, perché sarà allora che ne avrò più bisogno.
                                                                                                              -Anonimo
 
Dove cazzo è l’altra scarpa? Non posso andare al balletto con le scarpe da ginnastica e quelli sono gli unici tacchi che ho, esco dalla porta e vado da Anne che è nella sua cabina armadio che si dedica alla scelta di una borsa da intonare al bellissimo vestito lavanda che le cade morbido fino alle caviglie.
«Anne?» busso alla porta già aperta. Lei alza lo sguardo e mi esamina attentamente, oggi quando siamo rientrati tutti fradici lei era in salotto e probabilmente aveva visto tutta la scena, chissà cosa pensa ora di me.
«Dimmi pure.» Sorride come sempre, con lo stesso sorriso del figlio.
«Vedi, non trovo le scarpe e pensavo che magari potevi prestarmene un paio tu.» La supplico con lo sguardo, con le mani, con la voce, con il pensiero, con tutto quello che ho.
«Posso fare di meglio.» Mi squadra dalla testa ai piedi e mi prende per mano portandomi in un’altra cabina armadio, questa volta ci sono solo abiti lunghi, dio ma quanti vestiti ha? Si avvicina agli attaccapanni e inizia a guardarne alcuni, è molto inquietante ma credo che voglia darmi uno dei suoi vestiti e non mi dispiace affatto. «Quindi tu ed Harry…» lascia in sospeso il discorso ancora guardando i suoi vestiti sperando che io capisca qualcosa.
«Io e Harry?» la incito a continuare, non so neanche io cosa dire alle parole ‘io e Harry.’
«Vi ho visti oggi e volevo sapere se… ecco, c’era qualcosa di ufficiale.» Domanda titubante, sono quasi certa che voglia sentirsi dire un no. Tossisco all’impatto con l’esplicita domanda, più che altro per la paura.
«Siamo solo amici.» Cerco di rassicurare più me stessa che lei. Lui non mi piace, sono solo attratta dai suoi modi di fare e dal suo aspetto ma non potrei mai sprecare del tempo con lui, è puro divertimento.
«Tesoro, non so voi che idea abbiate di amicizia, ma io ero rimasta che a baciarsi sotto la pioggia fossero gli innamorati della pubblicità dei baci perugina.» Ridacchia prendendo un vestito rosa pallido. Come posso spiegarle il rapporto fra me e suo figlio? – signora, lei ha qualche vaga idea? – «Tieni, questo lo portavo da giovane dovrebbe andarti bene, al massimo lo stringiamo.» Mi porge un abito lungo con la scollatura a cuore davvero meraviglioso. Lo prendo e sento il tessuto morbido scorrermi fra le dita ed accarezzamele, lo poso su una sedia e tolgo il vestito che indossavo prima. «Dopo ti porto di la e ti raccolgo i capelli, poi magari ti trucco un altro po’ e ti do delle belle scarpe. Poi mio figlio si pentirà di averti solo come amica.» Mi fa l’occhiolino e mi aiuta ad indossare il vestito, sorrido perché magari essendo sua madre lo conosce e forse crede che io gli piaccia. Aspetta, perché questo mi rende felice? Lui non mi piace, no no.
Quando scendo dalle scale ormai pronta con i capelli raccolti e gli occhi ben delineati dal nero noto Harold Edward Styles in smoking, di nuovo. E io, di nuovo, potrei svenire da quanto il suo fisico stia bene negli abiti eleganti. Sta parlando con suo padre e mi da le spalle, incontro lo sguardo del signor Styles e un sorriso gli spunta sul volto. Il figlio lo osserva e poi si gira nella mia direzione, avete presente quei momenti da film tipo la sposa che entra in chiesa e lo sposo rimane incantato? Probabilmente la scena deve essere risultata simile. Si avvicina e io rimango ferma sul primo gradino, lo supero di poco nonostante i tacchi e il fatto che lui non è sulle scale, mi porge una mano e io la afferro scendendo anche l’ultimo gradino ma rimango ferma li.
«Che stai facendo?» si sta avvicinando un po’ troppo, ecco che sta facendo.
 «Qualcosa.» Alzo lo sguardo e incontro i suoi occhi.
«Non ti lascio fare il tuo ‘niente’ e credi di poter fare ‘qualcosa’.» Rido e vado verso suo padre, si tratta di una risata alquanto finta, non voglio che lui creda possa esserci qualcosa fra di noi. «Buonasera signor Styles»- Noto lui ridacchiare.
«Vedo che sai come comportarti con mio figlio.» Si complimenta, è già ho dovuto imparare o a quest’ora sarei già incinta. 
«Me la cavo.» Ricambio e sento il mio cellulare squillare, faccio un cenno con la mano al signor Styles di aspettare un secondo e rispondo. «Pronto?» dall’altra parte qualcuno tossisce.
«Johanna, volevo solo sapere come stai.» Dice gentilmente mamma, ero così arrabbiata con lei da essermi dimenticata di richiamarla.
«Sto bene, te?» potrebbe essere già morta, ho solo tanta fortuna che lei mi abbia richiamata, o avrei potuto non sentirla più.
«Bene, me la cavo però la casa è piena di bicchieri.» Mi allontano ed esco dalla porta, lei parla a malapena.
«Sai, oggi ho preso otto e mezzo in diritto e ora sto andando al balletto per festeggiare.» Ho un nodo in gola, penso che se dovessi dargli un nome sarebbe paura, tanta paura che lei stia male e non me lo voglia dire.
«Sono fiera di te tesoro.» La voce è sorridente ma interrotta dal suo continuo tossire. Il nodo ora si chiama terrore.
«Mamma, sicura di stare bene? Se vuoi torno, questa cosa la posso fare anche il mese prossimo.» Quasi lo sussurro lei sospira solo. «Ti prego dimmi che stai bene e che non hai bisogno di me, che vivrai ancora abbastanza da aiutarmi a trovare il vero amore, e che ti potrò portare a vedere le mie foto nelle mostre più prestigiose del mondo, che quando tornerò a casa tu sarai li ad aspettarmi. Ti prego.» La vista mi si offusca, il nodo ora si chiama consapevolezza, consapevolezza che è la fine.
«Te lo prometto.» Ancora tossisce.
«Perché mi hai chiamata?» sembra quasi un insulto da come lo dico ma lei non risponde «Perché?» le urlo addosso. Sento la porta dietro di me aprirsi, mi tolgo in fretta le scarpe e corro nel prato ancora bagnato in modo che nessuno provi ad avvicinarsi, arrivo fino alle mattonelle che contornano la piscina.
«Tesoro, è il 22, sono tre giorni che vivo sfidando la medicina.» Dice ironicamente.
«Devi smetterla di scherzare su queste cose! Smettila, non ne posso più del tuo ridere quando si parla della tua morte. A te farà ridere ma io rimarrò orfana a diciott’anni!» le lacrime iniziano ad uscire. «Tu puoi farcela, hai una massima di un mese, e ne vivrai altri tre.» Cerco di convincere me stessa e non lei, continuo a sussurrarmi quelle parole.
«Johanna, non sono mai stata un donna così forte, da quasi due anni sei tu ad accudirmi, non sono riuscita a combattere contro la morte di tuo padre e di certo non ci riuscirò con una malattia come il cancro.» Piange anche lei, posso immaginarmela davanti a me mentre le lacrime le scendono fino ad incontrare il suo sorriso.
«Mamma…» se lei non sarà forte non posso esserlo io.
«Sei tu quella forte, quella che è andata avanti, che mi ha portata in ospedale tutte le settimane, che mi ha accudita e ha fatto in modo che io non mollassi. Tu ce la puoi fare, devi farcela. Per entrambe.» Si interrompe e tossisce rumorosamente, la sento bere e il ricordo di tutti quei bicchieri mi terrorizza. «Come sta andando?» domanda con un filo di voce.
«Bene, qui hanno anche una sala cinema.» Sto morendo dentro, queste sono le parole più difficili che io abbia mai detto, ma lei si ostina a fare finta di niente e non ho voglia di sprecare il suo ultimo tempo per litigare.
«Dovresti rimanere li a vivere, sai Harry in fondo è simpatico ma è un po’ troppo sfacciato per i miei gusti. Per fortuna vi ho fermati prima che accadesse qualcosa.» Il suo tono è rilassato, per quanto sia possibile. Sento dei passi e delle voci chiamarmi.
«Non sono una bambina.» Sorrido, mi ricorda il nostro ultimo discorso.
«Lo avete già fatto, giusto?» mi domanda arrendendosi.
«Scusa.» Sussurro sorridendo, è bello che si preoccupi per me almeno alla fine.
«Tu gli piaci Johanna, quella sera prima di dormire sul divano è stato in camera tua per assicurarsi che stessi bene. Era terrorizzato all’idea che fossi davvero arrabbiata con lui.» dice tutto d’un fiato prima di tossire nuovamente. «Johanna, non aver paura, fermati un secondo e pensa a cosa faresti se fosse l’ultimo giorno della tua vita. Hai sempre pensato troppo, lasciati andare.» Mi dice con quel tono materno che tanto mi è mancato.
«Tu cosa faresti?» chiedo.
«L’ho già fatto, ho lasciato da parte il mio orgoglio e sto facendo la madre almeno per una volta.» Ridacchia e io piango ancora di più. Quel nodo ora si chiama rabbia, e non posso fare nulla per lei.
«Avrai altre occasioni per farla.» Dico stringendo un pugno la vestito.
«Perdonami.» Sussurra.
«Per cosa?» almeno continua a parlare.
«Per non essere stata una brava madre.» Mi si stringe il cuore.
«Sei stata la mamma migliore che potessi desiderare.» Continuano a scendermi gocce d’acqua fino al collo.
«Non mentire, sappiamo entrambe che avrei potuto fare meglio.»  Ancora ride.
«Stai ridendo mentre la morte ti travolge, chi altro ci riuscirebbe?» sento il petto inumidirsi, non ho abbastanza forze per asciugarmi le lacrime.
«Ti voglio bene, ricordalo.» Mi sussurra per poi tossire.
«Anche io.» Le rispondo.
«Voglio quella foto che hanno esposto sulla mia tomba.» Il suo tono è sorridente.
«Ti prego, non farlo.» Guardo in alto, il cielo e tutti quegli uccelli che volano, le nuvole grigie sparse qua e la che minacciano di un altro temporale e la luna che si intravede ancora bassa. «Ti prego!» urlo ma non ricevo risposte, è finita. Mi faccio il segno della croce e cado a terra sulle gelide mattonelle rannicchiandomi su me stessa, non doveva andare così. Doveva combattere e vincere. Sento il trucco sciogliersi sulle mie guance e quel nodo con lui, cosa mi succederà ora?
Sento due braccia avvolgermi e prendermi in braccio, i suoi capelli mi accarezzano il collo inumidito dalle lacrime, gli occhi sono pesanti e non riesco ad aprirli, non voglio aprirli. Percorre le scale e continuo a bagnarli lo smoking di lacrime e mascara, mi appoggia al mio letto e mi mette sotto le coperte. È tutta colpa sua, se lui non fosse esistito ora sarei con lei ad abbracciare il suo corpo un’ultima volta, invece sono fra delle coperte di seta a piangere da sola.
«Johanna, passerà.» Mi sussurra accarezzandomi.
«No! Non passerà, lei è morta lo vuoi capire? E io potrei essere li con lei, invece sono qui con te.» Scosto bruscamente la sua mano dalla mia guancia. «Ti odio! È colpa tua se non la sto abbracciando, se non ho avuto il tempo di convincerla ad andare in ospedale, se l’ultima volta che l’ho vista le ho urlato contro. È colpa tua.» Nascondo la faccia nel cuscino, e ricordo le parole di mamma ma non so cosa farei se fosse l’ultimo giorno della mia vita. Probabilmente sarei li con lei, le avrei scattato le ultime foto per poi lasciare che se ne andasse fra le mie braccia.
«Ti odio.» Continuo a dire affondando sempre di più il volto nel cuscino, singhiozzo e voglio solo che se ne vada. Che capisca che non sono la ragazza facile dalla bella vita con la quale può fare tutte quelle cose tenere.
Sento la coperta alzarsi e il suo corpo avvolgermi. Mi stringo al suo petto spontaneamente. «Ti odio.» Continuo ripetere al suo petto, sono attaccata a lui e le sue braccia mi impediscono di allontanarmi. «Ti odio.» Dico un’altra volta, mi aspetto il peggio da lui ora, invece mi stringe di più a se e mi bacia i capelli raccolti.
«Ti amo.» Sussurra lui. Alzo lo sguardo, perché non vuole capire che non sono fatta per certe cose, per queste storielle? Aspetto il vero amore, quello che rimanga con me per sempre, che non pensi al presente ma anche al futuro, che sia pronto ad amarmi nonostante tutto, che non si lasci abbattere da niente. Che mi ami davvero, che sia ostinato e mi faccia sognare, che mi faccia bloccare e pensare, wow mi ama davvero. Che mi abbracci anche quando fa male, che mi sconvolga la vita, che mi faccia fremere nell’attesa dei suoi occhi, che mi ami come nessuno ha mai fatto e che me lo faccia capire. Invece lui…. lui… «Ti amo anch’io.» Sussurro. 

Give me a moment.
*vi abbraccia tutte una per una*
Sei recensioni? Vi amo tanto tanto tanto.
*si ricorda che la madre è morta e prende un fazzoletto*
Bhè, alcune di vuoi avevano già capito che sarebbe successo quindi non è proprio un colpo di scena come speravo io.
In ogni caso, non so se l'ultima parte si capisce.
Perchè per quanto mi sia impegnata non sono riuscita a renderla migliore.
Ve la spiego nel caso non l'abbiate capita, ok?
Allora: lei è distrutta per la morte della madre e Harry cerca di consolarla e le dice che la ama, 
questo per farle capire che le starà vicino,
e lei non sa come reagire, perchè fino ad ora credeva che lui fosse solo uno qualunque,
e nella sua testa pensa all'uomo che ha sempre sognato e alle cose che dovrebbe fare per Harry per esserlo.
Qui si rende conto che lui è esattamente quello che aveva sognato, solo che doveva capirlo, perchè Harry non è che le può urlare:
guarda che sono perfetto per te! 
E quindi gli dice che ricambia. 
Bene, ora che mi sono accertata che vi abbiate capito, vi lascio.
Questa volta voglio sprecarmi e chiedervi 4 recensioni, tanto so che ci arrivate.
Al prossimo capitolo :)
  
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