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Autore: apple92    10/11/2007    8 recensioni
Intendiamola come una song-fiction ispirata alla celebre poesia leopardiana "a Silvia".
Genere: Drammatico, Poesia, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Silvia, rimembri ancora

Adoro la poesia ma impararle a memoria a chi piace?? Niente in contrario ma è difficile. Forse questo potrà esservi d’aiuto. L’altro giorno in classe la prof spiegava questa poesia tristissima certo ma talmente bella che offusca la struggente storia di questi versi e io…bhè mi sono subito venuti in mente Ranma e Akane.

A SILVIA di Giacomo Leopardi

 

Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventù salivi? 

Ormai sono solo ricordi mia cara Akane. Quel periodo successivo al nostro primo incontro, quante emozioni! Ripensandoci non posso fare a meno di sorridere. E i tuoi occhi…così vivi, carichi di quella passione che solo tu sai mettere in ogni tuo gesto, ma al contempo così timidi da farti voltare ai miei primi sguardi d’affetto. Sembravi così felice durante quel lieto periodo. Finzione? Forse. Ora lo so. Quanti affanni ti ho procurato. 

Sonavan le quiete
stanze, e le vie d'intorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all'opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno. 

Avevi tanti difetti amore, con la cucina non potrai fare mai a meno di combattere e perdere ogni giorno. Ma ti amo anche per questo tuo saperti rialzare, fiera, dopo ogni sconfitta e ricominciare, ogni volta più agguerrita di prima solo per la tua voglia di essere una moglie degna di questo nome. Volevi essere degna di me forse? Le mie sono solo illusioni poiché tu sei perfetta mentre io… Hai fatto tutto questo per me e non l’ho mai capito. A me bastava sentire la tua voce melodiosa provenire da sotto la doccia, giovane e con tanta voglia di vivere e costruirti un futuro luminoso e raggiante come te.

Io gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d’in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
quel ch’io sentiva in seno. 

I miei allenamenti hanno occupato tutta la mia fanciullezza ma da quando vivo con te spesso mi concedo attimi di lieve distrazione lasciano i miei kata per affacciarmi nella tua vita. E vorrei prenderti con me anche solo per allenarci insieme e poter udire la tua voce e il tuo riso senza dovermi nascondere sul tetto o fuori la porta della tua stanza. Mentre ti alleni emetti anche quei piccoli mugolii che tanto mi fanno eccitare. Quando sono con te il mondo mi sorride e anche se non posso vederti sempre mi basta fermarmi a riposare sul tetto sopra la tua stanza e saperti vicina. Allora vedo il mare oltre l’orizzonte e i monti; ho il mondo a portata di mano ma è vuoto senza la tua presenza accanto a me. Contemplare le stelle è inutile senza te accanto a me.

Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché di tanto
inganni i figli tuoi? 

Allora immaginavo tanto che in un futuro non troppo lontano sarei potuto essere felice magari in tua compagni e ripenso con tanta angoscia a quei giorni tristi dove ogni speranza era morta come te mia cara Akane. Perché a volte la vita si prende gioco di noi. E solo allora ci rendiamo conto degli sbagli. Quanto tempo ho sprecato…

Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome,
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dì festivi
ragionavan d’amore.

E poi la malattia. Mancava così poco al tuo diciottesimo compleanno…e tu eri stanca di combattere. Contro la malattia, contro i tuoi spasimanti, contro di me, contro il tuo orgoglio. Finalmente avevi smesso di nasconderlo e con le tue compagne cercavi un modo per render leggeri quelli che sembravano i tuoi ultimi giorni. 

Anche perìa fra poco
la speranza mia dolce: agli anni miei
anche negaro i fati
la giovinezza
. Ahi come,
come passata sei,
cara compagna dell’età mia nova,
mia lacrimata speme!
Questo è il mondo? questi
i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi,
onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte delle umane genti?
All’apparir del vero
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.

Stava morendo con te la speranza di amarti quando finalmente la dichiarazione. Non io a te ma il contrario. Lo sapevo che io non ce l’avrei mai fatta sono troppo timido e testardo. Tu sei stata la mia compagna, protagonista di tutti i miei giorni adolescenziali. Felici insieme a te. E ora? Cosa mi rimane? Tutto quel inutile parlare. Mi sento colpevole. Come al solito sono sempre io che mi prendo tutte le responsabilità. Perché ti amavo Akane e ti amo ancora. E piango. Si, io, l’imbattibile Ranma Saotome piange al pensiero della tua mano fredda fra le mie grandi e calde incapaci di stringerti a me e salvarti dal triste destino. E sulle labbra le parole che mai scorderò- Ranma, ti amo ma ora và e vivi. Vivi anche per me.- con un sorriso e l’augurio di vivere felice si spense così il mio unico, vero e grande amore: Akane Tendo.

 

   
 
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