Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: nevaeh    22/04/2013    23 recensioni
Sole ha vent'anni, fa il turno di notte come barista in una discoteca per non pesare troppo sui genitori e ha i capelli rosa.
Harry ha litigato con Louis, ha finito le sigarette e si è perso. Odia Milano.
***
Lui non risponde, così la ragazza scuote la testa e alza gli occhi al cielo; “Ti prego, credi che andrò a dirlo a qualcuno? Anzi, credi che qualcuno mi crederebbe mai?” gli fa notare, in un inglese così pessimo che Harry ha quasi voglia di ridere.
Inciampa in una crepa dell’asfalto, invece, e bestemmia tra i denti.
[...] “Hai mai sentito parlare del Larry Stylinson?”
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

N.D.A. Ci siamo! Ultimo capitolo di questa storiella. La sto postando dal telefono quindi, in realtà, non so come possiate leggerla! Grazie mille ad Ari che l'ha betata di corsa di corsa appena mezz'ora fa e a chiunque l'abbia letta e, soprattutto, apprezzata!
Spero che anche questa ultima parte possa piacervi, fatemelo sapere qui o su Twitter o ovunque vogliate. Non mordo :D
P.S. La canzone a inizio capitolo è Sole, dei Negramaro. 
***
E tutto intorno sembra aver trovato un senso che ti invade e mi assale, 
La paura di sfiorarti nelle mani incontra il mio sudore, 
Io non posso fare altro che ammirare, 
come un uomo aspetta passi il temporale purchè torni il sole. 
 

Sole fischia, in apprezzamento: “Sono commossa.” Commenta a questa nuova parte della storia, con un’indelicatezza che porta Harry a ridere.

“Non essere rude, dolcezza. Per me è stato tragico.”

“Immagino. Dovresti scriverci una storia, su tutta questa cosa. Scommetto che venderebbe da matti.”

Harry scuote la testa, si guarda intorno notando che hanno fatto il giro e sono ritornati praticamente davanti al locale di quella notte; “La tragica storia di Louis e Harry degli One Direction, già me lo vedo in libreria.”

“Cambia i nomi, per quello che potrebbe importare. Chiamali, che ne so… Carl e…  Daniel?”

“Io faccio Daniel, però.” Propone semiserio, il ragazzo, prima di scuotere la testa e darsi dello stupido da solo.

“Per me non c’è problema. E come finisce, tutto questo?”

“Cosa?”

Sole sbuffa, spazientita, “La tragica storia d’amore di Louis e Harry degli One Direction, cosa se no?”

Mh.” Harry ci pensa, poi sorride “Così.” Risponde, semplicemente.

Sole boccheggia per qualche momento, con tanto di occhi spalancati: “Stai scherzando?”

“No. Mentre ero a New York ho deciso che Taylor, nonostante tutto, era decisamente troppo anche per me. Ci siamo lasciati abbastanza male – non che ci fossimo mai messi insieme, veramente - e sono tornato a Londra.” Spiega, monocorde, “Ho ignorato tutte le sue chiamate e i suoi sms. Siamo ancora così, in effetti: la sera esco, bevo, mi diverto, torno a casa e dormo fino a quando Liam Payne o chi per lui non viene a tirarmi fuori dal letto a calci in culo. Zayn a volte viene con me, anche se ho capito che lo fa solo perché Louis è praticamente terrorizzato da questo mio modo di fare.”

“E ti fa stare bene?” chiede Sole, con voce ingenua.

Harry non sa rispondere, quindi si stringe nelle spalle; “Non penso a quanto vorrei chiamarlo e stare con lui, e perdonarlo per l’ennesima volta.”

Sole annuisce, comprensiva; “E lui?”

“All’inizio è stato orribile, mi chiamava a tutte le ore ma non poteva venire a casa mia perché è costantemente assediata dai fotografi. Non credo di essergli stato mai grato come nell’ultimo periodo.” Ammette, poi, con un mezzo sorriso.

“Ma fate sempre parte della stessa band.”

“Sì, ed è stata la parte peggiore. Abbiamo cominciato con le prove per il tour e dovevamo vederci tutti i giorni, poi c’è stato il mio compleanno.”

“Quanti anni?”

“Diciannove. Mi ha regalato un anello.” Risponde il ragazzo, lo sguardo basso.

“Ti ha chiesto di sposarlo?”

Harry sgrana gli occhi, “Ha mandato mia sorella a portarmelo. Mi ha aiutato tantissimo, quando mi sono trasferito, anche se in realtà credo sia solo perché così aveva un appoggio ogni volta che veniva a Londra.”

Sole ridacchia, borbottando un “Farei lo stesso, sinceramente” che fa ridere anche Harry; “E allora,” continua poi “dov’è questo anello?”

“Mentre lei era in cucina l’ho chiamato. Ha risposto al primo squillo, sembrava abbastanza agitato. Gli ho chiesto se avesse avuto intenzione di venire fuori, poi gli ho chiesto se fosse stato disposto a mollare Eleanor.”

“E lui” tira ad indovinare Sole “ha risposto di no ad entrambe.”

Harry annuisce, lo sguardo freddo; “Mi ha detto che lo faceva anche per non ferire gli altri ragazzi. Cazzate, gli ho risposto, lo faceva perché non aveva abbastanza coraggio.”

Sole si stringe le braccia al petto; il sole sorge alle loro spalle, ma non ci fanno caso.

“Allora,” continua il ragazzo “gli ho chiesto se, per non ferire gli altri, avrebbe avuto il coraggio di lasciare gli One Direction.”

“E lui cosa ha risposto?”

“Mi ha rigirato la domanda: io gli ho risposto ‘certo che lo farei, nonostante tutto. Probabilmente, non fosse stato per te, lo avrei fatto anche un sacco di tempo fa.’” Fa un pausa, scuote la testa “Ho ripetuto la domanda, a quel punto, e lui non mi ha risposto. Ovviamente non aveva più scuse per non farlo, e io non ci ho visto più: gli ho sbattuto il telefono in faccia e sono tornato in cucina, ho dato la scatolina con l’anello a mia sorella e gli ho chiesto di riportargliela indietro.”

I due si fermano quando vedono un muretto basso su cui sedersi, e si rilassano per qualche secondo ai primi freddi raggi del sole. Harry ha fame, adesso, e voglia di fumare. Pensa al fatto che, prima o poi, dovrà tornare davvero in hotel ed affrontare le strigliate di Paul, le occhiate ansiose di Liam e l’imbarazzo di Niall. Pensa allo sguardo freddo di Louis, a quello che non gli dirà a parole e al fatto che probabilmente Zayn gli darà uno schiaffo, quando lo vedrà. Per un istante pensa anche che, alla fine, lo schiaffone se lo meriterebbe tutto.  

“E così sei arrivato in Italia.” Riprende Sole dopo un po’. Adesso che Harry la vede meglio, riesce a scorgere le sopracciglia troppo scure per giustificare i capelli chiarissimi, nota gli occhi azzurri e il trucco che un po’ è sbavato, ma le dona. Nota i denti bianchi e il sorriso luminoso, le mani piccolissime con le unghie mangiucchiate la gambe sottili e non molto lunghe. Pensa che sia adorabile e le sorride, perché vorrebbe dirle grazie per averlo ascoltato senza giudicare e avergli tenuto compagnia senza forzarlo a dire nulla che non volesse. Vorrebbe; ma non ne ha il coraggio, quindi si limita ad annuire: “È sempre la stessa storia. Andiamo in un posto, suoniamo, facciamo tutti gli amiconi, poi il sipario cala e tutto torna come prima.”

Sole rimane in silenzio; nonostante tutto ormai un po’ ha imparato a capirlo, quindi sa che sta per aggiungere qualcosa senza che lei glielo domandi; “È successo che prima del concerto di oggi abbiamo fatto un’intervista. Ci hanno chiesto dei Larry Stylinson.”

“Possono farlo?” è l’unica cosa che chiede Sole, guardando in alto verso il cielo che lentamente continua a schiarirsi.

“Teoricamente no, ma quello l’ha fatto. Coglione.”

La ragazza prende le ultime due sigarette dal pacchetto, ne accende una e passa l’accendino ad Harry, che la imita. “Cos’è successo, poi?”

Harry trattiene il fumo in gola, lo fa uscire a piccoli anelli dalla bocca. “Che io, mentre lui rideva, ho sperato che avrebbe detto davvero ‘sì, io e Harry stiamo insieme.’ Quando, ovviamente, non l’ha fatto per l’ennesima volta, ci sono rimasto così male…

Sole scuote la testa, interrompendolo, “Avevi creduto che ti fosse passata, non è vero?” Harry non risponde, non la guarda nemmeno, così lei si sente libera di continuare “Pensavi che andando vivere in un’altra casa e smettendo di parlare con lui o di dormire con lui… credevi sarebbe stato sufficiente.”

Harry sbuffa, “Non lo era, evidentemente.”

“Certo che anche tu, però, sei un coglione.” Commenta la ragazza, borbottando poi in italiano qualcosa come “Allora è vero che Dio li fa e poi li accoppia” che Harry non capisce e nemmeno ci tiene a farlo.

“Abbiamo litigato di nuovo. In camera, prima del concerto. Ci siamo detti un sacco di cose orribili, ce ne siamo rinfacciate anche di peggiori. Gli ho detto che è un debole e che non si merita tutto quello che gli ho dato in questi anni. Gli ho detto che lo odio per avermi usato in questo modo, quando è palese che per lui non è stato altro che un gioco per tutto il tempo. Gli ho detto che avrei lasciato il gruppo pur di non vederlo, perché non riesco più a sopportare la sola idea di averlo nella mia stessa stanza.”

Sole lo ascolta in silenzio, poi gli poggia una manina piccola sul braccio – Harry vede le nocche arrossate di chi ha sempre le mani bagnate –; “Credevi sul serio a quello che dicevi?”

“In quel momento” si ritrova ad ammettere Harry, sovrappensiero “sì, ad ogni singola parola. Volevo solo fargli del male come lui me ne aveva fatto per tanto tempo.”

“Lui non ha mai voluto farti del male intenzionalmente.”

Harry scuote la testa, come un bambino. “E tu cosa ne sai?”

“Io? Niente. Lo credo da quello che tu mi hai detto.” Sole sorride, come si fa ad un bambino, e sospira “Vuoi sapere quello che ho capito dalla lunghissima e tristissima storia che mi hai raccontato?”

“Avanti.”

“Ci sono due persone, in tutto questo, che hanno messo te davanti a qualsiasi cosa. Tu stesso e Louis.”

Harry ride istericamente, come se lei avesse appena fatto una battuta particolarmente divertente; “Ti prego…

“No, ascoltami.” Lo interrompe la ragazza, finalmente seria. Si mette a gambe incrociate sul muretto così da poter vedere Harry, a cavalcioni sul parapetto “Quando eravate ancora ad X Factor lui ha sempre fatto in modo che tu non ti sentissi a disagio nella vostra storia. Eri piccolo, lo hai detto tu stesso, e confuso. Non ti ha mai forzato, è andato contro tutto quello che lui era, oltre le sue paure, perché tu potessi sentirti al sicuro. Quando mi hai raccontato dei vostri manager,” fa una pausa, si passa una mano tra i capelli chiari “credevi sul serio che lui fosse d’accordo con tutta questa storia? Non lo conosco, ok, ma pensaci un attimo: avevate passato la parte difficile, stavate insieme e tutto il resto. Tu hai pensato, come qualsiasi adolescente col primo fidanzatino, solo alla relazione tra di voi; lui, invece, si è preso carico di tutte le preoccupazioni, ha usato il pugno duro persino con te. Forse lo sapeva che ti saresti pentito di mandare tutto a puttane, se non aveste raggiunto quell’accordo con i capi.”

Harry ascolta in silenzio, lo sguardo fisso sulle sue mani, mentre Sole continua “Perché avete deciso che dovesse essere lui ad avere una ragazza?”

“I manager ce lo avevano proposto un po’ di tempo dopo quel meeting con Marco,” si costringe, quasi, a rispondere Harry “Io avevo detto che non ce l’avrei mai fatta, Louis non aveva parlato per tutto il tempo. Alla fine chiese soltanto cosa sarebbe successo senza fidanzata. Risposero che probabilmente avremmo dovuto affittare un’altra casa. Lui si strinse nelle spalle e disse che avrebbe risolto tutto.”

Sole nemmeno commenta, questa volta. Probabilmente nemmeno psicologia doveva essere così fuori dalla sua portata, si ritrova a pensare con un sorriso. Però annuisce solo e lo costringe ad alzare lo sguardo: “Quand’è stata la prima volta che lui è stato costretto ad andare in vacanza con Eleanor?”

Harry deglutisce, la mascella serrata, “Eravamo appena tornati dalla Francia. Non ci ero mai stato, e lui aveva organizzato una cosa bellissima con volo, hotel, cenetta e tutte quelle romanticherie che se hai diciassette anni ti fanno sorridere e sciogliere. Non eravamo conosciuti fuori dall’Inghilterra, all’epoca – almeno, non come lo siamo adesso – e avevamo pensato che avremmo potuto allentare un po’ la corda. Scendemmo dall’aereo tenendoci per mano e non facemmo nulla per nasconderci durante tutta la vacanza. Una ragazza ci vide.”

“E il managment ha preso provvedimenti.” Harry annuisce, Sole si passa una mano sul volto stanco “Ed è sempre così?”

“Così fai apparire Louis come un martire.”

Sole scuote la testa ridendo per il tono stizzito del ragazzo, “Louis ha creduto, probabilmente, che le cose potessero andare avanti in questo modo per sempre.”

“Hai ragione, Sole,” decide d’un tratto Harry, la voce roca e strascicata mentre cerca di trattenere uno sbadiglio “Mi ha protetto, sono stato uno stupido perché non l’ho mai capito. Ma adesso? Abbiamo tutto quello che possiamo avere, io per primo mi sento stretto in questa realtà. Che scusa ha?”

“Ha ancora paura.”

“E di cosa?”

Sole si stringe nelle spalle, “Questo non lo so, Harry. Gliel’hai mai chiesto, invece di accusarlo soltanto?”

Harry sospira e con un salto scende dal muretto, si sistema i jeans; “Devo tornare in hotel.”

Sole non commenta, lo imita soltanto e guarda l’orologio, “E io ho lezione tra due ore.”

Camminano fianco a fianco in una Milano illuminata fiocamente dal sole coperto di nebbia, le braccia che si sfiorano e senza guardarsi; “Ti devo un pacchetto di sigarette.”

“Me lo renderai senz’altro, prima o poi.”

Harry annuisce, tira fuori il cellulare, “Voglio che tu sappia che se mai ti troverai a Londra, avrai sempre un amico.” Dice in imbarazzo, lo sguardo fisso sullo schermo.

Sole ride perché lui gli ha appena raccontato la storia della sua vita e adesso si imbarazza come un ragazzino a dirgli arrivederci. “E poi,” aggiunge il ragazzo “ora tocca a te, raccontarmi la tua storia.”

La ragazza si stringe nelle spalle, prende il telefono e lo passa ad Harry, così che possa memorizzare il suo numero, “E tu devi farmi sapere il finale di questa soap opera.”

Harry sorride, “Non so bene cosa fare, veramente.” Ammette passandole il telefono dopo essersi inviato un sms.

“Per una volta,” lo istruisce semplicemente Sole “Prova a fare quello che fa sempre lui: mettilo al di sopra di tutto, soprattutto di te stesso.”

Non ci sono molte chiacchiere, poi. I due raggiungono un vecchio edificio non molto distante dal locale, Sole riesce – non è dato sapere come – a tirare fuori da quella sua enorme borsa un mazzo di chiavi e la felpa grigia del ragazzo, che gli porge con un sorriso.

“E’ stato bello parlare con te.” Rompe il silenzio Harry, le braccia muscolose, coperte dal tessuto della felpa, strette intorno al petto.

“Non fare il sentimentalista con me, Harry.” Lo rimbecca, divertita, Sole “Piuttosto torna in hotel e fai pace col tuo ragazzo.”

Harry sorride solo, si allontana dal portoncino e saluta la ragazza con un braccio, incamminandosi verso il locale. Manda un sms a Zayn seduto contro il muro della discoteca chiusa, perché lo venga a prendere; poi, semplicemente, si addormenta.

 

Zayn lo trova col cappuccio sulla testa, una gamba piegata e l’altra stesa senza grazia sul marciapiede, le braccia incrociate al petto, due bambine col grembiulino blu che lo indicano ridacchiando, e la mamma che le tira via.

“Che cazzo hai combinato?” Zayn pungola il compagno di band con una scarpa, e Harry apre un occhio lucido, scocciato.

“Merda.”

Zayn sorride divertito mentre cerca il pacchetto di Marlboro Red e se ne infila una tra le labbra senza grazia, “giorno anche a te, raggio di sole.”

Vaffanculo.”

Zayn non si scompone: senza troppi complimenti prende la felpa di Harry in un pugno e lo mette in piedi quasi di peso, “È arrabbiato.”

Harry non risponde, gli prende la sigaretta dalle labbra e fa un tiro soddisfatto, poi si tira giù il cappuccio e si passa una mano tra i capelli scombinandoli – è possibile? – ancora di più. La macchina in cui si infila Zayn è nera, lucida e per niente comoda; Harry vorrebbe dormire ma sa già che non ci riuscirà.

“Allora, ti sei goduto la magia di Milano?”

Harry nemmeno lo guarda, “Milano fa schifo.”

“Bene.” Zayn non è un tipo che forza le conversazioni, quindi annuisce soltanto e continua a fumare col finestrino abbassato – la cresta non si muove nemmeno per sbaglio. Andiamo, sono le otto meno venti del mattino! –.

“Quanto arrabbiato?” è l’unica cosa che riesce a chiedere, dopo qualche minuto, Harry.

“Ha praticamente distrutto la sua camera e ha dato un pugno a Liam.”

Harry soffoca una risata, “Scommetto che se lo meritava.”

Zayn lo imita, mentre borbotta un “Probabile, ma è stato rude.” a cui nessuno dei due crede nemmeno un po’.

“Abbiamo dovuto mettere in mezzo persino Eleanor.”

Harry sbuffa ma non risponde.

Niall ha rischiato il linciaggio da parte di Louis, Paul le coronarie per colpa di Liam. Immagina che serata abbiamo passato.”

Harry chiude gli occhi, provando ad assopirsi. Lui è arrabbiato, e nonostante tutto, un po’ ne è soddisfatto. Lui, quella notte, gli ha pensato. Non è tutto finito, allora.

Eleanor dov’è?”

Zayn si stringe nelle spalle, anche se Harry non può vederlo, “Ancora in hotel, da quanto ne so. Ha impedito che facesse ancora più danni.” Il ragazzo si accende un’altra sigaretta, abbassa il finestrino per far uscire il fumo, poi aggiunge “Prima o dopo il concerto?”

Ad Harry non piace quando gli vengono rivolte troppe domande, tuttavia borbotta un “Poco prima.” nemmeno troppo convinto. In effetti, si ritrova a pensare, quella era solo stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

“Capisco.”

Harry sbuffa, “Non capisci un cazzo.” lo contraddice, e Zayn non si permette a replicare fino a quando l’altro non apre bocca di nuovo, sussurrando solo “Scusa.”

Zayn scuote il capo, fa un tiro e gli passa la sigaretta quasi a metà; “Credo che sia finita davvero.” Sospira alla fine Harry. Zayn non risponde, sa che non ce n’è bisogno.

“Ho conosciuto una ragazza italiana, si chiama Sole.” Sussurra dopo qualche istante, infatti, Harry, che poi aggiunge un “Le devo un pacchetto di sigarette.” abbastanza divertito.

“Che sigarette fumano, qui?”

Harry si stringe nelle spalle, “Sigarette di merda.”

“Ovviamente.”

“Mi ha detto un sacco di cose. E io ne ho dette un sacco a lei.

“Cosa tipo?”

Harry fa un altro tiro, fin quasi ad arrivare al filtro, “Gli ho raccontato di me e Louis.” Ammette alla fine.

“Sei un coglione, Harry.”

“Lo so.”

Zayn sorride, perché solo Harry potrebbe essere così mortalmente serio con quella voce strascicata mentre si insulta da solo; “E lei ti ha detto un sacco di cose circa questo argomento?”

“Sì.”

“E cosa?”

Harry si stringe nelle spalle, perché non potrebbe riassumere in una frase tutto quello che è successo in quella notte, ma allo stesso tempo non sprecherebbe tempo per raccontare tutto per filo e per segno; così alla fine risponde solo “Mi ha fatto notare che sono un coglione.”

“E dovevamo arrivare fino a Milano per fartelo capire? A saperlo ti ci avremmo portato anni fa.” È l’ultimo commento, dopo un attimo di riflessione, di Zayn.

Harry gli lancia un’occhiataccia, ma non risponde. Il viaggio prosegue in silenzio fino a quando l’auto non parcheggia davanti all’insegna dell’hotel nel quale alloggiano. Ci sono fan ovunque, e Harry ha voglia di tornare al marciapiede della discoteca: almeno lì nessuno gli rompeva le palle.

“Cosa gli dirai?” Zayn gli impedisce di aprire la portiera con uno sguardo, Harry si stringe nelle spalle mentre si alza il cappuccio della felpa sui capelli.

“Assolutamente niente?”

Zayn sbuffa, “Almeno vai ad avvisarlo che sei tornato.”

“Perché?”

“Perché così anche lui può dirti che sei un coglione.” Risponde soltanto l’altro, aprendo poi la portiera. Le urla delle fan – con cui si potrebbe tranquillamente confezionare un’arma di distruzione di massa – non da ad Harry la possibilità di rispondergli o - e questo gli avrebbe dato ancora più soddisfazione - mandarlo a quel paese. Chiude la portiera con lo sguardo basso, controlla che il cappuccio sia ben sistemato e infila le mani nelle tasche, rivolgendo solo un saluto alle mille ragazze – e qualche ragazzo? Sul serio? – che sono lì davanti. Zayn rimane fuori a firmare autografi, e di questo non può che esserne felice.

La hall è un turbinio di gente che va e viene, addetti in divisa che trasportano valige o accompagnano ospiti, persone in ventiquattr'ore o borse da tremila sterline che si intrattengono a chiacchierare nei salottini subito dopo colazione. Harry odia i posti del genere. Un uomo in divisa gi si avvicina sospirando di sollievo, gli lancia un’occhiata preoccupata come se si aspettasse di vedere morsi o tagli sul suo corpo; Harry alza gli occhi al cielo.

Signor Styles, finalmente! Sono ore che tutti la cercano.”

Harry non risponde, toglie la felpa con un gesto secco e gliela lascia senza troppi riguardi, “Quella va in camera mia. Dove sono i miei colleghi?”

“Non sono ancora scesi per colazione, signore. Lei vuole già andare al tavolo, invece?”

Harry vorrebbe rispondere che no, puzza e ha bisogno di fare una doccia prima e sicuramente non ha intenzione di incontrare così presto gli occhi apprensivi di Liam o quelli divertiti di Niall; ma quando Eleanor Calder esce dall’ascensore con un jeans nero stretto e il portasigarette d’argento tra le mani, cambia idea.

Eleanor Calder.” La saluta con un cenno del capo, ignorando l’uomo che freme ancora al suo fianco.

Quella gli si avvicina infilando ciò che aveva tra le mani nella borsa griffata che porta al braccio, “Harry.”

“Ti unisci a me per colazione?”

Lei sorride, afferra il braccio che le viene porto e si lascia accompagnare nella saletta vuota. L’uomo li segue a due passi di distanza, e fa un cenno a due camerieri di cominciare il servizio.

“Sei un coglione.” Sono le prime parole che lei gli rivolge, un sorriso dolcissimo sulle labbra.

Harry si passa una mano tra i capelli, “Mi è stato detto così tante volte, nelle ultime ore, che ho cominciato a prenderlo come un complimento.”

“Sappi che non è un complimento, allora. Affatto.” Eleanor ignora qualsiasi cibo solido presente sul tavolo e prende l’acqua bollente per il tè; Harry afferra uno di quei dolci che gli italiani chiamano cornetto e ne strappa un pezzo con le dita.

“Dov’è?” chiede, dopo qualche secondo. Un cameriere poggia sul tavolo due tazzine di caffè e si allontana in silenzio; Harry apre una bustina di zucchero di canna e ve ne lascia cadere un po’.

“Dovrebbe scendere a momenti. Dove sei stato tu, invece?”

“Non è importante.”

Eleanor annuisce, “Penso sia così. Avete un’intervista, oggi.”

“Lo so.”

“Non vorrai presentarti in queste condizioni, mi auguro.”

Harry sorride, ma smette prima che anche gli occhi si illuminino, “Perché, la puzza non rende l’uomo più virile?”

“No, lo rende solo più disgustoso.” Eleanor fa una smorfia che chiunque, persino Harry, non potrebbe che ritenere adorabile e prende la bustina di dolcificante dal piattino al centro del tavolo. Mescola il suo espresso in silenzio, ne prende un sorso ad occhi chiusi.

“Sai,” ricomincia poco dopo “credo che tutta questa storia sia una grandissima cazzata.”

Harry prende l’ultimo sorso del suo caffè e stacca un altro pezzetto del dolce, se lo rigira tra le dita come a volerlo analizzare. Eleanor continua, "Voglio dire: vi amate da morire, siete destinati a stare insieme e tutte quelle puttanate lì. Che senso ha litigare ogni santa volta? Io mi sentirei ridicola e basta.”

“A volte non dipende tutto dai sentimenti.”

“Ah, ti prego.” Eleanor sbuffa, accavalla le gambe sottilissime sotto al tavolo “non mi sparare queste cazzate da romanzo rosa da tre centesimi, mi sento offesa.”

“Sono serio.”

“Anche io lo sono.”

Eleanor scuote la testa, prende la borsa e cerca il portasigarette; Harry poggia la guancia sulla mano, “Mi hanno detto che lui mi mette sempre al primo posto.” Dice in un sussurro, come se fosse una riflessione personale.

La ragazza scuote la testa, si alza e gli sorride avvicinandosi, “Ha detto che avrebbe fatto qualsiasi cosa, purché tu tornassi. Ha detto a Paul che avrebbe lasciato anche il gruppo, se glielo avessi chiesto.” gli sussurra solo, poi gli bacia la guancia ed esce dalla saletta. Harry chiude gli occhi. Che situazione di merda.

 

Louis indossa i pantaloni della tuta di felpa grigia, una maglia blu un po’ larga che nasconde la pancia piatta e curata, un berretto rosso scuro di lana grossa – che Harry sa essere suo – e i calzini neri ai piedi. Gli si ferma il cuore, perché, nonostante tutto, porca puttana quanto è bello.

“Sei qui.”

“Già” Harry risponde monocorde, lascia stare l’ultimo pezzo di cornetto nel piattino e si pulisce le mani su un tovagliolo color crema. Si alza in fretta; non vuole rimanere nella sua stessa stanza, non sapendo quanto hanno sbagliato entrambi e quanto è troppo tardi per tornare indietro. Louis non si muove, non fa nulla per impedirgli di uscire dalla stanza, ma alla fine lo segue a distanza di qualche passo. Ed Harry lo sa che lui è dietro, lo sa perché dipende così tanto da quegli occhi e quella bocca e quel profumo che non può fare a meno di non tremare quando lo sente. E Louis, stranamente silenzioso e con le braccia conserte, lo segue fino al cortile interno riservato ai soli ospiti. Rabbrividiscono un po’ entrambi quando sono fuori: a Milano fa ancora troppo freddo perché possano uscire senza maglione, ma a nessuno importa.

“Sei senza scarpe.” È l’unica cosa che dice Harry, mentre Louis prende una sigaretta dal pacchetto che ha tirato fuori dalla tasca, poi aggiunge “Me ne offri una?” nonostante quelle profumate alla menta che piacciono tanto all’altro gli diano il voltastomaco.

Louis ancora non parla, ed Harry non è abituato a stare con lui senza il chiacchiericcio divertito che lo caratterizza, senza che lui lo abbracci o anche solo gli sfiori un braccio con la punta delle dita. Louis le mani ce le ha sempre fredde quando è nervoso, perché lui l’agitazione la sfoga così ed Harry lo sa, e vorrebbe soltanto stringergliele per riscaldarle tra le sue.

“Sono stato in giro con una ragazza, stanotte.” Dice invece, un po’ per interrompere quel silenzio assordante e un po’ perché è impossibile non raccontargli ogni piccolo particolare della sua vita; “Si chiama Sole, lavora come cameriera in un locale in cui sono andato.”

Louis ancora non parla, Harry deglutisce, “Le ho raccontato di noi.”

“Ok.”

Harry annuisce, stranamente in imbarazzo, ma anche un po’ più tranquillo perché sa che Louis almeno lo sta ascoltando. Così continua: “Mi ha detto che, secondo lei, tutto quello che hai fatto è stato per farmi felice.”

Louis fa un tiro, si poggia al muro dietro di lui senza distogliere lo sguardo dal ragazzo più piccolo, “Ah, davvero?” chiede, beffardo.

“Mi ha fatto notare che… tu volevi proteggermi.”

Louis nasconde un sorriso amaro in una nuvola di fumo; “Cosa glielo avrebbe fatto capire?” si sta prendendo gioco di lui, e di questo Harry se ne rende pienamente conto, ma ormai è in ballo, quindi tanto vale giocarsela fino alla fine.

“Quando hai cominciato ad uscire con Eleanor, tutte le volte che parlavi al posto mio alle interviste, quando andavate in vacanza in qualche posto esotico… Sapevi che io non sarei stato capace di farcela.” Harry fa una pausa, sospira “Ho pensato che volessi allontanarci, ma hai fatto tutto sempre perché potessimo stare più vicini.”

Louis si stacca dal muro con un colpo di reni, da l’ultimo tiro alla sigaretta e la getta senza grazia in un’aiuola curata poco distante, sputa via l’ultima nuvola di fumo; “E questo doveva dirtelo una straniera a caso in una notte a Milano?”

“Probabilmente sì.” Harry lo guarda, per la prima volta senza imbarazzo “Non volevo capirlo, forse, perché tu hai sempre fatto in modo che fossi confuso…

“Io?” Louis lo interrompe, visibilmente infastidito “Credi sia facile, ogni giorno, fingere di stare con lei?”

Harry sbuffa, perché sono le stesse parole che si dicono ogni volta. È per questo che, seguendo lo stesso copione non scritto, risponde: “Sì, se no non riusciresti a farlo con tanta facilità!” E si odia mentre lo dice, perché in fondo sa che non è vero e che così sta distruggendo ancora di più l’uomo che ama.

“Sei solo un coglione, Harry! Io lo faccio solo perché sei tu a non essere pronto a questo! Cosa pensi che significherebbe questo?”

Harry scuote la testa, si passa una mano tra i capelli, “Come se non avessimo mai parlato degli effetti che avrebbe sulla band…

“No, Harry, non sulla band,” Louis lo interrompe per la seconda volta, gli si avvicina così pericolosamente che Harry, nonostante sia abituato ad averlo sempre addosso, sente il respiro mozzarsi “ma su di te. Come pensi potresti reagire a quello che la gente direbbe? A quello che si scatenerebbe? Io sono pronto, Harry, ma tu?”

Harry sbatte le ciglia, perché non è possibile che, dopo tutto quello che hanno passato, lui lo creda ancora così ingenuo; “Louis,” lo chiama per la prima volta, posandogli una mano sulla guancia con un solo filo di barba. Entrambi rabbrividiscono appena, “sarebbe dura. Sarebbe così dura che spesso penserei di non farcela. Potrei lasciare il gruppo, potrei volermi ritirare per sempre da questo mondo di merda. Saresti davvero stupido, però, a pensare che non potrei affrontare tutto questo per te. Penso,” fa una pausa, lascia cadere la mano lungo il fianco “che dopo tre anni non hai ancora capito quanto ti ami se credi davvero che non affronterei tutto questo inferno pur di poter stare con te.”

Harry va via di nuovo, come ha fatto già la sera prima e cento altre. Louis chiude gli occhi, li riapre e crolla seduto contro il muro del cortiletto. E’ Eleanor, dopo quasi mezz’ora, a trovarlo, il corpo scosso dai tremiti e il viso nascosto tra le braccia.

“Avete parlato.” deduce la ragazza “E hai capito di essere un imbecille.” aggiunge, senza il minimo tatto. Louis, che dopo due anni le vuole bene come a una sorella, si limita ad annuire, sollevandosi.

“Sai dov’è?”

Eleanor annuisce, ma non gli da la risposta; “Devi andare a farti una doccia, tesoro. C’è una macchina che viene a prendervi tra quindici minuti.”

Louis si spolvera i pantaloni della tuta, rientra tenendo un braccio intorno al vitino sottile della ragazza. È di nuovo lei a parlare, mentre aspettano l’ascensore.

“Sono contenta di averti conosciuto e anche di essere stata la tua ragazza.” dice solo, un mezzo sorriso sul volto piccolo e perfetto.

Louis la imita, non si guardano nemmeno in faccia ma non ce n’è bisogno; “Sei la mia migliore amica.”

Le porte dell’ascensore si aprono, Eleanor si sistema gli occhiali da sole tra i capelli scuri, gli stringe una mano con dolcezza, “Vai a riprenderti il tuo uomo.”

 

Harry odia quel posto quasi quanto odia Milano. L’intervistatore ride troppo e senza motivo, ha caldo, sonno, fame ed è nervoso. In più, ovunque si giri non nota che italiani.

“Com’è stato pubblicare il vostro secondo album?” Harry sbuffa ma fortunatamente nessuno lo nota. Non potrebbero, che ne so, prendere una registrazione di una quasiasi tra le altre quattrocento interviste in cui hanno risposto alla stessa identica domanda, così che lui possa andare a dormire? Stira le labbra in un sorriso e solo Louis, seduto a due posti da lui, riesce a capire quanto in realtà sia annoiato. Harry lo guarda anche, per un secondo, mentre è convinto che nessuno lo stia notando. Indossa una maglia nera e dei jeans colorati che odiano entrambi, retti da bretelle. Nonostante il trucco sul viso e l’improbabile outfit, però, non può fare a meno di pensare a quanto sia bello. Gli occhi azzurri sono nervosi, le mani bianchissime strette l’una all’altra non smettono per un secondo di muoversi, i denti torturano il labbro inferiore – comportamento che, Harry lo sa, ha preso da lui – e non riesce a stare fermo sulla poltroncina mentre Liam Payne, chili di fondotinta a nascondere il livido quasi nero sullo zigomo, risponde con lo stesso entusiasmo che riserverebbe alla notizia di una cura per il cancro.

Harry chiude e riapre gli occhi velocemente un paio di volte, cambia posizione allungando, stendendo e allungano di nuovo le gambe troppo lunghe per un diciannovenne, e si sistema i capelli con un gesto naturale; perché se Louis è nervoso anche lui, quasi per riflesso incondizionato, assume lo stesso umore.

A cosa stai pensando, amore?

L’intervistatore va avanti, gli chiede come trovi Milano e Harry risponde, in un sorriso “È di certo la mia città preferita.” che fa soffocare una risata a Zayn, accanto a lui. Harry guarda Louis di nuovo, e per sbaglio incrocia gli occhi con i suoi, azzurri e irrequieti.

Louis gli sorride, Harry distoglie lo sguardo. Non potrebbe reggerlo, sa che lui lo sta lasciando e non ha la forza di sopportarlo. Si era aspettato davvero, per un momento, che lui lo rincorresse e lo baciasse davanti a tutti. Coglione, per l’ennesima volta. Eppure ci aveva sperato così tanto: pensava che mettendosi a nudo avrebbe fatto capire all’uomo che amava quanto fosse importante per lui.

L’uomo che conduce l’intervista manda la pubblicità, i One Direction rimangono sulle poltroncine mentre due ragazze entrano in fretta nello stidio per sistemare il rimmel a Zayn e il ciuffo a Liam; Louis continua a guardarlo, Harry lo sa, ma nessuno osa alzarsi dalla sedia. È solo quando l’intervistatore rientra nello studio ed un tecnico mostra quattro, tre, due, un dito, che Harry smette di respirare, gli occhi lucidi. È finita davvero.

“Allora, quanti di voi sono fidanzati?” stessa domanda, stesso dolore. Zayn e Liam alzano la mano, Louis li imita dopo un secondo di smarrimento; ha un sorriso sincero sul volto. Harry vorrebbe morire lì in quel punto, e guai a chi lo va a raccogliere.

“Credo di dover precisare una cosa, però.” Louis interrompe l’ennesima domanda sul quanto sia difficile, per loro poveri adolescenti, stare lontani da mamma e papà per lunghi periodi, e tutti si voltano a guardarlo. Eleanor, dietro le quinte, sorride. Paul, accanto a lei, si sbatte una mano sulla fronte.

“Non sono mai stato innamorato prima, nella  mia vita, e credo che se non fosse stato per X Factor probabilmente non sarebbe mai successo. Non pensavo fosse possibile, perché avevo diciassette anni e una grandissima paura e una grande curiosità. Siamo cresciuti insieme, non ci siamo fatti mettere sotto da nessuno anche quando tutti credevano che fosse sbagliato, che fosse di troppo. Che il nostro amore fosse di troppo.” Louis si interrompe, Harry nota che sta ancora sorridendo e tuttavia non può impedirsi di fare lo stesso perché lui odia Milano ma, ehi, il suo ragazzo sta facendo la dichiarazione più bella della sua vita e il cuore gli batte così forte che gli fa male. Il pubblico è in silenzio, Eleanor ha le braccia incrociate e un’aria palesemente soddisfatta sul volto, gli altri membri dei One Direction sono sorpresi, ma sorridono lievemente perché alla fine sono contenti che tutto questo stia finendo.

“Mi sono innamorato di Harry Styles quando non sapevo nemmeno cosa significasse essere innamorati di qualcunoOgni mattina mi sveglio e penso a quanto sia fortunato, e quanto vorrei poterlo urlare e condividere la mia gioia con tutto il mondo. Sono pazzo, probabilmente, ma non riesco a non pensare in ogni momento a quanto sia fortunato ad averlo accanto, e non voglio che il mondo si metta tra noi.

Lo studio rimane in silenzio, l’intervistatore guarda Louis ed Harry come se stesse assistendo ad un’interessantissima partita di tennis. Alla fine si schiarisce la voce, si rivolge al più piccolo, “E tu, Harry?”

“Probabilmente sono più pazzo di lui,” Harry ha lo sguardo basso, gli occhi che brillano. Quando li alza per guardare Louis, sta sorridendo; “perché lo amo e non ho nessuna intenzione di permettere al mondo di mettersi tra noi.”

 

Mentre si accende la seconda sigaretta della serata, Harry Styles pensa distrattamente ai polmoni e a tutte le puttanate che si sentono in tv. Louis Tomlinson, al suo fianco, sospira e ridacchia quando il suo fidanzato lo mette a parte della profonda riflessione.

“Dovremmo smettere sul serio.”

Harry annuisce, serio, ma continua a fumare senza problemi; “Magari da domani.”

“Magari, sì..”

I due si tengono per mano mentre passeggiano per le strade troppo accaldate di Milano; è Luglio, e ormai sono davvero in pochi ad essere rimasti in città. Harry avvista il locale e lo indica all’altro con un dito; una fedina di fidanzamento luccica contro la luce del sole. Un cartello dice che il locale aprirà alle ventitré, ma all'interno un persistente rumore di bicchieri e sedie che vengono spostate fa sorridere il ragazzo, che apre la porta cigolante.

“Tu entri?” chiede al suo fidanzato, con un sorriso. Louis scuote la testa, gli si avvicina per posargli un bacio sulle labbra piene e costantemente screpolate.

“Ti aspetto qui. Non metterci troppo.” E un altro bacio, solo per il gusto di sentire il suo sapore mischiato al tabacco.

Il locale è buio, c’è musica soft che proviene da una cassa tenuta al minimo in un angolo, alcuni ragazzi che sistemano la sala per la serata. Harry la individua subito, dietro il bancone mentre sistema le bottiglie con i tappi giusti per preparare i drink. Ha i capelli tenuti in alto da uno chignon senza grazia, il ragazzo nota che li ha tinti di viola e che non le stanno male. Gli occhi azzurri sono contornati da uno spesso strato di matita nera, indossa una camicetta di jeans con le maniche arrotolate fino ai gomiti.

“Ti donano, i capelli.”

Sole alza lo sguardo spaventata, poi sorride e prende un’altra bottiglia, “Già, be’… volevo cambiare.” borbotta mentre la pulisce e la posa accanto alle altre.

Harry si siede su uno degli sgabelli alti, posa i gomiti sul tavolo, “È passato un anno dall’ultima volta che sono stato qui.”

“Cosa ne pensi, adesso, di Milano?” Sole prende un bicchiere e ci versa della coca cola, aggiunge un pezzetto di limone e lo porge al ragazzo.

“E’ sempre la solita città di merda.”

Sole ridacchia, incrocia a sua volta le braccia sul balcone, “Non sei per niente romantico, Harry. Pensavo che con tutta la storia della dichiarazione avessi cambiato idea.” Lo prende in giro, bonariamente.

Harry arrossisce un po’, ma non risponde. Infila una mano nella tasca dei pantaloni neri e ne estrae un pacchetto di Merit da dieci, che poggia sul banco. Sole scoppia a ridere.

“Ora siamo pari.”

“Davvero, Harry?” ma non gli da il tempo di rispondere, perché aggiunge “Pensavo di avere l’opportunità di conoscere il tuo ragazzo.”

“E’ qui fuori, mi sta aspettando,” Harry sorride “E adesso siamo fidanzati.”

Sole sgrana gli occhioni azzurri, “Davvero? Congratulazioni!”

Harry si passa una mano sul berretto di lana grossa che indossa, annuisce, “Non sono venuto qui solo per le sigarette.”

“Sono contenta di sapere che non hai fatto un volo di due ore solo per un pacchetto da dieci.” Lo prende in giro lei.

“Volevo dirti solo… grazie. Perché non mi hai lasciato solo in uno schifo di città, perché mi hai fatto mangiare, hai diviso con me le tue Merit e mi hai ascoltato per tutta la notte.”

Sole sorride, “Non c’è di che, Harry.”

“Cosa farai, adesso?”

“Finisco di pulire questo posto, magari dopo il turno raccolgo qualche ragazzo in crisi amorosa per consolarlo, cose così…

Harry ride, la porta del locale si apre nuovamente e Louis entra; “No, intendo… rimani a Milano?”

“E dove, se no?”

Louis si avvicina ad Harry, gli posa un bacio sulla spalla mentre lo abbraccia a sorride alla ragazza, “Potresti venire a Londra, qualche volta.” le sta intanto proponendo il ragazzo.

“A Londra?”

Louis parla per la prima volta, le braccia avvolte intorno alla vita del suo ragazzo, “Vogliamo solo che tu sappia che apprezziamo davvero quello che hai fatto per noi… be’, per Harry, ma alla fine anche per me. Vorremmo davvero che venissi a trovarci, qualche volta.”

Sole ride, “Potremmo definirlo un dejavù?” chiede ridendo ad Harry, che scuote la testa imitandola.

“Amore, è arrivata la macchina.” Sussurra intanto Louis ad Harry, che si alza dallo sgabello. Sole li raggiunge dall’altra parte del bancone, sembra ancora più piccola con le scarpe basse e i pantaloncini. I due si abbracciano per qualche secondo, Harry potrebbe avvolgerla senza problemi due volte.

“Torna a trovarmi presto, Harry.”

Quello annuisce, prende la mano di Louis, “O vieni tu.”

Sole annuisce, sorride, “È stato un piacere, Louis. Trattalo bene, fa il duro ma è sotto sotto è solo bambino.”

 

“Lo so.” Risponde il ragazzo mentre, contemporaneamente, Harry gli da un pugno sul braccio borbottando un “Ehy!” divertito.

I due escono dal locale sorridendo, e si tengono ancora per mano.

 


***

   
 
Leggi le 23 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: nevaeh