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Autore: Mirai    10/04/2013    1 recensioni
"Blaine ha appena quattro anni quando, seduto sul piccolo sgabello di fronte al proprio armadio, decide che i papillon fanno per lui." Breve one shot che ripercorre la vita di Blaine Anderson, il rapporto con se stesso, con Kurt e il suo percorso per ritrovarsi, una volta solo (storia che comprende fino alla 4x04).
[Tutti i personaggi sono maggiorenni e comunque non miei ma appartenenti ai RIB e alla Fox]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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T​itolo: How to be Blaine Anderson
Fandom: Glee
Pair//Chara: Blaine Anderson
Rating: PG-13
Avvertimenti: angst, introspettiva
Conteggio Parole: 1729
Note: Scritta per la prima settimana della challenge COW-T 3 su Livejournal, per il prompt "Oscurità" :) i pg non sono miei, obv, ma appartengono alla Fox e tutto il resto.
Note 2: Salve a tutti /O/ ho deciso di riprovare a pubblicare su EFP...quindi, eccomi qui :) spero vi piaccia! :D <3


Blaine ha appena quattro anni quando, seduto sul piccolo sgabello di fronte al proprio armadio, decide che i papillon fanno per lui.
E’ più che altro una questione estetica, ma Blaine si compiace nel pensiero che i papillon siano in realtà solo dei fiocchi, e un fiocco può voler dire molto. Un giocattolo nuovo, un cucciolo, un regalo ignoto. Blaine ama la sensazione di grande aspettativa che ha quando sta per aprire un pacco con un bel fiocco sopra: tutti gli occhi sono puntati sulla sua piccola figura accovaccia, lui trattiene il respiro e poi, con un movimento unico e deciso, il fiocco viene sciolto e il regalo scoperto.
La gioia di quel momento è incontenibile, e Blaine non riesce a non sorridere.
Così, a soli quattro anni, Blaine Anderson decide che i papillon fanno per lui e inizia a portarli ogni giorno. Lui è quello, è un bambino che ama i papillon, e non trova un solo motivo per cui doverlo nascondere.

*

Non è particolarmente sorpreso quando la sua passione per i papillon si trasforma in qualcosa di più grande, ampio e, in qualche modo, spaventoso. Perché non sono più solo i papillon, ad essi si sono aggiunti colori sgargianti, maglie strette, camicie a maniche corte, pantaloni aderenti.
A quattordici anni Blaine si ritrova ad avere una passione sconfinata per tutto ciò che non è convenzionale. Ora sa abbinare i papillon con il resto di ciò che indossa e cammina per i corridoi del suo liceo con falsa sicurezza di chi sa come vestirsi ma non sa chi sia in realtà.
Forse sbaglia a concentrarsi solo su cosa portare insieme a quel papillon rosa, enorme, imbarazzante, ma che ama tanto. Forse sarebbe stato un bene spendere qualche minuto in più su se stesso, piuttosto che sul proprio look.
Ma Blaine non fa in tempo, fisicamente in tempo, a realizzare tutto questo, a capire che forse il suo amore sfrenato per i papillon rappresenta qualcosa di più profondo ma che, in realtà, è sempre stato lì, di fronte ai suoi occhi.
Blaine non fa in tempo e, una mattina, a scuola, trova sullo sportello del proprio armadietto la scritta ‘frocio’ ancora fresca, che cola verso il basso. Tutti attorno a lui stanno ridendo e Blaine si rende conto che quello non è proprio un bel modo di scoprire di essere gay.
Poi, senza poter far nulla, tutto sembra andare nella direzione sbagliata. I biglietti infilati nei libri, le cattiverie sussurrate in corridoio, l’indifferenza da parte di tutti. L’oscurità è l’ultima cosa che ricorda del suo vecchio liceo. L’oscurità di quando viene chiuso a forza dentro gli armadietti degli spogliatoi, l’oscurità degli sgabuzzini nei quali si nasconde per sfuggire ai bulli, l’oscurità che l’ha avvolto dopo essere stato picchiato al Sadie Hawkins, dopo aver battuto la testa contro l’asfalto, dopo essersi lasciato andare.
Semplicemente, si arrende.

*

Blaine si ritrova forzatamente iscritto alla Dalton. Una scuola privata poteva essere un ottimo posto per ricominciare, per esplorare meglio se stesso, per capirsi, per ripartire da dove si è fermato prima di sbattere la nuca contro l’asfalto.
Ma quando gli arriva la divisa che dovrà indossare fino alla fine del liceo, Blaine non ha il coraggio di provarla subito. I colori non gli piacciono, questo è sicuro, ma ciò che gli dà più fastidio è la cravatta, con delle righe orrende che la rendono ancora meno sopportabile.
Alla fine deve cedere e, di fonte al grande specchio del bagno, la infila, sistemandola in ogni minimo dettaglio, dai polsini all’orlo dei pantaloni. Non gli sta male, tutt’altro, e gli fa le spalle molto più grandi di quello che sono in realtà. Lo rende diverso, lo rende più serio.
In quell’istante, osservando il proprio riflesso, si rende conto che sarà costretto a mettere da parte i suoi amati papillon, insieme al vero Blaine Anderson, per il tempo necessario. Solo per il tempo necessario.

*

Ma la Dalton diventa una casa troppo confortevole e sicura, e, col tempo, lui dimentica come essere Blaine Anderson.

*

Il momento in cui riprende a vivere, veramente a vivere, è per via di Kurt, che è stato al suo fianco per tutti quei mesi, nonostante tutto. Nonostante Jeremiah, nonostante Rachel –scelte che gli sembrano assurde con il senno di poi, ma che fanno parte di lui, in fondo-, nonostante il suo carattere un po’ distratto e ignaro. E quando lo fa, quando apre gli occhi e si guarda attorno, uscendo dal calore protettivo della Dalton, la mano di Kurt è lì, pronta per essere stretta attorno alla propria.

Kurt, Kurt, Kurt.

Blaine inizia a provare mille sensazioni diverse; vecchie, nuove, spaventose, accoglienti. Affetto, gelosia, rabbia, tristezza, ma soprattutto amore, amore, amore. Kurt. Kurt gli dà tutto e lui farebbe qualsiasi cosa per averlo al proprio fianco, in ogni momento. Non è un passo difficile quello che lo porta a trasferirsi al McKinley, ponderato, certo, ma non difficile.
Sceglie il suo papillon preferito per il primo giorno, è a righe, e un po’ gli ricorda la cravatta della Dalton, ma non ha importanza. La mano di Kurt è subito lì, stretta, calda, forte, inspiegabilmente forte, dolce, e Blaine si sente al sicuro.

*

Durante quell’anno crescono insieme.
Diventano un tutt’uno e non si tratta solo di sesso, no. C’è anche quello, certo, ed è speciale e meraviglioso, ma l’importante è che sono loro due.
Kurt e Blaine. Insieme.
E per Blaine inizia ad essere difficile vedersi separato o lontano da Kurt. Difficile, praticamente impossibile. Non se ne preoccupa se non in alcuni momenti di ansia che lo portano inspiegabilmente ad allontanarsi dalla persona amata piuttosto che ad avvicinarsi, ma per il resto Kurt è lì vicino, lo può toccare, sentire, baciare, amare. Perché è ancora lì, con lui.

*

Quando Kurt parte per New York, per Blaine è faticoso da accettare.
Pensava di essere pronto, aveva fatto così tante prove, allo specchio, in bagno, in macchina, prove di cosa avrebbe dovuto dire al suo fidanzato, all’amore della sua vita, per convincerlo ad inseguire fino in fondo il proprio sogno. Per convincerlo ad andarsene da Lima una volta per tutte.
Ma quando accade davvero è molto più doloroso di ciò che aveva immaginato. Blaine si sente soffocare quasi ogni mattina. Si sveglia, realizza che Kurt non è lì, che è lontano , che non può semplicemente andare a scuola e vederlo per porre fine a quella sensazione di claustrofobia, e cerca di vivere lo stesso, affollando la propria mente di impegni, mandando messaggi ad un telefono che inizia ad essere sempre più ignorato dalla persona dall’altro capo.
Va avanti con una perenne sensazione di pesantezza, come se tutto ciò che lo circonda non fosse lì, ma distante, lontano, irraggiungibile. L’unica cosa che lo fa rimanere con i piedi per terra sono quegli stupidi papillon, condivisi, comprati, scambiati con Kurt, che gli ricordano chi è lui, veramente; Blaine Anderson, il fidanzato di Kurt Hummel.

*

Poi, all’improvviso, dopo l’ennesima chiamata frettolosa, dopo l’ennesimo dubbio che ha deciso di insediarsi nella sua mente, se ne rende conto.
Sa che uno degli affollati corridoi del McKinley non è il posto migliore per avere un’illuminazione del genere, ma va così, e non può farci nulla. Blaine salta matematica e si infila nell’aula del Glee Club.
Tenendosi la testa tra le mani, si rende conto della realtà e fa male. Capisce di non ricordarsi più come fare ad essere se stesso, come fare ad essere Blaine Anderson, solo Blaine Anderson, e fa maledettamente male.
Non ha mai avuto tempo, il passaggio tra la sua vecchia vita e la nuova alla Dalton è stato troppo repentino, e mentre ancora fingeva di essere qualcun altro era arrivato Kurt ad invadere la sua vita, nel modo più piacevole possibile.
Adesso Blaine ha la camicia a maniche corte, i pantaloni stretti, il papillon, la borsa di pelle, ma non ricorda più come mettere insieme i pezzi e crolla. La sensazione di mancamento ritorna, l’oscurità ritorna, rinchiudendolo in qualcosa di molto più grande di lui.
Ora che Kurt non è più al suo fianco, Blaine non si ricorda più come essere se stesso.

*

Come prima cosa si disfa dei papillon, li mette tutti in un unico scatolone e li nasconde in fondo all’armadio. Si illude che possa bastare, si illude che quella telefonata ogni due giorni con Kurt si sufficiente per tenerlo su, si illude e basta.

*

Quando si rende conto che eliminare ciò che gli ricorda di più Kurt non è neanche lontanamente la cosa giusta da fare, il peggio è già accaduto.
Eli C. non è un gran nome, non è bello come Kurt, nessun nome sarà mai bello quanto quello di Kurt, ma è qualcosa. Ed è concreto. E Blaine ha bisogno di qualcosa di reale e concreto, in quel momento, ma non è abbastanza lucido per rendersi conto di quello che sta per fare.
Risponde alla richiesta d’amicizia, risponde al messaggio privato, infine risponde alla telefonata. Si infila una maglia qualsiasi quando va a casa di quel ragazzo conosciuto su Facebook, niente gel nel capelli, niente papillon, nulla. Dei jeans qualunque e una maglia a righe che vola via non appena le sue labbra si scontrano con foga con quelle di Eli.
Eli. Non Kurt.
Va via in preda al panico, tremando nel vedere che ha due chiamate perse di Kurt sul cellulare. Lo stesso Kurt che è ancora il suo fidanzato, che è ancora l’amore della sua vita, che ha appena tradito con uno sconosciuto.
E l’oscurità torna a trascinarlo verso il basso, inesorabilmente.

*

Il senso di colpa lo sta schiacciando talmente tanto che non può fare a meno di spendere parte dei propri risparmi per prendere, da un giorno all’altro, un volo per New York, solo per vederlo e baciarlo ancora una volta, probabilmente per l’ultima in molto, molto tempo. Forse per sempre.
Kurt lo lascia e Blaine è quasi sollevato.
Kurt lo lascia non con le parole, ma con i gesti.
Kurt lo lascia e Blaine rimane solo Blaine.
Avvolto in quella oscurità incatenante, sa di doversi fare perdonare, sa che un mazzo di rose gialle e rosse non può far nulla, sa che è difficile riparare uno strappo così profondo e doloroso. Sa tutto ma vuole provarci lo stesso, e si ritirerà solo se richiesto.
Forse si tratta solo di quello, forse è quello il vero se stesso. Umano, testardo, dolce, imperfetto. Non ne è sicuro, ma forse è semplicemente quello il vero modo di essere Blaine Anderson, e per un po’ avrebbe dovuto imparare a scoprirlo da solo.
Almeno per un po’.
   
 
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