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Autore: blitzkingful    13/04/2013    1 recensioni
Dietro al folklore, la travagliata vicenda di un bardo divenuto eroe, alla costante ricerca della sua famiglia.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Babbo Natale, Nicholas St. North, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Note prima della lettura:
-http://it.wikipedia.org/wiki/Nonno_Gelo; per avere un'idea un po' più precisa di chi stiamo parlando.
-L'impostazione narrativa di questa OS è ripresa dal libro "I Guardiani dell'Infanzia - L'Uomo nella Luna", esponendo quindi gli eventi in modo riassuntivo ed essenziale.
-I Guardiani dell'Infanzia è una serie di proprietà di William Joyce e Dreamworks, ovviamente.


Conosci i Guardiani dell’Infanzia.
Popolano i tuoi sogni, pervadono le giornate di allegria e si prodigano perché tu non perda mai la fiducia in ciò che fai. Li conosci da anni e, anche se non li hai mai visti, credi nella loro esistenza, perché è così che deve funzionare: loro possono aiutarti solo se confidi in loro.
Babbo Natale, Sandman, il Coniglio Pasquale, la Fatina dei Denti… tutti nomi a te familiari, vero? Ma forse non sai che esistono molti altri Guardiani, poco conosciuti, e per questo con pochi cuori che credono in loro. Ciò è un peccato, dal momento che anche queste persone hanno a cuore la salvezza dei bambini. Ecco perché adesso siamo qui, per raccontare di loro.
Ad esempio… cosa sapete del padre di Babbo Natale? Nulla? Bè, nemmeno Nicholas sapeva alcunchè, a dire il vero…

La nostra storia comincia nella gelida Russia, in un tempo in cui le gelide sferzate dell’inverno erano sufficienti a togliere agli abitanti ogni entusiasmo, portandoli a barricarsi in casa al sopraggiungere della stagione fredda. Per tre mesi intere regioni calavano nel più cupo torpore, poiché quello non era un clima normale, bensì la proiezione dei nefasti poteri di una delle più potenti streghe dell’epoca: Baba Jaga! Ella, ogni anno, puntualmente all’approssimarsi dell’inverno, volava nel cielo, recitando una formula magica che conferiva ai venti e alle nevicate il potere di indebolire la forza di volontà degli umani. Perché lo facesse, ai comuni mortali non era dato sapere.

Ma un giorno, proprio sul finire dell’autunno, ecco sopraggiungere in un piccolo paesino uno strano ometto alto come un palo, dal naso adunco e coperto da una pesante e logora pelliccia! Si trattava di Morozko Lodniy, simpatico poeta itinerante per nulla infastidito dal freddo imminente… anzi! Lui veniva dalla Siberia, la regione più all’addiaccio di tutta la Russia, era abituato a vere e proprie tempeste bianche, altro che un paio di fiocchi di neve! Ignaro delle conseguenze delle sue azioni, Morozko attirò l’attenzione dei paesani, che già manifestavano i primi cenni d’insofferenza.  
E cosa non fu quel giorno! Poesie, filastrocche, rime baciate o incatenate, la realtà usciva a nuova forma dalle labbra di quel tizio strano, meravigliando i cuori di tutti i presenti con racconti semplici o complessi, lunghe epopee eroiche o comuni scene di vita domestica… tutto ciò entusiasmò ed ispirò i presenti, grandi e piccini, che, con un spirito tutto nuovo, si accinsero ad affrontare, a testa alta, l’inverno!
Tutto per lo scontento di una certa strega…

Morozko, dal canto suo, continuò il suo peregrinare, continuando a risvegliare gli animi con le sue composizioni in rima, ogni volta declamate con tutto l’entusiasmo possibile. La sua fama e le sue capacità erano tali che giunsero fino alle orecchie di Vesna, lo Spirito della Primavera, che volle infatti conoscere di persona il bardo.
Fu proprio al principio della bella stagione, nel bel mezzo di una foresta, che l’incontro fra i due avvenne. Come al solito Morozko vagava senza una meta precisa, lavorando distrattamente al suo ultimo poema. Figuratevi la sua sorpresa nel ritrovarsi davanti , tutto d’un tratto, quella donna di rara bellezza e dalla voce più morbida che avesse mai udito!
–Con le sole parole sei riuscito a stemperare l’angoscia che la neve, da tempo, portava su queste terre…- fece Vesna, -Sei un umano davvero straordinario.-
Morozko, improvvisamente imbarazzato, cercò di minimizzare: -Oh, bè, niente di speciale, da me, in Siberia, è normale rimanere chiusi in casa per le tormente, e così, per passare il tempo…-
-No. Chiunque può scarabocchiare componimenti in rima. I tuoi invece sono veri e propri sogni ad occhi aperti. Hai riportato la primavera nel cuore delle persone, prima che nel clima.- da lì in poi, Morozko non ebbe più imbarazzo.
All’improvviso non aveva più fretta di muoversi da un posto all’altro.

E infatti, in quella foresta, ci rimase per un anno intero. Un anno in cui lui e Vesna strinsero un legame sempre più profondo, fino a concretizzarlo con la nascita di Nicholas, del quale già si è raccontato.
Ciò che ancora non è stato detto, è il perché si sia ritrovato fra gli orsi.
Semplice: Baba Jaga non aveva gradito per niente l’interferenza di Morozko nella sua opera di depressione e, seguendo le tracce del poeta, lo aveva infine rintracciato. Scatenato il suo esercito di demoni, capitanato dal feroce Kasshei Besmiertei, la strega devastò la foresta, intenzionata a evitare un secondo inverno felice. Morozko, disperato, intimò alla moglie di portare via il bambino, mentre lui sarebbe rimasto indietro per cercare di rallentare i demoni. Sfortunatamente,essendo da solo e non particolarmente esperto nell’arte guerriera, non passò molto tempo perché venisse ridotto al lumicino.
-Te la sei cercata, umano- fu la lapidaria sentenza di Baba Jaga, scrutando sprezzante l’esanime Morozko, -Le tue ridicole esibizioni hanno ritardato il ritorno dei Fearlings, e io non posso certo lasciar correre. Non è da me togliere la vita agli altri, ma tu, signor mio, sei un’eccezione.- Così detto, la strega scatenò una tormenta e la scaricò tutta quanta sul pover’uomo. L’intera foresta, di riflesso, venne spazzata via, tramutando la zona in una landa desolata, inospitale quanto la Siberia.
Ma in Siberia Morozko vi era nato! E fu proprio per questo, forse, che riuscì a sopravvivere e a riemergere dalla neve.
Quanto tempo fosse passato, non lo sapeva. Si guardò intorno, per la prima volta, in vita sua, tremando. Non c’era traccia né di Vesna, né di Nicholas, né della foresta e dei suoi animali. Non c’era niente, da quelle parti.
Solo la luna, in cielo, piena e luminosa come non mai.

L’uomo riprese il suo girovagare, di nuovo solo. Stavolta, però, nessuna rima, nessun settenario, nessuna allegria fioriva dal suo cuore. Aveva perso la sua famiglia, e niente è più devastante per un essere umano. Morozko si era ridotto al fantasma di se stesso, l’animo più freddo del più freddo fra gli inverni della sua terra d’origine.
Senza più nessun ostacolo, la strega tornò a diffondere l’infelicità per la Russia, per attirare a sé i Fearlings, incubi viventi un tempo al servizio di Pitch, lo scomparso Uomo Nero.
Ma…

Accadde, una mattina sul finire dell’anno, che Morozko, durante il suo triste peregrinare, capitasse presso il cortile di una piccola scuola, ove fu spettatore di un singolare spettacolo: un bambino, ritto davanti a un piccolo pubblico di ascoltatori, stava declamando quella che, nonostante qualche imprecisione, era una filastrocca costruita ad arte!
Per la prima volta dopo mesi, Morozko azzardò un sorriso. Avvicinatosi al gruppetto, applaudì il piccolo poeta, regalandogli poi una mela.
Ripreso il suo marciare senza fine, l’uomo potette constatare come non si trattasse di un caso isolato: sempre più spesso, specie nei paesini da lui visitati un anno prima, si ritrovò dinnanzi a quella scena, e ogni volta il sorriso si faceva più largo. Quando gli era possibile, lasciava ai giovani intrattenitori piccoli doni, come ringraziamento per averlo consolato almeno un poco.

Baba Jaga non era contenta: non era bastato annichilire il poetastro, agli umani era bastato un solo inverno allegro perché la sua magia depressiva perdesse efficacia!
–I Fearlings non risponderanno mai al mio richiamo, se non riesco a instillare l’ombra nei cuori!- era l’attanagliante pensiero della megera. –Quei vermi devono scordarsi le rime!- decretò, incaricando Kasshei di ghermire qualunque marmocchio fosse sorpreso a recitare le famigerate composizioni.
Ciò non sfuggì a Morozko, il quale, rinvigorito, aveva deciso di vendicarsi della strega che aveva rovinato la sua vita. Venuto a sapere dei rapimenti del demone, lo aveva rintracciato e seguito di nascosto dopo la sua ultima scorreria. Arrivò così alla fortezza di Baba Jaga, un inquietante stamberga che si muoveva su due enormi zampe di gallina!
Morozko, per nulla impressionato, fece irruzione in territorio nemico e affrontò a spada tratta sia Kasshei che Jaga: dopo la tragedia nella foresta, l’ex-bardo si era dedicato alle tecniche di battaglia, imparando in poco tempo l’uso delle armi bianche e le mosse corpo a corpo più letali. Inoltre, aveva affinato un paio di incantesimi che sua moglie gli aveva insegnato quando si erano conosciuti. Queste abilità, unite al suo desiderio di fare giustizia, permisero a Morozko di prevalere, costringendo Baba Jaga a ritirarsi.
I bambini prigionieri, liberati, vennero riaccompagnati ai loro villaggi. L’impresa di Morozko venne raccontata in ogni parte della nazione, consacrandolo a leggenda. Un onore, certo, ma non valeva nulla per colui che avrebbe solo voluto vivere in pace con la propria famiglia.
Passarono gli anni.

Morozko continuava a vagare per le steppe, la stessa pelliccia di sempre, lo stesso naso adunco,lo stesso corpo allampanato, la stessa speranza, vuota, di ritrovare i suoi cari. Aveva vissuto altre avventure, altre imprese eroiche; si era fatto molti amici, tra cui Borr, un cervo capace di galoppare in cielo: una cavalcatura che di certo accentuava l’aura mitologica di cui Morozko ormai godeva. Andava tutto bene, tranne che per l’eroe stesso. Malinconico, a volte guardava in su, in cielo, quasi come se sia spettasse di trovare risposte fra le nuvole.
E inaspettatamente, fu proprio così: una notte, Morozko guardò in su e…
-Cos’è quella roba?!- fece, scioccato, osservando la sagoma che si stagliava davanti alla luna piena; -Una slitta... trainata da… renne? Volano come te, Borr! Le conosci, per caso?-
Morozko sentì qualcosa, dentro di sé: un senso di… familiarità.
Quasi automaticamente spronò Borr all’inseguimento della slitta, non accorgendosi così di un’ombra sinistra alle sue spalle…

Il viaggio durò a lungo.
La slitta approdò infine dentro un palazzo disperso in mezzo alla neve, all’estremo nord del mondo.
La Russia era ormai lontana. Morozko fece atterrare Borr poco distante. Si avvicinò al palazzo e sbirciò: vide bestioni pelosi che accoglievano un omone robusto, la barba che iniziava a ingrigirsi. Arrivarono, poco dopo, una donna e una bambina, che abbracciarono l’uomo affettuosamente. Morozko riuscì a carpire qualcosa della loro conversazione, leggendo le labbra. In particolare… un nome, che da tempo non udiva né osava pronunciare.
Nicholas.
Quella strana sensazione… quel nome… tutto quadrava.
Quello era suo figlio. Era vivo, stava bene, aveva moglie e una figlia, viveva in un palazzo sconfinato… euforico, raccontò tutto al cervo, incupendosi improvvisamente una volta terminato: -Sono arrivato tardi… Con che faccia mi presento? Per lui ormai sarò un estraneo… Se l’è cavata benissimo, da solo. La mia famiglia non è più mia.- Concluse, accingendosi a tornare in Russia.

Ma il destino volle diversamente. O meglio, lo volle una vecchia conoscenza di Morozko: Baba Jaga fece infatti irruzione nel palazzo e si avventò su Nicholas e famiglia, allontanando i bestioni con un vento magico.
–Piccolo Nicholas!- tuonò, -Quanto tempo! Nemmeno il ritorno di Pitch ti ha fermato, eh?-
Per la fattucchiera si prospettava la migliore delle vendette: per anni aveva cercato rivalsa contro Morozko, e quando finalmente l’aveva rintracciato… ecco che spuntava fuori pure il figlio! L’eroe della Russia, scorta la vecchia avversaria, non esitò a buttarsi nella mischia, con gran stupore di Nicholas, che ci capiva sempre meno.
–Bene, bene, bene! Ci siamo tutti!- rise Baba Jaga, richiamando poi i suoi demoni per dar battaglia all’intero Polo Nord.
Fra Morozko e Nicholas non ci fu dialogo. Assicuratisi che la bambina fosse al sicuro, i due si scagliarono contro i nemici, le spade sguainate. Col contributo dei bestioni, gli Yeti, i demoni vennero sgominati senza troppe difficoltà.
Rimaneva una soltanto da abbattere.

Baba Jaga, vista la malaparata, aveva già preso provvedimenti. Approfittando della confusione, si era avvicinata di soppiatto alla figlia di Nicholas, protetta dalla madre. Stordita quest’ultima, agguantò la piccina e attirò l’attenzione dei due guerrieri.
–Fermi lì, bambocci!- gracchiò trionfante, sbatacchiando il suo spaventatissimo ostaggio. Nicholas, al vedere la sua bambina in pericolo, per un attimo perse la concentrazione. Baba ne approfittò e scagliò contro i due uomini una fattura mortale. Morozko, pronto di riflessi, spinse via il figlio e deviò l’incantesimo con la spada, indirizzandolo fuori dal palazzo.
Baba Jaga a questo punto tentò la fuga, ma ad attenderla fuori c’era Borr, che le sbarrò la strada. Morozko, facendosi lanciare dagli Yeti, la raggiunse e le sfilò via la bimba.
Baba Jaga ingaggiò una feroce lotta con l’ex-poeta, ma alla fine questi la sopraffece e le tagliò di netto le gambe. Non fu nulla di cruento, comunque: Baba Jaga era una strega potente, molto potente, e con la sua magia poteva benissimo sopravvivere a un simile danno. Non cadde nemmeno una goccia di sangue.
Ne rimase comunque indebolita abbastanza da spingerla a ritirarsi; -Ma prima o poi, poetastro, tutta la tua famiglia salderà il conto!- sibilò come congedo.
Nicholas si avvicinò a Morozko, che gli mise in braccio la figlia. Il primo scrutò a lungo il secondo, e nemmeno questa volta ci fu bisogno di parole.
Anche se non si potevano recuperare gli anni persi, il loro legame c’era.

Le settimane che seguirono Morozko le trascorse lì, al Polo Nord, alla fabbrica di giocattoli di Babbo Natale, ovvero suo figlio, Nicholas St. North. Questi raccontò al padre ritrovato tutto quanto gli era successo, dalla vita selvaggia ai Cosacchi, dalla battaglia contro l’Uomo Nero alla sua nomina come Guardiano dell’Infanzia, parlandogli poi dei doni che portava ai bambini buoni di tutto il mondo ogni 25 dicembre.
-È un po’ come faccio io in Russia.- aveva commentato Morozko; -A Capodanno, io scambio con dei regali le poesie che i bambini mi scrivono. È una cosa iniziata un po’ per volta, sai…-
Nessuno dei due ebbe mai il coraggio di chiedere di Vesna.

Lodniy legò molto anche con la sua nipotina, Snegurochka, candida come la neve ma calorosa come il focolare domestico. La piccina si era subito affezionata a Morozko, dopo che l’aveva salvata da Baba Jaga. Ogni notte si faceva raccontare una poesia diversa! Le piacevano davvero tanto!
–Come padre sono sicuro che saresti stato fantastico- gli confidò un giorno Nicholas, -ma come nonno batti proprio tutti i record!-
 
Morozko si sentì finalmente, dopo tempo immemore, davvero felice. Aveva di nuovo la sua famiglia, che gli voleva un bene dell’anima.
Addirittura, quando Snegurochka seppe che il nonno doveva tornare in Russia, lo pregò di portarla con sé, perché voleva aiutarlo nella consegna dei regali.
–Ma piccina,- azzardò Morozko, mentre sellava Borr, -quella di tuo papà è più bella!-
-Non è vero, sono belle tutte e due- pigolò in risposta la bimba; -Ma voglio farti compagnia, così non ridiventi triste!-

Fu così che Morozko Lodniy divenne noto con il soprannome di Nonno Gelo, e fu così che lui e sua nipote Snegurochka diventarono il simbolo delle feste invernali in Russia, portando doni, scrivendo e declamando poemi e, di tanto in tanto, affrontando quella strega testarda di Baba Jaga che, anche con delle gambe di legno, proprio non voleva saperne di smetterla di seminar caos!
  
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