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Autore: Peppers    22/04/2013    1 recensioni
I loro nomi sono noti a tutti.
Da Goffredo di Monmouth a Thomas Malory, i bardi nei secoli hanno fatto a gara nel cantare le loro imprese, immortalandoli nelle loro scintillanti e nobili armature. Chi erano in realtà i Cavalieri della Tavola Rotonda? Qual è la verità oltre la Leggenda? Un viaggio alla radice del mito, in una Britannia insanguinata dal conflitto fra Romani e Celti.
Lasciatevi arruolare anche voi fra le fila di Myridin, il vecchio druido che il tempo chiamerà Merlino.
Lasciatevi guidare fra le colline delle Highlands, alla scoperta del piccolo villaggio di Din Eidyn.
Arthur, Gwinevere, Lancelot, Morgane, Tristan, Owain, Gawain, Sagramore e Kay.
La storia che nessuno vi ha mai raccontato: Presunzione e Orgoglio, Amore e Follia, Errori e Incomprensioni.
... Perché anche gli eroi, un tempo, sono stati uomini.
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MONTONE, LUPI ... E ROMANI
 

 
Correva a perdifiato.
Il bastone abbandonato dietro di sé, i piedi sporchi che ansimavano fra le pietre del sentiero che si inerpicava fino al villaggio, le gocce di sudore che brillavano nel fulgido sole di marzo.
Correva stringendo i denti, aizzato dal belare scomposto del proprio gregge abbandonato alle deriva. Fu il rapido disperdersi di quei manti lanosi, come il brulicare dell’oceano in tempesta, ad attirare l’attenzione degli abitanti di Din Eidyn. Poi fu scorta la faccia allarmata del ragazzo.
Un auspicio di sventura, di cui tutti avrebbero fatto a meno.
“Stanno arrivando!” gridò con l’ultimo filo di fiato, senza badare alle ceste che rovesciava dietro di sé.
“Stanno arrivando!” ripeté, fendendo la folla divisa fra l’accalcarsi nel cortile e lo sprangare le porte della casupole.
Proprio alle porte del palazzo, una mano callosa lo afferrò, sollevandolo per l’orlo della tunica madida di sudore.
“Quanta fretta, ragazzo” masticò Owain, scrutando con una calma misurata il pallido viso del pastore.
“Devo avvertire il druido!”
Il vecchio soldato soffocò una risata, battendosi il petto per mandar giù l’ultimo boccone del montone da cui quel baccano lo stava distraendo.
“Hai una lunga lista di persone da avvertire prima, lo sai che Myridin è sempre così impegnato”
“Lasciami stare!” gridava il ragazzo, storcendo il naso di fronte a quell’alito che puzzava di birra. “Presto saranno qui”
“Chi sarà qui?”
“I romani!”
Le rughe che solcavano il viso spigoloso del guerriero si distesero, lasciando che un sorriso dirompesse al di sotto dei baffi biondi inanellati.
“Dove sono?”
“A ovest! Ho visto con i miei occhi una colonna di fumo levarsi al passo di Cuchulain”
“Il passo di Cuchulain” ripeté Owain, ergendosi fino ad inghiottire il piccolo pastore nell’ombra del proprio manto di pelle d’orso. Non v’erano dubbi, quella via che collegava l’Impero alla Britannia Celtica era calcata solo dai romani. La faccenda era interessante, persino più della coscia di montone che abbandonò ai cani.
Entrò nel palazzo senza curarsi dei visi preoccupati che si lasciò alle spalle.
Romani.
Sapeva ciò che andava fatto.
“Arthur!” vociò, mutando l’ultima lettera in un roco colpo di tosse.
Sulle labbra dei servi, l’eco del richiamo corse rapido fra le mura di pietra. Meno di un minuto, e già lo vedeva calcare il corridoio. Passo fiero, sguardo corrucciato, le ciocche color della neve a sfidare gli sbuffi di vento. Gli era sempre piaciuto quel ragazzo. Sarebbe stato un ottimo soldato.
Se solo Din Eydin avesse avuto un vero esercito.
Invece si doveva accontentare di una manciata di giovinastri che il vecchio druido aveva raccattato qua e là per la Britannia. Owain aveva cercato di insegnare loro a dar di spada, a tirare con l’arco e usare dignitosamente una lancia.
Doveva ammetterlo, nonostante il caratteraccio e quella testa fin troppo cocciuta, Arthur era il migliore.
“Spero questa volta non debba riacciuffare Gawain” esordì il ragazzo, con un’espressione di stizza. “L’ultima volta si è arrampicato fin sulla torre diroccata”
“Rilassati” sorrise Owain, dandogli una vigorosa pacca sulla spalla. “Questa volta sarà divertente”
Arthur lo guardò con sospetto.
“Raccogliere del minerale di ferro per Alberth?”
“Hai preso un granchio” lo schernì, uscendo nuovamente nel cortile. “Stavolta sono Romani”
Il guerriero sgranò gli occhi, portando d’istinto la mano all’elsa.
“Romani?!”
Owain sorrise con soddisfazione. Gli anni gli avevano insegnato che quella parola aveva un effetto miracoloso, un trucco degno del vecchio Myridin.
“Te l’avevo detto che ti sarebbe piaciuto”.
“Ho proprio voglia di dare una lezione a quelle donnine”.
Se solo si allenasse con lo stesso ardore con cui sbeffeggia i simboli dell’Aquila, pensò Owain. Invece no, incidere oscene imprecazioni sugli scudi dei legionari era ben più divertente che prendersi bastonate nelle nocche imparando a tener alta la guardia.
Ovviamente.
E come se non bastasse, i suoi richiami gli davano anche fastidio, come se avesse tutto il diritto di dar aria a quella sua testa presuntuosa.
“Domarlo sarà una sfida più ardua che restituire la Britannia ai Celti” lo aveva avvertito Myridin. Con un sorriso sornione e un boccale di idromele, Owain aveva accettato la sfida del vecchio.
Unico risultato ottenuto: inseguire per tutto il villaggio quella testa calda, fra le risate sommesse dei passanti.
Poco male, poteva già considerarsi una forma di allenamento.
“Andiamo, cos’altro stiamo aspettando?”
Arthur tornò ad incalzarlo, impaziente di riportare al villaggio qualche cimelio dei nemici.
“Stavolta potrebbe non essere una rissa coi soliti esploratori spintisi oltre il Vallo” lo ammonì il veterano
“Meglio, così ce ne saranno abbastanza per entrambi”
“Abbastanza per entrambi?” scimmiottò Owain, imitando il tino iroso di Arthur. “L’ultima volta ti ho dovuto tirare fuori dai guai”
“È stato solo un caso” gli intimò il ragazzo, avvicinandosi al recinto dei lupi. “Non potevo sapere che quegli uomini erano solo l’avanguardia”
Alcuni guaiti salutarono l’arrivo dei guerrieri.
“Esploratori, Arthur. Se ogni tanto ti fermassi anche ad ascoltarmi, sapresti che aprono la via al resto della loro armata”
Mise la mano fra le sbarre, lisciando il pelo ad uno degli animali.
“Non mi interessa sapere come è composta la loro armata”
“Conosci il tuo nemico, mi ripeteva sempre il mio maestro”
Un sospiro accompagnò il languire su ricordi vecchi quanto le rughe che scivolavano pigre sulla sua fronte.
“Che fine ha fatto il tuo maestro, Owain?” lo rimbeccò Arthur, mettendosi a cavalcioni sulla staccionata entro cui dozzine di lupi grattavano il fango, contendendosi qualche avanzo delle cucine.
“L’affondo di una spada se l’è portato via”
“Visto? Questo è il frutto dei suoi consigli”
Owain rise, grattandosi la chioma bionda scarmigliata. Colto in fallo: altro punto per il bastardo.
“Ha lottato fino alla fine come un leone. Con una mano si reggeva le budella, con l’altra invitava i romani a farsi sotto”
“Impressionante”
Arthur inarcò un sopraciglio, mostrando tutto fuorché interesse per quella storia agghindata di eroici dettagli.
“D’accordo” ammise Owain “è morto sguazzando nel proprio sangue e piangendo come un bambino”
La sua voce roca si incupì, smorzandosi in un silenzio carico di rammarico.
L’orrore a cui era stato costretto ad assistere, quando era solo un ragazzaccio dell’età di Arthur, non aveva perso ancora il suo terribile smalto.
Il proprio villaggio era caduto e lui, come tanti altri, era stato costretto ad una diaspora arida di speranze. Vagando per la Britannia, privo ormai di una casa, era giunto a Din Eidyn. Era stato il druido Myridin a convincerlo nel rimanere in quel villaggio grande quanto uno sputo. Da allora aveva iniziato una nuova vita, senza rinunciare tuttavia a contare gli inverni passati da quel tragico evento che la sua memoria sembrava incapace a digerire.
“Chi altri verrà con noi?”
La voce irrequieta di Arthur tornò a punzecchiarlo.
“Nessuno. Meno siamo, meno tracce lasceremo”
Gli occhi azzurri del ragazzo lo  guardarono in tralice.
“Gwinevere ha detto che vorrebbe...”
“Andremo solo io te”. Il vecchio soldato stroncò ogni trattativa sull’argomento. “Bisogna viaggiare veloci”.
“Sei ottuso, Owain. Solo un vecchio ottuso e capace solo a bestemmiare”
“Ho sentito che le tue poesie sono l’invidia di Tristan, mio caro” assentì il veterano, orgoglioso di fronte a un complimento tanto meritato.
La bellezza di quel volto giovane, dai tratti nobili fu offuscato dall’alterigia.
Uno sbuffo. Unica risposta che Arthur era capace quando Owain non cedeva alle sue provocazioni.
“Se hai dato fondo alla tua presunzione, puoi andare a sellare i cavalli. E non dimenticare il mio scudo, Alberth avrà certamente finito di ripararlo”
“In tutto ciò, tu che hai da fare?”
“Devo informare Myridin della nostra partenza, e ovviamente devo prendere il cibo”
“Il cibo” mugolò Arthur, osservando Owain intento ad aprire il recinto dei lupi. “Perché non riesco più a sorprendermi?”
Gli animali non attesero nemmeno che la staccionata fosse del tutto aperta per precipitarsi fuori dalla loro abituale dimora. Ulularono in festa, saltando attorno a Owain, il gigante che aveva dato loro la libertà.
“Andate, prima che ci ripensi” ghignò il veterano, incitandoli con delle pacche sul dorso.
Non vi fu bisogno di ripetersi. Quasi avessero davvero capito le parole dell’uomo, i lupi si lanciarono giù per il pendio su cui sorgeva Din Eidyn. Si sparpaglieranno fra i boschi e troveranno le tracce dei Romani, rimuginò Owain. Ci daranno man forte contro i nemici, se ne staranno qualche giorno a godersi la libertà e poi torneranno da soli al villaggio. Rodato da anni, quel piano era pressoché infallibile.
Rimase a osservarli finché non divennero piccole macchie scure.
“Sai cosa mi dispiace, Arthur?”
“Cosa?”
“Che quel buon ragazzo che ci ha avvisato vedrà sparire qualcuna delle sue pecore”
Arthur sollevò il viso verso il compagno, distendendolo in un sorriso.
“Non è vero, non te ne importa nulla”
Owain si lisciò i baffi, limitandosi a guardare l’orizzonte con gli occhi grigi sprofondati nel suo viso segnato dal tempo.
Tosto, impetuoso e anche sagace.
Altro punto per il ragazzo.
   
 
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