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Autore: Miss Rita    11/04/2013    0 recensioni
Questi sono gli appunti di una Disastrata. Di una che non ha la minima idea di quello che sta facendo della propria vita. Di una che parte e combina solo disastri. È la storia di Alexia Baker..
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Lizzy è in cucina. C'è odore di caffè. Mi viene da vomitare.

Possibile che in dodici anni di conoscenza non abbia ancora capito che odio tutto ciò che ha a che fare con la parola c-a-f-f-è?

Caffè d'orzo, caffe al cioccolato, caffè macchiato, cappuccino ( che non ha in mezzo la parola caffè, ma sempre caffè è), caffè all'italiana, caffè all'americana, caffè di qua, caffè di là. Non sento parlare d'altro da quando vivo in casa con la mia conquilina americana e migliore amica dai tempi delle medie.

<< Caffè? >> Lizzy indica la mocca e sorride dolcemente.

Okay. Ci rinuncio.

Alzo gli occhi al cielo.

<< Vado a farmi una doccia >>

<< Non fare tardi! Oggi abbiamo una riunione molto importante con il Boss! >>

Il Boss per la cronaca è il mio capo. Che odio. Come odio gli inglesi, il loro modo di fare, e la loro cucina. Il Boss mi ha rifilato la minuscola scrivania di un ex dipendente. Morto. Scrivo di economia. Anche se non ci capisco un fico secco.

Lascio che l'acqua bollente mi scenda fino alle chiappe. Poi lancio un urlo. E abbasso la temperatura. Si diventa pazzi a forza di vivere in questo posto.

Quando sono arrivata a Londra con Lizzy era tutto un ohhhh, woooowww, geniale!

Ora è tutto un uhm, ehm, ARGHHH!

Mi asciugo velocemente i capelli con il phon mentre Lizzy si infila dentro la doccia canticchiando una canzone di Frank Sinatra.

Cerco di domare i miei ricci. Sono una finta bionda, ho i capelli sempre in disordine, troppe lentiggini sul viso e due occhi grigi che sembrano quelli di mio nonno quando ha l'influenza.

Non ho preso di certo da mia madre. Lei è una rossa naturale, ha due occhi verdi come smeraldi, un fisico da paura e due tette grosse come meloni.

<< Stasera vedo George! >> Urla Lizzy uscendo goccialante dalla doccia. Le lancio l'accappattoio e le accendo la piastra.

<< Wow >> Mormoro passandomi il rimmel viola sulle ciglia. << Che emozione >>

<< Potresti farmi la cortesia di essere felice per me? >> Lizzy mi fulmina con una delle sue occhiatacce.

George è un'idiota. Il solito sfigato inglese che cerca di vestirsi alla moda ma non ci riesce. Ha trentasei anni e ne dimostra quarantacinque. Lizzy crede ancora che ne abbia ventinove. Come potrei essere felice?

<< Okay >> Mi do un'occhiata allo specchio. << Sarò felice quando questa sera mi racconterai di come hai scaricato "George sono vecchio, ma cerco di sembrare giovane" >>

<< E questo sarebbe il tuo humor inglese? >> Lizzy scoppia a ridere.

<< Credo che sia humor New Yorkese >> Tiro indietro la pancia, indosso i collant neri, la camicetta di seta, i tacchi su cui non riesco a camminare. Guardo la mia immagine riflessa.

Sono ridicola.

Forse ridicola è un po' poco.

Ripensare alla mia bella vita che ho abbandonato un anno fa mi fa piangere di nuovo.

Ho bisogno di un paio di snikers, una t-shirt, un tuta elastica e di una bella corsa in giro per Manatthan.

<< Ci vediamo in redazione >> Lizzy mi da un bacio sulla guancia. << Io e George andiamo a fare colazione >>

Già, tu e George...se esiste qualcuno lassù tra le nuvole mi salvi.



 

Dopo questa riunione sono ormai certa che non esiste nessuna casa in mezzo alle nuvole che manda aiuto a poveri bisognosi come me.

<< Dio sto per crepare! >> Amanda, la mia vicina di scrivania, si getta sulla sua sedia traballante e sbatte la testa contro il legno. Faccio un salto e la fissòo sbigottita. L'ho sempre detto. Sono tutti matti. E io vivo in questo manicomio.

<< Altro che riunione! >> Lizzy viene verso di me a passo spedito. << E io che mi sono anche vestita elegante! Quello è un'idiota di prima classe! Come può dirmi di occuparmi di politica? Io non lo guardo neppure il telegiornale! >> Sbraita rossa in viso. Le do una pacca sulla spalla e mi sforzo di sorridere.

Non ho ancora avuto il coraggio di aprire la busta contenente il nuovo ruolo che occuperò in questa stupida redazione.

<< Ehi Alexia! Che cosa fai? Sogni? Quando hai intenzione tirare fuori quella busta? >> Sussulto e lancio un'occhiata a Mike che si avvicina a me divertito. E' un ragazzo sulla ventina, alto, magro, brizzoluto e abbastanza simpatico. Siamo usciti insieme tre volte, ma non ha funzionato. Ha la mania di parlare delle sue mille ex. E io odio i ragazzi che parlano delle ex. Anche il mio ex quando era ubriaco parlava della sua ex. E ogni volta era una diversa. Si, lo so. La poligamia esiste ancora.

<< Facciamo così >> Lizzy mi strappa la busta dalle mani. << La apro io per te >>

<< No! >> Urlo cercando di riafferrarla. Troppo tardi. Lizzy ha la faccia di una che sta per scoppiare a ridere.

<< Allora? >> Sbotto incrociando le braccia. << Che devo fare? >>

<< "Usi, costumi e cultura della società inglese. Tutto quello che non sai lo impari qui"! >>

BUM.

Ecco che il mondo mi casca addosso. Tutti scoppiano a ridere. Io scoppio a piangere. Mi accascio sul pavimento sporco della redazione e infilo la testa tra le ginocchia.

Voglio tornare a casa.

Se solo mia madre volesse ancora parlarmi...

<< Alexia? Tutto okay? >>

<< No! Non è tutto okay! >> Urlo alzandomi di scatto. Afferro la mia busta e mi dirigo verso l'ufficcio del Boss. So che il cartello NOT DISTURB sta a indicare che non devo neppure azzardarmi a toccare con un dito la porta, ma non me ne fotte un accidenti.

Entro sbattendo al porta e lancio il mio nuovo incarico in faccia al mio capo.

<< Alexia? Che accidenti stai combinando? >> Il Boss mi fissa con gli occhi spalancati, la bocca leggermente aperta e uno sguardo perplesso.

<< Rimettiti quegli occhi a posto Green >> Sbraito tirando fuori la Newyorkese che c'è in me.

Il Boss non ha ancora fiatato. Probabilmente nessuno, da quando ha dato vita a quella topaia di redazione, ha mai osato parlargli così.

<< Qual'è il problema? >>

Ah. Non è arrabbiato. Non ancora.

<< Mi spieghi cosa significa questo? >> Indico la lettera e assumo un'espressione seria.

<< E' il tuo nuovo incarico >> Mi risponde inarcando un soppracciglio. << C'è stata una riunione riguardande questo solo dieci minuti fa >>

<< Dieci minuti fa io stavo dormendo sperando che un angelo di dio venisse a svegliarmi e mi portasse in paradiso con lui! >> Urlo gesticolando. << Prima mi dici di occuparmi di economia. Certo. Ammetto che non sono mai stata contenta dell'incarico visto che di economia non ci capisco un accidente, ma ormai mi ero abituata. Insomma...copiare dei dati statistici e le percentuali delle borse non è così difficile, anch se quando sono entrata in questo scantinato speravo di fare qualcosa di meglio >> Prendo fiato e vado ad aprire la finestra. << Ma la cultura inglese, la società e tutta questa merda proprio non la posso sopportare! Io odio Londra! Io odio voi inglesi! Come diavolo devo fare per farvelo capire!? >>

Sono certa che mi abbiamo sentito anche oltreoceano. Ma chi se ne importa. Se lo merita questo lurido bastardo dei miei stivali. Il Boss sbatte le ciglia. Si passa una mano tra i capelli sempre in ordine. Si morde il labbro. Deglutisco. E pensare che un tempo lo trovavo davvero attraente. Una caramella per gl'occhi.

<< Alexia? >>

<< Si? >> Rispondo con un sussurro irritato.

<< Sei licenziata >>

E finisco tre metri sottoterra.

<< Cosa? >> Balbetto incredula. Non può licenziarmi! Non ne ha il diritto! La mia era solo una lamentela.

<< Sei li.cen.zia.ta. >> Scandisce la parola lentamente, mostrandomi tutti i suoi denti bianchi.

<< Tu non puoi licenziarmi! >> Esclamo stringendo i pugni. << Ti ho chiesto solo un altro incarico >>

<< Bè' non puoi averlo >> Il Boss fa spallucce. << E' la prima volta in quindici anni che qualcuno entra nel mio ufficio sbraitando in questo modo. E' ammirevole. Ma io ti licenzio comunque >>

Okay Alexia. Calmati. Non sta succedendo davvero. Non stai diventando una disoccupata. E' solo uno dei tuoi soliti incubi che ti assillano da quando vivi in questa città infestata.

<< Stai dicendo sul serio? >> Appoggio le mani sul ripiano del tavolo, mi allungo verso di lui, inchiodo i miei occhi grigi sui suoi.

<< Si >> Mormora. << Sto dicendo sul serio >>

<< Bene >> Raddrizzo la schiena mantendo una calma surreale. << Nessuno può licenziare Alexia Baker >>

Ma che sto dicendo?

<< Infatti sono io che mi licenzio! >> La mia voce è chiara e squillante. Do un pugno al suo portapenne di ceramica che cade a terra infrandendosi.

Gli volto le spalle, ed esco sbattendo la porta.

Metà della redazione ha l'orecchio appoggiato al muro.

Tutti si ricompongono e mi fissano stralunati.

Be' che avete da guardare? Cristina Baker si toglie dalle palle.

Prendo le mie poche cose dalla scrivania. Stacco le fotografie mie e di Lizzy alle Hawai, infilo il portacenere che Mike mi ha regalato nella borsa e lascio il mio ultimo aricolo di economia sulla scrivania.

<< Alexia >> Lizzy si avvicina a me. Tenta di abbracciarmi.

<< Non dire niente >> Mormoro tirando su col naso. Chissà perchè mi viene da piangere. La scosto leggermente e traballando su questi stupidi tacchi mi avvio verso l'uscita. Non mi volto. Questo è il terzo addio che devo affrontare. Da sola.

Esco in strada e mi ricordo di avere dimenticato l'ombrello a casa. Non ho voglia di spendere soldi per un taxi.

Cammino lentamente, mentre la pioggia mi bagna i capelli, mi scioglie il mascare, si confonde con le mie inutili lacrime.

Quando poco fa dicevo che la mia vita è un disastro non scherzavo. 

 

  
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