Fanfic su artisti musicali > David Bowie
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Autore: Starmel_    22/04/2013    2 recensioni
Avete mai immaginato di tornare indietro nel tempo? Avete mai immaginato di finire dritti nell'epoca che tanto amate? Avete mai sognato di smettere di sognare e tramutare il sogno in realtà? Se vi riconoscete in una di queste domande, prendete posto, signori, signore, anziani, bambini, animali, entità trascendenti o qualsiasi essere siate, il viaggio sta per iniziare, allacciate le cinture, e abbandonate la ragione, che il viaggio abbia ora inizio.
Genere: Commedia, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Strangers in the crowd.


 

 

«Ophelia. Ophelia De Lacroix. Guardi che c’è una ics alla fine.»
A sussurrare era una ragazza dai corti capelli mogano. Ophelia quel giorno aveva deciso di ritirare la tanto attesa tessera della biblioteca. Leggere, nel suo vocabolario, era sinonimo di respirare.
E la maestosità e il gusto retrò dell’imponente biblioteca di Londra sulla quarantaseiesima a est di Notting Hill era certo perfetta per un topo da biblioteca come lei. Aveva quasi dimenticato però che, come accadeva la più parte delle volte, gli inglesi non riuscivano a scrivere il suo cognome.
Cos'è che ci trovano di complicato non lo capirò mai, pensò ponendo la copia di “Il viaggio che non t’aspettavi”, del promettente Ruphus Smith, nella sua piccola borsa di velluto. Londra quel tardo pomeriggio era decisamente cupa. Il cielo non ne voleva sapere di mostrarsi in tutto il suo splendore ai suoi abitanti. Se ne stava rintanato tra le nuvole, forse amava giocare con il sole. Ma alla giovane non dispiaceva, amava le nuvole e soprattutto la pioggia, che non tardò ad arrivare. Si riparò sotto la tettoia di un piccolo ristorante italiano. Sentiva vociare i clienti, nonostante non capisse una parola di quello che urlavano. Sospirò guardando l’orologio: erano le dieci passate e di Ivory nemmeno l’ombra.
Ivory Von Droste era la sua migliore amica sin da data preistorica. Avevano condiviso praticamente ogni passo della loro vita, da quando Ophelia era giunta nella metropoli, ovvero alla tenera età di nove anni.
Quest’ultima era una bambina piuttosto silenziosa, non amava la compagnia, e sembrava detestare il contatto con gli altri bambini, e in più era francese. Ma ciò non servi ad allontanare Ivory che, anzi, le si avvicinò sin dal primo giorno, curiosa e attratta dalla nuova arrivata che borbottava parole incomprensibili.
La loro fu amicizia istantanea, nonostante l’enorme differenza di carattere. Ivory amava conoscere nuova gente, anche se non adorava ricevere complimenti dalla moltitudine di ammiratori che aveva, poiché nessuno di loro l’attirasse davvero. Ophelia, al contrario, aveva sviluppato al massimo il suo lato da solitaria perennemente in lotta col mondo intero. Ma ciò sembrava attirare ed incuriosire parecchi loro coetanei, che, invano, tentavano d’avvicinarsi e di socializzare con la “strana” della scuola. Ivory amava far credere loro che Ophelia era interessata alle loro spietate avances. Prendere in giro quei poveri creduloni era tra i suoi passatempi preferiti. A volte amavano rifugiarsi tra le fitte selve de boschi, appollaiate sui rami degli alberi a contare quanti cuori al giorno avevano infranto. In fondo erano molto diverse. Forse troppo.
Ivory amava Dante, Wilde, Shakespeare, il giapponese e Tim Curry. Ophelia stravedeva per Rimbaud, Poe, Baudelaire, le popolazioni celtiche e Jack Nicholson. Passavano ore a dibattere su argomenti quali la letteratura, la psicologia, ma soprattutto la musica. Sì, proprio la musica sembrava essere ciò che legava profondamente le due giovani amiche. Ascoltavano di tutto, tutto ciò che era buona musica. Andavano letteralmente matte per parecchi gruppi inglesi appartenenti all'era del grande rock’n’roll britannico. Ma i loro idoli, o meglio ispirazioni perenni, erano due artisti che, forse, nel loro presente, non erano abbastanza elogiati quanto lo erano stati nel passato: David Bowie e Lou Reed. Ivory sosteneva da sempre d'essere la copia esatta del Duca Bianco, sapeva che le loro affinità erano più che semplici coincidenze. Ophelia si limitava ad amare e venerare l’ex stravagante e rivoluzionario cantante dei Velvet Underground, nonostante si meravigliasse d’aver parecchie cose in comune con quell’uomo distante anni luce dalla sua vita.
Ciò che entrambe sapevano per certo era che quella, l’era moderna dalla facile vita e dal facile raggiungimento del successo, non era la loro era, assolutamente. Si sentivano sempre nel posto e nel tempo sbagliato, erravano come esseri senza meta in un mondo che probabilmente non sapeva nemmeno della loro esistenza. Ma non sapevano che quel freddo pomeriggio di un piovoso Venerdì londinese avrebbe cambiato la loro vita, per sempre. O quasi.

«Sì, sono in ritardo, e sì, sei incazzata nera. Ma un sorrisino me lo fai lo stesso?».
Ivory aveva sempre avuto un modo di fare tutto particolare. Sapeva sempre come farsi perdonare, e nel trovare scuse era la migliore.
Ophelia roteò leggermente gli occhi, poggiando il gomito sinistro sulla spalla dell’amica.
«Il tuo ritardo mi ha fatto pensare a dieci invitanti modi per poterti uccidere, dovresti essere in ritardo ancor di più di quanto tu non sia già, è bello pensare in tua assenza.»
Ivory le diede una gomitata accennando una risata.
«Leggere Poe ti fa male, lo sai, vero?»
«Lo so, ma lo leggo per trovare nuovi modi di tortura, mi rende così felice».
Ivory rise, aveva sempre pensato che Ophelia fosse strana, ma ciò non sembrava turbarla, dato che di stranezze e comportamenti anormali ne era lei stessa portatrice.
«Merda, se solo smettesse di piovere!», sbraitò Iv agitando entrambe le mani al cielo.
«Guarda cos'ho trovato in biblioteca, Iv.», sussurrò Ophe pescando tra la decina di oggetti ammassati nella sua grande borsa il libro di quel quasi sconosciuto Ruphus Smith.
«Ti pare questo il momento di leggere?», disse Iv, con un leggero tono d’ironia che Ophe sembrò ignorare.
«E' la soluzione ai nostri problemi.»
«Che stai blaterando, Ophe?»
«Guarda, leggi qua.»,rispose Ophe, puntando il dito nella prima pagina del voluminoso testo.
«'Dedicato a tutti coloro che nella propria vita non hanno mai trov..»
«No, non lì. Salta quel pezzo, leggi qui.», esortò Ophe, scendendo giù di qualche riga, e indicando un nuovo paragrafo.
Iv le rivolse un’occhiata confusa, per poi tossire e iniziare a leggere.
«'Ho trovato il modo per esaudire i vostri desideri più nascosti, ho trovato il modo per rendervi felici, ho trovato il modo per sfidare la scienza, non mi credete? Leggete queste righe, ad alta voce, pronunciando queste parole, ma attente, sarà un viaggio dal quale non uscirete facilmente, sì, mi riferisco a voi, Ophelia Delacroix e Ivory Von Droste..». Ivory s’interruppe, fece per dire qualcosa, ma Ophe le fece segno di proseguire.
«'Sono queste le parole, le amerete, le odierete, chi può saperlo, basta che le pronunciate: Diem ex die facultatem sentiendi augeo et veneficium penìtus didìco'.»
Non ci fu nemmeno il tempo di respirare, nemmeno il tempo di pensare che, una luce abbagliante quanto l’esplosione di un gas nocivo, le travolse in una voragine improvvisa.

  
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