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Autore: FairyQueen_Titania    11/04/2013    2 recensioni
In un appartamento al centro di Stoccolma tre ragazzi uniti da un' incrollabile amicizia devono fare i conti con la vita quotidiana. Tra strani vicini, amori, imprevisti e piccole incomprensioni loro sono il Bad Trio e abitano nell' appartamento numero 3.
FrUk
RuPr
OlandaxSpagnaxSud Italia
Accenni pairing vari.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Bad Friends Trio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Aria di famiglia



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La situazione sembrava sempre più disperata. Era come se una nuvola enorme di sfiga si fosse concentrata sulla loro casa. Francis in cucina aveva sibilato ai due amici di stare al gioco: Carmen e Arthur erano sposati. Punto.
Poi gli avrebbe spiegato tutto con calma.
L' ora successiva fu terrificante.
I fratelli Kirkland sembravano non volersene più andare. Jack, il più giulivo tra tutti, stava riempiendo i due sposi di domande.
In un primo momento Carmen e Arthur si guardarono incerti rispondendo con brevi monosillabi, poi il carattere vivace e spigliato della spagnola aveva preso il sopravvento finendo per monopolizzare la conversazione insieme al maggiore dei gemelli.
-Ma è da molto che siete sposati?- domandò Jack
-No, ma che. Nemmeno... uhm un mese- buttò lì la ragazza
Jack guardò prima la cognata e poi il gemello con aria sognante:- Ah, come avrei voluto esserci. Non è vero Eric? Non sarebbe stato bello esserci?
Il ragazzo dal canto suo fece un mezzo cenno, poco convinto tra l' altro, col capo, voltandosi poi ad osservare con interesse la televisione spenta.
-Ma raccontami tutto. Cioè, come vi siete conosciuti? Artie non mi ha mai parlato di te. Eppure ci sentiamo per telefono. Lo chiamo una volta a settimana minimo. Vero Artie che ti chiamo?
-Uhm... sì.
Jack era una suocera.
Antonio ridacchiò sotto i baffi per poi rigirarsi tra le mani il cellulare. Stupido Chris, era sparito all' improvviso e non si era nemmeno degnato di chiamarlo. Dove diavolo era finito? Era esasperante.
Gilbert tracannava impunemente caffè e mangiava come un animale:- Non vi dispiace vero? Non ho ancora mangiato. Il Magnifico deve tenersi in forma.- aveva domandato fregandosene delle occhiate ammonitrici di Francis.
-Eh, se no poi deperisce!- aveva detto Antonio ridendo. Lo spagnolo aveva sorseggiato il caffè limitandosi a un pezzo di dolce. Il pranzo non era lontano.
-A cosa ti riferisci?- aveva sbottato il tedesco- non certo ai miei cinque metri!
Antonio se possibile rise ancora di più. Ian li guardava scettico, sollevò un sopracciglio in segno di disapprovazione. Ma quanto erano stupidi?
-Figurati- fece l' iberico
Persino Jack si era fermato dalle sue ciarle per osservarli incuriosito come fossero animali strani e interessanti. Davvero divertenti quei ragazzi. Scommetteva proprio che lì non ci si annoiava.
-E allora?- incalzò poi rivolto a Carmen e ad Arthur
-Artu....Arthur è un tipo... riservato. Molto- iniziò la spagnola- penso che non volesse deludere la sua famiglia. So che ci tiene molto a voi.
Jack fece un sorriso mesto:- E' bello sentire queste cose.
Carmen incrociò involontariamente lo sguardo di Ian. La stava letteralmente fulminando:- Oh sì- iniziò il maggiore dei Kirkland- ci tiene immensamente. Mi complimento, conosci tuo marito molto bene. E dì, perchè non voleva deludere i parenti? Sei mica una sgualdrina?
Carmen spalancò gli occhi verdi. L' aria si era fatta sempre più tesa. Vide Antonio alzarsi, pronto probabilmente a fare qualche sciocchezza. La spagnola trattenne il cugino per l' orlo della maglietta.
-Dejarme*- le sibilò a denti stretti.
-Siediti Carriedo- la voce di Arthur tuonò inaspettata- Ian, non permetterti di usare certi termini con Carmen. Tu non la conosci. Se sei venuto qui per per insultare puoi anche alzare i tacchi e tornartene in Scozia.
-Era solo una domanda innocente- puntalizzò l' altro- dettata da semplice curiosità. Del resto mi pare ovvio. O tua moglie è una sgualdrina, una criminale o peggio un trans o non vedo il motivo di tanta apprensione nel non farne parola ad anima viva. Mi sono domandato lecitamente quale scabroso segreto nascondesse.
-Nessun segreto- chiarì il biondo- per il resto, sai perfettamente che i nostri rapporti sono tesi. Qualunque cosa io faccia tu trovi sempre di che dire. Perciò sono stato zitto e mi sono sposato. Punto. Non volevo rovinare il giorno del mio matrimonio con le solite dispute familiari.
Ian gli riservò uno sguardo indecifrabile, poi ironicamente disse:-Molto nobile da parte tua, Arthur. E dire che ti facevo un codardo.
-Ragazzi, perfavore- gemette Jack
-Non ti preoccupare, ho finito- gli disse Ian, poi sorridendo ferino continuò- da ora in poi me ne starò zitto e tranquillo ad ascoltare-
Nella stanza era calato il silenzio. Sembrava che Ian volesse banchettare usando come portate del pasto tutti i presenti.
Antonio guardava lo scozzese con astio, Gilbert aveva smesso di mangiare all' improvviso per poi ricominciare lentamente, con gesti quasi studiati. A interrompere il silenzio fu una parola di Francis che diede di nuovo via libera alla parlantina di Jack.
Alla fine della mattinata gli inquilini dell' appartamento numero tre erano esausti. Si riversarono tutti in cucina, Arthur compreso, per cercare di preparare il pranzo.
Tutti avevano i nervi a fior di pelle. Ian Kirkland era un uomo destabilizzante, di questo ne erano certi tutti quanti.
Arthur si accasciò sulla sedia:- Mi dispiace- affermò mogio.
-Non preoccuparti mon cher- Francis fece una risatina forzata- a noi piace il brivido dell' avventura, non mes amis?
Antonio annuì con un mezzo sorriso seppur riluttante. Nonostante gli attriti con suo padre, la famiglia era sacra e il fatto che quel deficiente avesse offeso sua cugina non gli andava per niente giù.
Gilbert assunse l' aria più spavalda che aveva:- Noi tre non ci facciamo intimidire da niente. Kesesese. Ti assicuro che abbiamo avuto a che fare con ossi ben più duri di tuo fratello. Lo staneremo e aggiungeremo un' altra magnifica esperienza al nostro curriculum di cattivi ragazzi di tutto rispetto.
Arthur annuì:- Grazie- poi si rivolse a Carmen- ti ringrazio infinitamente. E... mi dispiace di averti messa in mezzo. Nemmeno ti conosco. Mi scuso per le parole di quell' idiota di Ian.
La spagnola fece un sorriso ampio:- De nada, Arturo. Se posso rendermi utile sono contenta. Per quanto riguarda tuo fratello... bien**, di sicuro è un bastardo con la B maiuscola ma non mi scompongo più di tanto. E poi sono sicura che non sei tanto male come marito- scherzò allegra scatenando l' ilarità generale. Arthur dal canto suo era diventato rosso come un peperone esibendosi in una sequela di borbottii sconnessi

Antonio non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi Carmen davanti alla porta di casa. La ragazza era arrivata alla fine della festa del giorno prima. Carmen lo aveva chiamato sul cellulare pregandolo di scendere all' entrata. La sorpresa era stata davvero grande.
-Sono stata parecchio indecisa sull' entrare o meno- aveva spiegato dispiaciuta di fronte allo stupore del cugino.
Carmen e Antonio avevano un ottimo rapporto, la mora era più grande di un paio di anni ed erano cresciuti praticamente insieme, quasi in simbiosi, alla stragua di fratello e sorella. I loro padri erano fratelli e ogni domenica era abitudine pranzare insieme così come quella di trascorrere le estati nella casa di villegiatura al mare.
Carmen aveva accettato l' omosessualità del ragazzo di buon grado, non gli aveva voltato le spalle e probabilmente era la persona in famiglia che era stata più vicina ad Antonio all' epoca della rottura con i genitori.
-Saliamo a casa- aveva detto il moro prendendo le valigie.
Si erano chiusi nella stanza di Antonio attraversando l' appartamento ormai silenzioso.
La spagnola aveva avuto modo di salutare Francis in procinto di andare a letto, Gilbert non era in casa. Si erano già visti in passato. Carmen durante le precedenti visite aveva già avuto modo di conoscere i due ragazzi. A dire il vero era come se li conoscesse ancor prima del loro primo incontro, era impossibile del resto visto che Antonio le raccontava ogni singola cosa della sua vita, descrivendogli minuziosamente le sue giornate come se di fronte a lui avesse una specie di diario umano. Per questo motivo sapeva anche della cotta di Francis per un inglese che a detta di tutti era scorbutico e pieno di sè e del fatto che questi non aveva un buon rapporto con la propria famiglia. Ovviamente non conosceva tutti i dettagli, c' erano cose che per ovvi motivi il cugino non le raccontava.

Antonio si sedette sul letto e la abbracciò forte respirando l' odore dei suoi capelli:- E allora? Mi volevi fare una sorpresa per le feste o devo aspettarmi il peggio?
Carmen si spostò per guardarlo:- Non proprio il peggio- disse abbozzando un sorriso- però... ti spiacerebbe ospitarmi per un po'? Giusto il tempo di trovarmi un' altra sistemazione.
Antonio strabuzzò gli occhi e Carmen iniziò a spiegare cosa era successo di tanto grave da spingerla a lasciare la terra d' origine.
-Come sai ero riuscita a diventare l' assistente del professor Soler Diaz. E' un uomo molto interessante... e... e bello...
-Oddio non dirmi...
Carmen annuì:- Ho avuto una relazione con lui. Una volta ci hanno visti e sai com' è... le voci girano in fretta. Lui è sposato. Poteva venirne fuori uno scandalo. Anche per la nostra famiglia quindi qualcuno doveva andarsene. Indovina chi è stato quel qualcuno? Credo che in qualche modo abbiano messo a tacere tutta la faccenda ma io di sicuro non posso ritornare a Madrid quindi ho pensato di venire qua. Stavo soffocando. Non hai idea della reazione di mio padre. Credo di avere deluso tutti quanti.
Carmen iniziò a piangere come una bambina:- Dannazione, e dire che le cose sembravano essersi messe per il verso giusto. La casa editrice con cui ero riuscita ad entrare in contatto ha persino sospeso la pubblicazione delle favole che avevo scritto. E il libro... anche il libro, non lo vogliono più- Antonio la abbracciò stretta, le sussurrò un fiume lento di parole che la che cullarono come una ninna nanna.
-Sono sicuro che tutto si sistemerà. Noi Carriedo siamo testardi, no? Sei brava Carmencita quindi cerca di avere più fiducia. Mi hai sempre detto che a tutto c' è rimedio.
Carmen tirò su col naso:- Tranne che alla morte. Lo diceva sempre nonna Catalina.
-Che perle di saggezza, eh?- Antonio sorrise.
La mattina dopo Carmen si era svagliata prima di Antonio. Si sentiva più tranquilla, più fiduciosa nelle sue possibilità. Era una persona fondamentalmente ottimista quindi crogiolarsi nel passato e pensare in negativo non erano cose che potevano appartenerle. Le sarebbe bastato allontanarsi da tutto per un poco di tempo e l' affetto di Antonio per rimettersi in piedi.
Di certo non si sarebbe aspettata di essere coinvolta in una recita bizzarra quanto improvvisata.

Durante quel pranzo in particolare si preparò tutto nei minimi dettagli.
Francis aveva cucinato, quindi Gilbert e Antonio stavano lavando i piatti. Il francese in certe cose era piuttosto puntiglioso. Di tanto in tanto buttava un' occhiata al foglio scritto fitto fitto che aveva davanti.
-Il gelato preferito di Carmen?
-Cioccolato- sibilò Arthur
-Il numero di piede?
-Trentanove, idiot.
-Come vi siete conosciuti?
-Uhm... al parco.
-Sbagliato!- urlò Francis- vi ha presentati Antonio al locale di Sadiq. Carmen- disse poi rivolgendosi alla ragazza- il piatto preferito del bruco?
-Scones!- affermò la ragazza entusiasta.
-Brava! Vero che ha dei gusti barbari? Vero?
-Questa era facile- borbottò Arthur- e non ho dei gusti barbari!
-Va bene. Allora le chiederò qualcosa di più difficile. La parte del corpo di cui Arthur va più fiero...- disse malizioso
-Le sopracciglia ovviamente- rispose Carmen fissando dette sopracciglia e chiedendosi interiormente cosa diavolo ci fosse da andar fieri.
-Angleterre, veniamo di nuovo a te. Dimmi il giorno del vostro matrimonio
-Cos..? Ma... ma questa....ahaha...è... è facile- Arthur rise in maniera quasi isterica.
Non se lo ricordava.
Gilbert e Antonio se la stavano ridendo sotto i baffi. Sarebbe stata una cosa parecchio lunga.
 
Nel pomeriggio gli inquilini dell' appartamento numero tre stavano riordinando.
-Che casino- sbuffò Gilbert dopo aver riempito il secondo sacco di rifiuti nero
-E' stata una festa movimentata- concluse Antonio raccogliendo un altro paio di bicchieri e telefonando per l' ennesima volta a Chris.
Finalmente il cellulare squillava, poi dall' altro capo del telefono l' iberico sentì la voce cupa dell' altro.
-Finalmente!- esordì- ma che fine hai fatto?
-Scusa
-Sei sparito all' improvviso e nemmeno ti sei fatto sentire.
-Ti ho chiesto scusa. Mi sono sentito poco bene e sono andato via. Mi sono svegliato poco fa.
-Ma che hai avuto? Stai bene ora?
-Una piccola intossicazione, credo. Comunque sto meglio.
-Magari dopo vengo.
-No. Quando sto male non voglio nessuno tra i piedi. E poi ho del lavoro da fare.
-Ah- dire che Antonio ci era rimasto male era un eufemismo. Lo spagnolo assottigliò lo sguardo, la sua voce si era fatta dura all' improvviso- mi nascondi qualcosa?
Dall' altro capo del telefono sentì un lungo sospiro di Christoffel:- Non dire puttanate. No, non ti nascondo niente e non iniziare a rompere le scatole. Non mi piace la gente che mi sta col fiato sul collo per ogni cazzata. E comunque non mi pare di averti dato l' esclusiva. Non sei tu quello che si fa scopare da mattina a sera da chi capita?
Antonio rimae in silenzio, poi con voce piatta disse:- Giusto. Niente esclusiva. Anzi, visto che stai male e ho voglia di scopare mi troverò qualcuno. Ci sentiamo, Chris.
Antonio richiuse il cellulare e lo gettò malamente in un angolo. Chris era uno stronzo. Ma che credeva? Che si divertiva a fare la puttana?
E comunque non lo faceva più, non come prima almeno.

La festa era stata estremamente movimentata. Era stata qualcosa di epico.
Grandiosa e disastrosa allo stesso tempo.
Arthur non sapeva bene quante volte aveva rischiato si svenire di fronte all' alito puzzolente di zia Adeline che come se non bastasse parlava senza sosta delle cose più assurde. E sempre, sempre degli stessi argomenti.
Per il resto la famiglia di Francis, imbarazzo a parte, era gentile e cordiale.
La madre del francese era una bella donna, alta e magra, estremamente fine e ciarliera in modo elegante. Suo padre non poteva dirsi da meno. La cosa che colpiva di più era quanto quei due andassero d' accordo, quanto, dopo tanti anni di matrimonio si amassero ancora. Dovette ammettere di invidiare un po' il francese. Si vedeva che la sua famiglia era molto unita.
-E quindi Arthur ti stavo dicendo che mia suocera è una serpe. Arthur... Arthur... mi ascolti?
-Yes, Adeline, sono tutto orecchi- rispose il britannico cercando di trattenere il respiro.

Gilbert buttò di lato il sacco nero e andò ad aprire la porta ritrovandosi di fronte il russo.
Non immaginava che sarebbe venuto dopo tutto quello che era successo. O forse sì. Sì, in effetti era tipico di Ivan. Quando mai si arrendeva? Soprattutto se le cose iniziavano a girare in suo favore, nonostante i dovuti guai connessi.
La serata si era trasformata nel giro di niente in una rissa collettiva.
Non appena Natalia aveva aperto la porta dello sgabuzzino, dopo qualche attimo di pura immobilità, l' albino era sgusciato fuori urtando involontariamente la sorella di Ivan.
Natalia poi era caduta addosso a Vash il quale a sua volta era finito addosso a Roderich facendogli versare addosso la bibita che stava bevendo. Che tra lo svizzero e il pianista austriaco non corresse buon sangue era cosa risaputa.
-Lo hai fatto a posta!- aveva iniziato Roderich
-Non è vero. Sono caduto. E anche se fosse cosa avresti intenzione di fare?
-Non rivolgerti così al signor Edelstein- intervenne Elizaveta
Vash era scoppiato in una sonora risata:- Ti fai difendere dalle donne, ora?
-E se anche fosse?- aveva ringhiato la cameriera.
-Fratellone non litigare, ti prego- era intervenuta una giovane Lily
Per qualche motivo, per qualche parola di troppo, erano iniziate a volare prima le padelle, poi i bicchieri e il cibo, infine ogni oggetto presente nella stanza.
-Fratellone- aveva sibilato Natalia- ti ho chiesto cosa stavi facendo.
Ivan non aveva trovato niente di meglio che scappare dietro a Gilbert.
Avevano corso parecchio incuranti dell' aria gelida della notte. Si erano fermati solo dopo un pezzo, al centro di una piazza illuminata di una Stoccolma completamente deserta.
-Non possiamo tornare in quella bolgia infernale- aveva detto Gilbert col fiatone.
-Sono d' accordo.
Si sedettero su una panchina e si guardarono intorno, ognuno perso nei propri pensieri. Le strade quella notte erano proprio deserte, le finestre delle case tutte illuminate. Alcune espandevano nell' aria chiacchiere e profumi.
-Sai- iniziò Ivan sorridendo al vuoto- sono proprio contento.
Gilbert si girò a guardarlo in attesa che continuasse il suo discorso e chiedendosi dove volesse andare a parare.
-Credo che questo sia uno dei Natali più belli della mia vita- il russo lo fissò a sua volta regalandogli un ampio sorriso. Gilbert rimase a guardarlo. Si sentiva contento, era felice che Ivan fosse felice.- è il Natale più bello perchè sento di avere ... degli amici, diciamo. Sono contento che mi abbiate invitato alla vostra festa. C' era aria di famiglia là dentro. Sorrisi, abbracci, amicizia e tanto affetto. C' era gente che aveva voglia di stare assieme. Non è bellissimo?
Gilbert annuì. Sì era bellissimo e sarebbe stato perfetto se tra tutta quella gente ci fosse stato anche Ludwig.
Ma nonostante tutto andava bene così. Il discorso di Ivan lo aveva illuminato. Si sentiva grato per tutto ciò che aveva perchè se nella sua vita non fossero entrati Francis e Antonio probabilmente sarebbe stato una persona incredibilmente sola. Magnifica ma sola.
Quei due pazzi erano la sua famiglia e intorno a quella famiglia ruotava un mondo intero, talmente tante persone da riempire un piccolo appartamento al centro di Stoccolma.
C' erano legami, c' era affetto. Ivan aveva ragione.
E sì, era bellissimo.
-Da come parli- disse Gilbert- sembra quasi che tu non ce l' abbia una famiglia. Invece anche se ti lamenti tanto si vede che vuoi bene alle tue sorelle.
Il russo lo guardò stupito:- Voglio un bene immenso alle mie sorelle- rise- sono due piantagrane e mi danno un sacco di pensieri ma le adoro. Non riesco a immaginare una vita senza loro due. La riempiono, le danno calore. Yekaterina è una piagnucolona ma si impegna molto in tutto quello che fa. Si è buttata in un sacco di lavori non appena ha potuto mettere piedi fuori da casa per non dover dipendere dalla nostra famiglia. E poi è dolce e attenta. Si può dire che ha fatto da madre sia a me che a Natalia. Sono contento che abbia trovato un bravo ragazzo. Credo che quel canadese la renderà felice.- Ivan era entusiasta, poi si fece un attimo pensieroso prima di continuare-Natalia come vedi è una ragazza molto bella- sospirò- potrebbe avere tutti i ragazzi che vuole. E' molto testarda però la ammiro perchè è una donna forte. Non si fa mai abbattere. Cade e si rialza più fiera che mai.
Gilbert era convinto che il legame fra i tre fratelli era molto forte anche se ad un occhio esterno poteva sembrare il contrario.
-Però non capisco- intervenne il tedesco- perchè insiste a volerti sposare a tutti i costi. Non è...- gli venne un groppo in gola- naturale- concluse.
-Mh... non lo so. Vengo da una famiglia piuttosto ricca però mio padre ha insistito per impartirci un' educazione piuttosto spartana. I nostri genitori sono persone un po'... è brutto da dire, ma sono un po' ottusi. Sono severi e non amano molto la mondanità. Vivevamo in una villa enorme e fredda nel bel mezzo della neve. Non c' era niente, solo una distesa sterminata di neve. Il paese più vicino era a otto chilometri. Non lontano come vedi ma per dei ragazzini che non hanno moto o automobili è una distanza enorme. Uscivamo da casa solo per andare a scuola. Quando andavamo a Mosca per comprare vestiti e scarpe era una festa perchè finalmente potevamo vedere gente. Anche andare a scuola era bello ma farsi degli amici sembrava un' impresa titanica. Tutti ci stavano alla larga, la gente ci trattava con un miscuglio di timore e rispetto. Dio solo sa che assurde voci girassero sulla mia famiglia. Eravamo sempre noi tre con la mamma e il papà e qualche sparuta cameriera. Il mondo sembrava una realtà meravigliosa e lontana anni luci. Proibita. Intoccabile. Le feste erano tristi. Te l' ho già detto, i miei sono molto severi, nei nostri confronti non hanno mai avuto grossi gesti d' affetto, però si sono sempre aspettati grandi cose. L' abbraccio che non veniva da nostra madre ce lo dava puntualmente Yekaterina- sorrise- una volta Natalia ha urtato un vaso. Mia madre si è arrabbiata un sacco perchè era molto costoso e se qualcuno aveva rotto quel vaso secondo lei significava che non aveva il senso del denaro e non che magari non lo avesse fatto a posta. Mi sono preso io la colpa. Mi ha dato tante di quelle sculacciate che per giorni ogni volta che mi sedevo mi faceva male il sedere. Non so perchè Natalia si sia fissata con me. Forse perchè siamo vissuti da soli, forse perchè cercavo sempre di proteggere le mie sorelle. Magari mi ha visto come una specie di principe azzurro- ridacchiò- però come vedi non è stato molto semplice. L' università è stata una liberazione. Solo in quel momento, solo in quel momento ci è stato permesso di abbandonare la villa uno dopo l' altro.
-Come sei arrivato a Stoccolma?
-Con l' aereo!
-Dico sul serio, idiota!
-Bè, diciamo che è come se la pesante tutela dei miei si sia allentata all' improvviso con la maggiore età. Come se ci avessero insegnato quello che dovevano e ora spettasse a noi comportarci "moralmente". Ad ognuno di noi è stata data una cifra e ci è stato fatto un discorso, mio padre ci ha detto "fate fruttare questi soldi. Quando morirò non dividerò equamente il mio patrimonio tra di voi. Tutto andrà al migliore. In questi anni vi abbiamo insegnato la disciplina, la morigeratezza e le qualità morali che dovrebbero essere di ogni uomo. Ora siete liberi. Il mondo è la vostra prova finale, comportatevi rettamente e non deludeteci."
Gilbert fece una smorfia:- I tuoi sembrano di un altro secolo.
-Già. Comunque Yekaterina ha finito tutti i suoi soldi per fondare un paio di associazioni benefiche mentre Natalia credo che li abbia semplicemente conservati, non so. Io invece ho fatto un paio di investimenti in Europa.- Ivan si spostò accanto all' albino e gli prese la mano.
-Che diavolo stai facendo?!
-Fa freddo. E poi poco fa ho fatto ben altro e di certo non ti sei lamentato.
-Mpf. E va bene ti concedo l' onore di riscaldarti tenedo una delle mie perfettissime mani.
-Sono contento di averti incontrato, Gil. Tu mi ricordi la Russia.
-Ma non avevi detto che odiavi casa tua?
-E' impossibile. Forse ti ho fatto intendere il contrario ma io amo la mia terra, vorrei solo che fosse un po' più calda. Sei mai stato a Mosca? E' bellissima. E poi non ci sono solo ricordi brutti. Giocare a palle di neve è fantastico. E con Natalia e Yekaterina facevamo sempre le gare per il pupazzo più bello rubando le carote dalla cucina.
Gilbert fece un mezzo ghigno:- Sei ancora un moccioso.
-Non dire queste cose- piagnucolò Ivan
-Ah, è perchè ti ricorderei das Russland***?
-Perchè sei tuuutto bianco.
-Di solito la gente mi evita per questo fatto.
-E' perchè?
-Sono bianco come un fantasma e ho gli occhi rossi, stupido. Sai le prese per il culo quando ero un marmocchio? Oppure le maestre che pensavano che fossi una specie di malatto. Oddio, di questo magari me ne approfittavo anche ma per il resto non è che sia stato troppo piacevole.
-Secondo me invece sei bellissimo. Sei di un bello che è unico. Che è straordinario. Sei etereo. La prima volta che ti ho visto ho pensato che fossi intoccabile, che non fossi di questo mondo. Mi sono chiesto che creatura magica fossi. Dio, angelo o demone? Per quanto ne so potresti essere tutte e tre le cose. Ma sei affascinante, nel senso che incanti la gente, che è impossibile non guardarti. Come se facessi un qualche incantesimo, ecco.
Gilbert rimase di sasso, poi sghignazzò:- Lo sai? Anche io la penso così. So di essere straordinario ma la gente non lo capisce. Io le so queste cose ma... è anche bello sentirsele dire.
Era vero, Gilbert sapeva di essere bello, di essere se non unico per lo meno raro ma la gente non lo capiva affatto. Era raro che qualcuno lo accettasse, pochi quelli che lo facessero in maniera sincera. Per questo si imponeva con la sua personalità straripante, chiacchierona, egocentrica e un po' prepotente. Così facendo la gente si scordava del suo aspetto fisico e si concentrava sul suo carattere, a volte ridendoci su e trovandolo simpatico, altre detestandolo. Ma almeno si dimenticavano del resto.
In quel condominio per esempio ci stava bene e questo per il semplice fatto che quel posto era un covo di gente bizzarra. Lo adorava.
In quel momento Ivan lo aveva reso felice. Nonostante lo spiccato egocentrismo non era mai arrivato a definirsi ultraterreno e di sicuro non glielo aveva mai detto nessuno.
Non l' aveva mai pensata in quei termini.
-E poi- stava aggiungendo il russo- sembri anche un girasole perchè straripi di vita. Il tuo modo di fare è come un insieme di colori forti, quasi accecanti. In un paese gelido come il mio capisci bene che un girasole è qualcosa di meravigliosamente vivo e colorato.
-Sì sì, ma ora smettila con tutte questa smancerie. Lo so di essere magnifico, kesesese.
Gilbert non avrebbe mai pensato che poteva essere piacevole stare svegli fino al mattino e vedere sorgere il sole, tiepido e piacevole, in una città che sembrava essersi fermata a posta per farlo chiacchierare tranquillamente con Ivan.







SECONDO IL TRADUTTORE XD
*Lasciami
** bene.
*** la Russia

CIAO  a tutti, vorrei solo dire che spero che NyoSpain venga bene e non sembri una Mary Sue perchè sto cercando semplicemente di declinare al femminile il carattere di Antonio sempre sperando che non sia troppo OOC. Se poi il nostro spagnolo è bello, bravo e gentile e strafigo io poco ci posso fare.
Ovviamente a tempo debito verranno spiegate tante piccole cose.
Poi prendete questa ff per quello che è, una storia fantasiosa che non ha alcuna pretesa di aderire alla realtà, mi rendo conto che certi fatti siano assurdi, ma questo penso si sia capito.
Infine, se vi va, ho iniziato un' altra long, più seria, rispetto a BTT, il titolo è "Only Hope"

  
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