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Autore: Ashwini    15/04/2013    17 recensioni
Amia non è una semplice umana.
Andras è il demone che regna sull'Impero di Alloces.
Andras riuscirà a conquistare l'intero pianeta Terra tranne un piccolo territorio "protetto" dalla CGE, un'organizzazione umana corrotta da Rea e le sue sacerdotesse.
Rea vuole vendetta per un torto subito in passato a causa di Andras.
Ma chi è il vero nemico?
Una leggenda influenzerà i destini dei personaggi.
Damien, un simpatico demone biondo, e Raina, una spumeggiante umana, sapranno aiutare Andras e Amia, loro amici?
Dalla storia:
«Ti ho visto, ho incrociato i miei occhi con i tuoi. Ti ho conosciuto, ho intrecciato le fibre della traccia della mia vita con le tue. Ti ho guardato dentro, ho voluto te nella mia storia e me nella tua. Ti ho amato, ho combattuto, mi sto battendo, ci sto difendendo per farti restare lungo il mio percorso, ma mai ai suoi confini perché lì c'è solo dolore. Ti ho visto, ti ho conosciuto, ti ho guardato dentro, ti ho amato. Ti vedo e ti vedrò ogni giorno chiaramente, ti conoscerò sempre di più, ti affonderò ancora dentro, ti amo e sarò innamorata di te in eterno.» - Amia.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
Capitoli:
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Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic 00 PROLOGO- In principio fu caos
Buonasera a tutti! ^-^

Questo che, adesso, vi state apprestando a leggere è il prologo della prima storia che pubblico qui sul sito di EFP. Spero vivamente che la seguiate, facendomi sapere, magari, anche cosa ne pensate in una recensione. A tal proposito, non fatevi problemi: accetto sia i complimenti che, a maggior ragione, le critiche; le quali mi potranno solo aiutare a migliorare.
Detto questo, 
BUONA LETTURA!

****


                                                                                                                                                                                                              Una donna che si rialza fa sempre un po' paura.
                                                                                                                                                                                                        Una donna che non dipende dagli uomini può intimorire.
E se tornano, e tu li mandi a quel paese, ti vorranno fare a pezzi.
Ma tu non ricadere. Tu non temere. Preparati.
Le persone vogliono sempre distruggere qualcosa che
non sono riusciti a far crollare del tutto.
(Deborah Simeoni)


Prologo:
In principio fu caos.




Ricordo che quando l'inevitabile accadde, ero ancora un'ingenua ragazzina di diciott'anni che si credeva già adulta, già capace di affrontare il mondo intero da sola. Con le sue sole forze.
A quel tempo, il mondo non era ancora pronto per ciò che sarebbe di lì a poco avvenuto, non era consapevole dell'implacabile destino che si era appena messo in moto. Destino che avrebbe fatto precipitare l'intero pianeta Terra nel caos più totale.
E mentre l'umanità si apprestava a festeggiare una delle festività più amate, la cosiddetta Apocalypse Demons War divagò maligna per il globo terrestre, devastandolo e portando con se la venuta di una nuova razza di potenti demoni.
Intere città vennero rase al suolo, interi popoli furono sterminati e schiavizzati da quegli esseri privi di ogni scrupolo e sentimento.
La gioia sparì dai volti di ognuno.

Fu così che gran parte del territorio terrestre cadde nelle loro avide mani.



Poco prima dell'inizio della catastrofe, si stava festeggiando la Vigilia di Natale per le strade affollate di New York; la gente camminava spensierata e, ridendo felice, si godeva le parate lungo le strade rese chiassose da sorprendenti animazioni e dall'inizio nei vari locali di feste private che sarebbero durate tutta la notte.

C'erano pure i bambini, che correvano gioiosi per i prati dei parchi pubblici ed i loro genitori, che li guardavano con sguardi pieni di un amore che solo un genitore può e sa dare. Le bancarelle erano piene zeppe di oggetti di vario genere e riempivano i marciapiedi delle strade, attirando gli sguardi curiosi e ansiosi di chi si affrettava a comprare i regali dell'ultimo minuto sperando di trovare qualcosa di buono.
Festoni di tutti i tipi, dai più colorati ai più luminosi e appariscenti, agghindavano i palazzi, i grattacieli e i pali della luce.
C'era anche il beniamino di tutti i bambini: Santa Claus, che riceveva senza sosta le ultime richieste dei bambini che si erano riuniti, felici, nei centri commerciali della ''grande mela''.

L'atmosfera era calda e familiare, e la gioia traspariva da ogni poro, quando invece per me le risate rimbombavano nella testa come pesanti macigni.

Avevo sempre guardato con una dolorosa invidia le famigliole felici e ''perfette''. La mia non lo era affatto, perché era una famiglia disastrata e sull'orlo del fallimento. Mio padre era un alcolizzato all'ultimo stadio e spesso capitava che quando tornava da lavoro picchiasse pesantemente me e mia madre. E noi che potevamo fare se non subire tristemente in silenzio? Incapaci di reagire perché paurose di una qualche possibile reazione da parte sua, ci rifugiavamo nella speranza di un futuro migliore che, in cuor nostro, sapevamo non sarebbe mai arrivato.

Mia madre piangeva ogni notte ed io, piccola bambina traumatizzata, stavo rannicchiata in posizione fetale nel suo lettone accanto a lei, impaurita e scossa dai singhiozzi, temendo il ritorno a casa di mio padre.
Quando fui un po' più grande e matura, le dissi piangendo che non sopportavo più quella situazione, che volevo andarmene da quella casa maledetta e da colui che da anni non faceva altro che tormentare le mie giornate.
Lei, le cui lacrime scorrevano consapevoli sul viso rovinato, mi rammendava che non era sempre stato così e che, nonostante tutto, lo amava ancora come un tempo; un tempo in cui viveva felice con il padre di sua figlia; un tempo dove tutto andava bene.
D
i abbandonare mio padre, poi, non se ne parlava neppure. Mia madre, infatti, temeva che, se noi due ce ne fossimo andate, lui avrebbe commesso quell'enorme pazzia quale è il suicidio. La cui sola immaginazione era impensabile per una donna tremendamente innamorata del marito.
Allora ero debole e, impietosita dalla scena che mi presentava continuamente difronte, accettavo riluttante le umili preghiere di mia madre, tornando alla schifosa vita di sempre.

Dopo non molto però i lividi provocati dagli abusi di mio padre furono impossibili da nascondere al mondo esterno e da lì in poi, il caos si impadronì della mia esistenza.
A scuola, di conseguenza, la situazione degenerò: i miei presunti amici, ed i professori soprattutto, cominciarono a pormi domande su domande, le quali non facevano altro che ricordarmi quanto misera fosse la mia vita.
Le poche amiche a cui avevo raccontato la mia situazione familiare arrivarono anche a chiedermi di denunciare mio padre ma io rispondevo sempre con la solita cantilena: << Non mi dà fastidio, ragazze. Va tutto bene, sul serio. Non c'è alcun bisogno di preoccuparsi tanto. >>
Ma non ero credibile perché la voce, a quelle parole, mi tremava inevitabilmente.
Fra sguardi ansiosi e pieni di pietà andavo avanti, costantemente attorniata da un'ombra oscura.
La mia vita era ormai diventata un peso troppo grande da sostenere ed i giorni passavano uno alla volta, tutti uguali, mentre la vita continuava monotona e senza un senso reale. O almeno, così era per me.
La mia famiglia andava avanti grazie ai numerosi lavori di mia madre ed alle mie altrettanto infinite occupazioni part-time. Spesso rinunciavo anche ad uscire con le amiche perché sapevo di non potermi permettere un tale dispendio di soldi in inutili sciocchezze come vestiti e scarpe, quando a noi i soldi servivano per pagare le bollette e mangiare.

Così, il giorno in cui tutto successe, stanca di tutto questo, decisi finalmente di affrontare una volta per tutte mia madre e dirle che io me ne sarei andata via, definitivamente stavolta. Limitandomi ad andarla a trovare quando mio padre non era a casa.
Ma quello che trovai fu il corpo gelato di mia madre, la quale se ne stava stesa a terra con la testa sanguinante e con gli occhi spalancati ormai del colore delle nuvole in cielo. Scena che andava oltre ogni mia più longeva immaginazione; causata da quel padre che, invece, era in piedi lì vicino con una bottiglia rotta di whisky colante in mano che rideva come il pazzo quale era diventato ormai da molti, troppi, anni.

Ridendo ubriaco, arrivò persino a chiedermi di prendere un sacco logoro per sbarazzarsi del cadavere. Ed io, ancora parzialmente preda del dolore causatomi dallo shock che mi aveva travolta come un pugno in pieno stomaco, riuscii solo ad urlargli contro che, stavolta, lo avrei denunciato sul serio, andandomene via per sempre da lui e dalla sua immane follia.
Le gambe, a quel punto, si mossero da sole, ansiose di portarmi fuori da quella casa ricca di sventura.

Per un tempo che a me parve infinito, corsi a perdifiato per le strade affollate di New York, la culla del disastro, diretta verso la centrale di polizia più vicina, sconvolta e in un mare di lacrime amare.

Mia madre, l'unica persona che mi aveva voluto veramente bene, adesso era... morta. Morta!
Strinsi i pugni ed irrigidì la mascella. Non era giusto. Perché dovevo provare tutto questo dolore? Non ne avevo forse già provato abbastanza in passato?! Quanto ancora dovevo perdere prima di riuscire a scappare dalla giostra di dolore nella quale ero finita?
Con la perdita di mia madre, se ne era andata anche l'unica fonte di luce che ancora rischiarava, fioca, la mia vita.
Sì, perché mai più avrei potuto essere stritolata da un suo caldo abbraccio, provando quel piacevole torpore che rendeva viva la mia anima resa gelida dalle troppe sofferenze.
Mai più avrei avrei avuto l'occasione di dirle che le volevo bene, che lei era l'unica che mi faceva sentire in pace col mondo e con me stessa soprattutto.
Mai più avrei risentito i suoi dolci ed amorevoli consigli nei momenti bui, i quali mi sostenevano fedeli, permettendomi di non cadere nell'oblio.

Per me la vita non ha più senso. Solo questo riuscivo a pensare, incapace di qualsiasi altro pensiero logico.

Ma quel giorno, non ebbi il tempo di raggiungere la centrale.

Perché fu proprio il quel preciso istante che la terra cominciò a tremare, mentre la gente iniziava ad urlare disperata ed in preda al panico cercando, come me d'altronde, un qualche riparo sicuro dove potersi rifugiare. Il quel momento, solo tenersi aggrappati alla vita aveva senso.

All'improvviso, si sentirono dei rumori assordanti e, mentre mi mettevo le mani alle orecchie, vidi delle ombre oscure e come infiammate che si spargevano per tutta la città, inghiottendo maligne ogni cosa che si metteva sulla loro strada. Fermandosi solo ad una decina di metri di distanza da dove mi trovavo.
Da esse comparve una schiera piuttosto numerosa e compatta di uomini, soldati probabilmente. E, proprio davanti a questi ultimi, se ne misero in fila altri cinque dotati
di una perfezione innaturale ed inumana. La caratteristica che spiccava, in particolare, erano i loro occhi rosso scuro dominati da un gelo freddo come la morte.
Al loro apparire la folla impaurita si bloccò, come ipnotizzata. Notai, infatti, che tutti fissavano qualcosa ed io, sporgendomi quanto bastava dal mio nascondiglio, capì che erano proprio i loro magnifici occhi. Causa, in qualche modo, di una sorta di potere ipnotico. Mi ripromisi, quindi, di non fissarli mai direttamente negli occhi.

Un'ombra oscura calò, infine, su di noi e fu come se tutta la felicità del mondo, e che poco prima aveva riempito le strade addobbate, fosse stata risucchiata da quell'unica fonte che a me, per quanto fosse oscura, appariva terribilmente affascinante.
Successivamente i cinque uomini, che molto probabilmente erano i generali più illustri di quell'esercito invasore, si spostarono, ed al loro centro comparve un altro personaggio. Un dio greco che emanava forza e controllo. Potere e lussuria. Bellezza e morte.
Fisico statuario e muscoli ben definiti si intravedevano dalla nera giacca militare che indossava, la cui particolarità era una fascia blu alla fine. Vi spiccavano, inoltre, varie medaglie onorifiche. I pantaloni erano dello stesso colore della fascia della giacca e si presentavano in uno strano tessuto che non riuscì ad identificare.
Era molto alto ed i capelli un po' più lunghi del normale erano di un profondo nero petrolio; gli occhi invece erano di un impossibile rosso cremisi e brillavano come fiamme ardenti in mezzo a tutto quel buio angosciante. L
e labbra carnose, il naso dritto e la carnagione chiara, finivano il quadro dell'aspetto fisico, facendo di lui un angelo oscuro portatore di morte.Tanto affascinante quanto pericoloso.

Gli occhi dell'uomo squadrarono attenti tutto il paesaggio circostante e, quando si rivolsero dalla mia parte, non potei evitare di cedere alla tentazione di incontrare quei meravigliosi quanto spaventosi occhi; desiderosa di prendere, almeno in minima parte, quella strana luce che sembrava emanare il suo sguardo.
Ma aggrapparmi ad essa
fu un errore, perché con quell'atto segnai la mia condanna, da quell'istante non fui più capace di lasciare quello sguardo così tormentato e tanto simile al mio.
Era come se fosse scattato qualcosa dentro di me, qualcosa di altamente sconvolgente ed inspiegabile. E che in un certo senso faceva anche paura, perché mai mi era capitato di vedere in uno sguardo un qualcosa di tanto misterioso e magnetico.


Che la storia che tutt'ora viene tramandata dagli anziani alle attuali generazioni, abbia inizio.
Preparatevi ad entrare in un mondo totalmente nuovo.



 ***


ANGOLO AUTRICE:

Allora cari lettori, eccoci qui! 

Ditemi, vi è piaciuto il prologo?
E cosa ne pensate, in particolare, di questa prima visione della protagonista? La vita per lei non sarà facile, credo che questo si sia capito, ma posso assicurarvi che la ragazza è ben determinata a non lasciarsi abbattere da niente e nessuno. Nemmeno dal protagonista maschile.
La lotta tra i due protagonisti sarà dura e ricca di colpi di scena dato che entrambi sono dotati di due caratteri forti e decisi, ma la vera domanda è: fino a dove sono disposti a spingersi per l'altro?
Infine, vorrei ricordarvi che anche se vado avanti con i capitoli, potete comunque lasciare una recensione in quelli precedenti, perché ripeto: ogni recensione è ben accetta!

GRAZIE di cuore a tutti per aver letto! < 3

Baci, vostra Ashwini. :*
  
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