Una storia
che parla di hobbit, nani e un narratore invadente.
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Cari
venticinque lettori.
Devo
dire che sarei davvero felice di cominciare questa storia con una scena di
felice domesticità. Una di quelle scene che scaldano il cuore come un
piatto di brodo della nonna o una cioccolata calda durante un giorno
d’inverno, una di quelle scene che ci fanno sentire felici e un pochetto
miserabili.
Ora,
miei venticinque lettori, riuscite ad immaginarla questa scena? Potete vedere
la casa un po’ traballante, un fuoco un po’ restio ad accendersi,
un paiolo un po’ troppo piccolo ed un po’ troppo vuoto, due bambini
forse un po’ troppo magri che giocano seduti a terra, creando nuovi mondi
e nuovi regni con qualche pezzo di legno rovinato e l’immaginazione che
si perde col tempo come i capelli e la gioia vi vivere. Riuscite a vedere uno
zio con la barba troppo corta e troppo grigio nei capelli che si china verso di
loro e spiega sorridendo come costruire questo e quell’altro castello,
mentre la loro madre si occupa di scodellare il pasto della giornata, cercando
di dividere equamente il nulla?
Sì, certo che riuscite ad
immaginarlo. Perché io credo, mie cari lettori, che se qualcuno
può immaginare tanta dolcezza e affetto nella miseria e calore nel
freddo nell’inverno, questi siete voi. Ed è per questo che oggi
porto a voi questa storia, a voi e a nessun’altro.
Questa
storia ha invece inizio in una notte fredda di Uccellaio, una di quelle notti
in cui si sente l’alito crudele dell’inverno che sfiora la pelle
del viso e i capelli, annunciando il suo prossimo arrivo.
In
questa fredda notte una (relativamente) giovane hobbit se ne stava
tranquillamente seduta con le gambe coperte da una coperta patchwork di circa
cinque generazioni or sono e un libro tra le mani.
Suddetta
(relativamente) giovane hobbit era la proprietaria di Bag End, casa della
famiglia Baggins di Hobbiville nella Contea.
Ah, casa
Baggins! Un non esattamente piccolo sogno di casa, con la porta
d’ingresso verde, la cucina sempre in azione, la dispensa sempre piena e
libri ovunque. A giudicare da quanti libri c’erano a casa Baggins un
ospite incauto poteva pensare che suddetti libri dovevano essere quanto
quantomeno commestibili o utilizzati come mobili o soprammobili.
Come se
a casa Baggins mancassero soprammobili, inutilità o ninnoli vari. Casa
Baggins pullulava di inutilità dal fortissimo valore affettivo, il che
toglie queste inutilità dalla categoria “inutilità” e
le inserisce nella categoria “ma ci sono tanto affezionata!”.
Ma
smettiamola per un solo secondo di parlare delle cianfrusaglie a casa Baggins
(perché altrimenti avremmo di che parlare, ed annoiarvi, fino al
prossimo Primo di Lithe, miei cari lettori) e torniamo alla nostra hobbit.
Ebbene,
come immaginate che sia questa hobbit?
Che
aspetto può avere una creatura che vive sotto una dolce collina coperta
d’erba verde smeraldo, in una casa tutta tappezzata di legno, ricolma di
oggetti vari e perennemente profumata di torta di mele e pane dolce?
Ovviamente,
suddetta hobbit non era una silfide. Come molti hobbit vantava un viso rotondo,
piccole mani morbide e braccia non propriamente fatte per il lavoro pesante, un
seno florido, fianchi larghi, una consistente pancetta (più o meno
strizzata dal corsetto del giorno), gambe tornite e beh, i non esattamente aggraziati piedi degli hobbit, due
palanche grosse come barche a vela e ricoperti di peli dalla caviglia in
giù.
Per
spezzare una lancia nei confronti dei piedi degli hobbit, posso dirvi che
suddetti piedi erano in grado di muoversi qua e là senza fare il minimo
rumore e che la coriacea pelle che li ricopriva rendeva futile l’acquisto
di qualunque genere di calzatura, con un conseguente risparmi non indifferente
per la famiglia hobbit media (suddetta famiglia contava, generalmente, dai tre
ai dodici piccoli hobbit, quindi, miei cari lettori, provate anche solo ad
immaginare cosa potrebbe voler dire comprare le scarpe per dodici paia di
piedi).
Oggi
vado quindi a presentarvi Billa Baggins, padrona di casa Baggins con annessi e
connessi, hobbit rispettabile, affamata di storie, gran divoratrice di libri
(quindi sì, quei libri erano da considerarsi commestibili) e del tutto
avversa ad avventure, novità e altre cose che rischiano di far sì
che un rispettabile hobbit arrivi tardi al suo the pomeridiano.
Ma, come
Billa Baggins presto scoprirà, questo mondo è fatto in modo
buffo. Quando non sei tu ad andare verso l’avventura, allora
l’avventura arriverà in casa tua.
Più
o meno.
A.Corner___
YUHUUUU!
Esco dal
buio con una fan fiction di Lo Hobbit, perché sono fantasiosa e vado
contro corrente io * annuisce convinta * quindi, ecco a voi il prologo di
quella che sarà una long fic che andrà
avanti finché non me ne stufo. Cosa che può succedere domani, tra
sei mesi, dieci anni… Chi può saperlo? ♥
Comunque,
vi adoro, cari lettori, andate e promulgate il verbo!
p.s: errori di battitura? Sgorbi grammaticali?
Scrivete. Ditemelo a voce. Trovatemi sull’elenco e chiamatemi. Bloccatemi
per strada. Mandatemi un piccione viaggiatore. Insomma, in qualche modo,
fatemelo sapere. Come molti genitori orgogliosi sono cieca ai difetti della mia
prole.