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Autore: Lotiel    05/11/2007    3 recensioni
Se quel giorno la sua mano non si fosse posata sulla mia, molto probabilmente avrei gareggiato per la Coppa TreMaghi.Se quel giorno un sorriso non avesse illuminato il suo volto, il mio nome sarebbe stato messo insieme a tutti gli altri.Ricordo ancora quel giorno come se fosse oggi.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cedric Diggory, Nuovo personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Nota dell'Autrice: Cancellata e postata nuovamente. Storia betata e resa il più possibile in linea con il carattere del personaggio principale e dell'ambientazione. Un grazie soprattutto a Fiorediloto che ha speso il suo tempo a betarmela. Questa storia non avrà u seguito ed è stata sviluppata come una semplice One-shot.

Magiche Scelte

“La trama e il personaggio Cedric Diggory e le ambientazioni non mi appartengono, ma sono proprietà di J.K. Rowling che ne detiene tutti i diritti; questa Storia è stata quindi scritta senza alcuno scopo di lucro. L'unico mio personaggio originale è Alesya”

Se quel giorno la sua mano non si fosse posata sulla mia, molto probabilmente avrei gareggiato per la Coppa TreMaghi.

Se quel giorno un sorriso non avesse illuminato il suo volto, il mio nome sarebbe stato messo insieme a tutti gli altri.

Ricordo ancora quel giorno come se fosse oggi.

Mi si avvicinò senza far rumore, mentre il mio sguardo vagava sul Calice di Fuoco. Quel fuoco fatuo che illuminava l’intera stanza.

Socchiusi gli occhi per qualche attimo, per assaporare il momento prima di essere uno tra i prescelti. Mossi qualche passo in avanti mentre le mie mani quasi tremavano dall’emozione. Sono uno tra i migliori, e questo lo sanno in molti.

Avrei potuto diventare il campione se avessi partecipato, e forse trovarmi faccia a faccia con Lord Voldemort. Forse avrei anche rischiato la vita nel tentativo di affrontarlo e invece è stato quel Potter ad aver una delle esperienze peggiori che si possano immaginare. La coppa altro non era che una Passaporta. Se io avessi toccato quella coppa, cosa sarebbe successo?

Non potrò mai scoprirlo, e forse è stato meglio così. Aver incontrato i suoi occhi vale più di mille Coppe TreMaghi esistenti. La gloria e la fama non hanno senso senza di lei.

Continuavo a guardare quel fuoco quando fu lei ad urtarmi. Fu per caso molto particolare.

Mi voltai per dirle di fare attenzione. Ma non ci riuscii. La osservai per alcuni secondi prima di riuscire a parlare. Aveva i capelli scuri e gli occhi di un castano chiaro. Il viso aveva lineamenti duri e quasi provocatori. Non era bella, ma qualcosa nella sua espressione riflessiva attirò la mia attenzione .

Un lieve sorriso le inarcò le labbra, mentre l’espressione di prima scompariva.

Alzò un sopracciglio nel notare i miei movimenti quasi impacciati. Ma perché, mi chiedevo?

Ero uno dei ragazzi più ricercati, allora perché mi sentivo in quel modo? Una morsa allo stomaco e poi lo sguardo.

-Cedric, svegliati-

Mi dissi prima di assumere la mia espressione di sempre.

Chinò il capo mentre il mio sguardo scivolava tra le sue mani. Recavano un foglietto con il suo nome.

Tesi le mani per prenderlo. Volevo sapere senz’altro il suo nome, anche se sarebbe stato più facile chiederglielo.

L’avevo intravista qualche volta al tavolo di fianco al mio nella Sala Comune, ma non ci avevo neanche fatto caso. Solo in quel momento la stavo guardando con interesse crescente. A giudicare dalla corporatura sembrava una persona debole ma dagli occhi trasparivano sicurezza e tenacia.

“Se vuoi tanto sapere il mio nome, perché non me lo chiedi?”

Espresse quelle parole con un tono particolarmente calmo, ma nei suoi occhi si intravedeva una piccola ironia crescente.

Chinai il capo, sembrava così difficile scusarsi con quella creatura. Ero sempre stato bravo con le ragazze, allora perché la presenza di quella ragazza apparentemente fragile mi turbava fino a questo punto?

Aprii la bocca senza che ne uscisse alcun suono. Non riuscivo a trovare le parole che avrei voluto. E dire che dovevo solo articolare con poche lettere il mio nome.

-Cedric, muoviti. Non fare lo stupido. È solo una ragazza qualunque, perché non ti muovi?-

Mi ripetei estraniandomi un momento da ciò che mi circondava. Poi ripresi a guardarla e uno sbuffo uscì dalle labbra ben formate, ma poco carnose.

Cominciò a dirigere i propri passi verso il Calice un po’ spazientita, sussurrando una parola di scusa per avermi urtato pochi minuti prima, dichiarando di essere un po’ soprappensiero e di non avermi visto. Ma subito io le dissi il mio nome.

Sorrise appena, trovandosi un po’ nello stesso imbarazzo in cui mi trovavo io. Strinse il foglietto di carta tra le mani e portò le braccia dietro la schiena. Gli occhi luccicarono per qualche istante quando si voltò verso il Calice e la sua luce le riempì lo sguardo. Ne sembrò quasi impaurita.

“Alesya”

Tese poi la mano e porgendola a palmo aperto sorrise, sicuramente per incoraggiarmi. Mi schiarii la voce e sorrisi goffamente.

“Sono Cedric”

Strinsi quella mano, mostrando uno dei miei sorrisi incoraggianti.

Guardai il foglio che stringevo tra le mani e rilessi il nome scritto. Volevo davvero partecipare a quel dannato torneo? Volevo davvero tutto questo? Mi chiedevo perché mai queste domande mi assillassero solo nel momento in cui dovevo compiere quel passo.

Ero imbarazzato, ma da cosa non riuscii a capirlo. La sua espressione, comunque, mi sembrò seccata e nuovamente mosse qualche passo per allontanarsi. Dimenticai tutto ciò che mi stava intorno e infine articolai delle parole. Potevo sembrare uno stupido.

“Non gareggerai per la coppa?”

Alzò le spalle leggermente per farmi capire di non esserne sicura.

“E tu perché vuoi gareggiare?”

Quella domanda mi spiazzò, lasciandomi un po’ perplesso.

“Avevo pensato di gareggiare, ma non credo di potercela fare. Ho cambiato idea e quindi decido di non gareggiare più”

La risposta fu seguita da una faccia buffa che mi fece sorridere; molto probabilmente era quello il suo intento. Posai una mano sotto il mento nell’atto di pensare.

“In tanti si aspettano molte cose da me. Non voglio deluderli”

“Quindi il semplice fatto è che non vuoi che gli altri pensino che sei un ragazzo che fa le sue scelte senza ricorrere ai consigli altrui?”

Aggrottai le sopracciglia a quella domanda.

“Non mi sembri molto coerente. Almeno io so perché non lo faccio.”

Così dicendo sbuffò appena osservando in una mia risposta, ma quella domanda mi aveva letteralmente lasciato senza parole, e per qualche istante pensai per quale motivo io stessi facendo tutto quello.

Per cosa lo stavo facendo? Per la mia stupida reputazione?

E perché quegli interrogativi arrivavano tutti in quel momento?

Poi lei rispose alla mia domanda. Alzò gli occhi al cielo e poi sul pezzo di carta. Improvvisamente lo strappò davanti a me, e il foglietto cadde in mille pezzi così come la mia convinzione di partecipare a quella gara.

Alesya aveva capito di non volere gareggiare e così aveva deciso, non per gli altri ma per sé stessa, senza pensarci due volte.

Seguii la scia dei piccoli pezzettini bianchi che volavano a terra e bruciavano poi sotto i miei occhi con un semplice incantesimo.

Aprì le mani per far vedere che era sparito e fintamente ingenua incrociò le braccia per quel che aveva fatto.

Strinsi nuovamente il mio foglietto.

D’un tratto sentii delle voci rivolte dalla nostra parte. Erano le sue compagne di corso e la stavano chiamando per seguirle. Alesya Alzò la mano in segno di saluto e si allontanò da me, poi si voltò e mi disse semplicemente.

“Spero di vederti presto, Cedric. Poi mi dirai cosa hai fatto”

La vidi allontanarsi; solo dopo mi accorsi che portava la divisa di Corvonero.

Stavo davvero cercando di essere il più forte?

Volevo davvero buttare quel foglietto nel calice?

Mi stavo lasciando influenzare troppo dagli eventi. Ma ripensando a ciò che rappresentava quel Calice, feci la mia scelta.

Raggiunsi la porta opposta al Calice senza voltarmi indietro. I miei amici mi chiamavano, ma sembrava non esserci altro che la sua voce nella mia testa. Inconsciamente lei mi aveva aiutato.

Bruciai quell’insignificante pezzetto di carta e mi diressi verso la sala comune di Tassorosso.

Avevo fatto la mia scelta e nulla avrebbe potuto fermarmi. Prendere le proprie decisioni senza l’ausilio di nessuno. Era ciò che voleva insegnarmi. E così fu.

*****

Passarono i giorni e la vidi solo alcune volte nella Sala Comune o in giro per i corridoi. L’unico contatto che avevamo era un semplice saluto a distanza. Molte volte, dopo avermi salutato, ritornava a conversare con le sue compagne come se io non esistessi.

Passò anche il Torneo, che vide Potter aggiudicarsi il premio, ma ad un amaro prezzo.

Questa storia di Potter mi frullava in testa mentre mi aggiravo per i corridoi per raggiungere la Sala Comune. I miei compagni mi aspettavano, anche se dopo ciò che avevo fatto loro stessi mi guardavano diversamente.

Ma alla fine non mi importava. Avevo scelto e questo era ciò che contava.

Sfiorai con lo sguardo il tavolo di Corvonero, ma di lei non c’era neppure l’ombra. Forse non era ancora venuta, però avevo deciso che quella sera mi sarei avvicinato a lei cercando di iniziare almeno un discorso. Con i miei libri sottomano mossi qualche passo verso il mio tavolo. Volevo stare in compagnia di qualcuno, invece che solo in biblioteca.

Sentii però qualcosa che attirò subito la mia attenzione: un vociare sommesso che proveniva proprio dalle mie spalle, e in mezzo a quelle parole mi sembrò di sentire il suo nome.

Mi voltai di scatto, ignorando le persone che mi aspettavano. Mossi qualche passo, vedendola allontanarsi da una sua compagna con cenno di saluto. Corsi verso di lei senza chiamarla. Cosa avrebbe pensato? Cosa avrebbero pensato vedendomi correre e chiamare il nome di una ragazza in mezzo a tutti?

Sentii una piccola morsa alla bocca dello stomaco appena la raggiunsi. Mi chiedevo perché mai mi stesse succedendo questo, in fondo non ero interessato a lei. O almeno me ne volevo convincere.

Raggiunsi Alesya a pochi passi dalla ragazzina bionda con cui aveva parlato.

“Alesya!”

Dissi per farmi sentire da lei. Mi fermai e lei si voltò.

“Ciao, Cedric”

I suoi occhi erano curiosi. Sicuramente si stava chiedendo perché l’avessi chiamata. Si guardò intorno e strinse le spalle come se non le importasse degli sguardi degli altri.

In quel momento sentii il mio cuore accelerare i battiti. Alzai una mano per salutarla.

Teneva i libri tra le braccia chiuse al petto. Si avvicinò a me a piccoli passi, che riuscivo a scandire dal suono dei tacchetti delle sue scarpe sul pavimento.

“Ho visto che poi non hai più partecipato al Torneo. Vuoi venire in biblioteca?”

Mi invitò con un cenno del capo a seguirla. Non me lo feci ripetere due volte.

Per tutto il tragitto fino alla biblioteca non parlammo.

-Cedric, devi stare tranquillo-

Raggiungemmo il luogo e ci sedemmo a un tavolo l’uno di fianco all’altra. Alesya posò i suoi libri e si sedette. Scostò con una mano le ciocche che le erano cadute sulle spalle e che erano sfuggite dal nastro che le teneva. Si voltò verso di me posando il braccio destro sullo schienale della sedia e mi guardò come a studiarmi. Come dirle che l’avevo cercata e che avevo provato ad avvicinarmi a lei nei momenti in cui l’avevo incontrata? Poi mi prese la mano e la strinse tra le sue.

“Allora hai fatto la tua scelta”

Risposi con un cenno di assenso, mentre sentivo crescere in me l’imbarazzo che avevo provato nell’averla vicino la prima volta.

“Sì, in effetti ho rinunciato a partecipare. Ma ti vedo così raramente, come mai?”

Lei sorrise e continuò al posto mio.

“… e non mi faccio quasi mai vedere in giro. Solitamente sto nella Sala Comune di Corvonero a studiare e qui in biblioteca ed esco molto raramente. Però ti ho visto giocare a Quidditch. Sei molto bravo”

Le si dipinse un sorriso sulle labbra, che fece illuminare tutto il suo viso. Sentivo i suoi respiri lenti e tranquilli, il leggero ticchettare delle sue scarpe sul pavimento, quasi in un moto di nervosismo.

Non riuscii a pensare ad altro che a stare lì seduto ad ascoltarla. Mi sentivo come stregato dalla sua strana personalità e dalla sua viva intelligenza.

Parlammo del più e del meno e di com’era la nostra vita ad Hogwarts. In poco tempo riuscii ad aprirmi con lei e parlare di tutto ciò che mi ero chiesto in quei giorni.

Rimasi lì seduto non so nemmeno per quanto tempo, ma poi giunse il momento.

“Ora devo andare, Cedric”

Fece per alzarsi e io, spinto da un istinto a me sconosciuto, la fermai per un braccio e la guardai dritta negli occhi.

“Quando posso rivederti?”

Scosse il capo sorridendo. Forse quel gesto le era sembrato stupido e infantile. Come un bimbo che chiede all’amichetto il prossimo incontro.

“Non so. Vedremo”

Mi salutò, sfiorandosi le labbra con le dita. Forse avevo sbagliato tutto, e con questo lei se ne era andata deridendomi silenziosamente. Mi lasciò un bigliettino chiuso sul tavolo.

La vidi andare via senza voltarsi. Poi scomparve nel buio degli scaffali.

*****

Quella notte non riuscivo a chiudere occhio. Riaprii il foglietto per rileggere ciò che aveva scritto. Non mi ero cambiato perché l’appuntamento che aveva richiesto mi rendeva euforico.

Era un’ora insolita, e se Gazza avesse scoperto quella piccola fuga, mi chiedevo quanto ci avrebbe messo ad avvertire Silente.

(Ti aspetto sulle scale della Torre di Divinazione, a mezzanotte)

“Alesya”

Sentivo il cuore in gola dall’eccitazione di vederla di nuovo. Il quadro della mia Sala Comune si insospettì e mi chiese di tornare indietro, ma gli rivolsi un cenno di noncuranza e continuai a camminare.

Le mie mani fremevano, volevo rivederla e questo era tutto ciò che contava.

Se mio padre avesse saputo che la magia non era più la mia priorità, cosa avrebbe pensato?

Ma non mi importava. Volevo solo rivedere il suo sorriso. A quel punto, anche se l’avevo tenuto nascosto persino a me stesso, capii di aver preso una cotta per lei.

*****

Arrivato alla base delle scale mi fermai di colpo. Mi guardai in giro per notare la presenza di qualcuno, e se Gazza era nei paraggi. E se fosse stato solo uno scherzo? No, non poteva essere.

Mossi qualche passo su per le scale, avevo paura. Posai la mano sulla ringhiera e continuai a salire. Tenevo il capo chino, non volevo pensare che lei non ci fosse.

Sentivo crescere quell’imbarazzo che provavo solo con lei. E poi la vidi.

Era rivolta verso una delle finestre, che filtrava la luce della luna proiettandola sul suo viso. Teneva le mani piccole sul parapetto e non si era accorta della mia presenza.

Sussurrai appena il suo nome per farla girare, mentre procedevo su per le scale per raggiungerla. Si voltò placidamente e sorrise. Quel sorriso che avrei voluto vedere sempre.

Con la mano mi fece cenno di avvicinarmi e così, tendendole la mia, misi un piede di fronte all’altro. Mi sfiorò la mano e me la strinse tra le sue. Il suo calore mi invase.

“Cedric, ti chiederai perché ti ho fatto venire qui e per giunta a quest’ora di notte!”

Si rivolse a me con calma mentre io cercavo di riordinare i pensieri per darle una risposta concisa. Pensavo di averla offesa quel giorno, senza accorgermene. I suoi tratti, ora, mi apparivano più affilati, o forse era la semioscurità a giocarmi questi brutti scherzi. A prima vista l’avevo considerata una persona tutt’altro che timida, ma ora mi sembrava che si sentisse in imbarazzo proprio come me.

Mi strinse teneramente la mano per poi condurmi su per le scale, davanti alla porta della torre. Lì dominava il buio, perché la luce lunare non vi arrivava. Vedevo appena la sua figura, voltata verso la rampa di scale. Forse voleva controllare che Gazza non fosse nei paraggi. Improvvisamente mi spinse contro il muro con tutte e due le mani.

“Ora ti dirò perché ti ho fatto venire qui. Ho fatto un’altra scelta!”

Le sue braccia si posarono sulle mie spalle e infine si strinsero intorno a me. Sentii quel suo calore avvolgermi completamente quando le sue labbra si unirono alle mie. Avvolsi il suo corpo cingendole la vita. In quel momento mi sentivo davvero vivo, come se non lo fossi mai stato. Sentivo il suo essere unito al mio in un unico abbraccio.

Quel momento era magico, il più magico che potesse esistere.

*****

I nostri incontri si susseguirono sempre di notte, con la paura che Gazza ci potesse scoprire. Come se la cosa doveva rimanere segreta. Poi, dopo la fine dell’anno non la rividi più, nemmeno tra la folla, e quando vidi una delle sue compagne mi disse che era già andata via. Mi lasciò solo un bigliettino.

(Continua a fare le tue scelte. Arrivederci)

“Alesya”

Sto pensando che fosse un sogno, dal quale purtroppo mi sono dovuto svegliare. Ma forse mi è servito per scoprire molte cose di me che pensavo non esistessero. Mi ha insegnato a scegliere ciò che è giusto per me. Ora il mio principale obbiettivo è essere più completo.

Le mie speranze però sono sempre rivolte a lei. Spero di riuscire a rivederla, un giorno. Quel bacio mi ha fatto provare una sensazione di totale libertà, ma non sono riuscito a spiegarglielo. Ora voglio capire perché, e soprattutto voglio dirle quanto lei conti per me.

Spererò per tutta la vita.

Perché mi ha insegnato molto.

Le scelte, infine, bisogna farle da soli.

Alesya. Rivedrò mai quel volto?

Fine

   
 
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