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Autore: Axul    16/04/2013    0 recensioni
Tina era la classica fighettina di 19 anni. Portava abiti firmati perché così le suggerivano le riviste di moda, leggeva solo gossip, ascoltava solo gruppi che piacevano alle ragazze della sua età e fumava. Sfortunatamente, Tina si sentiva sola. Sempre più spesso si ritrovava a mangiare dolci la sera a casa e ad ubriacarsi quando usciva. Fu esattamente in una di quelle sere di perdizione che lo incontrò. Da quel momento la sua vita cambiò completamente.
Non è la classica storia d'amore, qui di amore c'è ben poco, è tutto incentrato sul conflitto interiore e sulla paura di essere se stessi che porta alla pazzia.
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aria di novità

 
Una bottiglia mezza vuota, fogli sparsi ovunque, quaderni pieni di appunti sottolineati in svariati colori e penne negli spazi vuoti.
Ecco la scrivania di uno studente universitario.
Vestiti ammassati, un computer pieno di adesivi, orecchini e collane in ogni residuo di spazio e fogli colorati attaccati ovunque.
Ed ecco la scrivania di Tina Lovercraft.
Tina era la classica fighettina di 19 anni. Portava abiti firmati perché così le suggerivano le riviste di moda, leggeva solo gossip, ascoltava solo gruppi che piacevano alle ragazze della sua età e fumava. Non solo sigarette, spesso anche l’erba che una loro amica portava. Le piaceva andare in discoteca a limonare con tutti quelli che ci provavano, diceva che faceva così perché era ubriaca, tutti sapevano che era une delle ragazze più facili della città.
Era sempre circondata da amici, quelli come lei, che si divertivano a sfottere chi andava in bici perché loro andavano in motorino o in macchina e che cercavano in tutti i modi di infastidire quelli degli altri gruppi.
Sfortunatamente, Tina si sentiva sola. Sempre più spesso si ritrovava a mangiare dolci la sera a casa e ad ubriacarsi quando usciva. Fu esattamente in una di quelle sere di perdizione che lo incontrò.
Era in un parco insieme alla sua compagnia; Jack e Caster stavano urlando contro un altro gruppo. Loro li ignoravano, probabilmente c’erano abituati e non volevano cercare rogne.
Erano metallari: due ragazze e tre ragazzi. Parlavano tra di loro ridendo e scherzando. Una era bionda, i capelli erano legati a chignon da una rosa, indossava una felpa nera, con un’aquila dorata dietro, da cui sporgeva la canottiera viola lunga fino a metà coscia, delle calze a rete e degli anfibi. L’altra era castana, più bassa, con una felpa nera dell’Hard Rock di cui si distingueva chiaramente il teschio ghignante con il cilindro, una maglietta rossa, dei leggins neri borchiati e degli stivali neri. Il più grosso dei ragazzi aveva un pizzetto e un’espressività sconvolgente, portava un chiodo nero, dei jeans scuri da cui sbucavano gli anfibi slacciati. Quello più magro aveva una felpa rossa, dei jeans neri attillati e delle scarpe nere.
E poi c’era lui. Capelli scompigliati castani, naso leggermente aquilino, occhi scuri, giacca in pelle lunga fino al ginocchio, maglia nera con l’immagine di un lupo ululante, pantaloni neri con attaccate varie cinghie e anfibi.
Jack rinunciò all’impresa di attirare la loro attenzione quando li vide accendersi un’altra sigaretta; Caster, completamente ubriaco, andò verso di loro e gli chiese di offrirgliene una con strafottenza.
La castana sbuffò divertita, mentre gli altri lo ignorarono.
Preso da chissà quale istinto, afferrò la spalla di lei per girarla, come risposta, lei gli spense la sigaretta sulla mano prima di essere tirata indietro dai tre ragazzi.
Iniziarono a insultarsi, si avvicinarono anche quelli della sua compagnia, erano in due più di loro. Fu sempre Caster ad alzare le mani per primo, ovviamente, stupido com’era, su quello più grosso.
Intervenne anche Jack, seguito a ruota da altri due. L’altro li spinse via facendoli cadere a terra e gli intimò di andarsene; non lo ascoltarono, si rialzarono e Caster si fiondò sulla castana. Fu bloccato da quello magro e lei accese l’accendino vicino alla sua felpa per spaventarlo.
Si allontanarono dividendosi fra i due gruppi. Jack e Caster scapparono seguiti dal resto della compagnia. Tina si soffermò indecisa sul da farsi. Loro la fissarono perplessi.
«Scusate» farfugliò confusa.
Loro sbuffarono. Quella castana disse: «La prossima volta gliela brucio davvero la felpa».
«Tranquilla, nessuno di noi si è fatto male, solo quel tuo amico per la sigaretta di Sammy» la rassicurò lui sorridendo.
«Così impara a toccarmi» visto che non se ne andava, le avvicinò il pacchetto di sigarette. Tina ne prese una e la fumò con timidezza e impaccio. Passò il resto della serata con loro. Gli altri non si fecero vivi.
Si sentiva un’estranea in mezzo a loro, però stava bene. La bionda si chiamava Charlotte; quello grosso Lance; la castana Samantha quello magro Gil; e lui Andy.
Samantha e Gil erano quasi insieme, si baciavano ogni tanto, ridevano sempre, si scambiavano occhiate significative e tornarono a casa insieme.
Charlotte parlò di un ragazzo che le piaceva e che si sarebbe sforzata di avvicinarlo.
Lance era fidanzato da più di un anno e sei mesi, chiamò la ragazza a fine serata per permetterle di salutare gli altri.
Andy si era appena lasciato. Era simpatico, dolce, si propose per riaccompagnarla. Con lui stava bene, non si sentiva di troppo come con la sua compagnia; erano diversi, ma scoprirono milioni di interessi in comune.
Dal giorno seguente cominciò a cercarlo ovunque con lo sguardo.
Fu quando pensò di rinunciarci che incontrò Charlotte e Samantha in un negozio d’intimo. La salutarono cordiali e commentarono insieme gli orrendi costumi.
«Oddio, guarda quello! È giallo!» sbottò Samantha sconvolta.
Charlotte emise un gemito. «Ecco! Cercavo proprio quello!»
Tina non perse gli occhi sbarrati dell’altra che mutarono in sorpresa e poi gioia quando fu abbracciata a tradimento da Gil.
«E tu che ci fai qui?» gli chiese dopo averlo baciato.
«Surprise! No, mi serve un costume» aggiunse poi serio guardandosi furtivo intorno.
«Come mai cercati tutti costumi?» domandò Tina con curiosità.
«Settimana prossima andiamo al mare» spiegò Charlotte, poi il suo sguardo s’illuminò «In casa c’è posto per un’altra persona, vuoi venire con noi?».
«Dove?»
«Spagna!»
Spalancò gli occhi. «Come andate?»
Sorrisero complici. «Il padre di Lance lavora per una compagnia aerea e ci ha comprato dei biglietti scontati.»
«Devo chiedere ai miei… chi sareste?» chiese poi con finto interesse.
«Noi tre, Lance e Andy» rispose Charlotte.
Il suo cuore perse un battito. Corse a casa, supplicò i genitori per un’ora e riuscì a convincerli. Subito contattò Charlotte.
 
Arrivò in aeroporto che c’erano già Lance, Andy e Charlotte. Tutti la salutarono come se fosse stata una vecchia amica e si sorpresero della sobrietà dei suoi vestiti: jeans lunghi,  sandali bianchi e maglietta azzurra.
Aspettarono una decina di minuti. Ad Andy arrivò un messaggio.
«Indovinate?! Gil è in ritardo! Arrivano fra poco, dicono di iniziare ad andare, tanto hanno i biglietti.»
Fecero il check-in e, inspiegabilmente, trovarono Gil e Samantha già al metal-detector con il fiatone per la corsa.
Arrivarono al gate che stavano per aprire l’imbarco, sorrisero per la loro fortuna e andarono verso l’aereo. Presero posto: Samantha attaccata al finestrino con accanto Gil e Charlotte; dall’altra parte Lance, Andy e lei. Fu un viaggio normale, gioirono nel vedere il mare e cominciarono a studiare il tragitto per raggiungere la casa.
Tina parlò poco con Andy; lui era tutto impegnato a guardare una rivista di musica con Lance. Si ritrovò a chiacchierare con Charlotte e, ogni tanto, Samantha, che provava a seguire i loro discorsi nonostante Gil dormisse profondamente e la cercasse nel sonno.
«Ma loro due hanno mai dormito insieme?» domandò sottovoce ad Andy.
«No, ma lui si addormenta ovunque e lei se lo sopporta facendogli da cuscino» rispose l’altro per poi scoppiare a ridere notando la bocca spalancata di Gil.
L’addormentato si svegliò solo al momento dell’atterraggio.
Sbarcarono, recuperarono tutti i bagagli e andarono ai taxi; ne presero due e dopo una decina di minuti furono davanti alla casa.
Era una piccola villetta con tanto di giardino. Loro erano al primo piano. Faticosamente trascinarono i bagagli lungo le scale e imprecarono contro la pesantissima valigia di Charlotte. Aprirono la porta e si trovarono davanti ad un’ampia sala affiancata da un angolo cottura. Le camere erano due, già avevano deciso di dividersi fra ragazzi e ragazze.
Samantha si fiondò sull’unico letto singolo sprofondando letteralmente nel materasso.
«Ma è morbidissimo!» annunciò saltandoci sopra.
Tina sorrise. Lì dentro tutti erano sé stessi, sentì di poter finalmente agire con naturalezza.
Lance prese il singolo nell’altra camera affermando che era il più grosso.
Gil socchiuse gli occhi rivolgendosi ad Andy. «Se invadi il mio spazio, ti infilo il cellulare nel naso.»
Siccome nessuno di loro aveva voglia di cucinare, si fecero una veloce doccia per uscire.
Si sorprese quando sentì Gil urlare: «Sammy! Ho perso i boxer!».
«Deficiente, ce li ho io!» rispose lei dal bagno.
«Dove?»
«In valigia.»
Vide Gil entrare timidamente in camera coperto da un accappatoio verde. «Scusate» e cominciò a frugare nella valigia della ragazza. «Sammy! Non li trovo!»
L’acqua della doccia risuonò per la casa.
Gil tornò in camera con la coda tra le gambe.
Samantha uscì dal bagno dopo una decina di minuti, si vestì con tutta calma, prese un sacchetto trasparente pieno di boxer colorati e andò nella camera dei ragazzi. Gil era seduto sul letto con accanto i vestiti che voleva indossare perfettamente stesi.
Tina notò Samantha lasciare la busta nel corridoio.
«Tesoro, non ci sono, mi sa che sono rimasti da te.»
Attimi di panico.
Gil aprì la valigia cominciando a lanciare i vestiti in aria, uscì poi dalla camera e inciampò nel sacchetto. Sbarrò gli occhi e fissò sconvolto Samantha. «Mi hai fatto perdere 50 anni!»
Lei rispose tirandolo dentro la stanza per baciarlo. Ne uscì dopo qualche secondo sorridendo.
Tina vide Andy girare mezzo nudo per casa e si morse il labbro per trattenersi dal toccare quegli addominali perfetti.
Quando aveva visto Gil e Sammy aveva immediatamente pensato che fossero scopamici: o c’era il sesso o c’era l’amore per lei. Uscendo con loro aveva invece capito che il mondo era pieno di sfumature e che il loro rapporto era una di quelle. Loro due si rispettavano, si ammiravano, ma, soprattutto, si volevano bene e non volevano che, per quel cambiamento nei loro cuori, si rovinasse il loro legame.
Andy si sedette in giardino per fumare. Tina si accomodò accanto a lui sorridendo. Non accettò la sigaretta, ne aveva già fumate troppe per quella mattina.
Passarono qualche secondo in silenzio, poi lui chiese: «Che cosa vuoi dimostrare con questo cambiamento? Le persone non cambiano da una settimana all’altra».
Rimase interdetta. «Nulla. Mi sento meglio con me stessa.»
«Quindi, per tutti questi anni, tu non hai mai fatto quello che volevi.»
Non rispose, fissò il vuoto riflettendo su quell’affermazione.
Charlotte posizionò una sedia intorno al piccolo tavolino verde. «Allora, dove mangiamo?»
«Boh, quando usciamo vediamo che troviamo e decidiamo. Stiamo qui in zona però.»
Gil arrivò sbuffando. Fissò gli altri uno ad uno e sbottò: «Quella deficiente mi ha fatto svuotare tutta la valigia per nulla!».
«Quella deficiente ti sente benissimo. Già che ci sei, dopo recupera tutte le tue cose dalla mia valigia, così non hai più problemi» rispose Samantha dalla finestra dietro di loro.
«Dite che se l’è presa?» domandò incerto dopo una decina di secondi.
Andy scoppiò a ridere. «Sarebbe la vostra prima litigata da quando vi conoscete!»
Charlotte lo squadrò scandalizzata. «E ti sembra divertente?! Valle a parlare!» aggiunse poi rivolta a Gil.
Gil si alzò sospirando per tornare in casa. Dopo cinque minuti sentirono le loro grida.
«E ti sembra un motivo per chiamarmi così?! Va a cagare! Dopo tutto quello che faccio per te! Toh, pigliati il tuo drum, la tua fottuta macchinetta e questa merda di pacchetto!»
«E a te sembra una reazione? Che problemi hai?!»
Lance uscì sul giardino provando a non fare rumore. «Si stanno lanciando cose addosso, dovremmo…»
«Brutto cretino! Sai che volevo dirti in questi giorni? Che ti amo, deficiente!» sbatté una porta.
«Sam, apri. Sammy!»
«”Sammy” un corno! Vattene!»
Loro quattro si guardarono incerti.
«Dovremmo bloccarli e farli ragionare» suggerì Tina incerta.
Andy si voltò verso la casa. «Sì, hai ragione.»
Charlotte sbuffò, prese poi una cartina e una guida turistica.
«Sammy! Mi apri questa porta che parliamo? Ok, sai che ti dico? Che mi piaci, che ti adoro e che sapere che ora stai piangendo per colpa mia mi sta uccidendo… Va bene, quando vuoi parlare io ci sono.»
Dopo qualche secondo, Gil si sedette con loro accendendosi una sigaretta e muovendo nervosamente le gambe.
Samantha lo abbracciò da dietro, senza dire nulla, gli schioccò un bacio sulla guancia e, come se non fosse successo niente, annunciò: «Andiamo a mangiare?».
Gli si alzò e la baciò teneramente.
Pranzarono in un bar con un panino, bevvero il caffè e tornarono indietro. Sul tragitto videro la spiaggia libera dove avrebbero passato i loro pomeriggi.
Tina e Charlotte entravano raramente in acqua, per questo Samantha si lamentava sempre di essere l’unica ragazza circondata da idioti.
 
Il secondo giorno, Samantha rientrò prima di tutti. Quando arrivarono, scoprirono che lei non c’era. La cercarono in ogni angolo, per disperazione aprirono anche il frigo. Gil scese a cercarla chiedendo informazioni in un bar.
Andy la chiamò, lei disse che stava bene e che voleva stare da sola.
Non demorsero, scesero tutti. Charlotte e Lance si diressero verso il molo; Andy e Tina verso la pineta.
Andy continuava a guardare il cellulare nella speranza che qualcuno la trovasse.
«Ma come mai l’ha fatto?» domandò quando furono in mezzo agli alberi.
«Avrà avuto un attacco di panico e sarà scappata… è anche strano che si sia separata da Gil.»
«Ce li ha spesso?»
Lui sospirò. «Non ne aveva da un po’. Ehi, sento la voce di Gil.»
Si avvicinarono a degli arbusti e videro i due parlare. Non si toccavano, si guardavano solamente.
«Odio dover essere così.»
«Sammy, ne abbiamo già parlato, devi volerti bene.»
«Sai che non è facile… però sto migliorando.»
«E continua a farlo. Mi spieghi che ti è preso?»
Andy decise di uscire dalla vegetazione, anche lui voleva sapere cos'era successo. Tina gli fu accanto e inviò un messaggio agli altri due dicendo che erano in pineta.
«Ho avuto un attacco di panico.»
«Perché?» domandò paziente Gil.
Lei prese un foglio, sopra c’era l’abbozzo di un cuore e intorno delle frasi. «Era per te. Ho avuto un vuoto e questo schifo è il risultato. Sono un’incapace, volevo scrivere qualcosa di carino ed ecco la marea di banalità che ne è uscita.»
Gil prese il foglio, lo lesse e la strinse con forza. «Idiota, tu hai avuto un attacco di panico per questo?» le sventolò il foglio davanti «Sai che nessuno mi aveva mai detto queste cose?» la baciò «E sei una stupida perché sono cose bellissime» la baciò di nuovo «Ci hai fatti preoccupare per questo! Sammy, sei fantastica, un’idiota fantastica. La prossima volta: uno, avvisa; due, aspetta l’opinione degli altri».
Lei sorrise con un’insicurezza infinita.
Tina rimase sorpresa. Samantha era quella che mai avrebbe creduto potesse essere insicura, lei era sempre spavalda, rispondeva a tono e non lasciava che qualcuno la calpestasse. Capì che le persone, anche quelle più sicure, hanno sempre delle debolezze e delle maschere per nasconderle.
 
La sera del terzo giorno, Charlotte propose alle ragazze di vestirsi bene.
Samantha uscì dal bagno con un vestito nero aderente, con una scollatura a V profonda e il colletto rialzato, che le arrivava a metà coscia.
Solo con quell’abito, Tina si rese conto delle curve di lei.
Gil, non appena la vide, la portò in cucina e cominciò a truccarla.
Charlotte indossò una maglietta bianca con dei disegni neri, dei leggins leopardati neri e delle converse di pelle.
Tina rimase davanti all’armadio incerta. Afferrò un vestito blu lungo fino al ginocchio, una cintura spessa nera e delle zeppe nere.
Samantha tornò con la pelle perfetta, dell’eye liner nero e un rossetto rosso.
Lance e Andy indossarono delle semplici magliette e dei normali jeans lunghi fino al ginocchio.
Gil mise una camicia a quadri rossi e bianchi solcati da strisce nere, degli stretti jeans neri e delle converse rosse. In spalla aveva una macchina fotografica.
Andarono in un locale a bere. Charlotte prese un malibu coca e, estasiata, affermò che era perfetto.
Decisero di passare il resto della serata sulla spiaggia alla ricerca di stelle cadenti.
Gil e Samantha si isolarono, non che fossero lontani da loro, semplicemente non seguirono i loro discorsi.
Tina si sdraiò fra Andy e Charlotte. Fumarono qualche sigaretta, parlarono di loro amici; dopo un’ora, Charlotte e Lance si addormentarono; sentirono Gil e Samantha scambiarsi idee e opinioni e Andy le spiegò che l’argomento erano i loro romanzi.
«Scrivono?»
«Sì. Io ho letto qualcosa di Sammy, mi ha inviato il romanzo, ma non ho avuto il tempo per leggerlo.»
«E tu cosa fai?»
Andy passò qualche istante a guardare il cielo. «Suono la chitarra.»
Si mise su un fianco per poterlo vedere meglio. «Sei un musicista, quindi!»
Lui sbuffò. «Non è poi così strano! Sammy e Lance suonano il basso e Gil il pianoforte; l’unica che non suona fra noi cinque è Charlotte!»
«Da quanto vi conoscete?»
«Io e Lance da sei anni; gli altri da quasi due anni. Charlotte e Sammy erano amiche di Lance e sono entrate nella nostra compagnia; Gil era un compagno di classe di Sammy. All’inizio non mi stava simpatico, mi aveva dato l’impressione di essere una checca isterica.»
«È gay?»
«Bisex. Beh, mi sembra anche ovvio… insomma, quanti etero sanno truccare?»
Lei rise di sottecchi. «In effetti, me lo stavo chiedendo…»
Lui sospirò. «Scusa per quello che ti ho detto l’altro giorno, è che mi sembra strano che tu sia cambiata così di botto. Non è che mi lamenti, eh, ti preferisco così, decisamente.»
Stava per rispondere quando sentirono Gil imprecare e rialzarsi. «Sammy è svenuta.»
«Scusa?!» domandò sconvolto Andy.
La ragazza riaprì gli occhi. «Che succede?»
«Succede che ti riporto a casa» la prese in braccio, salutò velocemente gli altri e se ne andò.
Tina tornò a focalizzare l’attenzione su Andy. «Immagino che questo non sia normale.»
«No, lei non sviene mai, al massimo passa un’ora in iperventilazione.»
«Cioè?»
«Non riesce a respirare normalmente» spiegò lui frettolosamente.
Annuì nel buio. «Non dovremmo andare con loro? Magari serve il nostro aiuto…»
Lui scoppiò a ridere. «Per fortuna Sammy è piccola, non credo che gli serva una mano per portarla a casa. Riuscirà a gestire la situazione da solo, tranquilla. Domani, se starà meglio, le chiederemo cos’è successo.»
Passarono qualche minuto in silenzio, poi si mise anche lui su un fianco per guardarla. «Dicevamo? Ah, sì. Ti preferisco così.»
«Anche io… comunque avevi ragione, io ho sempre dovuto fingere e seguire gli altri, non stavo neanche bene con me stessa, bevevo sempre. Poi ho conosciuto voi e boh, sono cambiata.»
Le accarezzò i capelli e l’avvicinò a sé per baciarla.
La spiazzò. Non si aspettava minimamente che sarebbe mai successo.
Quando furono a casa, ne parlò con Charlotte. Lei sbuffò contrariata. «Ecco che si fa anche te! Come ogni volta che arriva una nuova ragazza!»
Restò basita.
Gil entrò nella camera delle ragazze, si scusò se le aveva interrotte e chiese: «Vi dà fastidio se dormo qui stanotte? C’è Sammy che non sta bene e mi sento più tranquillo se posso controllarla».
«Che ha?» s’informò subito Charlotte preoccupata.
«È da un’ora che respira male ed è svenuta in spiaggia. Ora sta un po’ meglio, ma non voglio lasciarla sola.»
La bionda annuì comprensiva. «Tranquillo! Tiriamo fuori l’altro letto o vi stringete in quello?»
«Va là, tranquilla! Dormo con lei, tanto ci stiamo!»
Tina ricordò di averli visti parlare e studiare lì sopra.
«A te va bene, Tina?»
Si sorprese di quella domanda. «Sì, tranquillo!»
«Ok grazie» e uscì sorridendo. Tornò dopo qualche minuto insieme a Samantha. Si stesero e spensero le luci.
«Gil, sai chi ha baciato stasera Andy?» domandò Charlotte con un tono misto fra il retorico e l’esasperato.
«Ti prego, dimmi Lance» risposero in coro lui e Samantha.
«Vorrei.»
«Tina… non ti ha detto che ti ama dopo, vero?» chiese Samantha rigirandosi fra le coperte.
Quella discussione la stava confondendo. «No…»
«Grazie a dio ha ancora un cervello» affermò Charlotte.
«Devi sapere che Andy s’invaghisce subito delle persone, è un caso esasperante, soprattutto per noi che sopportiamo ogni sua singola avventura» spiegò Gil sospirando.
Parlarono per qualche minuto prima di crollare. Erano le quattro di notte, dopotutto.
Andy non la baciò più fino alla fine di quella settimana, probabilmente perché Charlotte non abbandonò più Tina.
 
«Ma perché non si mettono insieme Gil e Sammy?» domandò Tina un pomeriggio sulla spiaggia quando vide i due baciarsi.
«Devi chiederlo a loro» rispose Charlotte mentre risolveva il sudoku.
Lo fece quando tornarono a casa, mentre Samantha si pettinava allo specchio e Gil era sotto la doccia.
«Gil non crede nel matrimonio, per lui stare con una persona non è qualcosa di banale, è tipo il legame che c’è fra due fidanzati. In più, visto che ci conosciamo da sei anni ed eravamo migliori amici, vogliamo essere davvero sicuri per non prendere testate dopo.»
Rifletté qualche istante. «Ma se tu lo ami e qualcosa andasse male… cioè, sei fregata!»
Lei si voltò sorridendo. «Non dirlo a lui, solo l’idea che io possa star male a casa sua lo fa impazzire.»
«Non avete mai litigato?»
«A parte l’altro giorno, no. Se c’è qualcosa che non va, ne parliamo normalmente.»
«Invece fra te e Andy non è così, giusto?»
«Abbiamo litigato» affermò senza dare altre spiegazioni, dal suo sguardo capì che non voleva parlarne.
 
Fu traumatico il momento del ritorno, nessuno di loro voleva riprendere la vita di tutti i giorni. Era quasi la fine dell’estate, ancora due settimane di vacanza prima dell’inizio delle scuole. Fra loro sei, però, l’unica che doveva iniziare un nuovo anno alla scuola superiore era Tina, perché era stata bocciata. Andy aveva deciso di interrompere gli studi per lavorare. Gli altri quattro erano all’università, il che significava che avevano esami a breve. Sparirono dalla circolazione, si fecero vedere solo qualche sera.
Tina scoprì che nella loro compagnia c’erano altri ragazzi. Uno di loro l’aveva visto sulla metro la mattina per andare a scuola, scoprì, infatti, che aveva un anno meno di lei e che si chiamava Ryan. Una sera che Andy la invitò a uscire, incontrò un’altra ragazza, Celine. Era formosa, simpatica e altruista. Presero una pizza nel luogo dove lavorava il padre, neanche dovettero pagarla.
Andy la riaccompagnò a casa. Rimasero in macchina a parlare, si baciarono improvvisamente e lo fecero nell’auto. Quel momento la confuse. Lui era l’emblema della ricerca del piacere e lei non riusciva a capire se vi fosse dell’altro.
 
Il giorno seguente andarono a casa di Samantha per pranzo. Lei viveva da sola, si era trasferita da Londra per frequentare l’università a Cambridge. Tina trovò Gil alla porta, spiegò che lei stava facendo la doccia e la fece accomodare.
Passarono qualche istante in silenzio, finché non trovò il coraggio di chiedere: «Ma l’avete fatto?».
Lui stralunò gli occhi e gli andò di traverso l’acqua che stava bevendo. «No!» urlò per poi tossire ancora.
Si sorprese per quella reazione. «Ma… non avete mai fatto nulla?»
Lui voltò inconsciamente lo sguardo verso la porta del bagno. «Sì, ma non l’atto sessuale, diciamo…»
«Come mai?»
«Nessuno ci corre dietro.»
Samantha uscì dal bagno coperta da un accappatoio azzurro. «Ciao, Tina! Arrivo subito!» e andò in camera a cambiarsi. Tornò con una canottiera azzurra e dei pantaloncini bianchi. «Allora, noi dobbiamo parlare prima che arrivi lui. Davvero l’avete fatto tu e Andy?»
Arrossì immediatamente.
Samantha alzò gli occhi al cielo e si sedette accanto a lei. «Vero che non è soddisfacente?»
S’imbarazzò ulteriormente. «Perché… tu come…?»
«Abbiamo avuto una storiella un po’ di mesi fa, ma non ci sono mai andata a letto. Diciamo che stavo per ridergli in faccia quando ho visto le sue dimensioni» e arcuò il sopracciglio con fare alludente.
Annuì con timidezza.
Samantha fissò trionfante Gil. «Te l’avevo detto!»
Citofonarono, lui si alzò per aprire. Entrarono Charlotte, Celine e Andy.
Cucinarono della pasta, una delle specialità di Samantha, aveva imparato a farla durante un viaggio in Italia.
Lei e Andy sedevano vicini, si scambiarono qualche sguardo significativo e uscirono insieme a fumare. Si baciarono con foga e rientrarono dopo più di dieci minuti.
Gli altri stavano giocando con la Wii a Just Dance. Si unì a loro per non pensare a tutto quello che stava scoprendo di Andy, non le piacevano quelle informazioni e non sapeva se le avrebbe mai accettate.
Tornò a casa per cena e poi di nuovo da Samantha, che li aveva invitati a dormire. Serata nella norma, chiacchierata normale e alcol a sballare le loro menti.
Gil si alzò per abbracciare una colonna.
«Ma è ubriaco?» domandò Tina confusa.
«No, lo fa sempre» rispose Samantha per poi alzarsi e andargli vicino. Lui sorrise e si buttò su di lei quasi a peso morto per stringerla. «Ok, Gil, basta bere.»
Lui la fissò spalancando gli occhi. «Ma sto bene!» e, come a dimostrarlo, scolò un bicchiere di mirto.
Andy la baciò anche davanti agli altri, stranamente.
Quando fu il momento di decidere dove dormire, Samantha si accorse che Gil era sparito; lo trovò nel suo letto abbracciato al cuscino. «Ok, Gil sta con me. Allora, c’è la camera degli ospiti con il matrimoniale e il divano qui. Fate voi.»
Andy affermò che stava lui sul divano e le tre ragazze si sistemarono nel matrimoniale.
Durante la notte si svegliò, si alzò e, con infinita gioia, trovò Andy intento a bere. Erano le 6.40. Si sdraiarono sul divano, si toccarono, ma non fecero altro per paura che qualcuno li vedesse da un momento all’altro.
Si interruppero quando videro la porta della stanza di Samantha aprirsi, vi si affacciarono silenziosi, ma scorsero solo i due abbracciati dormire profondamente.
Tornò nel matrimoniale.
Quando si alzò a mezzogiorno, trovò Gil e Samantha fare colazione con del cappuccino e Andy ancora sul divano assopito. Salutò i due e si preparò velocemente per tornare a casa.
 
Mancava una settimana al ritorno a scuola. Dovevano cenare a casa di Lance. Si erano dati appuntamento alle 5 per fare la spesa. Gil e Samantha erano in ritardo. Andy li chiamò per chiedere dove fossero.
«Iniziate a fare la spesa» rispose frettolosamente Samantha.
«Tutto bene?»
«Sì!» e riattaccò.
Nessuno di loro comprese fino a quando i due non arrivarono con due ore di ritardo da Lance.
Tutti notarono che quella sera erano più uniti e si scambiavano sguardi dolci. Quando se ne andarono, Andy affermò: «Non ci credo che l’hanno fatto».
«Beh, era ora!» replicò Lance mangiando delle patatine.
«Chiediglielo!» ordinò a Charlotte.
«Fallo tu!» sbuffò lei per poi alzarsi e andare a casa.
Andy si morse il labbro, poi guardò Tina e si offrì di riaccompagnarla.
«Secondo te, se glielo chiedo come reagisce?»
Corrugò la fronte. «Chiedilo a Gil. Lei ti manderebbe a quel paese, visto che avete litigato.»
Mandò un messaggio al ragazzo. Dovette attendere una decina di minuti per avere come risposta: “Ma i cazzi tuoi?”.
Sbuffò. «Quello che mi manca di Sammy è che mi diceva tutto, lei avrebbe sicuramente risposto e mi avrebbe raccontato.»
«Forse è il momento di chiarire» suggerì lei timidamente.
Lui s’innervosì istantaneamente, preferì cambiare argomento per quei cinque minuti che rimanevano.
 
Fu un sabato quando i due finalmente si chiarirono. Passarono circa mezzora a urlarsi in faccia, finché Samantha non scoppiò a piangere e cominciò a scusarsi.
«Ecco, sapevo che sarebbe andata così» affermò Gil sospirando.
«Perché?» domandò Charlotte guardandolo confusa.
«Perché è sempre così. Lui urla e lei piange perché odia sentire qualcuno che le grida contro.»
«Giustamente» affermò Tina di rimando.
Si accese una sigaretta. «No, perché lei si sente in colpa… anche dopo che avranno chiarito, cosa che succederà a breve, lei continuerà a stare male» prese il cellulare e digitò un numero «Ma’, posso stare da Sammy a dormire? Non si sente bene… ok, sì… va bene, ciao».
«Che ha detto?» chiese Celine appena riattaccò.
«Ovviamente sì. E lei ha vinto un pranzo da me.»
Dopo una decina di minuti, Andy e Samantha si abbracciarono e tornarono da loro. Lui sembrava fresco come una rosa, lei si ostinava a guardare a terra.
Andy fissò tutti soffermandosi a lungo su Gil. «Allora, adesso dico questa cosa e poi basta. Tu e Samantha avete sbagliato: avete messo la relazione davanti all’amicizia.»
Gil arcuò il sopracciglio. «Perché?»
«Perché per lei ora ci sei solo tu. E quando sono con voi ora mi sento escluso, non come prima che eravamo il trio del gruppo.»
Lance stralunò gli occhi, mentre Gil sorrise ironico. «Tu che dici questo? Tu per la tua ex stavi per mollarci tutti, ricordi? E, se ti senti escluso, è un problema tuo, perché, dalle reazioni degli altri, mi sembra che non sia così. Fra me e lei è cambiato tutto, ma con voi siamo sempre gli stessi.»
«Sì, se non ci sei te, lei non esce!»
«Grazie, sono l’unico che la va a prendere! Voi non avete mai benzina per farlo! E, per inciso, per me non è un problema riportarla, ma se un giorno vi chiedo di farlo, vorrei che non faceste tanti problemi.»
«Lei stessa mi ha detto che ti ha messo davanti, quindi non è solo una mia visione.»
Gil fissò basito Samantha. Lei alzò gli occhi al cielo. «Ti ho detto che io l’ho sempre messo davanti, ora di più» poi si alzò e si avviò verso casa «E grazie per rovinare sempre le cose che mi rendono felice. Cambierò atteggiamento, ok? Gil, torno a piedi, non mi serve un passaggio».
Lance andò a recuperarla e la riportò di peso alla panchina dove erano seduti, poi si rivolse ad Andy. «Se ami una persona, è normale metterla davanti agli altri, ok? E io sono uscito spesso con loro due e non è cambiato nulla, solo che si baciano.»
«Ma…»
«Sei geloso?» domandò a tradimento Gil «Perché se è così, è un tuo problema e io non ho intenzione di risolverlo. Come gestiamo questa… cosa è un nostro problema, non tuo».
Samantha scosse la testa, fece per andarsene, ma Gil la bloccò per i fianchi. «Oggi dormo da te, quindi non rompere. Se vuoi andartene a casa è un conto, sennò stai qui.»
Lei lo abbracciò con forza; tutti notarono che stava piangendo, ma non dissero nulla.
Fu in quel momento che Andy comprese di aver esagerato. «Ok, è un mio problema, lo ammetto, sono geloso…»
Gil sospirò. «Allora fattela passare, perché io non ho intenzione di cambiare atteggiamento per te. Non l’avrei fatto in nessun caso, ma in questo ancora di più. Non sarai tu a rovinare questo rapporto, perché mi rende felice poterla abbracciare ed essere complice con lei. Dilla a tutti la verità, li ho letti i messaggi, tu ti senti attaccato da noi e non so perché, anzi ora sì, visto che l’hai ammesso. Fatti passare tutto, perché io adoro vedere il suo sorriso e, se per farti stare bene, devo smettere di baciarla o darle ragione, mi dispiace, ma hai capito male. Detto questo, non ho altro da dirti.»
Per alcuni istanti aleggiò un silenzio imbarazzato. Andy guardava a terra; Gil costringeva Samantha ad alzare gli occhi; e gli altri si lanciavano occhiate tese.
Improvvisamente Lance bestemmiò per la sigaretta che gli era caduta sui pantaloni e tutti scoppiarono a ridere. L’atmosfera divenne di colpo familiare.
Tina fu riaccompagnata a casa da Andy. In macchina, lui le chiese che cosa pensasse del discorso di Gil.
«Beh, credo che abbia ragione. Se il problema è la tua gelosia, lui non può farci nulla.»
Lui annuì mentre parcheggiava. «Già… domani provo a sentire Sammy, vediamo come…» gli squillò il cellulare, lesse il messaggio e gli sfuggì un sorriso. Glielo fece vedere.
“Ti voglio bene. Sammy”
«Rispondile!»
Andy spense il motore. “Anch’io. Dì a Gil che mi dispiace per quel discorso.”
Rispose dopo qualche istante. “Ma a lui non gliene frega nulla! ‘notte!”
«Beh, come al solito Gil se ne frega e va avanti» affermò sospirando sollevato.
 
Tina respirò profondamente l’odore della pioggia. Usciva con il gruppo di Andy da più di tre mesi, ormai. Si stupì di quanto fosse cambiata la sua vita: niente più litigate con i genitori, molti più soldi nel portafogli, persone con cui potersi sfogare senza avere paura dei loro giudizi; ma, soprattutto, di quanto fosse cambiata lei. Grazie a Charlotte aveva scoperto il piacere della pittura e grazie a Celine la passione per i profumi.
Da ognuno di loro aveva preso qualcosa, le piaceva davvero uscire con loro, anche partecipare alle loro discussioni, si era persino interessata di politica dopo che Samantha aveva detto: «Io non capisco quelli che non seguono la politica! Tutto quello che ci circonda è intriso di politica, se sei così è per via della politica!». Aveva scoperto nuovi motivi per usare un computer grazie a Lance e ai videogiochi che le passava. Dall’impegno di Gil dimostrato durante il periodo esami aveva deciso di studiare seriamente perché sapeva di poter avere una media più alta di C. Poi aveva compreso l’importanza dello sport da Ryan, che faceva pallavolo, grazie a quello aveva capito che cosa fosse il gioco di squadra, ma, soprattutto, l’amare il proprio corpo a tal punto da volerlo migliorare.
Non sentiva più i suoi vecchi amici da due mesi e loro neanche la contattavano. Sicuramente sparlavano di lei, ma non le importava: non era la più popolare della scuola perché non usciva e limonava con tutti loro ed era orgogliosa di questo, di essere cambiata e aver superato quella fase che reputava infantile.
Li incontrò qualche giorno dopo Capodanno, nello stesso parchetto dove aveva visto per la prima volta Andy e gli altri. Non appena la videro, con quegli abiti non scollati e attillati, risero di lei.
«Lasciali ridere, sono invidiosi» affermò Samantha dopo qualche minuto notando il suo nervosismo.
«Di cosa?» domandò confusa.
«Perché tu sei uscita da quella vita e hai trovato un senso. Guardali, sono lì a ridere quando ogni loro muscolo sta chiedendo disperatamente aiuto.»
Li analizzò a lungo senza farsi notare. Jack e Caster avevano un tatuaggio sul collo e piercing al sopracciglio, pesanti giacconi identici, jeans chiari e scarpe firmate. Erano identici, due cloni senza alcuno scopo nella vita che trovare soddisfazione nella perdizione, esattamente come era stato per lei.
Sorrise. Ora lei era dall’altra parte del fiume ed era felice così.

  
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