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Autore: TheOnlyWay    17/04/2013    15 recensioni
«Cosa ti spaventa, Annie?»
Il caffè è bollente, contro il palato, ma berlo è l’unica cosa che mi salva dalla risposta immediata. Sapevo che ovviamente non ti saresti lasciato ingannare. Non sono mai riuscita a nasconderti niente, nemmeno la festa a sorpresa per il tuo compleanno.
Sei stato cieco, Liam, ma non completamente. All’inizio, ci vedevi davvero. Mi vedevi.
Cosa mi spaventa?
Tu, io, l’amore, il dolore, il pianto, la sensazione di aver perduto tutto, il rimpianto di non aver fatto il possibile. La vita, la morte, l’abbandono. La solitudine. I litigi, la rabbia, il rancore.
«Il mio appartamento quando è vuoto, il silenzio, una pagina bianca. Il nero, il nulla e anche la metropolitana di notte.» ho elencato, dopo un po’.
«Ed io? Io ti spavento?» hai chiesto, prendendomi per mano. Ho aspettato diversi minuti, prima di risponderti. Mi sono concentrata sulle nostre dita intrecciate, sulla protezione e sulla sicurezza che mi infondevi e sulla tua presa sicura, ma morbida.
«Tu, Liam, mi terrorizzi.»
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Right from the start
You were a thief
You stole my heart
And I’m your willing victim
 

 
«Come sarebbe a dire che non vuoi uscire con me?»
Ricordi, Liam? Io sì, perfettamente. Ricordo la tua espressione stupita, i tuoi caldi occhi marroni socchiusi lievemente per il dubbio che ti stessi prendendo in giro, le labbra stirate in un sorriso a metà strada tra l’incredulo, l’infastidito e il divertito. E poi ricordo le tue mani, grandi, forti e un po’ callose per tutte le volte che hai fatto a pugni, scostarmi una ciocca di capelli dalla fronte con una delicatezza assolutamente inaspettata.
Ricordo che mi sono scostata, intimidita, desiderosa di scappare da te e dalle tue attenzioni che, Dio, mi facevano sentire ancora più insicura di quanto non fossi di solito.
Ti avevo osservato da lontano tante di quelle volte, avevo immaginato come sarebbe stato parlarti, abbracciarti, o solamente conoscere qualcosa di te, qualcosa che nessuno ancora sapeva.
Qual era il tuo colore preferito? Ti piacevano gli animali? Perché avevi spaccato il naso a Patrick Sumpter, quel gelido giovedì di novembre? Io c’ero. Ti ho visto, mentre spingevi Patrick contro il muro e gli colpivi il naso con un pugno. Ho visto Patrick cadere a terra e ho visto te osservarlo con indifferenza.
C’era sangue, Liam. E tu sorridevi.
Poi ti sei girato e mi hai guardata: ero lì, impallidita, tremante e con il telefono stretto nella mano sinistra, pronta a chiamare la polizia. Hai scosso la testa ed hai allargato le braccia, per farmi capire che non mi avresti mai fatto niente.
«Non è come sembra.» hai detto, con la tua voce calda. Ti sei avvicinato, ed io sono arretrata. È sempre stato un po’ così, tra di noi. Tu ti avvicini, io ti respingo. Un passo avanti, uno indietro.
«Davvero? Che strano.» mi è scappato di bocca prima ancora che riuscissi a trattenermi, ed era evidente che tu non ti aspettassi una risposta da parte mia, perché hai inclinato il capo verso destra. Lo fai sempre, quando sei spiazzato e per un attimo perdi la tua aria imperscrutabile e seria e ti trasformi nell’uomo adorabile che amo avere al mio fianco.
L’uomo capace di spezzarmi con una singola parola, con un respiro, con uno sguardo. Hai così tanto potere su di me, Liam, e nemmeno lo capisci.
«Quello» hai convenuto, indicando Patrick «è esattamente come sembra, in effetti.» hai fatto spallucce, perché non ti importava che il ragazzo fosse semi-svenuto, dolorante e sanguinante. Dal tuo punto di vista, si era meritato tutto il dolore che stava provando ed eri felice di esserne la causa.
«E comunque che ci fai da queste parti, Annie?»
Conoscevi il mio nome. Tu, che non mi avevi mai nemmeno guardata. Ed ero piuttosto certa di non essermelo sognata: avevo visto le tue labbra muoversi e pronunciarlo. E, cielo, era bellissimo, detto con la tua voce.
Sai cos’altro ricordo? Che sono arrossita, ma non ho mosso un passo – né in avanti, né all’indietro – quando ti sei avvicinato un po’ di più. Ho lasciato che la distanza tra di noi si riducesse quasi del tutto, senza nemmeno avere la forza di allontanarmi, o di chiamare un’ambulanza per Patrick. Anzi, non mi ricordo nemmeno più che fine ha fatto, Patrick.
C’eri tu, e sapevi il mio nome.
«Sai come mi chiamo?» ho domandato, quindi, un po’ timorosa. Non so cosa mi aspettassi davvero. Forse volevo che mi dicessi che mi ero sbagliata, che non avevi idea di chi fossi.
Ci saremmo risparmiati un sacco di dolore, non credi anche tu? Forse non ci saremmo spezzati entrambi, amandoci con così tanto ardore da consumarci fino all’osso. Piegati, distrutti, diversi.
«Io ti vedo, Annie. Anche se tu non vuoi essere vista.» hai sorriso lievemente e agli angoli dei tuoi occhi sono comparse delle piccole rughe, quelle che in questi anni ho imparato a conoscere così bene.
È stato allora che mi hai rubato il cuore. Ed io te l’ho lasciato fare, consenziente: sono stata tua complice. Amica, amante, fidanzata, donna.
Ma questo è successo dopo. Prima c’eri solo tu, le tue labbra strette dal disappunto e i tuoi occhi feriti dal mio rifiuto.
«Non voglio uscire con te, Liam. Fattene una ragione.»
Hai sospirato e hai scosso la testa, senza credermi realmente. E come avresti potuto farlo? Ti guardavo come se fossi tutto il mio mondo. Ti guardo così ancora adesso, nonostante tutto.
«È per Zayn, Annie? È per colpa sua che non vuoi?»
C’erano un sacco di motivi per cui uscire con te non era una buona idea. Lo sapevi tu, e lo sapevo anche io. Ne eravamo consapevoli entrambi, eppure niente ci ha impedito di farlo.
Dovevamo fermarci, Liam. Prima che fosse troppo tardi. Prima che smettessimo di amarci.
«Zayn è un amico, non potrei mai amarlo.»
«Potresti amare me.»
«No, non potrei.»
Lo facevo già, in ogni ora, in ogni minuto, in ogni secondo della mia stupida, precaria e insipida vita. Ti amavo con ogni briciola del mio essere, ma ero terrorizzata.
Perché l’amore fa così paura, Liam?
«Dimmi perché.»
«Sei più grande di un anno.»
E poi c’era il tuo carattere, il tuo orgoglio e i tuoi occhi dolci. C’erano le tue mani calde, le tue spalle larghe e la tua risata contagiosa. C’erano i tuoi amici che ti adoravano, la tua famiglia che a volte c’era e a volte no e c’era anche Patrick, al quale avevi rotto il naso ed io non sapevo perché.
E poi c’ero io. C’erano le mie paranoie, le mie fobie, i miei dubbi. C’erano le mie gambe troppo piene, la mia insicurezza, le mie paure. C’era Zayn che si preoccupava per me, e c’era mamma, troppo apprensiva e a volte assillante. E c’era Jocelyn, che era così brillante e sarebbe diventata un chirurgo entro i prossimi due anni.
C’erano un sacco di motivi, Liam.
«Non me la bevo questa cazzata, Annie.»
Hai sorriso di nuovo e ti sei inchinato in avanti per lasciarmi un bacio sulla fronte. Il mio cuore ha cominciato a galoppare, furioso. Così forte che probabilmente te ne sei accorto anche tu, vero? Cosa potevo fare Liam? Non è forse vero che bisogna seguire il cuore e non il cervello? Cosa te ne fai del cervello, se non hai il sangue che scorre nelle vene, il battito frenetico come le ali di una farfalla e il fiato corto per le parole dette, e per quelle trattenute?
«Non avere paura. Te l’ho già detto: io ti vedo.»
Io ti vedo, io ti vedo. L’hai sempre detto, eppure sei stato così cieco, Liam. Non ti sei accorto – non hai visto – che ci stavamo allontanando sempre di più, che il nostro amore stava prendendo un piega diversa, dolorosa e insopportabile. Una piega che né tu, né tantomeno io, siamo stati in grado di gestire.
 

 
I let you see the parts of me
That weren't all that pretty
And with every touch you fixed them

 

 
«Cosa ti spaventa, Annie?»
Il caffè è bollente, contro il palato, ma berlo è l’unica cosa che mi salva dalla risposta immediata. Sapevo che ovviamente non ti saresti lasciato ingannare. Non sono mai riuscita a nasconderti niente, nemmeno la festa a sorpresa per il tuo compleanno.
Sei stato cieco, Liam, ma non completamente. All’inizio, ci vedevi davvero. Mi vedevi.
Cosa mi spaventa?
Tu, io, l’amore, il dolore, il pianto, la sensazione di aver perduto tutto, il rimpianto di non aver fatto il possibile. La vita, la morte, l’abbandono. La solitudine. I litigi, la rabbia, il rancore.
«Il mio appartamento quando è vuoto, il silenzio, una pagina bianca. Il nero, il nulla e anche la metropolitana di notte.» ho elencato, dopo un po’.
«Ed io? Io ti spavento?» hai chiesto, prendendomi per mano. Ho aspettato diversi minuti, prima di risponderti. Mi sono concentrata sulle nostre dita intrecciate, sulla protezione e sulla sicurezza che mi infondevi e sulla tua presa sicura, ma morbida.
«Tu, Liam, mi terrorizzi.» ho confessato, sincera.
«Sono tanto brutto?» hai provato a sdrammatizzare, ma sono certa che avessi capito. Perché, in fondo, anche tu eri terrorizzato. L’amore fa questo effetto, no? Prima ti porta in alto e poi ti fa sprofondare. Tu lo sai bene, non è così? Prima mi hai sollevata, e poi mi hai buttata in un baratro da cui sembra impossibile uscire. Non senza lasciare qualcosa indietro, almeno.
«Bruttissimo. Assolutamente orribile.» ho confermato, stando al tuo gioco. Non ero pronta nemmeno io, a dire tutta la verità. Non sarò mai pronta, forse.
«Tu invece sei bellissima.»
«Ci sono così tante cose che non sai di me, Liam. Cose che non ti piacerebbero, difetti che odio, ma che fanno parte di me. Mi odieresti anche tu, se solo sapessi.» ho mormorato. Non volevo che ti facessi un’idea sbagliata su di me. Dicevi di vedermi, ma forse guardavi solo quello che preferivi e non tutto.
Ed io ho fatto la cosa che ho reputato migliore per entrambi: ti ho fatto vedere me stessa, in tutta la mia imperfezione, nella mia paura e nella mia piccolezza.
Ma tu non sei scappato.
Hai preso le mie paure, la mia ritrosità, l’insolenza, l’arroganza, l’acidità, persino la mia codardia e le hai accolte e apprezzate come se fossero la cosa migliore che ti sia mai capitata.
Non è ritrosità, è timidezza. Non è arroganza, è intelligenza. Non è acidità, è diffidenza. Non è codardia, è amore.
E allora ho capito che non eri tu, il cieco. Ero io.
 
 

Now you've been talking in your sleep oh oh
Things you never say to me oh oh
Tell me that you've had enough
Of our love, our love
 
 

La stanza è buia e silenziosa, ma non fa più paura. Il letto non sembra più enorme, ma è perfetto per noi due, per accogliere i nostri corpi, il nostro amore. È perfetto per i tuoi baci, per le tue carezze, per le tue mani ruvide e per i tuoi sorrisi.
È perfetto per parlare e tu non parli mai, ultimamente. C’è qualcosa che ti preoccupa, ma non me lo vuoi dire ed io ho paura. Sono così spaventata, Liam.
Perché non mi dici la verità?
Ti osservo, disteso sul lato sinistro, con un braccio infilato sotto il cuscino e l’altro posato morbidamente sul mio fianco. Neanche di notte mi lasci andare.
Le tue labbra sono dischiuse e ogni tanto ti agiti, come se qualcosa ti turbasse, come se non vedessi l’ora di portare alla luce il tuo tormento.
Succede da tanti giorni, ormai. Ed io non posso fare a meno di pensarci, ma quando provo a tirare fuori il discorso, tu mi dici che và tutto bene, che mi ami e che sei solo stanco per colpa del lavoro. Ma non è così e prima o poi la verità verrà a galla. E sarà così dolorosa, Liam.
Tanto dolorosa da spezzarmi, da ridurmi in brandelli e da lasciarmi senza respiro. Ti agiti di nuovo, la presa sui miei fianchi si stringe appena e dalle tua labbra sfugge un mugugno incomprensibile.
«Cosa ci sta succedendo?» domando, più a me stessa che a te. Non mi aspetto certo una risposta, non in questo modo. Non quando le lenzuola sono ancora calde e la tua mente vaga nei sogni. Spero che almeno lì tu sia felice. Perché con me non lo sei, non più.
«Non ce la faccio più, Annie. Credo di averne avuto abbastanza.»
Ed è questo, il momento esatto in cui me ne rendo conto: non è abbastanza. Non sappiamo più amare, abbiamo dimenticato come si fa e questo ha distrutto entrambi.
Come ho potuto lasciare che succedesse?
«Non mi ami più…» concludo. Ti alzi, frastornato e ancora un po’ stordito dal sonno che forse non era poi tanto profondo. Dovrei arrabbiarmi, urlare, tirarti qualsiasi cosa, accusarti di essere un vigliacco, ma non lo faccio.
In fondo, sono una vigliacca anche io. Avrei dovuto insistere, fare qualcosa di più, ricordarti ogni giorno quanto tu sia fondamentale nella mia vita, quanto la tua presenza mi faccia stare bene. Non l’ho fatto ed ora ne pago le conseguenze.
E le lenzuola sono diventate gelide, come i tuoi occhi.
«Non lo so. È che sono così stanco, Annie.» ti strofini gli occhi e mi guardi con dispiacere. Lo sai, che mi stai spezzando il cuore e sai anche che ti stai facendo male, ma non ti importa. L’unica cosa che proprio non capisco, è come tu abbia potuto aspettare tanto. Come hai fatto a starmi accanto, se non mi ami? So che non sono una persona semplice, ma tu perché non ti sei allontanato prima? Perché siamo arrivati a questo punto?
«Forse dovresti andare via.» ti consiglio.
Non c’è rabbia, non c’è odio, non c’è astio. Solo dolore, tristezza e la sensazione di aver perduto tutto. Non posso insegnarti ad amarmi, non di nuovo.
«Sì, dovrei.»
Ti guardo, mentre indossi di nuovo la tua maglietta grigia, i pantaloni della tuta e le scarpe, in completo silenzio. Seguo la linea della tua schiena, le braccia muscolose, ma non troppo, i capelli, resi più scuri dalla luce gialla della lampada sul comodino.
E mi sento così piccola, impotente e inutile, che quando te ne vai riesco solo a piegarmi su me stessa. Non ho nemmeno lacrime.
Non ho più niente.
 

 
Just give me a reason
Just a little bit's enough
Just a second we're not broken just bent
And we can learn to love again
It's in the stars
It's been written in the scars on our hearts
We're not broken just bent
And we can learn to love again
 
 

Sono passati dodici giorni, da quando te ne sei andato. Duecentoottantotto ore, diciassettemila duecentoottanta minuti, un milione trentaseimila e ottocento secondi, da quando non ti parlo, non ti vedo e non ti ho con me.
Eppure continuo a pensarti, continuo a chiedermi cosa abbia fatto, di male, per meritarmi tutto questo dolore.
Ci ho pensato a lungo, ho avuto tanto tempo per farlo e sai cos’ho capito? Che, semplicemente, non siamo più capaci di amarci come prima. Forse è stata colpa dell’abitudine, forse è stata colpa dei tuoi genitori, che non sono presenti come dovrebbero o forse è colpa di mia madre, che presente lo è fin troppo.
Forse è colpa di Zayn, di Jocelyn, di Patrick o dei tuoi amici. Forse è colpa mia, o forse è colpa tua.
Oppure era destino, no? Magari non siamo fatti per stare insieme. Le stelle non ci hanno mai guardato con benevolenza, nessuno l’ha mai fatto.
Secondo i tuoi amici sono troppo timida, secondo mia madre sei troppo grande per me. Anche se quella dell’età è una cazzata, vero? Me l’hai detto tu, che bisogna guardare oltre, che le apparenze ingannano e che niente è come sembra.
E se invece fosse esattamente come sembra? Se io fossi troppo piccola, e tu troppo grande?
Se io non sapessi amarti? E se tu non sapessi amare me?
Le lenzuola sono di nuovo fredde, da quando non ci sei. Così gelide, che ormai dormo sul divano, perché ho paura di trovare il posto vuoto accanto al mio. È tutto freddo, in effetti. Le mie mani, la mia voce, i miei occhi.
Jocelyn dice che sono depressa, che devo guardarmi intorno e cercare qualcuno che mi faccia stare bene. Vuole presentarmi un ragazzo, un certo Harry, ma io non ne voglio sapere. Non voglio imparare ad amare un’altra persona, voglio amare te.
Chi è questo Harry? Lui non ha il tuo sorriso, i tuoi occhi, la tua voglia sul collo. Non ha le tue mani grandi, le gambe lunghe, il tatuaggio sul polso. Lui non è te.
Eppure mi basterebbe una sola ragione, un solo istante, per capire. Perché forse è scritto nelle stelle o sulle bende che fasciano i nostri cuori feriti: siamo piegati, distrutti, ma non spezzati. Non ci arrendiamo, vero?
 

 
***
 

 
«Posso entrare?»
«Dammi una ragione. Una sola.»
«Voglio imparare ad amarti di nuovo.»
 
 
We're not broken just bent
And we can learn to love again
 
 
 
 


***



Questa One Shot è… be’, non lo so. E’ una delle cose più strazianti che abbia mai scritto, non so perché, visto che alla fine non è niente di eccezionale.
Ma ci sono certi punti che mi fanno venire da piangere, senza nemmeno una ragione precisa. Sono stata molto in dubbio, ed ero indecisa se pubblicarla o meno.
Poi Jas mi ha detto “credo che sia una delle più belle che tu abbia mai scritto” e mi ha fatto il banner bellissimissimo che vedete qui sopra; Cati mi dice “sto piangendo. Aiuto fede vaffanculo ciao” e Ale mi legge una riga alla volta, praticamente e dice che è bella.
Perciò, io l’ho pubblicata.
E poi questa canzone è assolutamente meravigliosa. Se non l’avete mai ascoltata, fatelo. E’ un obbligo, sì. (Il link è all’inizio della One Shot)
E niente, spero che vi sia piaciuta e vi ringrazio se siete arrivate fino a quaggiù.
Se vi và, fatemi sapere che ne pensate!
Un bacio,
Fede
 
 
P.s. Per chi volesse, su Twitter sono @FTheOnlyWay
 
   
 
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