Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: __Di    24/04/2013    3 recensioni
Le incomprensioni sono quell'attrito, sono lì, dietro l'angolo pronte a fare lo sgambetto, e basta una parola storta, messa lì senza alcuna malizia, a far scattare il litigio.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fay D. Flourite, Kurogane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Incomprehensions aren't terrible, after all


Le incomprensioni sono pane quotidiano in tutti i rapporti. Sono normali, è più facile che una persona fraintenda piuttosto che capisca al volo quanto qualcun altro stia dicendo.

Chiunque fraintende almeno una volta nella sua vita, per quanto buone siano le sue intenzioni. Soprattutto quando si parla di complicità, poco importa che si tratti di una coppia di novelli sposini, di due anziani o di due guerrieri che combattono per sopravvivere. Probabilmente nell'ordine generale, nel disegno universale, c'è una regola che impone che più una coppia è ben collaudata, più le incomprensioni sono grandi.

Eh, sì, c'è sempre modo di riparare, in effetti, ma anche se gli ingranaggi sono ben rodati, seppur ruotino comodamente inserendosi l'uno con l'altro, qualche attrito può sempre rallentarli e far saltare l'infrastruttura. Le incomprensioni sono quell'attrito, sono lì, dietro l'angolo pronte a fare lo sgambetto, e basta una parola storta, messa lì senza alcuna malizia, a far scattare il litigio.

Loro ne hanno continuamente di queste divergenze.
Yui ormai un po' ci ha fatto il callo. Yui, non più Fay. Fay riposa in pace in un mondo lontano. E quello che fino a qualche anno fa, quello che fino a quando il primo viaggio non fu concluso si faceva chiamare Fay, ora vive la vita che gli spetta. Ora è Yui.
Ci ha fatto il callo, se non fraintendono qualcosa una volta la settimana, anche più d'una, a onor del vero, qualcosa evidentemente non va. Sarà che Kuro-koi è un tantino burbero, un'inguaribile pentola di fagioli borbottante, è rude come l'odore della sua pelle. O forse sarà che lui, Yui, è un tremendo idiota, di quelli che non capiscono perché non vogliono capire, pur avendo davanti la più semplice soluzione del problema. Comunque, fraintendono. Tutti e due. Con una facilità imbarazzante.

Yui si rigira nel letto. Ricorda esattamente il primo litigio dato da un equivoco, da un errore di comprensione. E galeotto fu proprio quel letto, in cui ora si rigira col cuore che palpita forte forte. Appena arrivati a Nihon per stabilircisi in pianta stabile, una volta concluso anche il secondo viaggio, Kuro-tan aveva cercato di convincerlo, senza ammettere di aver freddo, che c'era bisogno di coperte e lenzuola più calde. In effetti era pieno inverno e la neve arrivava fino alle ginocchia del ninja, come ragionamento filava liscio. Ma sostanzialmente, Kuro-rin, che un pochettino testone lo è, aveva fatto tutto da solo: s'era arrabbiato con lui semplicemente per un commento che si era lasciato sfuggire riguardo il “freddo che tempra i guerrieri”, prendendolo come un'accusa nei suoi onorevoli riguardi. Non gli aveva parlato per giorni, per fino! Che razza di zuccone! E, chiaramente, Yui che è un po' tonto, per quanto sveglio possa sembrare, non aveva ben capito cosa stesse succedendo, né perché se la fosse presa così tanto.

Però, il bello di essere amanti è fare la pace. Poter fare la pace a suon di moine e qualcosa a luci rosse che forse è bene non ricordare nel dettaglio, che sennò il cuore gli salta fuori dal petto e va a farsi una passeggiata, tachicardico com'è in questo momento, è la parte migliore.
Non è stato un litigio tanto grande, quello. Un paio di giorni di muso, di quel suo adorabile broncio, e poi tante coccoline riparatrici.
Pensandoci, Yui, già quand'era Fay, s'era innamorato di quel broncio arcigno che è fisso su quel viso duro e affilato. Il binomio broncio/Kuro-pii è un qualcosa di talmente naturale, ormai, che sarebbe anche impensabile scindere.

Sogghigna, Yui, al pensiero di quel broncio che arriccia spesso, o per meglio dire “quasi-sempre”, il viso di quello che un tempo era solo un compagno di viaggio.
Si rigira ancora nel letto. Il suo cuore fa così tanto rumore che potrebbe svegliare l'intera Nihon, anche le più lontane prefetture.

La più recente, la più grande incomprensione, l'hanno avuta neanche una settimana fa. E l'ha portato a non dormire stanotte. A tutte le scelte che ha fatto. L'ha portato a piangere, muto e a voler smettere di amarlo del tutto. Anche se ora lo sa, ora che il cuore gli fa tanto tanto male in petto, sa che è impossibile smettere di amare Kurogane. Impossibile davvero.

Era capitato tutto un mokuyoobi, insomma in quarto giorno della settimana, un giovedì. E Yui, che sostanzialmente ha la sfortuna come leitmotiv della sua vita, ha assunto anche la credenza propria dei Giapponesi che il quattro porti sfortuna. E quel giovedì era un quattro aprile. Il quarto giorno del quarto mese. Che sfortuna nera!
Aveva deciso di attirare il minor quantitativo di iattura possibile, limitandosi ad andare al mercato e a cucinare la cena.
Ha ancora la scena in mente, che gli brucia gli occhi come le lacrime che ha pianto in silenzio, anche oggi.
Kuro-wan era andato a palazzo, a parlare con Tomoyo per una questione della massima urgenza, o così l'aveva definita lui. Così s'era convinto, Yui, ad uscire da solo, a passare al mercato e a portare un presente alla principessa, per poi tornare a casa col suo amato cagnone.
Erano usciti insieme, avevano percorso la strada fino al mercato insieme e si erano salutati lì. Kuro-pin aveva continuato per il palazzo Shirasaji, tranquillo, mentre lui si era trattenuto. Aveva perso un sacco di tempo per trovare il tè al gelsomino che la principessa adorava, e si era pure affannato a cercare quelle puntine di petto di manzo che il suo Kuro-pippi aveva chiesto per cena. A quanto pare, non c'era il macellaio, di giovedì, al mercato, quindi aveva cambiato anche i programmi per la cena.
Pur avendo visto la giornata peggiorare a poco a poco, nel giro di poche ore, aveva comunque deciso di portare un regalino a Tomoyo, anche solo per avere una scusa per chiacchierare un po'.
Non si era fatto annunciare, come al solito, ed era arrivato alla camera della principessa di soppiatto con questa fialetta di estratto di gelsomino tra le mani.
Si avvicinò alla porta, pronto per farle una sorpresa, ma sentì quello che non avrebbe mai, mai voluto sentire.
«E come pensi di dirglielo?» domandava lei, un po' perentoria un po' incuriosita.
«Cercherò di farglielo capire.» rispondeva il vocione serio serio e vibrante di Kuro-myu. «Ma quello zuccone è stupido, fraintenderà, non capirà...».
«Come fa a non capire se dici... mi vuoi sposare?» aveva replicato lei.
Il ninja aveva sospirato a lungo. «Lui è un mago nell'arte del non capire».
Yui restò sconvolto. Rimase muto per qualche istante, muto e sordo, a dire il vero, schiacciato dal rumore asfissiante dei suoi pensieri e dall'insistenza di quella vocina sghemba che gli ripeteva come una goccia cinese che lui non lo voleva più.
Si allontanò, tornò a casa e si rimboccò le maniche per non pensare. Cominciò a cucinare, come se niente fosse. Avrebbe goduto di un'ultima cena e di un'ultima nottata con lui e poi se ne sarebbe andato. Era per il meglio. Era per il meglio.

Il cuore gli batte forte nel petto, si rannicchia meglio sotto le coperte, anche se è aprile e non dovrebbe fare tutto questo freddo. Si sta già festeggiando l'Hanami eppure fa freddo la notte.

Ricorda ancora il discorso che ha fatto con lui, appena tornato dal palazzo.
Kurogane era entrato in cucina dopo essersi cambiato, gli aveva poggiato un bacio sul collo, come suo solito e si era seduto rigido, in ginocchio dietro al tavolo. Voleva parlare. E voleva parlare di qualcosa di importante, data la postura.
«Mago?» l'aveva chiamato, con la voce seria e calda quasi quanto il dim sum che ribolliva in pentola.
«Dimmi...» aveva risposto lui, indugiando un po' sul nomignolo da usare, che poi scelse di omettere. Avrebbe pianto, già solo sentire la sua voce così vicina eppure così lontana l'aveva fatto intristire. Dieci anni insieme in quella casa e solo ora si azzardava a dirgli che non l'amava più. Beh, cosa ci si poteva aspettare da uno che non gli aveva mai detto neanche una volta “Koishiteru”?
«Vorrei parlarti.» aveva mugugnato a voce bassa. «Ed è una cosa seria, gradirei che mi guardassi in faccia».
Yui in quel momento smise di cucinare. Era arrivato il discorso, era arrivata la conclusione di dieci anni di complicità. Aveva voltato lo sguardo, ingoiato un groviglio di lacrime e parole e gli aveva sorriso. «So già che vuoi dirmi. E lo capisco».
«Oh... Io...» la risposta doveva aver destabilizzato quel ninja serio e integerrimo. «Mi ero preparato un discorso... per─».
Aveva sospirato, Yui. «Non c'è granché da disquisire, no?».
«Eh... Da quanto lo sai?» aveva farfugliato. Non l'aveva mai visto così, imbarazzato e confuso.
«Da oggi. Sono passato a palazzo qualche ora fa e...» aveva sospirato ancora.
«Ah, quindi hai sentito la mia chiacchierata con Tomoyo. Potevi entrare, avremmo chiarito dei punti oscuri... insieme, mh?». Kurogane non sembrava affatto in pena, eppure stava chiudendo qualcosa che era esistita per più di dieci anni.
«No, ho capito. Ho capito perfettamente.» aveva replicato, piccato. Entrare lì dentro sarebbe valso come un colpo al cuore ulteriore, come un colpo di grazia. «Avrei solo preferito che me ne parlassi prima.» aveva detto poi, socchiudendo gli occhi.
«Eh... È solo che non sapevo come fare. Tu sei strano, mago... So più o meno come ragioni, ma─» aveva borbottato, confuso.
Come se fosse strano lui! Come se fosse strano lui che non aveva detto o fatto niente di male, che l'aveva amato con tutto se stesso, con tutta la forza che aveva.
Beh, basta, voleva salutarlo come merita un amore tanto grande, voleva dirgli che non c'era rancore, c'era e ci sarebbe stato solo e sempre amore.
«Kurogane.» l'aveva chiamato come faceva a letto, con la voce strozzata e carica di un'emozione che va ben oltre l'affetto, anche se stavolta rischiava le lacrime.
«Sì?» aveva risposto lui, con un sorriso così poco da lui da sembrare quello di un altro.
Non doveva piangere. Mentre lo guardava, con quell'aria così innamorata e felice che aveva, si ripeteva che, no, non doveva piangere, doveva essere felice, felice per lui perché aveva deciso che strada intraprendere. «Tu mi hai reso felice». Gli era uscito come un sussurro, come un singhiozzo muto che doveva restare nella sua testa, nella sua gola e nel suo cuore.
«Ne sono ben lieto.» aveva risposto lui, chinando la testa da un lato come un grosso cagnolone davanti a qualcosa che l'aggrada. «Anche tu. Anche tu mi hai reso felice. Molto».
E allora perché stava facendo questo? Perché lo stava calpestando e stava calpestando quell'amore che era durato per dieci anni?!
Si era allontanato piano, morigerato, si era rintanato in quella stanza da letto che aveva visto tutte le loro offerte di pace, che aveva visto il loro amore sbocciare come i fiori di ciliegio nel cuore della primavera.

Sospira, in quel letto che è ancora il loro, a faccia in giù non riesce proprio più a dormire.
Si rigira ancora e ancora, si strattona le coperte e si rannicchia come un maki. Tanto pallido, è pallido, e la coperta è verde alga. Sì, sembra proprio un tamago maki.

Non aveva avuto il cuore di andarsene via, aveva deciso che valeva la pena illudersi ancora un po', tipo ancora un paio di giorni finché lui non l'avesse cacciato di casa.
Il tocco di Kurogane a letto era sempre lo stesso, anzi, forse ancora più urgente e affettuoso del solito, ma probabilmente era lui e solo lui a sentirlo così. Piangeva, ogni volta che il piacere toccava l'apice, come colto da un capogiro, alla sprovvista, si ritrovava tra quelle braccia e singhiozzava. Lui non diceva niente, Kurogane non parlava, lo copriva di attenzioni mute, non sembrava volerlo cacciare via, forse perché un po' l'amava, forse perché un po' lo voleva ancora intorno.
E poi, una mattina, Tomoyo s'era presentata a casa loro con un kimono tradizionale. Era un bel kimono, bello davvero, degno dei gusti della principessa. Un kuro-montsuki molto elegante, nero e bordeaux. L'haori, sempre di un rosso scuro, mostrava il profilo di un drago.
Kurogane l'aveva provato anche davanti a lui e gli aveva sorriso con calma. «Ti piace?» aveva domandato.
Sì, gli piaceva. Era bello, davvero, ed era un po' un peccato che non potesse essere suo marito. Ma tanto due uomini non si potevano sposare, che cosa andava a pensare?
Tomoyo aveva sorriso e insieme a Kurogane attendeva una risposta da lui.
«È ora che io vada.» aveva risposto Yui, facendo apparire quella sacchetta che conteneva tutte le sue cose, tutte le cose che negli anni, in tutti quegli anni, aveva tenuto da parte, aveva amato e aveva collezionato.
«Ma come te ne vai?» aveva brontolato Kurogane.
Tomoyo aveva lanciato al suo ninja un'occhiataccia degna di un mastino, e aveva scosso la testa, come a rimproverarlo.

Yui guarda la fascetta di metallo che gli circonda il dito, con l'aria soddisfatta di chi, tontolone, non aveva proprio capito niente di una situazione che s'è comunque risolta per il meglio.
«Ohi, idiota, se continui a guardarla finirà che la consumi...» sbuffa Kurogane, sdraiandosi sul letto. «Dammi un po' della coperta,
maki-idiota.» brontola.
Yui guarda ancora l'anello, è un po' largo, ma va bene.
«Ohi, mi dai un po' di attenzioni o devo andare da Tomoyo?» farfuglia, prendendo a pungolargli la guancia.
«Lo
ius primae noctis lo fa valere il feudatario sulla giovane sposa... quindi, Tomoyo darebbe le sue attenzioni a me... sono io la mogliettina.» mormora, guardando gli occhi vermigli del ninja.
«Era una battuta, idiota. D'altronde, tu pensavi che io volessi sposarmi Tomoyo... se devi origliare, almeno fallo bene.» sussurra, alitandogli addosso.
Yui sorride e gli carezza il petto duro e teso sotto il tessuto leggero dello yukata. «Dovresti farti perdonare, sai?».
«
Io, eh?» mugugna. «Anche se sei tu a non aver capito un cavolo di quello che dicevo? Anche se hai fatto una scenata e... Hai esagerato? Davvero sono io che devo farmi perdonare?» sorride. Non è per niente arrabbiato, è più che altro divertito.
«Sono un idiota. E questo l'abbiamo assodato. Però pure te, potevi essere un po' più...» bofonchia.
«Esplicito?» l'interrompe. «Io mi ero preparato un discorso e tu mi hai detto che avevi capito perfettamente! Che cavolo ne so io, scemo di un mago!» brontola.
Yui gli accarezza il viso, il suo cuore batte ancora molto forte, e sicuramente Kuro-chi lo sente da lì, vicino com'è. «Sei ancora arrabbiato?». Avrebbe anche tutte le ragioni di esserlo, in effetti.
«No. Non lo sono per niente.» risponde. «Ero quasi certo non avessi capito. Eri così strano, mago...» replica. «E poi, seriamente, con Tomoyo? A parte il fatto che... penso sia più simile a noi sotto il punto di vista di preferenze sessuali... ma poi, davvero, per chi mi hai preso?! Chi pensi che io sia, mago? Sono stato con te dieci anni e ancora non mi conosci?».
«Scusa...» mormora, la voce che trema e le lacrime che scendono sulle guance arrossate dal vino, dall'emozione, dalla felicità.
«Sei davvero un idiota.» borbotta.
Yui sorride, fa scendere la mano sotto il tessuto dello yukata e raccoglie tra le dita la fascetta di metallo che lui tiene al collo. Kuro-pippi è un combattente con un braccio di ferro, di certo è meglio tenerlo al collo quel simbolo del loro amore. «
Guarda che adesso è per sempre.» lo dice più a se stesso che al compagno.
Kurogane gli poggia pesantemente la mano tra i capelli, su quella testa vuota che adora stuzzicare. «Proprio a questo volevo arrivare. Questi anelli testimoniano che ci apparteniamo.
Sempre.» mormora. E sono parole così poco sue da essere assurde e, insieme, tremendamente vere. «Non puoi più scappare .» aggiunge.
«Non ti facevo tanto possessivo...» commenta a mezza voce, sospirando e sorridendo insieme.
Il ninja gli sbuffa tra i capelli. «Eh, e io non ti facevo tanto idiota... C'è sempre da imparare, mh?».
«Mh... ha senso.» annuisce Yui.
«Ripeto, mago, non puoi più scappare.» biascica ancora.
Oh! Beh, ha un tono così serio da essere quasi imbarazzante.
Yui ridacchia, anzi, ride di gusto. Cosa che non ha fatto fino ad ora, troppo teso per tutta la contingenza, per quell'enorme incomprensione che l'ha portato a stare così male, a dubitare di quell'amore che è invece così grande, e pure per quella cerimonia così rapida che l'ha reso il marito di suo marito agli occhi di qualunque autorità terrena. Marito di suo marito... che cosa complicata da spiegare in effetti.
Yui alza la testa e guarda suo marito.
S'è addormentato tranquillo. Deve essere stato faticoso, per lui. Anche perché ha fatto tutto da solo, lui, che con questo genere di smancerie meno le ha tra le mani e meglio sta.
Chissà quanta fatica, c'è alle spalle di questo discorso, di questa cerimonia! Quanto ci avrà messo, Kuro-rin, a prendere coraggio e a fargli quella proposta così poco da lui?
Francamente, Yui credeva che andasse bene ugualmente, insomma, per dieci anni sono stati bene, sono stati insieme pur senza un contratto che attestasse il loro amore.
Cosa è cambiato? Perché ha voluto fare questa cosa?
Ah! Ma che importa?

Yui sospira piano.
Non s'è arrabbiato, poi, troppo per quella incomprensione, il suo caro Kuroppi. Beh, oddio, a onor del vero un po' arrabbiato lo era, ma semplicemente perché lui, cretino com'è, aveva dubitato del suo amore. Per giorni, per giunta! Che razza di idiota.

Kurogane aveva accompagnato Tomoyo alla porta e aveva imposto al mago di stare fermo e zitto ancora due minuti. Dovevano parlare, dovevano chiarire. Si era tolto quel kimono e si era sistemato negli abiti da casa.
Si era seduto nuovamente teso, nella posa rigorosa di chi ha molto da dire, e l'argomento da trattare è serio.
«Sei uno scemo.» gli aveva detto in un sospiro, con calma, con un trasporto immenso.
Yui aveva abbassato il capo, gli occhi puntati sulle proprie ginocchia. Si era sentito piccolo, immensamente piccolo, e si era arrabbiato con se stesso.
Ma, ancor prima che potesse dire qualcosa, Kurogane aveva allungato la mano per trarlo a sé e abbracciarselo forte. «Scemo, scemo...» aveva preso a ripetere piano, la voce cadenzata, lenta. Sembrava una cantilena.
Quell'abbraccio era caldo. Si era sentito protetto, Yui, protetto da quegli stupidi pensieri storti e dolorosi che l'avevano rattristato, in cui s'era crogiolato lui, complice la sua immensa idiozia. Davvero, come aveva fatto a dubitare di quell'uomo così adorabile?!
Poi, Kurogane, gli aveva raccolto il viso tra quelle due mani, una bollente e l'altra ghiacciata, ferree entrambe nella dolce presa su quel suo volto così diverso rispetto agli abitanti di Nihon. E, col tono conosciuto con cui masticava certe rare dolcezze, gliel'aveva chiesto. «Vorresti sposarmi, mago?».
Yui aveva risposto con qualche cretinata, che non fece altro che far arrossire Kurogane come aveva fatto solo un'altra volta, ai tempi della prima volta insieme, impacciati, entrambi, sotto la veste nuova di due amanti che si amano, si amano davvero, con la stessa intensità di una tempesta.
Poi, piano, piano, con le lacrime che scendevano lente sulle sue guance pallide e arrossate appena, aveva mosso la testa, due volte. Si era stretto di più a lui e aveva poggiato la testa contro il suo petto. «Sì, voglio sposarti, sì!».
Kurogane aveva sorriso e gli aveva baciato tutte e due le guance, ad asciugargli le lacrime. «Bene.» aveva mormorato, con le labbra contro il suo viso. «Non c'è risposta migliore, stupido mago.» aveva detto con un mezzo sorrisetto, poi, prima di baciargli l'orlo delle labbra.

Yui guarda ancora, un po' assorto e un po' inebetito, quel suo compagno che ormai da quasi nove ore è suo marito a tutti gli effetti.
Ha una bella espressione soddisfatta, suo marito. Ha proprio l'aria di chi ha dato il meglio di sé. S'è impegnato molto, ha fatto tutto lui. Ha scelto gli anelli, si è occupato di quei sobri addobbi, anche se forse per l'ambito floreale, Tomoyo deve averlo aiutato, anche perché lui neanche sa i nomi dei fiori. Ha scelto addirittura il tessuti del kimono di Yui. Ed era un bel vestito, il suo, le trame argento dell'obi riprendevano quelle haori bordeaux di suo marito. Anche gli anelli sono semplici, non c'è scritto niente all'interno se non la data della cerimonia.
Eh, sì, Yui dovrebbe proprio essere fiero del suo maritino, anche se forse non dovrebbe azzardarsi a chiamarlo così.
Si arrampica addosso a lui, si accuccia con la testa contro il petto di Kuro-pin, gli abbraccia la vita e sospira debolmente.

Il braccio di ferro di Kurogane si poggia mollemente intorno ai fianchi del mago. «Non vuoi proprio farmi dormire stanotte, mh?» biascica, la voce impastata dal sonno.
«È la nostra prima notte di nozze, non dovremmo dormire...» sussurra guardandolo con un sorrisetto adorabile.
«Ma se abbiamo fatto di tutto...» borbotta.
«Ho capito, ma è tradizione... come il non vedere la sposa prima della cerimonia.» annuisce.
«Ancora con questa storia? Abitiamo insieme da dieci anni... e poi sei un uomo.» replica. «Dai, ti conosco... A che pensi?».
Yui si alza un po' per guardare meglio Kuro-tan. «Sono la signora Kurogane...».
«La signora... Ah! Dio, come sei idiota!» brontola.
«Però è vero... sono la tua signora...» risponde.
Le labbra di Kurogane si increspano in un sorriso lieve lieve, eppure bellissimo.
Quant'è bello, quando fa così? Quando sorride in questo modo è come se davvero tutto il suo mondo sia lì, tra le sue braccia.
Yui si allunga a baciargli la punta del naso. «Perché sorridi così?».
«
Sei mio.» risponde.
Il mago sorride e si accuccia contro di lui. «Sì. Sono tutto tuo».
L'espressione del ninja si contrae appena.
«Che c'è?» domanda ancora Yui.
«Io sono tuo. Sempre.» aggiunge, telegrafico. «Mh?».
«Sì, sempre.» annuisce con un sorrisetto sardonico. «Sempre. Sono la tua mogliettina, no? Ora per davvero...».
«
Mogliettina?» borbotta.
«Beh, sì... ho un anello al dito che dice che sono tutto tuo!» farfuglia mostrandogli la fede alla sua mano.
Kurogane sogghigna, divertito e intenerito insieme. «Me lo rinfaccerai a vita?».
«No, dai... Solo per sempre. Sai, lo farò “Finché morte non ci separi”...» sussurra.
«Oh, allora fai progetti a lungo termine... eh? Anche perché non puoi più scappare, mago.» bofonchia.
«Non vuoi proprio chiamarmi mogliettina?» mormora.
«Sei un uomo...» gli fa notare.
«Allora, maritino?» farfuglia.
«Mh...» mugugna.
«Cosa?» lo incalza. Tanto sono nella loro camera da letto, e quando sono così, l'uno addosso all'altro, possono permettersi delle lievi espressioni, dei momenti in cui si dicono certe cose che soprattutto quell'uomo burbero, non direbbe fuori da quel nido.
Kurogane sospira e si copre il viso con la mano.
Yui si sposta, gli accarezza il braccio. «Dai, forza...».
«Forse dovrei chiamarti per nome.» mormora, poco dopo, in un unico sospiro.
«Per nome?» ripete, appena appena sconvolto. «Tu non mi hai mai chiamato per nome... neanche quando ripetevi le formulette, oggi...» farfuglia.
«Alla cerimonia─Alla cerimonia ti chiamavano per nome... il sacerdote... tutti.» borbotta.
Un lieve sorrisetto a fior di labbra, illumina il viso del mago. «Ma tu hai eluso il problema... piuttosto che chiamarmi per nome hai detto “Io prendo te” e poi sei passato direttamente al “Come legittimo sposo”...».
«Eh...» sbuffa. «Sai? Io preferisco chiamarti mago, idiota... questa è l'unica costante della mia vita con te. Sono un abitudinario, io...» brontola. «E poi, hai cambiato nome troppo spesso».
«Però, puoi chiamarmi Yui... è la vita di Yui, questa. Sono cambiato,
io...» annuisce, la voce gli trema, forse per l'emozione, forse per quello che sta effettivamente dicendo. È strano che sia così razionale un suo ragionamento.
«Mh... nah, sei il mago, tu. Il
mio mago.» annuisce. «Ripeto, sono un abitudinario...».
«Oh... bene, meglio così. Perché io non rinuncio ai tuoi nomignoli...» sussurra. «Non fraintendermi, il tuo nome è bello, importante...» si ferma, socchiude gli occhi e poi guarda suo marito con un sorrisetto soddisfatto. «Sono molto geloso, io. Tanto stupido, quanto geloso, mh?» bofonchia. «Tomoyo ha il canale preferenziale... Tomoyo ti ha sempre chiamato col tuo nome. Io però posso darti i nomignoli. I nomignoli, qui, sono solo i miei.» annuisce. «In questo mondo io sono l'unico a poterti chiamare Kuro-koi».
«Kuro-amore o Kuro-carpa?» bofonchia divertito e intenerito insieme. Forse qualsiasi risposta gli andrebbe bene.
«
Amore.» risponde, senza pensare. «Ovviamente amore... non somigli per niente a una carpa!».
Il ninja sorride. «Vuoi che ti chiami anche io così?».
Yui gli sfiora le labbra con la punta del naso. «Non sarebbe da te. E poi mi sono innamorato di te e dei tuoi modi, voglio tutto il pacchetto. Che senso ha cambiarti? Anche se un po' sei cambiato... io ti amo nelle imperfezioni... ti amo, malgrado le incomprensioni...» .
«Che fai, citi le tue promesse di matrimonio?» sogghigna.
Lui fa di sì con il cranietto biondo. «Non sono solo promesse, sono la verità».
«Lo so. Sarà tipo la prima volta che dici la verità fuori da questa stanza.» bofonchia. «Davanti a tutti, per giunta!».
«Anche tu hai detto cose adorabili, davanti a tutti.» gli fa notare, intrecciando le dita tra quei capelli corvini.
«Mh...» mugugna arricciando le labbra. «Beh, mica mi tiro indietro... sono un guerriero, no?».
Yui gli bacia la punta del naso, ma non dice più niente. Ha chiare in mente le parole di suo marito, e vuole tenerle tutte per sé, anche se altra gente è entrata in quell'intimità.
Kurogane lo lascia scivolare al suo fianco. Sposta la testa e lo guarda, in silenzio. Si avvicina, poi, l'abbraccia di nuovo, ma no, non dice nulla. Lo fissa con quegli occhi fiammeggianti e l'espressione rilassata, sazia d'amore.
Yui sorride, giocherella con la fede nuziale che il suo maritino tiene al collo.
Il silenzio che li divide è complice, è affettuoso e carico d'amore, quasi quanto i loro sguardi che si intrecciano, indulgenti.
Kuro-pin si allunga verso di lui, gli bacia la punta del naso e comincia a sfiorargli tutto il viso. Yui socchiude gli occhi ad ogni bacio, ogni volta che le labbra del suo amore gli carezzano il volto.
Poi si ferma, il ninja. Si ferma e lo guarda come un cagnolone confuso guarderebbe un giochino che non suona più. «Che c'è? A che pensi?».
«Penso che potresti chiamarmi per nome solo sotto le lenzuola...» sussurra, confuso.
«Sei proprio scemo!» sbuffa.
«Che male c'è?» replica.
«Non ti ho mai chiamato per nome.» risponde. «E, non ti credere, sono molto geloso anche io. Tutti possono chiamarti così... tutti».
«Sei possessivo.» commenta Yui, sorridendo.
«Molto. Marco il territorio.» aggiunge. «Solo io posso chiamarti idiota».
«
Sei un bravo cagnolone per questo...» pigola, abbracciandogli il collo.
«Che razza di idiota!» borbotta, accarezzandogli i fianchi.
«Vogliamo dormire, Kuro-koi?» sussurra. «Vogliamo dormire?».
Kurogane lo guarda, in silenzio. Chissà a che pensa! Un leggero broncio gli arriccia il viso.
«Che c'è?» sussurra il mago scivolandogli via dalle braccia.
«Mi hai tenuto sveglio... e sono il feudatario, sai? Lo era anche mio padre... penso di far valere lo
ius primae noctis...» annuisce.
«Ma come? Non hai detto...» farfuglia.
«È tradizione, no?» mormora. «E poi so dove vuoi andare a parare, mago...» sussurra. «Vogliamo fare l'amore?».
Yui si sporge a baciargli le labbra. «Direi che, come minimo, dovremmo farlo... anche solo per rendere onore alle tradizioni...».

«Non si può vedere la sposa prima della cerimonia!» aveva brontolato Tomoyo, chiudendo Yui in una stanza.
Kurogane aveva rimbrottato di rimando, il suo mago non era una sposa!
«Ma porta sfortuna... vuoi che il vostro matrimonio sia sventurato?» aveva incalzato la principessa.
«Su, Kuro-rin... va bene, non fare storie...» aveva sussurrato con la mano contro la porta.
Il ninja aveva sbuffato profondamente e si era accovacciato, vedeva l'ombra stagliarsi oltre i pannelli leggeri. «Mh, domani ti riporto a casa, tanto. Cerca di non scappare, eh».
«Ci sarò. Quando mi ricapita di vederti in abito da sposo?» aveva farfugliato. Certo le gambe gli tremavano, ma no, non sarebbe scappato. Il suo posto era accanto a Kuro-tan, e basta.
«Bravo.» aveva mormorato. «Dormi bene stanotte. Ti aspetto all'altare».

Inutile dire che non aveva dormito, aveva il cuore che lo faceva impazzire, aveva temuto di crepare senza neanche sposarsi. Un infarto fulminante prima di salire all'altare, che fine barbina.
Gli mancava l'abbraccio di Kurognae nel letto, gli mancava il suo calore e il suo profumo, ma quando si diceva che l'avrebbe visto, più bello che mai, il giorno dopo, si rilassava.
Tomoyo l'aiutò a sistemarsi, il giorno dopo, la mattina del suo matrimonio. Il kimono era color avorio, con delle decorazioni sobrie argentee, nulla di più. La principessa gli aveva allacciato l'obi come vuole la tradizione, anche perché, pure dopo dieci anni di vita lì, in Giappone, non aveva ancora capito come sistemarsi la cintura.

Era stata una bella cerimonia. Semplice semplice. Si erano tenuti per mano. Kurogane, in ginocchio accanto a lui, aveva le orecchie viola dall'imbarazzo.
Poi lui gli aveva parlato, piano piano, con la voce intrisa di tenerezza e poi si era avvicinato per baciare lo sposo.

Kurogane gli slaccia lo yukata con una delicatezza innata. Yui risponde al tocco, sfiorandogli col petto il suo, duro e teso, caldo caldo.
Yui sorride, sorride appena, con le labbra increspate in un'espressione a metà tra l'adorante e l'affettuoso.
Kuro-tan gli accarezza lievemente i capelli.
I loro gesti sono ancora più lenti, più misurati del solito. Non c'è l'urgenza di vivere il loro amore, c'è solo la tenerezza e così deve essere. Sempre, godono appieno di quel momento, ma ora c'è qualcosa di diverso. Oggi c'è l'amore, più del solito. Oggi è la proclamazione del loro amore in tutte le sue forme.
«Ti amo.» mormora debolmente il mago, la voce che trasuda tutto l'amore, tutta la delicatezza del loro atto, del loro cuore. 
In risposta, Kurogane gli accarezza il basso ventre, per poi scendere più giù. A sfiorare quei punti che lo faranno impazzire. Accoglie la bocca del mago sulla sua. Lo bacia dieci, venti, cento volte. Ma ogni bacio è intenso, ogni bacio è amore, ogni bacio è una sfumatura, una sfaccettatura del multiforme amore che li lega.
Non è solo carnale. Non può esserlo, scemo chi l'ha pensato.
Scemo lui che l'ha pensato! È qualcosa di più. È qualcosa di attanagliante, trascendente e immanente. È enorme, enorme. E non puoi toglierti dalla testa qualcosa di tanto grande perché anche un solo frammento di quell'amore sazierebbe il cuore.
Ah! Sorride, Yui. E quando Yui sorride a quel modo, con quel trasporto infinito che strappa il fiato, gli occhi di Kurogane si ubriacano d'amore. Lui lo sa, ma sorride così solo quando sono lì, stretti l'uno all'altro, l'uno addosso all'altro. È unica quella sensazione, sentire quegli occhi fiammeggianti che gli bruciano addosso, sulla pelle, che gli marchiano la carne col solo amore. È un senso di appartenenza. È un senso di completezza enorme. È concreta, quell'emozione, concreta e vera. Vitale. Pulsante.
Yui è
Yui, in quel momento, in quel momento più che mai. È Yui sempre, eh, ma più di tutto, è Yui ora, ora che gli occhi, l'anima e il cuore del ninja sono tutti per lui, anche se sono sempre pieni di lui. Però ora lo sa, lo sa per certo, lo sente sulla pelle e non c'è più modo di dubitarne, mai più: suo marito l'ama in tutte le sue forme, l'ama pur essendo sventurato, l'ama pur avendolo conosciuto col nome di un altro. L'ama, Kurogane, in tutti i suoi conflitti e nei suoi problemi, nel bene e nel male, ed è un amore complice e affettuoso, è un amore tenero e totalizzante.
L'ama, Yui. Forse neanche lui sa bene quanto l'ami. L'ama molto, forse troppo.
L'ama e basta.
Kurogane si ferma, blocca le dita, trattiene le carezze. Lo guarda a lungo e sospira, gli bacia la guancia delicatamente, sposta la mano e gli sfiora i capelli. «Che c'è? A che pensi?».
Yui alza lo sguardo, come a chiedere di nuovo attenzioni, altre carezze, altro amore. «A quanto mi fai sentire amato...» risponde. «E a quanto ti amo.» aggiunge.
«E a che conclusione sei giunto?» farfuglia alitandogli sul collo.
«Che non è quantificabile.» risponde, piano. Le labbra curve in un sorrisetto.
Sorride, anche lui. «Idiota».
«È davvero tanto, il nostro amore...» mormora.
«Vuoi che continui?» sussurra «O preferisci perderti ancora in chiacchiere?».
«In pensieri.» replica.
«In elucubrazioni, direi.» lo corregge baciandogli piano il collo.
«Vuoi che continui?» ripete.
«Continuiamo.» annuisce.
Gli sfila del tutto lo yukata, e accarezza con la punta delle dita la curva della spina dorsale, contando ad una ad una tutte le trentatré vertebre della sua schiena, mentre percorre con le labbra la pelle bianca e delicata del collo del mago.

I rumori cambiano: le parole si cristallizzano piano nell'aria, i sospiri si fanno via via più intensi si mescolano lentamente ai gemiti che da leggeri si acuiscono. Gli odori cambiano, la fragranza al gelsomino che riempie la stanza viene sormontato da quello più acre dei loro corpi che si intrecciano.
Non è solo per la carne, quell'atto, non appaga solo la carne. È di più, è qualcosa che sazia i sensi e il cuore, accresce la forza delle loro anime in un solo respiro.

Quando suo marito l'abbraccia, mentre sistema le coperte, lo stupido mago sospira appena.
«Che c'è?» domanda di nuovo.
«Sono appagato.» annuisce.
«Sazio? Continuiamo domani, che dici?» bofonchia.
Lui annuisce piano, voltandosi verso Kuro-rin. «Sì. In fondo, siamo marito e moglie, ormai».
«Anche senza un anello al dito, noi ci saremmo appartenuti comunque.» mormora.
Yui si allunga a raccogliere quel testone moro tra le mani, gli arruffa i capelli e gli bacia la punta del naso. «Ma quanto sei adorabile quando dici queste cose!» pigola. «Perché hai voluto mettermi un anello al dito, allora?».
«Per marcare il territorio, è ovvio.» annuisce.
Il mago strofina le labbra contro la guancia di suo marito. «Sei proprio adorabile!».
«E poi, hai un pezzo di me sempre addosso a te.» annuisce. «Quando sto lontano, so come ti comporti... così ti ricordi che io torno a casa presto, che torno da te».
«Oh~!» pigola.
«Dai, ora dormiamo un po'.» sussurra.
Il mago annuisce e si stringe a lui, con quel sorrisetto che tanto piace a suo marito. «Buonanotte, Kuro-rin».
«Buonanotte a te.» risponde.


Le incomprensioni non sono affatto male, dopotutto.

   
 
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