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Autore: reilin    10/04/2013    3 recensioni
Con sua grande sorpresa, si era ritrovata in un luogo meraviglioso e così tranquillo che lei avrebbe potuto scambiare per il Paradiso se non avesse saputo che le ragazzacce come lei non vanno certo là quando muoiono...
La vita di River Song nel mondo di CAL.
|Lievissimo spoiler per la Season 7.|Post Library Fic|
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 11, River Song
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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badgirlsparadise
Bad girls' Paradise


Come ogni sera, River rimbocca le coperte ai suoi tre bambini ed augura loro la buonanotte con un bacio sulla fronte.
 

Come ogni sera, River racconta ad Ella, Joshua e Charlotte una meravigliosa storia per farli addormentare.

Come ogni sera, dopo averli aiutati a mettere il pigiama, River si è seduta accanto a loro, ha aperto il suo logoro diario blu ed ha raccontato loro di una sua avventura in giro nel tempo e nello spazio con il Dottore.
«Ma esiste davvero, questo Dottore?», gli chiede Joshua, scettico.
«E tu lo conosci davvero?», domanda Ella, incuriosita.
River, come ogni sera, risponde a queste loro stesse domande dipingendosi sul volto un sorriso enigmatico ed esalando un pragmatico: «Chissà!». Nella sua mente, intanto, non può fare a meno di riflettere su quanto ironicamente sia più reale un alieno di mille anni che corre verso l'ignoto ed il pericolo dentro un'astronave mascherata da cabina telefonica rispetto alle loro quattro così apparentemente verosimili vite di tutti i giorni, generate e gestite interamente dal computer di una Biblioteca.

É con questo pensiero agrodolce che ogni sera River spegne la luce della stanza da letto dei bambini, tenendo ben stretto in mano quel diario blu Tardis, come se lei, toccandolo potesse in qualche assurda maniera rientrare in contatto con la realtà per qualche attimo, facendole assaporare davvero e fino in fondo qualche istante di vita reale vissuta con quell'uomo impossibile in un tempo ormai distante, perduto per sempre.
River si appoggia contro il vetro dell'ampia finestra del soggiorno ed osserva la luna piena che, come ogni notte da quando si trova in quel posto, splende maestosa in un cielo ornato sempre dalle stesse costellazioni di stelle.

Ha ormai perso il conto del tempo che è trascorso da quel giorno nella Biblioteca dei Lux quando, incalzati da silenziose ombre assetate di sangue, lei ed un Dottore che non era il 'suo' e che non la conosceva affatto, avevano combattuto fianco a fianco -come sempre- ed infine lei, per impedirgli di sacrificarsi, per proteggere il suo passato ed il futuro di lui, si era seduta in quella postazione e aveva collegato la sua memoria a quella di CAL. Aveva quasi riso nel vederlo riprendere i sensi poco prima che il count down fosse finito, si era detta che era rimasto fino alla fine il solito pasticcione con i tempi dei loro incontri, che erano rimasti asincroni fino in fondo, che fino all'ultimo lui aveva voluto fare il contrario di quanto lei gli diceva. E mentre lui cercava di dissuaderla ed addolorato e spaventato -poteva leggerlo chiaramente nei suoi occhi così vecchi e stanchi, ma anche così giovani per lei -, lacrime amare bruciavano nei suoi occhi realizzando l'atroce crudeltà di quel destino che le stava permettendo di compiere quell'estremo sacrificio di tutta se stessa per un Dottore per il quale lei era una completa estranea, un Dottore del tutto incapace di comprendere la portata di questa sua ultima disperata dichiarazione d'amore incondizionato, della sua completa e definitiva resa a lui, l'amore di tutta la sua intera esistenza. Le sue ultime lacrime, però, non le aveva versate per tristezza o paura, anche quelle erano state tutte per lui, per il suo Dottore che la stava perdendo prima ancora di poter comprendere ciò che aveva trovato. Gli aveva sorriso, infine, ricordando a lui ma anche a se stessa che tutto doveva ancora incominciare per lui, che avrebbero avuto tutto il tempo e lo spazio, che lui li avrebbe visti correre attraverso così tante avventure... una piccola ultima bugia, si era detta mentre i suoi occhi fissavano la serie di zeri sullo schermo del count down: la vita che li aspettava sarebbe stata tutt'altro che semplice, fra incomprensioni e tempi capovolti , ma lei non rimpiangeva nulla, non avrebbe osato riscriverne neanche una riga, come aveva continuato a ripetergli fino al suo ultimo respiro.
Un bagliore accecante ed un calore irresistibile l'avevano avvolta, alla fine, e lei li aveva accolti di buon grado, aveva sorriso alla morte che le stava venendo incontro perché non aveva più alcun rimpianto, aveva vissuto fino alla fine come aveva voluto, donando ogni suo attimo, ogni sua energia ed ogni suo pensiero a lui, fino all'ultimo battito del suo cuore.
Con sua grande sorpresa, si era ritrovata in un luogo meraviglioso e così tranquillo che lei avrebbe potuto scambiare per il Paradiso se non avesse saputo che le ragazzacce come lei non vanno certo là quando muoiono. Erano quindi arrivati Charlotte ed il Dottor Moon che le avevano spiegato che il Dottore aveva salvato la sua coscienza e quella degli altri membri della spedizione alla Biblioteca caricandole all'interno della memoria centrale di CAL... quell'uomo impossibile le aveva creato il suo personale Paradiso per ragazzacce, insomma!

Quel posto le era sembrato proprio una sorta di Eden all'inizio: c'erano così tante esperienze nuove da scoprire, prima fra tutte la sensazione di poter vivere una vita tranquilla e domestica come non le era mai stato concesso, con una casa da mandare avanti e dei bambini da educare, tutte cose che lui non le aveva potuto mai dare, queste, e che in qualche modo sentiva che a lei erano mancate... dei figli, un posto accogliente da chiamare casa, una vita normale, forse anche un po' banale e noiosa.
Tutto ciò, che costituiva la  palese normalità nella vita di chiunque, aveva conquistato ed impegnato River Song in una sfida nella quale si era gettata con entusiasmo… entusiasmo che però era durato poco. Non ci era voluto infatti molto tempo prima che lei, benché quasi del tutto inesperta in questioni relative alla vita familiare di tutti i giorni, si rendesse conto che quella in cui ora stava vivendo era una grezza approssimazione del mondo reale, che nonostante si sforzasse ad imparare nuove ricette di cucina, ogni sera, a cena, lei finiva col portare a tavola sempre il solito pollo arrosto con le patate e lo stesso semifreddo al cioccolato. I bambini, per quanto lei li amasse e si sentisse riamata da loro, rimanevano sempre gli stessi, continuavano a domandarle le stesse cose e a combinare le stesse marachelle, non erano cresciuti neanche un po' col passare del tempo.
Il suo cuore aveva iniziato a languire per qualcosa di diverso, di autentico, qualunque cosa sarebbe andata bene pur di spezzare quell'agonizzante farsa che si ripeteva davanti ai suoi occhi invariata giorno dopo giorno: il suo spirito si era progressivamente assopito, la speranza e l'entusiasmo erano ormai sentimenti che non provava più da tanto, troppo tempo.

Si stringe la vestaglia attorno al corpo per proteggersi da un brivido di freddo che non è reale, bensì frutto di complicati calcoli ed elaborazioni informatiche, mentre nel suo cuore arde una triste consapevolezza: è rimasta imprigionata nel Paradiso per ragazzacce che il Dottore le ha costruito. È solo ora che per lei quel Paradiso non è più abbastanza, che non può fare a meno di chiedersi perché lui l'abbia condannata a quella finzione di vita per l'eternità, imponendole una prigionia ben più dura di quella di Stormcage, senza neanche avere la possibilità di ingannare la noia ed il tedio con una evasione. Calde lacrime rigano le sue guance arrossate, mentre il suo corpo è piegato e scosso da gemiti di dolore e disperazione: può piangere liberamente ora, non deve più indossare la maschera di intrepida guerriera... ora può mostrare il danno, tutta la sua sofferenza, lui non è più  lì a guardarla con quei suoi occhi tristi che la scrutano quasi con stupore ed imbarazzo. Lui è sicuramente in giro per quel folle vasto universo e mostra al suo nuovo compagno di viaggio tutte le meraviglie che c'erano, ci sono e ci saranno... ci sono momenti, come questo, nei quali non può fare a meno di chiedersi se lui pensa a lei ogni tanto, oppure l'ha messa nel maestoso mucchio dei sensi di colpa e degli incontri passati, insieme ai suoi genitori ed al cielo sa quante altre persone. E tutte le volte che un simile pensiero le accarezza la mente, subito si pente perché lei sa più di chiunque altro che il Dottore non è così, che lui non dimentica mai nessun individuo col quale ha intrecciato il cammino... è solamente che lui vive da così tanti anni che ha un modo diverso di vivere i suoi rapporti con gli altri e con il tempo stesso... è solamente che una piccola, piccolissima parte di lei davvero non può fare a meno di avercela con lui per averla lasciata in quel Paradiso per ragazzacce...
Quel Paradiso non è abbastanza per lei, non può davvero esserlo se la fa sentire così triste e vuota: quando all'improvviso ci si è ritrovata, credeva di aver trovato l'Eden, il suo Eden, ora ha compreso di aver smarrito la vera se stessa, cullata da quella parvenza di pace e tranquillità.
Aveva davvero pensato - o forse sperato- di avere finalmente a sua disposizione tutto ciò di cui aveva bisogno per sentirsi finalmente una persona completa, nonostante la devastante assenza di lui, ma ben presto aveva amaramente compreso che CAL le stava facendo vedere solo quello che lei voleva vedere, mentre in verità la maggior parte della sua vita era costituita da piccole bugie che si accumulavano le une sulle altre.
Come vorrebbe avere ancora con sé il manipolatore del vortice temporale per potersi librare al di sopra di quel fittizio cielo che la sovrasta e gridare il suo nome a squarciagola fino a sentire male, fino a non riuscire più a respirare, fino a dimenticare tutto.
Questo Paradiso non potrà mai essere abbastanza per lei: ogni volta che lei crede di conoscerlo, finisce per esserne usata, diventando sempre più un ingranaggio di un ben più grande congegno, un file all'interno della memoria del più grande computer dell'universo, perdendo sempre più la propria identità al punto da temere di non riuscire più a ricordare l'adorato, preziosissimo nome del suo Dottore, un giorno, e lei non vuole vivere in un simile luogo, in simili condizioni... River non vuole più vivere un solo attimo senza di lui.
Lei era la Professoressa River Song, archeologa, era la moglie del Dottore, ed accanto a lui ha visto così tante cose: ora è costretta a vivere in un sogno dal quale non può più risvegliarsi.
La disperazione e la rabbia crescono dentro di lei come l'alta marea: perché lui ha voluto salvare la sua coscienza in quel computer?  Perchè non l'ha lasciata andare via, finalmente libera da prigioni e da segreti da dover mantenere? Le ha donato l'immortalità, ma questa è ben misera consolazione per lei che non ha più un corpo, non ha più occhi reali con i quali piangere la sua triste sorte. A lei che già conosceva bene il dolore di lasciarsi tutto alle spalle ed incominciare un'altra vita, cambiando persino nome, lui ha imposto quella bugia silenziosa, in nome del loro amore, costringendola a dare via tutto ciò che lei è stata e a voltare le spalle a tutti i suoi sogni e ricordi, addirittura a lui.
 Ed ora lei vorrebbe solo avere occhi veri per piangere davvero sulla sua farsa di esistenza, per gridare quanto le manca la sua presenza, per potergli chiedere perché, davvero, perché mai lui l'ha abbandonata lì,  perché non l'ha lasciata nella fredda, dura verità del non essere, della morte.

Ora che il Dottore non potrà essere mai più al suo fianco, lei non ha dubbi, l'unica cosa che desidera è entrare nell'oblio e donare finalmente riposo al suo spirito stanco dopo tanto viaggio ed altrettanta sofferenza, poter dire addio una volta per tutte a quel Paradiso per ragazzacce.


Note a fine storia:

Dopo diversi mesi di inattività, torno con questa oneshot ad alto tasso di angst (che ritorno in gloria, eh? ).

Ebbene, credo di non aver fatto mai mistero del mio amore per River Song e di quanto mi piaccia scrivere su di lei, questa volta non ho fatto eccezione, scrivendo una introspettiva dal suo punto di vista ambientata temporalmente in un momento ben preciso: River dopo la Biblioteca.
La cosa ironica è che di solito sono una di quelle persone che va alla fervente ricerca di fan fiction fix it post Library valide: questa volta mi sono abbandonata invece al mio lato Leopardiano ed ho immaginato quale vita possa condurre nel mondo di CAL, ispirandomi alla canzone di Steve Conte “Heaven’s not Enough” (tratta dalla colonna sonora del meraviglioso anime Wolf’s Rain).
Un’ ultima annotazione prima di salutarvi: spesso troverete all’interno della fan fiction delle ripetizioni di parole, espressioni, concetti: non si tratta di errori di distrazione ma di un “espediente” voluto per evidenziare la ripetitività estenuante e continua della vita in CAL.
Bene, dopo avervi ringraziato per aver letto la mia storia, faccio un inchino e vi saluto!

*Scritta con il prompt orfano: "Where are you now?/ Where are you now?/ Do you ever think of me/ In the quiet, in the crowd?" (Mumford & Sons - Where Are You Now?) della LJ community piscinadiprompt.
   
 
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