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Autore: Aura    15/04/2013    3 recensioni
Charlie Weasley si definisce un matto.
Perché solo un matto potrebbe, in un mondo che ancora si riassesta dopo la guerra contro Voldemort, in un mondo che è in procinto di combatterne un'altra, innamorarsi della ragazza di suo fratello.
Perché Hermione sarebbe sempre appartenuta a Ron, era chiaro anche a lui: per cui era solo un matto, a continuare ad amarla.
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlie Weasley, Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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quel matto 1






Ho sentito dire che c'è un matto in giro
con le tasche piene di parole
e sogni che nessuno ha realizzato,
e non sa coltivare, se non dentro la sua testa vuota
e dentro le speranze di chi non ha mai deciso niente.

Sono ancora avvolti in cellophane e carta d'alluminio,
e pesano di tutti quei rimpianti che ogni uomo ha dentro
e pensano che siano ottimi rimedi contro il tempo,
perché possa un giorno muoversi in un altro senso.
(Quel matto sono io, Negramaro)




LUI.



E così mi sono innamorato di lei: come il peggiore degli stupidi, innamorato della ragazza di mio fratello.
Sciocco, da parte mia, perché si sa: Hermione apparterrà sempre a Ron, non c'è dubbio; eppure sono finito in questa situazione, e mi rendo conto solo ora che dovevo scappare, finché ero in tempo.
Perché non è successo in un lampo, di avvisaglie ce ne sono state, ma forse all'inizio sono caduto nel tranello più ovvio del mondo: non ci credevo, era impossibile.
Ma allora era una cosa difficilmente catalogabile anche come infatuazione, per cui rimanevo forte della mia teoria, e non davo peso al fatto che qualcosa smuovesse il mio stomaco quando lei era nelle vicinanze; qualcosa che mi spingeva a considerarla interessante, nonostante fosse solo una ragazzina saputella.
In fondo ai tempi l'avrò vista una volta o due; poi ci fu il matrimonio di Bill, e in quell'occasione mi trovai a pensare pericolosamente che tutto sommato era carina, a modo suo. No, quel giorno era decisamente carina, ma non avrei dovuto pensarlo, non avrei dovuto ricordarlo, in seguito. Doveva essere più il genere di pensiero: “Oh, sono fiero che il mio fratellino si sia trovato una bella ragazza”; e invece no, guardandola, quella sera, avevo capito che quella leggera stretta allo stomaco che percepivo era sintomo d'interesse: dovetti sedermi, per frenare l'impulso di avvicinarmi a lei; ma continuai a guardarla, consapevole del mio errore.
Ignaro che Hermione mi avrebbe dato mille altri motivi per continuare ad accorgermi di lei, sono stato stolto a non pensare che avrei raggiunto il punto di non ritorno.
Durante la battaglia, quasi un anno dopo, c'era ben poco da pensare a queste cose, chiaro; ma pur con il cervello impegnato dalle strategie, il fisico dagli scontri e il cuore dai lutti che aumentavano sempre di più, una parte latente di me la notava: l'ammiravo, era forte, intelligente, era impossibile non rendermene conto.
E poi, quando pensammo di aver finalmente raggiunto la meritata pace, ci fu l'altra faccenda...
Sono solo un matto.


Erano passati sei mesi dalla sconfitta di Voldemort, il mondo magico si stava rialzando dalle sue ceneri ricostruendo ciò che era stato distrutto, asciugandosi le lacrime per coloro che aveva perso, e io, dopo un periodo a casa, ero tornato in Romania.
Anche così lontano trovai incredibile come ciò che era accaduto a Hogwarts fosse risuonato in tutto il mondo, e di come tutti, ognuno a modo proprio, vi avessero partecipato.
La vita era ripartita, la solita routine aveva iniziato ad inanellarsi un giorno dopo l'altro, persino per me, che la monotonia non sapevo nemmeno dove stesse di casa. Era quello che mi aveva sempre affascinato dei draghi: erano esseri imprevedibili, stare con loro era una lotta continua, la loro fiducia era qualcosa di incredibilmente sfuggente ma altrettanto prezioso, perché quando riuscivi a conquistarla era impareggiabile. E stare lì mi aiutava a distaccarmi dal mondo che avevo lasciato, dalla famiglia che si ricuciva le ferite, dal pensiero che ormai ero partito di testa per la ragazza di mio fratello; fino a che arrivò un emissario del ministero. Non un gufo.

La mia capanna era molto spartana, ci feci caso per la prima volta quando feci entrare Amadeus Parker; quello strano omucolo fece qualche passo sulle tavole traballanti del pavimento e si guardò intorno, spaesato. Dopo aver ottenuto il consenso dagli altri della mia squadra mi aveva seguito, per strappare anche il mio, che ero rimasto titubante: non capivo il perché di tutta quella segretezza, quale questione poteva essere così urgente da richiedere la nostra immediata presenza a Londra?
- Signor Weasley, la prego, il Ministro ha insistito perché vi portassi tutti con me: non posso dirvi niente, ma è una questione di sicurezza mondiale. - disse, particolarmente  cauto, come per giustificare la sua insistenza. Ero incuriosito e allo stesso tempo seccato: partire senza sapere niente, scommettevo che nemmeno questo Parker fosse a conoscenza del motivo per cui era lì; inoltre ero appena tornato, e l'idea di rifarmi il viaggio fino in Inghilterra non mi attraeva particolarmente.
Però c'era la questione della curiosità: c'era qualcosa sotto, ne ero certo.

- Sta scherzando! - Non mi trattenni dall'esclamare, quando Shacklebolt finì di parlare.
I miei compagni iniziarono a mostrarsi inquieti, la faccenda si stava rivelando pericolosa, e tutti sapevamo che non potevamo tirarci indietro.
Il Ministro era serio, ci guardò tutti negli occhi, ad uno ad uno,
- Purtroppo no. Ma non è finita.
Mentre continuava a parlare feci scorrere il mio sguardo tra gli Auror presenti alla riunione, impotenti davanti a quello che stava succedendo; e noi che pensavamo che dopo aver sconfitto il più grande mago oscuro di tutti i tempi ci spettasse un po' di pace.
E invece, per tutto quel tempo, anzi, da prima, un esercito si stava formando proprio sotto ai nostri piedi.



LEI.




Buio e silenzio, incoscienza, prima che qualche immagine sconnessa riaffiorasse tra i miei ricordi.
Sapevo di essere stata colta di sorpresa, e di aver provato a difendermi, a lottare, mentre l'attacco rendeva sempre più chiaro che ogni colpo era inutile: dovevo scappare, ma ormai le forze mi stavano abbandonando.
Aprii gli occhi, notando di essere riuscita nel mio intento; no, non ce l'avevo fatta da sola, un Auror si era materializzato accanto a me e aveva portato via entrambi.
Cos'era quella
Cosa che mi aveva attaccato? Ci pensai ancora prima di provare a capire dov'ero, cercai di riportare alla memoria quell'essere, quella creatura sulla quale ogni incantesimo era inutile. Deglutii, sapevo cos'era, quello che non capivo era perché si trovasse lì.
Mi guardai intorno, il San Mungo. Le pozioni che mi avevano dato stavano iniziando a fare effetto, ma lì dove si erano rotte le ossa sentivo ancora dei dolori lancinanti; provai a chiamare qualcuno, ma dalla mia gola secca uscì solo un debole rantolio. Una Medimaga che non avevo notato, all'angolo della stanza, si mosse rapidamente verso di me, causandomi un forte giramento di testa; parlava con qualcuno, ma non riuscivo a distinguere le parole. Entrarono altre persone nella stanza, forse una, forse due, ma a me sembravano mille; mi ritrovai a implorare con lo sguardo la Medimaga di qualcosa che non sapevo nemmeno io, fu allora che tutto si calmò e divenne immobile. Prese un'ampolla, che avvicinò alle mie labbra:
- Beva questo, Granger. - disse, lentamente, in modo che io potessi afferrarne il significato. E subito tutto divenne buio di nuovo.

Al nuovo risveglio percepii immediatamente una nuova forza in me, il dolore era passato, persino quello al braccio, che era stato calpestato dalla creatura; aprii gli occhi e mi alzai un poco sul cuscino, certa di trovare accanto a me qualcuno che avrebbe potuto spiegarmi cosa era successo. Non mi sbagliavo: un uomo, un Auror, scattò in piedi come una molla, corse verso la porta che aprì appena e lo sentii chiaramente dire:
- È sveglia, sembra lucida.
Vidi entrare Shacklebolt, e capii che il mio attacco non era una coincidenza, sotto doveva esserci qualcosa di grosso.
- Ministro, - lo salutai, facendo forza sui gomiti per mettermi a sedere. La Medimaga mi raggiunse, aiutandomi a mettere il cuscino dietro alla schiena e porgendomi poi un bicchiere d'acqua, a sollievo della mia gola secca. - mi dica tutto. - lo invitai, liberata dalla voce impastata, - Cosa ci faceva una Manticora in Inghilterra?
Shacklebolt aggrottò la fronte, lasciò che il silenzio facesse risuonare la mia domanda tra le mura della stanza e galleggiare per qualche istante tra di noi, prima di dirmi che mi avrebbe risposto in un altro momento, non appena la mia guarigione fosse stata completa, al Ministero.
La sua espressione mi indusse a non insistere, come se mi comunicasse silenziosamente che quello che potevo immaginare era solo la punta di un iceberg pericoloso e ostile, di cui lui era a conoscenza.
Perché era lì, allora, se non voleva darmi delle risposte?
Non capivo, e nonostante accettassi il suo voler rimandare le spiegazioni la mia mano strinse nervosa il lenzuolo, insoddisfatta, e gli spiegai come ero stata attaccata.
Capii ancora una volta, dalle espressioni del ministro e del Auror accanto a lui, che il mio non era un caso isolato.






Nda:
Ho iniziato a scriverla a settembre, questa storia mi è balenata in mente non appena mi sono iscritta al contest "Everybody loves Hermione", con cui poi ho partecipato con Brown Eyed Girl. Non con questa, perché sapevo che per la storia che avevo in mente non sarei riuscita a rispettare la scadenza, non perché avessi progettato millemila capitoli, ma perché è il genere di storia che richiede tempo.

È la mia prima esperienza con la narrazione in prima persona, ho voluto togliermi lo sfizio di provare a usarla. Ringrazio per l'ispirazione i Negramaro con "Quel matto sono io" a cui questa storia deve gran parte delle citazioni, anche future, e il titolo, ma soprattutto i Radiohead con "Creep", che prima o poi salterà fuori, che è la vera colonna sonora di Charlie.

Spero che vi piaccia, alla prossima!

   
 
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