Incomprehensions aren't terrible, after all
Le incomprensioni sono pane
quotidiano in tutti i rapporti. Sono normali, è più facile che una persona
fraintenda piuttosto che capisca al volo quanto qualcun altro stia dicendo.
Chiunque fraintende almeno una volta nella sua vita, per quanto buone siano le sue intenzioni. Soprattutto quando si parla di complicità, poco importa che si tratti di una coppia di novelli sposini, di due anziani o di due guerrieri che combattono per sopravvivere. Probabilmente nell'ordine generale, nel disegno universale, c'è una regola che impone che più una coppia è ben collaudata, più le incomprensioni sono grandi.
Eh, sì, c'è sempre modo di riparare, in effetti, ma anche se gli ingranaggi sono ben rodati, seppur ruotino comodamente inserendosi l'uno con l'altro, qualche attrito può sempre rallentarli e far saltare l'infrastruttura. Le incomprensioni sono quell'attrito, sono lì, dietro l'angolo pronte a fare lo sgambetto, e basta una parola storta, messa lì senza alcuna malizia, a far scattare il litigio.
Loro ne hanno continuamente di
queste divergenze.
Yui ormai un po' ci ha fatto il callo. Yui, non più Fay.
Fay riposa in pace in un mondo lontano. E quello che fino a qualche anno fa,
quello che fino a quando il primo viaggio non fu concluso si faceva chiamare
Fay, ora vive la vita che gli spetta. Ora è Yui.
Ci ha fatto il callo, se non
fraintendono qualcosa una volta la settimana, anche più d'una, a onor del vero,
qualcosa evidentemente non va. Sarà che Kuro-koi è un tantino burbero,
un'inguaribile pentola di fagioli borbottante, è rude come l'odore della sua
pelle. O forse sarà che lui, Yui, è un tremendo idiota, di quelli che non
capiscono perché non vogliono capire, pur avendo davanti la più semplice
soluzione del problema. Comunque, fraintendono. Tutti e due. Con una facilità
imbarazzante.
Yui si rigira nel letto. Ricorda esattamente il primo litigio dato da un equivoco, da un errore di comprensione. E galeotto fu proprio quel letto, in cui ora si rigira col cuore che palpita forte forte. Appena arrivati a Nihon per stabilircisi in pianta stabile, una volta concluso anche il secondo viaggio, Kuro-tan aveva cercato di convincerlo, senza ammettere di aver freddo, che c'era bisogno di coperte e lenzuola più calde. In effetti era pieno inverno e la neve arrivava fino alle ginocchia del ninja, come ragionamento filava liscio. Ma sostanzialmente, Kuro-rin, che un pochettino testone lo è, aveva fatto tutto da solo: s'era arrabbiato con lui semplicemente per un commento che si era lasciato sfuggire riguardo il “freddo che tempra i guerrieri”, prendendolo come un'accusa nei suoi onorevoli riguardi. Non gli aveva parlato per giorni, per fino! Che razza di zuccone! E, chiaramente, Yui che è un po' tonto, per quanto sveglio possa sembrare, non aveva ben capito cosa stesse succedendo, né perché se la fosse presa così tanto.
Però, il bello di essere amanti è fare
la pace. Poter fare la pace a suon di moine e qualcosa a luci rosse che forse è
bene non ricordare nel dettaglio, che sennò il cuore gli salta fuori dal petto e
va a farsi una passeggiata, tachicardico com'è in questo momento, è la parte
migliore.
Non è stato un litigio tanto grande,
quello. Un paio di giorni di muso, di quel suo adorabile broncio, e poi tante
coccoline riparatrici.
Pensandoci, Yui, già quand'era Fay, s'era
innamorato di quel broncio arcigno che è fisso su quel viso duro e affilato. Il
binomio broncio/Kuro-pii è un qualcosa di talmente naturale, ormai, che sarebbe
anche impensabile scindere.
Sogghigna, Yui, al pensiero di quel broncio che
arriccia spesso, o per meglio dire “quasi-sempre”, il viso di quello che un
tempo era solo un compagno di viaggio.
Si rigira ancora
nel letto. Il suo cuore fa così tanto rumore che potrebbe svegliare l'intera
Nihon, anche le più lontane prefetture.
La più recente, la più grande incomprensione, l'hanno avuta neanche una settimana fa. E l'ha portato a non dormire stanotte. A tutte le scelte che ha fatto. L'ha portato a piangere, muto e a voler smettere di amarlo del tutto. Anche se ora lo sa, ora che il cuore gli fa tanto tanto male in petto, sa che è impossibile smettere di amare Kurogane. Impossibile davvero.
Era capitato tutto un mokuyoobi, insomma in quarto giorno
della settimana, un giovedì. E Yui, che sostanzialmente ha la sfortuna come
leitmotiv della sua vita, ha assunto anche la credenza propria dei Giapponesi
che il quattro porti sfortuna. E quel giovedì era un quattro aprile. Il quarto
giorno del quarto mese. Che sfortuna nera!
Aveva deciso di attirare il minor
quantitativo di iattura possibile, limitandosi ad andare al mercato e a cucinare
la cena.
Ha ancora la scena in mente, che gli brucia gli occhi come le
lacrime che ha pianto in silenzio, anche oggi.
Kuro-wan era andato a
palazzo, a parlare con Tomoyo per una questione della massima urgenza, o così
l'aveva definita lui. Così s'era convinto, Yui, ad uscire da solo, a passare al
mercato e a portare un presente alla principessa, per poi tornare a casa col suo
amato cagnone.
Erano usciti insieme, avevano percorso la strada fino al
mercato insieme e si erano salutati lì. Kuro-pin aveva continuato per il palazzo
Shirasaji, tranquillo, mentre lui si era trattenuto. Aveva perso un sacco di
tempo per trovare il tè al gelsomino che la principessa adorava, e si era pure
affannato a cercare quelle puntine di petto di manzo che il suo Kuro-pippi aveva
chiesto per cena. A quanto pare, non c'era il macellaio, di giovedì, al mercato,
quindi aveva cambiato anche i programmi per la cena.
Pur avendo visto la
giornata peggiorare a poco a poco, nel giro di poche ore, aveva comunque deciso
di portare un regalino a Tomoyo, anche solo per avere una scusa per
chiacchierare un po'.
Non si era fatto annunciare, come al solito, ed era
arrivato alla camera della principessa di soppiatto con questa fialetta di
estratto di gelsomino tra le mani.
Si avvicinò alla porta, pronto per farle
una sorpresa, ma sentì quello che non avrebbe mai, mai voluto sentire.
«E
come pensi di dirglielo?» domandava lei, un po' perentoria un po'
incuriosita.
«Cercherò di farglielo capire.» rispondeva il vocione serio
serio e vibrante di Kuro-myu. «Ma quello zuccone è stupido, fraintenderà, non
capirà...».
«Come fa a non capire se dici... mi vuoi sposare?» aveva
replicato lei.
Il ninja aveva sospirato a lungo. «Lui è un mago nell'arte del
non capire».
Yui restò sconvolto. Rimase muto per qualche istante, muto e
sordo, a dire il vero, schiacciato dal rumore asfissiante dei suoi pensieri e
dall'insistenza di quella vocina sghemba che gli ripeteva come una goccia cinese
che lui non lo voleva più.
Si allontanò, tornò a casa e si rimboccò le
maniche per non pensare. Cominciò a cucinare, come se niente fosse. Avrebbe
goduto di un'ultima cena e di un'ultima nottata con lui e poi se ne sarebbe
andato. Era per il meglio. Era per il meglio.
Il cuore gli batte forte nel petto, si rannicchia
meglio sotto le coperte, anche se è aprile e non dovrebbe fare tutto questo
freddo. Si sta già festeggiando l'Hanami eppure fa freddo la
notte.
Ricorda ancora il discorso che ha fatto con lui, appena
tornato dal palazzo.
Kurogane era entrato in cucina dopo essersi cambiato,
gli aveva poggiato un bacio sul collo, come suo solito e si era seduto rigido,
in ginocchio dietro al tavolo. Voleva parlare. E voleva parlare di qualcosa di
importante, data la postura.
«Mago?» l'aveva chiamato, con la voce seria e
calda quasi quanto il dim sum che ribolliva in pentola.
«Dimmi...»
aveva risposto lui, indugiando un po' sul nomignolo da usare, che poi scelse di
omettere. Avrebbe pianto, già solo sentire la sua voce così vicina eppure così
lontana l'aveva fatto intristire. Dieci anni insieme in quella casa e solo ora
si azzardava a dirgli che non l'amava più. Beh, cosa ci si poteva aspettare da
uno che non gli aveva mai detto neanche una volta “Koishiteru”?
«Vorrei
parlarti.» aveva mugugnato a voce bassa. «Ed è una cosa seria, gradirei che mi
guardassi in faccia».
Yui in quel momento smise di cucinare. Era arrivato il
discorso, era arrivata la conclusione di dieci anni di complicità. Aveva voltato
lo sguardo, ingoiato un groviglio di lacrime e parole e gli aveva sorriso. «So
già che vuoi dirmi. E lo capisco».
«Oh... Io...» la risposta doveva aver
destabilizzato quel ninja serio e integerrimo. «Mi ero preparato un discorso...
per─».
Aveva sospirato, Yui. «Non c'è granché
da disquisire, no?».
«Eh... Da
quanto lo sai?» aveva farfugliato. Non l'aveva mai visto così, imbarazzato e
confuso.
«Da oggi. Sono passato a palazzo qualche ora fa e...» aveva
sospirato ancora.
«Ah, quindi hai sentito la mia chiacchierata con Tomoyo.
Potevi entrare, avremmo chiarito dei punti oscuri... insieme, mh?». Kurogane non
sembrava affatto in pena, eppure stava chiudendo qualcosa che era esistita per
più di dieci anni.
«No, ho
capito. Ho capito perfettamente.» aveva replicato,
piccato. Entrare lì dentro sarebbe valso come un colpo al cuore ulteriore, come
un colpo di grazia. «Avrei solo preferito che me ne parlassi prima.» aveva detto
poi, socchiudendo gli occhi.
«Eh... È solo che non sapevo come fare. Tu sei
strano, mago... So più o meno come ragioni, ma─» aveva borbottato,
confuso.
Come se fosse strano lui! Come se fosse strano lui che non aveva
detto o fatto niente di male, che l'aveva amato con tutto se stesso, con tutta
la forza che aveva.
Beh, basta, voleva salutarlo come merita un amore tanto
grande, voleva dirgli che non c'era rancore, c'era e ci sarebbe stato solo e
sempre amore.
«Kurogane.» l'aveva chiamato come faceva a letto, con la voce strozzata e carica di un'emozione che
va ben oltre l'affetto, anche se stavolta rischiava le lacrime.
«Sì?» aveva
risposto lui, con un sorriso così poco da lui da sembrare quello di un
altro.
Non doveva piangere. Mentre lo guardava, con quell'aria
così innamorata e felice che aveva, si ripeteva che, no, non doveva piangere,
doveva essere felice, felice per lui perché aveva deciso che strada
intraprendere. «Tu mi hai reso felice». Gli era uscito come un sussurro, come un singhiozzo muto
che doveva restare nella sua testa, nella sua gola e nel suo cuore.
«Ne sono ben lieto.» aveva
risposto lui, chinando la testa da un lato come un grosso cagnolone davanti a
qualcosa che l'aggrada. «Anche tu. Anche tu mi hai reso
felice. Molto».
E allora perché stava facendo questo? Perché lo stava
calpestando e stava calpestando quell'amore che era durato per dieci
anni?!
Si era allontanato piano, morigerato, si era rintanato in quella
stanza da letto che aveva visto tutte le loro offerte di pace, che aveva visto
il loro amore sbocciare come i fiori di ciliegio nel cuore della primavera.
Sospira, in quel letto che è ancora il loro, a faccia in
giù non riesce proprio più a dormire.
Si rigira
ancora e ancora, si strattona le coperte e si rannicchia come un maki. Tanto
pallido, è pallido, e la coperta è verde alga. Sì, sembra proprio un tamago
maki.
Non aveva avuto il cuore di andarsene via, aveva deciso che
valeva la pena illudersi ancora un po', tipo ancora un paio di giorni finché lui
non l'avesse cacciato di casa.
Il tocco di Kurogane a letto era sempre lo
stesso, anzi, forse ancora più urgente e affettuoso del solito, ma probabilmente
era lui e solo lui a sentirlo così. Piangeva, ogni volta che il piacere toccava
l'apice, come colto da un capogiro, alla sprovvista, si ritrovava tra quelle
braccia e singhiozzava. Lui non diceva niente, Kurogane non parlava, lo copriva
di attenzioni mute, non sembrava volerlo cacciare via, forse perché un po'
l'amava, forse perché un po' lo voleva ancora intorno.
E poi, una mattina,
Tomoyo s'era presentata a casa loro con un kimono tradizionale. Era un bel
kimono, bello davvero, degno dei gusti della principessa. Un kuro-montsuki molto
elegante, nero e bordeaux. L'haori, sempre di un rosso scuro, mostrava il
profilo di un drago.
Kurogane l'aveva provato anche davanti a lui e
gli aveva sorriso con calma. «Ti piace?» aveva domandato.
Sì, gli piaceva. Era bello,
davvero, ed era un po' un peccato che non potesse essere suo marito. Ma tanto
due uomini non si potevano sposare, che cosa andava a pensare?
Tomoyo aveva
sorriso e insieme a Kurogane attendeva una risposta da lui.
«È ora che io
vada.» aveva risposto Yui, facendo apparire quella sacchetta che conteneva tutte
le sue cose, tutte le cose che negli anni, in tutti quegli anni, aveva tenuto da
parte, aveva amato e aveva collezionato.
«Ma come te ne vai?» aveva
brontolato Kurogane.
Tomoyo aveva lanciato al suo ninja un'occhiataccia degna
di un mastino, e aveva scosso la testa, come a rimproverarlo.
Yui guarda la fascetta di metallo che gli circonda il dito,
con l'aria soddisfatta di chi, tontolone, non aveva proprio capito niente di una
situazione che s'è comunque risolta per il meglio.
«Ohi, idiota, se continui a guardarla finirà che la
consumi...» sbuffa Kurogane, sdraiandosi sul letto. «Dammi un po' della coperta,
maki-idiota.» brontola.
Yui guarda ancora
l'anello, è un po' largo, ma va bene.
«Ohi, mi dai un po' di attenzioni o
devo andare da Tomoyo?» farfuglia, prendendo a pungolargli la guancia.
«Lo ius primae noctis lo fa valere
il feudatario sulla giovane sposa... quindi, Tomoyo darebbe le sue attenzioni a
me... sono io la mogliettina.» mormora,
guardando gli occhi vermigli del ninja.
«Era una battuta, idiota. D'altronde,
tu pensavi che io volessi sposarmi Tomoyo... se devi origliare, almeno fallo
bene.» sussurra, alitandogli addosso.
Yui sorride e gli carezza il petto duro
e teso sotto il tessuto leggero dello yukata. «Dovresti farti perdonare,
sai?».
«Io, eh?» mugugna. «Anche se sei tu a non aver capito un cavolo di
quello che dicevo? Anche se hai fatto una scenata e... Hai esagerato? Davvero
sono io che devo farmi perdonare?» sorride. Non è per niente arrabbiato, è più
che altro divertito.
«Sono un idiota. E questo l'abbiamo assodato. Però pure
te, potevi essere un po' più...» bofonchia.
«Esplicito?» l'interrompe. «Io mi
ero preparato un discorso e tu mi hai detto che avevi capito perfettamente! Che
cavolo ne so io, scemo di un mago!» brontola.
Yui gli accarezza il viso, il
suo cuore batte ancora molto forte, e sicuramente Kuro-chi lo sente da lì,
vicino com'è. «Sei ancora arrabbiato?». Avrebbe anche tutte le ragioni di
esserlo, in effetti.
«No. Non lo sono per niente.» risponde. «Ero quasi certo
non avessi capito. Eri così strano, mago...» replica. «E poi, seriamente, con
Tomoyo? A parte il fatto che... penso sia più simile a noi sotto il punto di
vista di preferenze sessuali... ma poi, davvero, per chi mi hai preso?! Chi
pensi che io sia, mago? Sono stato con te dieci anni e ancora non mi
conosci?».
«Scusa...» mormora, la voce che trema e le lacrime che scendono
sulle guance arrossate dal vino, dall'emozione, dalla felicità.
«Sei davvero
un idiota.» borbotta.
Yui sorride, fa scendere la mano sotto il tessuto dello
yukata e raccoglie tra le dita la fascetta di metallo che lui tiene al
collo. Kuro-pippi è un combattente con un braccio di ferro, di certo è
meglio tenerlo al collo quel simbolo del loro amore. «Guarda che adesso è
per sempre.» lo dice più a se
stesso che al compagno.
Kurogane gli poggia pesantemente la mano tra i capelli, su
quella testa vuota che adora stuzzicare. «Proprio a questo volevo arrivare.
Questi anelli testimoniano che ci apparteniamo. Sempre.» mormora. E
sono parole così poco sue da essere assurde e, insieme, tremendamente vere.
«Non puoi più scappare
.» aggiunge.
«Non ti facevo tanto possessivo...» commenta a mezza
voce, sospirando e sorridendo insieme.
Il ninja gli sbuffa tra i capelli.
«Eh, e io non ti facevo tanto idiota... C'è sempre da imparare, mh?».
«Mh...
ha senso.» annuisce Yui.
«Ripeto, mago, non puoi più scappare.» biascica
ancora.
Oh! Beh, ha un tono così serio da essere quasi imbarazzante.
Yui
ridacchia, anzi, ride di gusto. Cosa che non ha fatto fino ad ora, troppo teso
per tutta la contingenza, per quell'enorme incomprensione che l'ha portato a
stare così male, a dubitare di quell'amore che è invece così grande, e pure per
quella cerimonia così rapida che l'ha reso il marito di suo marito agli occhi di
qualunque autorità terrena. Marito di suo marito... che cosa complicata da
spiegare in effetti.
Yui alza la testa e guarda suo marito.
S'è
addormentato tranquillo. Deve essere stato faticoso, per lui. Anche perché ha
fatto tutto da solo, lui, che con questo genere di smancerie meno le ha tra le
mani e meglio sta.
Chissà quanta fatica, c'è alle spalle di questo discorso,
di questa cerimonia! Quanto ci avrà messo, Kuro-rin, a prendere coraggio e a
fargli quella proposta così poco da lui?
Francamente, Yui credeva che andasse
bene ugualmente, insomma, per dieci anni sono stati bene, sono stati insieme pur
senza un contratto che attestasse il loro amore.
Cosa è cambiato? Perché ha
voluto fare questa cosa?
Ah! Ma che
importa?
Yui sospira piano.
Non s'è
arrabbiato, poi, troppo per quella incomprensione, il suo caro Kuroppi. Beh,
oddio, a onor del vero un po' arrabbiato lo era, ma semplicemente perché lui,
cretino com'è, aveva dubitato del suo amore. Per giorni, per giunta! Che razza
di idiota.
Kurogane aveva
accompagnato Tomoyo alla porta e aveva imposto al mago di stare fermo e zitto
ancora due minuti. Dovevano parlare, dovevano chiarire. Si era tolto quel kimono
e si era sistemato negli abiti da casa.
Si era seduto nuovamente teso, nella
posa rigorosa di chi ha molto da dire, e l'argomento da trattare è
serio.
«Sei uno scemo.» gli aveva detto in un sospiro, con calma, con un
trasporto immenso.
Yui aveva abbassato il capo, gli occhi puntati sulle
proprie ginocchia. Si era sentito piccolo, immensamente piccolo, e si era
arrabbiato con se stesso.
Ma, ancor prima che potesse dire qualcosa, Kurogane
aveva allungato la mano per trarlo a sé e abbracciarselo forte. «Scemo,
scemo...» aveva preso a ripetere piano, la voce cadenzata, lenta. Sembrava una
cantilena.
Quell'abbraccio era caldo. Si era sentito protetto, Yui, protetto
da quegli stupidi pensieri storti e dolorosi che l'avevano rattristato, in cui
s'era crogiolato lui, complice la sua immensa idiozia. Davvero, come aveva fatto
a dubitare di quell'uomo così adorabile?!
Poi, Kurogane, gli aveva raccolto
il viso tra quelle due mani, una bollente e l'altra ghiacciata, ferree entrambe
nella dolce presa su quel suo volto così diverso rispetto agli abitanti di
Nihon. E, col tono conosciuto con cui masticava certe rare dolcezze, gliel'aveva
chiesto. «Vorresti sposarmi, mago?».
Yui aveva risposto con qualche
cretinata, che non fece altro che far arrossire Kurogane come aveva fatto solo
un'altra volta, ai tempi della prima volta insieme, impacciati, entrambi, sotto
la veste nuova di due amanti che si amano, si amano davvero, con la stessa
intensità di una tempesta.
Poi, piano, piano, con le lacrime che scendevano
lente sulle sue guance pallide e arrossate appena, aveva mosso la testa, due
volte. Si era stretto di più a lui e aveva poggiato la testa contro il suo
petto. «Sì, voglio sposarti, sì!».
Kurogane aveva sorriso e gli aveva baciato
tutte e due le guance, ad asciugargli le lacrime. «Bene.» aveva mormorato, con
le labbra contro il suo viso. «Non c'è risposta migliore, stupido mago.» aveva
detto con un mezzo sorrisetto, poi, prima di baciargli l'orlo delle
labbra.
Yui guarda ancora, un po' assorto e un po' inebetito, quel
suo compagno che ormai da quasi nove ore è suo marito a tutti gli effetti.
Ha
una bella espressione soddisfatta, suo marito. Ha proprio l'aria di chi ha dato
il meglio di sé. S'è impegnato molto, ha fatto tutto lui. Ha scelto gli anelli,
si è occupato di quei sobri addobbi, anche se forse per l'ambito floreale,
Tomoyo deve averlo aiutato, anche perché lui neanche sa i nomi dei fiori. Ha
scelto addirittura il tessuti del kimono di Yui. Ed era un bel vestito, il suo,
le trame argento dell'obi riprendevano quelle haori bordeaux di suo marito.
Anche gli anelli sono semplici, non c'è scritto niente all'interno se non la
data della cerimonia.
Eh, sì, Yui dovrebbe proprio essere fiero del suo
maritino, anche se forse non dovrebbe azzardarsi a chiamarlo così.
Si arrampica addosso a lui, si accuccia con la testa contro
il petto di Kuro-pin, gli abbraccia la vita e sospira
debolmente.
Il braccio di ferro di Kurogane si poggia mollemente
intorno ai fianchi del mago. «Non vuoi proprio farmi dormire stanotte, mh?»
biascica, la voce impastata dal sonno.
«È la nostra prima notte di nozze, non
dovremmo dormire...» sussurra guardandolo con un sorrisetto adorabile.
«Ma se
abbiamo fatto di tutto...» borbotta.
«Ho capito, ma è tradizione... come il
non vedere la sposa prima della cerimonia.» annuisce.
«Ancora con questa
storia? Abitiamo insieme da dieci anni... e poi sei un uomo.» replica. «Dai, ti
conosco... A che pensi?».
Yui si alza un po' per guardare meglio Kuro-tan.
«Sono la signora Kurogane...».
«La signora... Ah! Dio, come sei idiota!»
brontola.
«Però è vero... sono la tua signora...» risponde.
Le labbra di
Kurogane si increspano in un sorriso lieve lieve, eppure bellissimo.
Quant'è
bello, quando fa così? Quando sorride in questo modo è come se davvero tutto il
suo mondo sia lì, tra le sue braccia.
Yui si allunga a baciargli la punta del
naso. «Perché sorridi così?».
«Sei mio.» risponde.
Il mago sorride e si
accuccia contro di lui. «Sì. Sono tutto tuo».
L'espressione del ninja si
contrae appena.
«Che c'è?» domanda ancora Yui.
«Io sono tuo. Sempre.»
aggiunge, telegrafico. «Mh?».
«Sì, sempre.» annuisce con un sorrisetto
sardonico. «Sempre. Sono la tua mogliettina, no? Ora per
davvero...».
«Mogliettina?» borbotta.
«Beh, sì... ho un anello al dito che
dice che sono tutto tuo!» farfuglia mostrandogli la fede alla sua
mano.
Kurogane sogghigna, divertito e intenerito insieme. «Me lo rinfaccerai
a vita?».
«No, dai... Solo per sempre. Sai, lo farò “Finché morte non ci
separi”...» sussurra.
«Oh, allora fai progetti a lungo termine... eh? Anche
perché non puoi più scappare, mago.» bofonchia.
«Non vuoi proprio chiamarmi
mogliettina?» mormora.
«Sei un uomo...» gli fa notare.
«Allora, maritino?»
farfuglia.
«Mh...» mugugna.
«Cosa?» lo incalza. Tanto sono nella loro
camera da letto, e quando sono così, l'uno addosso all'altro, possono
permettersi delle lievi espressioni, dei momenti in cui si dicono certe cose che
soprattutto quell'uomo burbero, non direbbe fuori da quel nido.
Kurogane
sospira e si copre il viso con la mano.
Yui si sposta, gli accarezza il
braccio. «Dai, forza...».
«Forse dovrei chiamarti per nome.» mormora, poco
dopo, in un unico sospiro.
«Per nome?» ripete, appena appena sconvolto. «Tu
non mi hai mai chiamato per nome... neanche quando ripetevi le formulette,
oggi...» farfuglia.
«Alla cerimonia─Alla cerimonia ti chiamavano per nome...
il sacerdote... tutti.» borbotta.
Un lieve sorrisetto a fior di labbra,
illumina il viso del mago. «Ma tu hai eluso il problema... piuttosto che
chiamarmi per nome hai detto “Io prendo te” e poi sei passato direttamente al
“Come legittimo sposo”...».
«Eh...» sbuffa. «Sai? Io preferisco chiamarti
mago, idiota... questa è l'unica costante della mia vita con te. Sono un
abitudinario, io...» brontola. «E poi, hai cambiato nome troppo
spesso».
«Però, puoi chiamarmi Yui... è la vita di Yui, questa. Sono
cambiato, io...» annuisce, la voce gli trema, forse per l'emozione, forse per
quello che sta effettivamente dicendo. È strano che sia così razionale un suo
ragionamento.
«Mh... nah, sei il mago, tu.
Il mio mago.» annuisce. «Ripeto,
sono un abitudinario...».
«Oh... bene, meglio così. Perché io non rinuncio
ai tuoi nomignoli...» sussurra. «Non fraintendermi, il tuo nome è bello,
importante...» si ferma, socchiude gli occhi e poi guarda suo marito con un
sorrisetto soddisfatto. «Sono molto geloso, io. Tanto stupido, quanto geloso,
mh?» bofonchia. «Tomoyo ha il canale preferenziale... Tomoyo ti ha sempre
chiamato col tuo nome. Io però posso darti i nomignoli. I nomignoli, qui, sono
solo i miei.» annuisce. «In questo mondo io sono l'unico a poterti chiamare
Kuro-koi».
«Kuro-amore o Kuro-carpa?» bofonchia divertito e intenerito
insieme. Forse qualsiasi risposta gli andrebbe bene.
«Amore.» risponde,
senza pensare. «Ovviamente amore... non somigli per niente a una carpa!».
Il
ninja sorride. «Vuoi che ti chiami anche io così?».
Yui gli sfiora le labbra
con la punta del naso. «Non sarebbe da te. E poi mi sono innamorato di te e dei
tuoi modi, voglio tutto il pacchetto. Che senso ha cambiarti? Anche se un po'
sei cambiato... io ti amo nelle imperfezioni... ti amo, malgrado le
incomprensioni...» .
«Che fai, citi le tue promesse di matrimonio?»
sogghigna.
Lui fa di sì con il cranietto biondo. «Non sono solo promesse,
sono la verità».
«Lo so. Sarà tipo la prima volta che dici la verità fuori da
questa stanza.» bofonchia. «Davanti a tutti, per giunta!».
«Anche tu hai
detto cose adorabili, davanti a tutti.» gli fa notare, intrecciando le dita tra
quei capelli corvini.
«Mh...» mugugna arricciando le labbra. «Beh, mica mi
tiro indietro... sono un guerriero, no?».
Yui gli bacia la punta del naso, ma
non dice più niente. Ha chiare in mente le parole di suo marito, e vuole tenerle
tutte per sé, anche se altra gente è entrata in quell'intimità.
Kurogane lo lascia
scivolare al suo fianco. Sposta la testa e lo guarda, in silenzio. Si avvicina,
poi, l'abbraccia di nuovo, ma no, non dice nulla. Lo fissa con quegli
occhi fiammeggianti e l'espressione rilassata, sazia d'amore.
Yui sorride,
giocherella con la fede nuziale che il suo maritino tiene al collo.
Il
silenzio che li divide è complice, è affettuoso e carico d'amore, quasi quanto i
loro sguardi che si intrecciano, indulgenti.
Kuro-pin si allunga verso di
lui, gli bacia la punta del naso e comincia a sfiorargli tutto il viso. Yui
socchiude gli occhi ad ogni bacio, ogni volta che le labbra del suo amore gli
carezzano il volto.
Poi si ferma, il ninja. Si ferma e lo guarda come un
cagnolone confuso guarderebbe un giochino che non suona più. «Che c'è? A che
pensi?».
«Penso che potresti chiamarmi per nome solo sotto le lenzuola...»
sussurra, confuso.
«Sei proprio scemo!» sbuffa.
«Che male c'è?»
replica.
«Non ti ho mai chiamato per nome.» risponde. «E, non ti credere,
sono molto geloso anche io. Tutti possono chiamarti così... tutti».
«Sei
possessivo.» commenta Yui, sorridendo.
«Molto. Marco il territorio.»
aggiunge. «Solo io posso chiamarti idiota».
«Sei un bravo cagnolone per
questo...» pigola, abbracciandogli il collo.
«Che razza di idiota!» borbotta,
accarezzandogli i fianchi.
«Vogliamo dormire, Kuro-koi?» sussurra. «Vogliamo
dormire?».
Kurogane lo guarda, in silenzio. Chissà a che pensa! Un leggero
broncio gli arriccia il viso.
«Che c'è?» sussurra il mago scivolandogli via
dalle braccia.
«Mi hai tenuto sveglio... e sono il feudatario, sai? Lo era
anche mio padre... penso di far valere lo ius primae noctis...» annuisce.
«Ma
come? Non hai detto...» farfuglia.
«È tradizione, no?» mormora. «E poi so
dove vuoi andare a parare, mago...» sussurra. «Vogliamo fare l'amore?».
Yui
si sporge a baciargli le labbra. «Direi che, come minimo, dovremmo farlo...
anche solo per rendere onore alle tradizioni...».
«Non si può vedere la sposa prima della cerimonia!» aveva
brontolato Tomoyo, chiudendo Yui in una stanza.
Kurogane aveva rimbrottato di
rimando, il suo mago non era una sposa!
«Ma porta sfortuna... vuoi che il
vostro matrimonio sia sventurato?» aveva incalzato la principessa.
«Su,
Kuro-rin... va bene, non fare storie...» aveva sussurrato con la mano contro la
porta.
Il ninja aveva sbuffato profondamente e si era accovacciato, vedeva
l'ombra stagliarsi oltre i pannelli leggeri. «Mh, domani ti riporto a casa,
tanto. Cerca di non scappare, eh».
«Ci sarò. Quando mi ricapita di vederti in
abito da sposo?» aveva farfugliato. Certo le gambe gli tremavano, ma no, non
sarebbe scappato. Il suo posto era accanto a Kuro-tan, e basta.
«Bravo.» aveva mormorato. «Dormi bene stanotte. Ti aspetto all'altare».
Inutile dire
che non aveva dormito, aveva il cuore che lo faceva impazzire, aveva temuto di
crepare senza neanche sposarsi. Un infarto fulminante prima di salire
all'altare, che fine barbina.
Gli mancava l'abbraccio di Kurognae nel letto,
gli mancava il suo calore e il suo profumo, ma quando si diceva che l'avrebbe
visto, più bello che mai, il giorno dopo, si rilassava.
Tomoyo
l'aiutò a sistemarsi, il giorno dopo, la mattina del suo matrimonio. Il kimono
era color avorio, con delle decorazioni sobrie argentee, nulla di più. La
principessa gli aveva allacciato l'obi come vuole la tradizione, anche perché, pure dopo dieci anni di vita
lì, in Giappone, non aveva ancora capito come sistemarsi la cintura.
Era stata una bella cerimonia. Semplice semplice. Si erano tenuti per
mano. Kurogane, in ginocchio accanto a lui, aveva le orecchie viola
dall'imbarazzo.
Poi lui gli aveva parlato, piano piano, con la voce intrisa
di tenerezza e poi si era avvicinato per baciare lo sposo.
Kurogane gli slaccia lo yukata con una delicatezza innata.
Yui risponde al tocco, sfiorandogli col petto il suo, duro e teso, caldo
caldo.
Yui sorride, sorride appena, con le labbra increspate in
un'espressione a metà tra l'adorante e l'affettuoso.
Kuro-tan gli accarezza
lievemente i capelli.
I loro gesti sono ancora più lenti, più misurati del
solito. Non c'è l'urgenza di vivere il loro amore, c'è solo la tenerezza e così
deve essere. Sempre, godono appieno di quel momento, ma ora c'è qualcosa di
diverso. Oggi c'è l'amore, più del solito. Oggi è la proclamazione del loro
amore in tutte le sue forme.
«Ti amo.» mormora debolmente il mago, la voce
che trasuda tutto l'amore, tutta la delicatezza del loro atto, del loro cuore.
In risposta, Kurogane gli accarezza il basso ventre, per poi scendere più giù. A sfiorare
quei punti che lo faranno impazzire. Accoglie la bocca del mago sulla sua. Lo
bacia dieci, venti, cento volte. Ma ogni bacio è intenso, ogni bacio è amore,
ogni bacio è una sfumatura, una sfaccettatura del multiforme amore che li
lega.
Non è solo carnale. Non può esserlo, scemo chi l'ha
pensato. Scemo lui che l'ha pensato! È qualcosa di più. È qualcosa di attanagliante, trascendente e
immanente. È enorme, enorme. E non puoi toglierti dalla testa qualcosa di tanto
grande perché anche un solo frammento di quell'amore sazierebbe il cuore.
Ah!
Sorride, Yui. E quando Yui sorride a quel modo, con quel trasporto infinito che
strappa il fiato, gli occhi di Kurogane si ubriacano d'amore. Lui lo sa, ma
sorride così solo quando sono lì, stretti l'uno all'altro, l'uno addosso
all'altro. È unica quella sensazione, sentire quegli occhi fiammeggianti che gli
bruciano addosso, sulla pelle, che gli marchiano la carne col solo amore. È un
senso di appartenenza. È un senso di completezza enorme. È concreta,
quell'emozione, concreta e vera. Vitale. Pulsante.
Yui è Yui,
in quel momento, in quel momento più che mai. È Yui sempre, eh, ma più
di tutto, è Yui ora, ora che gli occhi, l'anima e il cuore del
ninja sono tutti per lui, anche se sono sempre pieni di lui. Però ora lo sa, lo
sa per certo, lo sente sulla pelle e non c'è più modo di dubitarne, mai
più: suo marito l'ama in tutte le sue forme, l'ama pur
essendo sventurato, l'ama pur avendolo conosciuto col nome di un altro. L'ama,
Kurogane, in tutti i suoi conflitti e nei suoi problemi, nel bene e nel male, ed
è un amore complice e affettuoso, è un amore tenero e totalizzante.
L'ama,
Yui. Forse neanche lui sa bene quanto l'ami. L'ama molto, forse troppo.
L'ama e basta.
Kurogane si ferma, blocca le dita, trattiene le carezze. Lo guarda a lungo
e sospira, gli bacia la guancia delicatamente, sposta la mano e gli sfiora i
capelli. «Che c'è? A che pensi?».
Yui alza lo sguardo, come a chiedere di
nuovo attenzioni, altre carezze, altro amore. «A quanto mi fai sentire amato...»
risponde. «E a quanto ti amo.» aggiunge.
«E a che conclusione sei giunto?»
farfuglia alitandogli sul collo.
«Che non è quantificabile.» risponde, piano.
Le labbra curve in un sorrisetto.
Sorride, anche lui. «Idiota».
«È davvero
tanto, il nostro amore...» mormora.
«Vuoi che continui?» sussurra «O
preferisci perderti ancora in chiacchiere?».
«In pensieri.» replica.
«In
elucubrazioni, direi.» lo corregge baciandogli piano il collo.
«Vuoi che
continui?» ripete.
«Continuiamo.» annuisce.
Gli sfila
del tutto lo yukata, e accarezza con la punta delle dita la curva della spina
dorsale, contando ad una ad una tutte le trentatré vertebre della sua schiena,
mentre percorre con le labbra la pelle bianca e delicata del collo del
mago.
I rumori cambiano: le parole si cristallizzano piano
nell'aria, i sospiri si fanno via via più intensi si mescolano lentamente ai
gemiti che da leggeri si acuiscono. Gli odori cambiano, la fragranza al
gelsomino che riempie la stanza viene sormontato da quello più acre dei loro
corpi che si intrecciano.
Non è solo per la carne,
quell'atto, non appaga solo la carne. È di più, è qualcosa che sazia i sensi e
il cuore, accresce la forza delle loro anime in un solo respiro.
Quando suo marito l'abbraccia, mentre sistema le coperte,
lo stupido mago sospira appena.
«Che c'è?» domanda di nuovo.
«Sono
appagato.» annuisce.
«Sazio? Continuiamo domani, che dici?» bofonchia.
Lui
annuisce piano, voltandosi verso Kuro-rin. «Sì. In fondo, siamo marito e moglie,
ormai».
«Anche senza un anello al dito, noi ci saremmo appartenuti comunque.»
mormora.
Yui si allunga a raccogliere quel testone moro tra le mani, gli
arruffa i capelli e gli bacia la punta del naso. «Ma quanto sei adorabile quando
dici queste cose!» pigola. «Perché hai voluto mettermi un anello al dito,
allora?».
«Per marcare il territorio, è ovvio.» annuisce.
Il mago strofina
le labbra contro la guancia di suo marito. «Sei proprio adorabile!».
«E poi,
hai un pezzo di me sempre addosso a te.» annuisce. «Quando sto lontano, so come
ti comporti... così ti ricordi che io torno a casa presto, che torno da
te».
«Oh~!» pigola.
«Dai, ora dormiamo un po'.» sussurra.
Il mago
annuisce e si stringe a lui, con quel sorrisetto che tanto piace a suo marito.
«Buonanotte, Kuro-rin».
«Buonanotte a te.» risponde.
Le incomprensioni non sono affatto male, dopotutto.