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Autore: ReaderNotViewer    06/11/2007    11 recensioni
[La signora in giallo], ovvero un telefilm noto a chiunque, negli ultimi vent’anni, abbia gettato anche solo qualche occhiata alla TV. Sì, avete capito bene: questa è una storia sul mondo dell’ineffabile Jessica Fletcher, scrittrice di gialli e investigatrice dilettante, che dovunque vada, riesce sempre a inciampare in qualche delitto.
Il racconto è dedicato a DK86, che essendo stato così imprudente da esprimere in mia presenza il desiderio di leggere una fanfiction su questo telefilm, ha poi dovuto scrivere l’introduzione che lo precede. Di conseguenza, non so che cosa penserete della mia storia, ma vi posso garantire che la prefazione è veramente bella!
Genere: Commedia, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SOLUZIONE O.E. (con introduzione di DK86)




Saggezza popolare dice che bisogna stare attenti ad esprimere i desideri perché potrebbero avverarsi; per quanto mi riguarda, sono invece contentissimo di avere accennato in un'occasione, sul forum di Out Of Time, che mi sarebbe piaciuto leggere una fanfiction su una certa serie di telefilm. Fu così che Reader, una delle persone più gentili e pazienti che mi sia mai capitato di conoscere, decise di accontentarmi ed ha sfornato questo gioiellino pervaso da una sottile comicità che si prende garbatamente gioco di uno dei più grandi stilemi della serie in questione.
Se perciò avete visto anche solo un episodio de "La signora in giallo", leggete questa storia e arrivati alla fine, quando avrete capito in che cosa consiste la soluzione O.E., penserete: "Finalmente qualcuno se ne è accorto!". Nell'improbabile caso in cui non abbiate mai avuto il piacere di vedere questa serie, non crediate di poter scappare: un altro dei pregi di questa storia è che è leggibilissima anche da chi di Jessica Fletcher e compagnia non sa assolutamente nulla".

DK86




“C’è un ultimo punto all’ordine del giorno.”
Per quanto non avesse alzato il tono di voce, le parole di Wilhemina Richards bastarono a inchiodare al loro posto tutti quanti, come se fossero stati colpiti da un incantesimo che li aveva bloccati nella posizione in cui si trovavano. Nonostante le cattive notizie che l’avevano aperta, la riunione mensile del personale direttivo del Seagull Hill era filata più liscia del solito, ora che la minaccia di sciopero del personale infermieristico sembrava definitivamente rientrata. Marc Enriquez, il direttore del personale, che aveva già cominciato ad alzarsi, si risedette lentamente, maledicendo in cuor suo la passione di Wilhemina per le pause ad effetto. Nonostante fosse cubano, non aveva la minima inclinazione per nessun genere di spettacolo, tantomeno per il ballo, specie se latino. L’unica passione della sua vita era la vela e sapeva di stare per perdere l’occasione di uscire con la sua amata Blanca in una giornata come quella, di vento teso e regolare, perfetto per la navigazione. Dal suo posto poteva vedere dietro le vetrate scintillanti della sala riunioni le cime dei larici del parco ondeggiare lietamente al vento, quasi a volergli ricordare ciò a cui stava rinunciando.
L’anziana signora Smithers, la responsabile dei servizi alberghieri dell’istituto, sospirò impercettibilmente e raddrizzò la schiena sulla sua sedia mentre atteggiava il lungo viso cavallino a un profondo interesse, pur continuando a inventariare nella sua mente le parures di lenzuola: comunque rigirasse le cifre, ne mancava sempre almeno una decina al totale, cosa che non sapeva se attribuire a trascuratezza o a dolo, vai a sapere se da parte della lavanderia o di qualcuno dei dipendenti interni. Mentre ripensava alla questione, gli angoli della sua bocca scesero ancora più in basso di quanto non si trovassero di solito, disegnando un semicerchio di pallido rossetto rosa in mezzo alle rughe accuratamente incipriate.
Al dottor Brown bastò vedere quell’espressione di corruccio per sentirsi immediatamente in colpa: la signora Smithers assomigliava terribilmente alla sua maestra di terza elementare e governava l’aspetto alberghiero dell’intero istituto con lo stesso pugno di ferro con cui la sua sosia a suo tempo aveva fatto rigare diritto un branco di riottosi scolaretti. Alla signora Smithers il dottor Brown avrebbe spiattellato, se messo alle strette, qualsiasi cosa, dalla relazione adulterina che intratteneva ormai da mesi con l’infermiera Sarkowsky al furto di un marron glacè, commesso quella mattina stessa nella stanza della signora Zimmermann, approfittando che la medesima fosse distratta dalle vicende di una soap alla TV mentre lui le diagnosticava un aggravamento della sua bronchite cronica.
“Veramente.” osservò Erika Lassiter puntando un’unghia laccata sul foglio appoggiato sul lucido ripiano di mogano del tavolo riunioni. “Veramente, credevo che avessimo ormai esaurito l’ordine del giorno.” Non si era ancora alzata solo perché aspettava che gli altri uscissero dalla stanza per poter fare alla direttrice un bel discorsetto, che aveva già abbozzato in precedenza ma che aveva gradualmente preso forma nella sua testa durante la riunione stessa, con cui inchiodarla alle sue responsabilità. Di conseguenza l’inaspettato cambio di programma l’aveva irritata al punto da farle esprimere apertamente il suo disappunto.
Enriquez sorrise tra sé e sé, pensando che pareva proprio che l’ambiziosa Lassiter avesse trovato nella scafata Richards del pane davvero molto duro su cui esercitare i suoi dentini affilati; ma allo stesso tempo allungò il collo per seguire, invidioso, il volo di un gabbiano, che abbandonava quel lembo di terra a picco sulle onde per lanciarsi libero e felice verso il mare aperto: la schermaglia tra le due donne manager, per interessante che fosse, non avrebbe mai retto il paragone con l’emozione che gli regalava la candida vela quando si gonfiava sollevando la barca sull’acqua spumeggiante, quasi che un invisibile gigante la stesse tirando verso di sé con delicata fermezza.
La risata di Wilhemina Richards era secca e misurata come la sua proprietaria, che non per niente in gioventù aveva passato molto tempo davanti allo specchio a perfezionarla. Risuonò come un colpo di frusta nella sala vasta, priva di tendaggi e ammobiliata troppo scarnamente perché i rumori venissero in qualche modo attutiti, riportando metaforicamente tra le stanghe i suoi collaboratori come se si fosse trattato di uno stanco tiro a quattro.
“Come potremmo aver esaurito l’ordine del giorno se non abbiamo ancora parlato della vera ragione dei nostri problemi?” osservò a voce ancora più bassa.
Questo catturò definitivamente la loro attenzione, persino quella del direttore del personale, che smise finalmente di guardare fuori dalla finestra.
“Nella prima parte della mia relazione vi ho messo al corrente di dati preoccupanti.” La direttrice fece una pausa e con studiata lentezza girò lo sguardo sul suo staff direzionale: il visetto spigoloso della sua personale spina nel fianco, la Lassiter, la faccia nera e lustra del calvo e grassoccio dottor Brown, il simpatico volto abbronzato del direttore del personale e infine la fisionomia vagamente equina della Smithers. Proseguì, usando le dita per enumerare le calamità che a una a una si stavano abbattendo su di loro: “Primo, la riduzione del numero dei nostri ospiti, sia fissi che temporanei. Secondo, ovviamente collegato al primo punto ma ancora più grave perché significa che la situazione, almeno a breve, non migliorerà: la costante diminuzione delle prenotazioni per i soggiorni brevi e delle richieste di ricoveri futuri. Terzo, l’esplicita dichiarazione del rappresentante della R.H.I.C., il migliore dei nostri clienti istituzionali, di voler rivedere il convenzionamento dei loro assicurati con questa struttura. Quarto, le pressanti e ormai quotidiane, direi, richieste di chiarimenti da parte dei soci del Consiglio d’Amministrazione. Quelli di voi che conoscono personalmente alcuni dei membri del Consiglio avranno sicuramente ricevuto spiacevoli pressioni anche al di fuori di questa sede.”
“Ci potete scommettere.” ammise di malavoglia Enriquez, che era socio del medesimo club di vela di alcuni dei maggiori finanziatori dell’istituto. Omise dal rivelare i complicati accorgimenti che metteva in atto per evitare di incontrarli e di affrontare le loro allusioni al fatto che non avrebbe potuto permettersi ancora per molto di pagare la sostanziosa quota d’associazione. Si trattava, tra l’altro, di gente che lui batteva regolarmente durante le regate; e chi dice che i ricchi non sono meschini, o non ne ha conosciuti abbastanza o non li ha frequentati abbastanza a lungo.
“Noi sappiamo la ragione di tutto questo, ovviamente. Ma altrettanto ovviamente non lo possiamo dire.” concluse la Richards, in quello che ormai era un sussurro.
La Lassiter, che aveva sussultato al primo ovviamente, aprì e chiuse la bocca un paio di volte come se fosse indecisa se esprimere o meno il suo parere sulla situazione. Gli altri non accennarono nemmeno a voler intervenire, come se in quella disgraziata faccenda una sola cosa li rendesse felici, e cioè di non dover essere loro a dover trovare le parole per spiegare il vero motivo di questa crisi, senza precedenti nel mezzo secolo in cui il Seagull Hill aveva ininterrottamente offerto un dorato e ultra-confortevole tramonto a chi se lo poteva permettere.
“L’istituto non è stato mai coinvolto negli ultimi spiacevoli… avvenimenti.” osservò Enriquez. “È ingiusto che ne paghi le conseguenze.”
“La vita è ingiusta.” dichiarò la signora Smithers. “Non è più tanto facile trovare nuovo personale. Ma suppongo che questo tu lo sappia già, Marc. Non l’ho detto prima per non peggiorare la situazione, ma ieri Mr. Ho mi ha detto che non pensa di rinnovare il contratto.”
La cucina di Mr. Ho, lo chef che Enriquez aveva rubato qualche anno prima a uno dei migliori alberghi di Portland, era uno dei principali vanti dell’istituto. Grazie a lui il Seagull Hill offriva un vitto che sembrava veramente quello di un ottimo hotel, anche se un po’ più salubre oltre che privo, a scanso di spiacevoli incidenti, di bocconi duri da masticare. Che Ho avesse intenzione di lasciare l’istituto, rientrava pertanto a rigore di termini più tra le catastrofi che tra le cattive notizie.
“Quinto” disse il capo del personale sollevando il mignolo di una mano con il pollice e l’indice dell’altra. “I topi cominciano ad abbandonare la nave che affonda.”
A giudicare dall’espressione dei suoi colleghi, il suo debole tentativo di umorismo non ebbe successo.
“Qui non è questione di navi che affondano.” precisò tetramente la Smithers, implacabile. “I nostri collaboratori hanno paura. Anch’io ho paura. Voi no?” indagò passando lo sguardo dall’uno all’altro dei presenti.
Nessuno negò, anche se la Lassiter osservò sensatamente che un altro omicidio tra lo staff del Seagull Hill avrebbe costituito una macroscopica anomalia statistica.
“Forse dovremmo impostare proprio su questo una campagna promozionale…” aggiunse. “Qualcosa che suggerisca al pubblico l’impressione che non possa che trattarsi di una serie di irripetibili coincidenze. Sì, certo, una campagna specifica per contrastare questa corsa verso il… disastro.” Era evidente che si stava affezionando alla sua idea mentre la enunciava.
“Ma sì!” replicò con falsa bonomia il dottor Brown. “Come penseresti di impostarla? Venite a passare i vostri ultimi anni alla Residenza Assistita Seagull Hill Non abbiate timore di finire assassinati nel vostro letto: si è trattato soltanto di una serie di spiacevoli coincidenze!”
“Veramente il nipote della signora Debois non era nel suo letto.” lo corresse Enriquez. Se lo ricordava bene, dal momento che era stato proprio lui a trovare il cadavere del ragazzo mentre sgattaiolava attraverso il parco per raggiungere la sua motocicletta, che teneva legata vicino al cancello sulla scogliera. Prendendo la scorciatoia lungo il promontorio si risparmiava la coda dell’ora di punta sulla statale e si arrivava direttamente al Circolo velico, in fondo alla darsena. Anche quel giorno c’era stato vento teso e regolare. E anche quella volta, ovviamente, aveva dovuto rinunciare ad uscire in barca.
“E neppure il colonnello Tellermann era nel suo letto.” aggiunse la Smithers.
La Richards si produsse in una versione ancora più secca della sua efficace risata.
“L’assassino avrebbe avuto qualche problema a rimettere a letto il povero colonnello, visto che aveva un braccio solo.”
“Però aveva una buona mira. Il vecchio signor Garrison, intendo dire. Lei lo dimostrò senza dubbio: non tutti sarebbero riusciti a colpire un uomo attraverso una finestra, a quella distanza, imbracciando il fucile grazie a una stampella per i vestiti.” ricordò la Lassiter. L’omicidio Tellermann. che era stato il primo della serie, l’aveva molto colpita e a dir la verità, ripensandoci con il senno di poi, anche un po’ affascinata. Una volta che il colpevole era stato consegnato alla giustizia, la giovane dirigente era persino uscita con uno dei poliziotti: un bel ragazzo, ma alquanto al di sotto dello standard sociale che ricercava nei suoi uomini, perciò al primo appuntamento non ne erano seguiti altri, che del resto lui si era guardato bene dal chiederle. Si erano rivisti per forza tre mesi dopo per il caso Saint Joseph, quello dello scambio delle gemelle, perché l’organico della polizia cittadina non era così numeroso da poter formare più di un paio di squadre per le indagini. Era già una fortuna che per un pelo l’istituto non ricadesse nel territorio di competenza dello sceriffo: in effetti l’ultima parte del parco faceva parte della contea e questa era stata una tremenda complicazione nell’assassinio Dubois. Lo sceriffo non aveva nemmeno notato che i bulbi delle dalie erano stati sotterrati al contrario dal piccolo Johnny mentre il giardiniere aspettava dalla parte opposta del parco Charles Dubois, cioè colui che aveva fornito a sua figlia l’ultima, fatale dose di droga. Tra l’altro Johnny non aveva potuto usare il piantabulbi, visto che era proprio quella l’arma del delitto: non c’era da meravigliarsi perciò che avesse fatto un cattivo lavoro. Non fosse stato per il suo acume, il giardiniere l’avrebbe fatta franca. Senza contare che le dalie non sarebbero mai germogliate. La Lassiter concluse le sue riflessioni ammettendo ad alta voce: “Beh, indubbiamente lei è brava in queste cose.”
“E chi dice il contrario?” sbuffò Enriquez. “È una specie di record, credo: sette, no, otto omicidi in nemmeno due anni, e di tutti ha trovato il colpevole nel giro di una settimana al massimo.”
“Otto omicidi in due anni. E uno solo nei precedenti quarantasette anni di vita dell’istituto, quando nel 1977 una delle ospiti mise il veleno per i topi nel tè di una rivale in amore. Anche questo dev’essere un record, nella categoria ‘incremento più repentino del tasso di omicidi’.” brontolò il dottor Brown. Negli ultimi due anni aveva visto più cadaveri di persone variamente assassinate al Seagull Hill di quante ne avrebbe esaminate se avesse intrapreso la carriera di anatomopatologo. Le armi da fuoco e quelle contundenti la facevano da padrone, ma avevano anche avuto un accoltellamento e persino un avvelenamento, che poteva vantarsi di aver scoperto lui stesso, non prima però che lei gli facesse notare come la Bella Rosalinda, l’ex-spogliarellista di origine brasiliana, avesse apparentemente bevuto la sua camomilla serale alle tre del pomeriggio.
“In passato ci sono anche stati un paio di suicidi che mi hanno lasciata perplessa.” obiettò onestamente la Smithers, che lavorava nell’istituto praticamente da sempre, dopo aver cominciato come semplice guardarobiera alla fine degli anni Sessanta.
“Non glielo dire, altrimenti andrà a rovistare negli archivi per dimostrare che in realtà si è trattato di omicidi. A maggior ragione se ci hai avuto qualcosa a che fare.” le consigliò Enriquez strizzandole l’occhio. La Smithers assunse un’espressione oltraggiata ma nascose un sorriso: aveva un debole per il capo del personale, che le ricordava, così abbronzato e marinaresco, un certo giovanotto di origine portoghese che un tempo, quando il mare era troppo brutto per uscire a caccia di aragoste, aveva l’abitudine di venirla a trovare. Sapeva da comuni conoscenze che viveva ancora in zona. Chissà se aveva pensato a lei, leggendo in cronaca i dettagli sulla sconcertante serie di delitti al Seagull Hill. Né la televisione né i giornali avevano mai parlato esplicitamente di “serie di delitti”, almeno fino a quel momento. Ma era impossibile che la gente non facesse due più due, anzi quattro più quattro, visto che ormai si era arrivati a un totale di otto omicidi, tutti avvenuti nel medesimo scenario, che non era quello di un ghetto malfamato bensì una lussuosa e discreta casa di riposo, un luogo in teoria il più possibile lontano dalla brutale violenza del delitto.
“Non è colpa sua, a rigor di termini. Non credo che lo faccia apposta. A me è piuttosto simpatica.” confessò la Smithers. “È un’ospite che non dà nessun problema, oltre a quello di cui stiamo parlando. Ma com’è possibile? Forse ci sbagliamo nell’attribuirle la responsabilità di quanto accade.”
“Era così anche prima.” replicò la Richards. “Ovviamente, ho fatto delle indagini. Sapete che nel piccolo centro sulla costa in cui abitava prima di venire qui, l’omicidio aveva superato gli incidenti stradali come causa di morte? A un certo punto, persino lo sceriffo si è rivelato un assassino.”
“Forse ha portato con sé una maledizione legata a quel posto?” ipotizzò la Lassiter, sostenendo senza abbassare gli occhi lo sguardo scettico del dottor Brown. Con l’atteggiamento pragmatico del manager di successo, la Lassiter pensava che quando non ci sono spiegazioni razionali, avvalersi di quelle che tali non sono sia solo prova di buon senso.
“Se si tratta di una maledizione, l’ha portata in giro per tutto il paese. E anche all’estero. Per anni e anni, quando viaggiava così spesso, per fortuna dei suoi compaesani. E ora è qui tra noi, dove resterà presumibilmente per molti altri anni, dal momento che gode di ottima salute. Che io sappia, almeno.” concluse la direttrice, guardando francamente negli occhi il responsabile sanitario dell’istituto.
“Non dovrei… “ iniziò il dottor Brown, al quale la deontologia professionale vietava di divulgare informazioni relative alla salute dei suoi assistiti. “Al diavolo. Sta benissimo: vorrei avere io analisi del sangue come le sue. Direi che potrebbe seppellirci tutti, se nelle presenti circostanze questa espressione non suonasse così… sinistra.”
“L’ultima vittima è stata Laura.” disse Enriquez, che aveva dovuto rimpiazzare l’addetta alla reception meno di un mese prima. “Secondo me il prossimo sarà uno degli ospiti. O dei visitatori. O magari un altro dei fornitori abituali.”
“Per amor del cielo, spero proprio di no. Ho già dovuto raddoppiare il budget per le manutenzioni idrauliche, dopo che il signor Williams venne assassinato dal suo apprendista nel locale caldaie.”
Da un certo punto di vista, era stato un bene per il Seagull Hill che quello che in un primo momento si era creduto uno sfortunato incidente, cioè una caduta accidentale lungo le ripide scale della cantina, si rivelasse invece un omicidio accuratamente premeditato, poiché in questo modo l’istituto aveva evitato tutte le grane assicurative che sarebbero sicuramente sorte in caso di infortunio. Restava il fatto che tutte le ditte del luogo contattate in seguito avevano rifiutato l’incarico accampando varie scuse, la cui credibilità variava solo in base all’inventiva di cui i rispettivi titolari avevano dato prova; ora si servivano di un’azienda di Portland, dove evidentemente la sinistra fama dell’istituto non era ancora arrivata, ma questa soluzione aveva comportato un sostanziale aggravio delle spese di trasferta.
“Spero solo che non tocchi a uno di noi.” osservò il dottor Brown in tono cupo.
“Hai dei nemici?” gli chiese acidamente la Smithers. “Io non credo che qualcuno voglia uccidermi.” In effetti, l’assassinio sembrava una sviluppo sproporzionato per un caso di furto di biancheria. Ma non si poteva mai dire.
“Laura non era nemmeno la vittima designata.” le ricordò il dottore scrollando le spalle. “Povera ragazza. In fondo è morta solo perché si era tinta i capelli del colore sbagliato e perché la retinopatia della signora Davies ha impedito che si rendesse conto del terribile errore che stava commettendo.” Si chiese se il signor Sarkowsky, il marito della procace infermiera con cui intratteneva una piacevole relazione ormai da mesi, fosse un tipo violento. Certo però che se malauguratamente fosse stato così, il suo lavoro di carpentiere gli avrebbe messo a disposizione un completo assortimento di armi improprie. Non che in prospettiva facesse differenza: la signora Davies era riuscita a combinare un bel macello con quello che aveva a disposizione, cioè il suo bastone da passeggio con il manico d’avorio. Ovviamente, chi aveva notato che, dopo il delitto, la Davies stava usando un bastone troppo corto per la sua statura? Ma lei, naturalmente!
La voce di Enriquez riscosse il dottore da quelle macabre rimembranze. “Beh, Wilhelmina, abbiamo capito il punto. Ma che cosa ci possiamo fare?” disse francamente il capo del personale, in quello che era evidentemente un ultimo disperato tentativo di concludere la riunione e cominciare il suo pomeriggio di vela.
“Non c’è niente che noi possiamo fare. Lo statuto non prevede la iella omicida come giusta causa di allontanamento di un ospite.” interloquì in tono lugubre la Lassiter. “Vi consiglio di cominciare a cercarvi un altro lavoro.” aggiunse malignamente, pensando in cuor suo che in quel caso le direttrici attempate e acide non avrebbero avuto altrettanto fortuna delle giovani responsabili finanziarie rampanti.
“Non è iella omicida.” obiettò il dottor Brown. “Lo sarebbe se i cornicioni cadessero in testa alla gente mentre Jessica Fletcher passa nei paraggi. Lei invece sembra la portatrice sana di una particolare infezione che spinge le persone ad ammazzare i loro simili. Infezione che per inciso non mi risulta che esista, sicuramente non con queste caratteristiche.” concluse girando lo sguardo sui suoi colleghi, quasi volesse sfidarli a contestare il suo parere professionale, cosa che ovviamente nessuno si sognò di fare.
“Allora, se non possiamo fare niente…” cominciò Enriquez. Non gli sorrideva affatto l’idea di perdere il posto, ma non vedeva motivo di prolungare quell’inutile riunione fino al momento in cui sarebbe stato ormai troppo tardi per uscire in mare.
Wilhelmina Richards gli fece segno di non muoversi, si alzò, andò alla porta e, sotto lo sguardo stupito dei presenti, l’aprì, controllò che in corridoio non ci fosse nessuno e la richiuse accuratamente.
‘Ha perso la testa.’ pensò la Smithers, finalmente dimentica dei furti di lenzuola, mentre la direttrice tornava a sedersi con l’abituale compostezza.
“Ci sarebbe sempre la soluzione O.E.” disse infine la Richards, togliendo un invisibile granello di polvere dal lindo ripiano del tavolo davanti a sé.
“Soluzione O.E.?” chiesero quasi all’unisono tre voci sconcertate. Solo Erika Lassiter non disse niente, non volendo ammettere che la direttrice sapesse qualcosa che a lei evidentemente sfuggiva. Quest’ultima sollevò lo sguardo.
“O.E. come Orient Express.”
Enriquez fu il primo a riprendersi dallo stupore: facendosi strada nella sua mente, l’inimmaginabile verità scacciò finalmente ogni pensiero marinaresco.
“Orient Express nel senso di ‘Delitto sull’Orient Express’?”
“Vuoi forse dire che noi dovremmo… non starai parlando sul serio, non è vero?” chiese la Smithers in un inconsueto tono stridulo.
“Tu sei pazza.” disse francamente il dottor Brown.
Poco professionale da parte sua, considerò la Lassiter, che si sarebbe aspettata da un medico qualcosa di più specifico, come minimo un disturbata mentalmente.
“Non ho mai sentito niente di più assurdo in vita mia.” disse a sua volta, ma allo stesso tempo non poté fare a meno di chiedersi se in fondo la Richards non stesse dimostrando di meritare più di lei la posizione di comando.
“Deduco dai vostri commenti che tutti abbiate visto il film.” replicò senza scomporsi la direttrice.
“È una follia.” ribadì il dottor Brown, però non in tono così perentorio come prima. Non ricordava bene i dettagli della trama, ma rammentava perfettamente che alla fine del film, tratto da un celebre romanzo di Agatha Christie, si scopriva che tutti i sospettati avevano partecipato al delitto, sferrando un colpo ciascuno. Per la verità, ricordava anche che nel film Ingrid Bergmann interpretava il ruolo di una bambinaia straniera apparentemente sciocca, ma questo non sembrava un particolare che al momento avesse rilevanza.
“Forse. “ ammise la Richards. Seguì un lungo silenzio, durante il quale tutti sembrarono riflettere seriamente sulla sua proposta.
Di nuovo, Enriquez fu il primo a parlare. “Beh, se non altro saremo praticamente sicuri di farla franca.” disse schiettamente. “Non esiste una seconda signora in giallo che possa indagare sulla non prematura scomparsa della prima!”

NOTE FINALI

Devo a Solitaire, fanwriter che ha scritto una bellissima one-shot nel fandom di Buffy proprio con il titolo L'effetto Fletcher, la conoscenza del fenomeno, cioè la terribile scia di delitti che accompagna la signora in giallo ovunque si rechi, delitti dei quali sappiamo già che lei ci svelerà inesorabilmente, episodio dopo episodio, i rispettivi colpevoli.

Assassinio sull’Orient Express è invece, come certamente saprete, un celebre romanzo di Agatha Christie da cui nel 1974 venne tratto l’omonimo, altrettanto famoso film con regia di Sidney Lumet (tra l’altro, Ingrid Bergmann vinse l’Oscar come migliore attrice non protagonista proprio per la sua interpretazione della bambinaia svedese).

Ma la pertinenza di Agatha Christie con questa storia è duplice, dal momento che la sua Miss Marple era certamente portatrice di un potente Effetto Fletcher ante litteram: la stessa scrittrice se ne rendeva perfettamente conto, tant’è vero che in uno dei romanzi in cui la terribile vecchietta era protagonista, azzardò spudoratamente l’ipotesi che venire coinvolti più volte in casi di omicidio sia altrettanto improbabile che trovarsi ripetutamente sul luogo di un naufragio o di un incidente ferroviario, arrivando al punto di inventarsi immaginari conoscenti a cui sarebbero capitate, appunto, tali insolite esperienze

  
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