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Autore: Fear    20/04/2013    11 recensioni
Cit/: Colpiva, colpiva senza fermarsi e quel maledetto sorriso non sparì neanche un secondo dalle sue labbra. Uno spruzzo di sangue sporcò la guancia destra di Rein.
Si alzò e chiuse la cartella per l'ennesima volta.
«Te l'avevo detto che il rosso ti sarebbe stato d'incanto». Si voltò e corse via, questa volta senza trattenere una risata.
Il mattino seguente varie macchine della polizia erano parcheggiate davanti al parco: l'ennesimo omicidio. Pioveva, ma una scritta sul terreno si leggeva chiaramente.
Muori.
[...]
[ Horror, angst, dark ― incentrata su Rein con accenni Rein/Shade ]
♣ Storia ispirata all'anime/manga "Mirai Nikki" di Sakae Esuno
Genere: Angst, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Rein
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Note dell'autrice: Ragazze, questo è un chiaro sclero. Sto incominciando ad amare l'horror un po' sadico come questo.
Questa one shot è ispirata in parte all'anime Mirai Nikki, ma questa scena è puramente fonte della mia mente malata.
Che dire...spero che vi piaccia nonostante questo genere non sia uno dei miei punti forti nella scrittura, io ci ho provato e sono soddisfatta.
Presto aggiornerò anche Monochrome Blue Sky.
Un abbraccio da Rebecca Arya Baratheon
 

 

Obsession

http://i.imgur.com/bsZE6FP.png


Quando ami una persona sei pronta a difenderla anche se ha torto.
Quando ami una persona le dai tutto l'amore possibile.
Se quella persona tanto amata diventa un'ossessione sei disposta anche ad uccidere.
Uccidi ogni tuo nemico e non fidarti mai di nessuno.


 

Shade.
Era questa la parola con cui Rein si alzava dal letto, la parola per cui andava a scuola ogni giorno, l'unica parola per cui continuava a vivere.
Aprì i suoi occhi acquamarina e pigramente si diresse in cucina. Mentre si preparava la colazione: cereali con latte parzialmente scremato, accese la piccola televisione posata su una mensola parzialmente rotta e scalfitta.
La TV parlava sempre delle solite cose. Un serial killer si aggirava per la città e faceva strage di vittime quasi ogni giorno. Molte persone si erano trasferite in un'altra città per colpa di queste serie di omicidi e al solo pensiero che ci fosse meno gente in città, meno ragazze in città, la fece sorridere. Un sorriso strafottente e quasi malvagio.
Dicevano che questo misterioso assassino uccideva le sue vittime con delle potenti coltellate proprio in mezzo al petto. Pensavano fosse un pazzo, uno che aveva bisogno d'aiuto, uno affetto da chissà quale malattia mentale. Ma nessuno aveva ancora capito che quell'assassino era solamente ossessionato.

Rein chiuse la porta di casa alle sue spalle facendola cigolare malamente. L'avrebbe spiato ancora una volta, come ogni mattina.
Iniziò a correre finendo a pochi isolati da casa sua. Era sicura di non essere in ritardo, infatti: eccolo. Era bellissimo come ogni mattina, la divisa scolastica gli calzava divinamente e i capelli color oltremare erano disordinati.
Rein stava per corrergli incontro, aveva già alzato la mano per salutarlo, quando vide un'altra ragazza attaccarsi al suo braccio con un'aria sognante in viso.
Le pupille color pece di Rein si rimpicciolirono all'improvviso e delle lacrime le rigarono il volto, ma non erano lacrime di tristezza, erano lacrime di rabbia, di gelosia.
Un sorriso sadico le dipinse il volto. Si sarebbe vendicata.
«Credo che domani il telegiornale avrà qualche altra notizia su questo serial killer».

Arrivando a scuola Rein si fermò a pochi passi da Shade, quella ragazza non si era ancora staccata dal suo braccio. Capelli viola e occhi color prato.
«Si abbineranno benissimo al rosso».
C'erano un sacco di ragazzi a scuola, possibile che però Shade fosse il più acclamato di tutti? La faccia di Rein assunse un'espressione innocente: non era di certo colpa sua, lei non uccideva a caso, uccideva solo le persone che si avvicinava troppo a Shade. Iniziò per sbaglio due mesi prima, quando si arrabbiò e fece cadere una ragazza dalle scale. Voleva chiamare aiuto, ma era come se uno strano impulso le dicesse di non farlo e piano piano si avvicinò al corpo disteso a terra. Respirava ancora, avrebbe potuto salvarla, ma quella frase non le passò nella mente neanche per un secondo. Posò a terra la cartella, aprì il suo astuccio e tirò fuori le forbici. Senza nemmeno accorgersene iniziò a colpire la ragazza all'addome, le sue urla erano come musica per le sue orecchie. Le forbici gocciolavano di un rosso accesso, decise che il pavimento era decisamente troppo sporco, per questo smise di colpirla. Un sorriso le incurvò le labbra e i denti bianchi si mostrarono. Le veniva da ridere, ma riprese la sua borsa e corse via dal corpo senza vita della studentessa.

«Mi spiace piccola, presto raggiungerai tutte le tue amichette all'Inferno».

Erano le sei del pomeriggio e la campanella era già suonata da dieci minuti. Rein era appoggiata al cancello della scuola, ma questa volta non stava aspettando Shade, era lì per la sua amichetta dai capelli viola.
Eccola, poverina, era da sola.
Oltrepassò il cancello e rivolse a Rein uno sguardo di superiorità. Evidentemente non sapeva con chi aveva a che fare.

Rein camminava a pochi passi dalla ragazza, canticchiando.
Quando la ragazza girò nel parco, il solito sorriso sadico di Rein si impossessò delle sue labbra.
Aprì la cartella.
La ragazza sentì dei passi alle sue spalle e si girò di scatto.
«Rein, che cosa ci fai qua?»
Rein non rispose. Tutte due erano ferme e la turchina iniziò a scrivere qualcosa sulla terra del parco usando un piede.
«Allora?!» chiese spazientita la ragazza.
Rein si avvicinò lentamente dopo aver finito la sua scritta in terra. Nascondeva qualcosa dietro la schiena.
«Shade è mio. Tu non lo devi toccare. Nessuno lo deve toccare», cinque passi.
«Sei stata inopportuna stamattina», due passi.
La ragazza dagli occhi verdi vide i denti bianchi di Rein e il suo viso illuminato dall'oggetto che teneva in mano.
La ragazza incominciò ad indietreggiare, cosa ci faceva Rein con in mano un coltello?
Successe tutto molto in fretta. Uno scatto fulmineo da parte della turchina e un urlo mozzato dalla ragazza dai capelli viola. Zero passi.
Colpiva, colpiva senza fermarsi e quel maledetto sorriso non sparì neanche un secondo dalle sue labbra. Uno spruzzo di sangue sporcò la guancia destra di Rein.
Si alzò e chiuse la cartella per l'ennesima volta.
«Te l'avevo detto che il rosso ti sarebbe stato d'incanto».
Si voltò e corse via, questa volta senza trattenere una risata.

Il mattino seguente varie macchine della polizia erano parcheggiate davanti al parco: l'ennesimo omicidio.
Pioveva, ma una scritta sul terreno si leggeva chiaramente.
Muori.
   
 
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