13. Somehow I have to make this final breakthru… NOW!
- 16
dicembre 1977 -
San Diego
Julia era in camera, ma si sentiva molto
nelle condizioni di una di quelle principesse delle fiabe segregate sulla cima
di una torre. Roger era nella hall con Courtney, i due stavano telefonando
dappertutto per capire come fare a sciogliere il loro contratto di matrimonio;
la cosa triste era che lei aveva la sensazione che al batterista non
dispiacesse più tanto passare intere ore al telefono in compagnia di una
nevrotica ballerina di danza classica al tramonto della sua carriera.
La ragazza dai capelli viola si sentiva
intrappolata in una di quelle storie di amori medievali... era un altro il
principe che lei bramava, ormai. Afferrò il blocco nel tentativo di disegnare
qualcosa, anche un paio di tratti che fossero riusciti a consolarla, a darle
un’idea su quello che avrebbe dovuto fare, che poteva fare, ma i disegni, come
le parole, non sono buoni a niente: solo ad essere fraintesi.
Sono i fatti che contano.
John stava vivendo la situazione in modo
anche peggiore e di certo più passivo. Rachel era sparita, come spesso avveniva
in quel periodo, probabilmente per dare il suo sostegno morale a Brian. Il
chitarrista voleva mostrarsi forte, ma dopo il bacio con Rachel e l’incidente
con Courtney aveva la sensazione di non riuscire a tenere incollati tutti i
pezzi solo con la forza del suo cuore.
Dopo un’intera giornata passata in uno
stato di depressione totale e isolamento sociale, John si decise ad andare da
Julia. Non sapeva che cosa avrebbe fatto, che cosa le avrebbe detto, sapeva
solo che insieme avrebbero trovato una soluzione, che lei avrebbe capito, che
lei non lo avrebbe accusato. Arrivò di fronte alla porta della sua stanza,
sperando che ci fosse... e dove altro poteva andare?
«Ehy, ciao!» esclamò lei entusiasta,
vedendolo. «Qual buon vento…?»
Lo fece entrare mentre si puliva le mani
sporche di carboncino a un fazzolettino che teneva nella tasca dei pantaloni e
che aveva tutta l’aria di essere appartenuto a Courtney, un tempo. I due si
accomodarono sulle poltrone all’ingresso della grande suite e Julia si prese
del tempo per guardare meglio il bassista: la sua fronte si aggrottò e le sue
sopracciglia si arricciarono. Aveva già capito tutto, non c’era bisogno di
aggiungere altro con lei.
Questa cosa mise non poco a disagio il
timido John, che fece subito in tempo a cambiare idea.
«Lascia perdere...» disse, scrollando le
spalle. Stava per alzarsi, ma le parole della ragazza lo inchiodarono a sedere.
«Se sei venuto fino a me ci sarà un
motivo.» bofonchiò Julia «Che c’è? Vuoi un risarcimento per la camicia?»
scherzò e lui rispose a tono, piuttosto irritato:
«Lo sai cosa c’è.»
«Ricordamelo.» asserì lei, accarezzando il
mento con le dita.
«Ho sbagliato, scusa, torna pure a fare i
tuoi disegni...»
John si alzò, ma lei fu più veloce e gli
diede una spinta, facendolo ricadere senza difficoltà nella posizione di prima.
«Senti, io lo so perché non ne vuoi
parlarne con me. Ok? E so anche che non dovrei dirti quello che sto per dirti,
ma... guarda che è lo stesso per me e mi sento uno schifo...» ammise la ragazza
con i capelli viola, massaggiandosi le tempie con una mano.
Sembrava effettivamente scombussolata,
aveva gli occhi addolorati e la bocca increspata in un ghigno di sofferenza e piacere.
«Sì, ma non sei tu ad essere innamorato della
ragazza del tuo batterista!»
«Sono innamorata del bassista del mio ragazzo,
credi che cambi qualcosa?» borbottò lei, cercando di mantenere bassa la voce.
«Ci passerà, è solo un momento così...» ipotizzò fingendosi certa, iniziando a
passeggiare avanti e indietro con le braccia conserte.
«C’è solo un modo per liberarsi di questo
peso... io...» tentò John e Julia lo guardò perplesso, incredula all’idea che
stesse per proporre una soluzione credibile «Senti e se... se provassimo?»
propose, alzandosi. «Non puoi negarmelo.»
Era stranamente sicuro di sé, lei iniziò a
esitare. Sarebbero sempre stati due opposti, si sarebbero sempre completati. La
guardò in modo impertinente e lei si voltò, pronta a fuggire ogni qualvolta il
cuore o la testa gliel’avessero comandato. Ricominciò a passeggiare verso la
finestra, dandogli le spalle.
«Ah... sì... e poi magari, magari neanche
ci piace... anzi, sicuramente ci farà schifo e rideremo per tutta la nostra
esistenza di questa infatuazione ahah» rise lei, cercando di mettere in quella
frase tutta la persuasione di cui era in possesso.
«Eh, sì, magari...» rispose lui, non molto
convinto, avvicinandosi.
Chiusero entrambi gli occhi: nessuno di
loro poteva essere testimone oculare di quell’avvenimento. Gli altri sensi
sarebbero bastati. Erano spaventati a morte: sapevano che quello che stavano
per fare era sbagliato, ma non riuscivano a evitarlo. Meglio convivere con il rimorso di averlo fatto, o con il rimpianto di averlo lasciato scappare?
John sentì a fatica i loro respiri
mescolarsi, era totalmente inghiottito da lei, il suo profumo misto di grafite,
shampoo agli estratti di calendula e fumo solleticava le sue narici, inebriava
la sua testa.
Il telefono sul comodino suonò: era Rachel,
diceva che John era di nuovo sparito... le solite cose. Nessuno di loro due
disse niente, si capirono con uno sguardo. Alle volte sembrava proprio che
fosse il destino a separarli. Forse era giusto così. John si sentiva uno
stronzo, Julia capì, gli diede una pacca su una spalla, massaggiandola
dolcemente, poi si allontanò per andare a prendere la sua tracolla.
«Vai da lei» constatò, sorridente. «Non è
carino che ci vedano arrivare insieme…»
John non rispose. Era stanco di dover dare
risposte a tutti. Era stanco di dare retta sempre alla testa, ed era stanco
anche del suo cuore, che gli dava indicazioni contrastanti. Fece un passo in
più, afferrò Julia per la vita e la baciò.
Con il resto avrebbe fatto i conti dopo.
Ci fu un notevole trasporto da parte di
entrambi, non appena le labbra non si saziavano più le une con le altre e il bacio si fece più profondo, Julia
cinse il collo del bassista con le
braccia e lui fece lo stesso con i suoi fianchi. Si sentiva a suo agio,
stava bene, si sentiva al posto giusto, nonostante quello che stava facendo.
Non che con Rachel non fosse così, ma Julia era diversa, e lui si sentiva
emozionato come in una piccola storia d’amore appena nata, si sentiva
un’idiota. Era innamorato di entrambe, seppur in modi diversi: Rachel faceva
parte della sua quotidianità, Julia era qualcosa di più, qualcosa che
scavalcava l’amore che provava per la dottoressa, perché era molto più simile
alla sua migliore amica, qualcuna a cui poteva dire veramente tutto, anche se
fossero stati insieme, lui si sarebbe sempre sentito a suo agio con lei.
«Poi
magari non ci piace...» ripeté
il bassista, sussurando quelle parole all’orecchio dell’artista con ironia, e
diede un bacio sulla sua guancia.
Lei si chiuse contro la sua spalla.
«Ti prego, non infierire.» supplicò.
Tratteneva a stento le risate «Dai, ci vediamo giù...»
«Eh, una parola, prima devo andare in
bagno.»
Il
telefono squillò nel cuore della notte, facendo sobbalzare Roger e Julia nel
letto.
Era
Rachel: John si era ubriacato di nuovo e aveva pensato che sfondare una
cristalliera sarebbe stato un modo carino di passare il tempo. Lo stavano
portando al pronto soccorso.
Julia
si passò una mano sugli occhi. Ci doveva essere per forza qualcosa di
sbagliato, in tutta quella situazione.