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Autore: Storm_    14/04/2013    2 recensioni
Stefano, 35 anni.
Questa shot è un compito mai consegnato, ci tenevo però che qualcuno lo leggesse.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella mattina Stefano non aveva proprio voglia di alzarsi.
Ormai era sveglio e non sarebbe riuscito ad addormentarsi di nuovo, ma gli sarebbe andato bene rimanere tutto il giorno steso sul suo letto, a individuare nuove crepe sul soffitto.
Qualsiasi cosa, pur di non doversi alzare e guardare allo specchio.
Era il giorno del suo trentacinquesimo compleanno.
Dalla cucina, dall’altra parte del piccolo appartamento, poteva sentire sua madre trafficare con mille vassoi, certamente carichi di dolci. Da brava mamma mediterranea, per lei ogni scusa era buona per passare la giornata ai fornelli.
Stefano si fece forza e mise un piede fuori dal letto.
Eseguì meccanicamente la solita routine per vestirsi e lavarsi, evitando accuratamente di sostare in prossimità di uno specchio. Quando sentì la porta del balcone chiudersi, segno che sua madre era uscita a fumarsi la solita sigaretta mattutina, sgusciò velocemente fuori dalla camera, agguantò la valigetta e uscì di casa.
Mentre si recava al solito, odiato, monotono lavoro si fermò in pasticceria a comprare il solito croissant alla crema, rimandando la dieta di un altro giorno.
Si sentiva più triste del solito, quella mattina. La consapevolezza di avere raggiunto i trentacinque anni lo atterriva, si sentiva già morto.
A trentacinque anni si trovava a vivere ancora con sua madre, una pimpante sessantasettenne con una vita sociale più attiva della sua- tra amanti, amiche e impegni mondani; non aveva quasi nessun amico e men che meno aveva una fidanzata.
Era sempre stato un individuo solitario ed indipendente, e la mancanza di amici (i pochi che aveva avevano iniziato a non farsi più sentire una volta concluse le superiori) non gli era mai pesata molto.
A che gli servivano gli amici, quando in casa aveva un computer e un frigorifero pieno di manicaretti?
Solo ultimamente Stefano aveva iniziato a sospettare che quell’amore per la solitudine non fosse altro che una sorta di giustificazione alla sua timidezza e pigrizia quasi patologiche.
Aprendo la porta dell’ufficio, si scontrò con lo stagista che sopportava meno: Andrea. Ventitré anni, sexy, intelligente e spiritoso; aveva preso di mira Stefano dal suo primo giorno di prova.
-Oh Stefano!- esclamò, a mo’ di saluto. –E’ nuova quella tuta? Ti sta già stretta, da qualche parte dovrei avere l’opuscolo di una nuova palestra, hanno delle ottime offerte, e intanto dammi la brioche che la finisco io, ciccio…- Andrea aveva quel modo tutto suo di parlare, incastrava le frasi una dietro l’altra senza finire la precedente. Ci era nato con quel modo strano di parlare, era nato per fare il capo che sparava ordini veloci agli altri.
Senza replicare, Stefano andò a sedersi dietro alla scrivania e accese il computer. Il suo diploma di perito informatico gli aveva procurato un impiego qualunque in un ufficio qualunque.
Andrea faceva il cascamorto con Biaggi e Rossini, ritenute all’unanimità le stagiste più carine dell’ufficio, cercando di farle ridere imitando silenziosamente Stefano, col suo modo goffo di salire le scale, il sospiro pesante che faceva appena varcava la soglia e il tonfo che faceva quando adagiava le chiappe sulla sedia azzurra acquistata all’Ikea un decennio prima.
-Prima o poi quella sedia si rompe, te lo dico io..- bisbigliò Andrea con fare complice verso Antonella Biaggi, un metro e cinquantacinque di curve e lunghi capelli castani.
Alice Rossini, alta, snella e bionda tinta si ritirò nel suo ufficio. Quel giorno la prescelta di Andrea era la Biaggi, ergo per tutto il giorno il ragazzo si sarebbe comportato con lei come se fosse l’unica donna dell’ufficio e, immancabilmente, alle tre i due si sarebbero rintanati per una magica mezz’oretta nella stanza delle fotocopie.
In un mondo diverso, Stefano si sarebbe alzato e avrebbe tirato sul viso beffardo di Andrea un pugno che gli avrebbe scomposto i lineamenti, senza sudare freddo al solo pensiero.
Ma in quel mondo, constatò Stefano guardando il suo riflesso nello schermo nero del computer, lui era solo un povero ciccione timido, e Andrea era tutto quello che lui avrebbe voluto essere.
  
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