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Autore: Fallin    24/04/2013    6 recensioni
- Perché questa bambina ha un ombrello se non sta piovendo, Marianna? –
Ripete sempre il suo nome, Luisa, non ha mai capito se Marianna sia capace di realizzare che quello è il suo nome.
Genere: Avventura, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Luisa la vede intingere il pennello nell’acqua e poi asciugarlo meticolosamente sul panno che porta in grembo. Ogni tanto lo porta sul foglio mentre passa il colore per evitare che sbavi fuori dai contorni dell’ombrello.

- Marianna. –

La chiama, anche se sa già che dovrò farlo altre tre volte perché si accorga che la sta chiamando.

- Marianna. –

Marianna intinge di nuovo il pennello nel tappo nel quale ha versato l’acqua, così da sapere di preciso quanto si bagna il pennello. Poi ricomincia a stendere il pastello acquerellabile.

Con una meticolosità snervante passa prima quello più grande, sfumando il rosso scuro con quello più chiaro, passando dunque all’arancione. Ne usa uno più piccolo per attenuare il prugna dei contorni più scuri, poi ne prende uno sottile per le tinte del giallo. E ricomincia a mescolare i colori, dal più chiaro verso il più scuro.

- Marianna. – c’è un lieve accenno di supplica nel tono della madre stavolta, e forse è quello che la ragazzina coglie, più che il richiamo in sé. – Che bel disegno. –

Marianna non risponde, annuisce. Non capisce bene cosa sia un complimento, non sa che deve rispondere grazie. Luisa ancora spera che un giorno sua figlia impari a riconoscere le cose.

- Perché questa bambina ha un ombrello se non sta piovendo, Marianna? –

Ripete sempre il suo nome, Luisa, non ha mai capito se Marianna sia capace di realizzare che quello è il suo nome.

Marianna alza le spalle. È la sua risposta a tutto, da sempre, uno non capisce se lo faccia d’istinto o comprenda davvero quello che le si dice.

Luisa si accorge che Marianna ha finito di colorare l’ombrello, la vede soffiarci sopra per far asciugare prima l’acqua con cui ha steso il pigmento dei pastelli.

È un lavoro di precisione impressionante, solo per quel piccolo ombrello.

- Non colori anche tutto il resto? – Le domanda.

Marianna guarda prima lei, poi il disegno e poi di nuovo lei.

Poi lo prende, si alza, e lo appende con lo scotch insieme agli altri. Ha colorato solo quello stupido ombrello, il resto l’ha lasciato in bianco.

Luisa non ha ancora capito perché sua figlia abbia disegnato un ombrello e non la pioggia. Anche se effettivamente, anche quando se la porta dietro al mercato, le mattine piovose, Marianna continua a tenere aperto l’ombrello finchè lei non glielo chiude.

Ancora non capisce perché l’abbia lasciato bianco.

La dottoressa le ha spiegato che Marianna comunica con i disegni, ritrae quello che vede perché è l’unico modo di mettersi in contatto con la realtà. La rappresenta.

E Luisa non capisce, assolutamente, perché Marianna abbia disegnato una bimba con un ombrello, quando tutt’attorno ci sono soltanto paesaggi e alberi e piante e foglie e fiori.

- Perché, Marianna? –

Alza le spalle, Marianna. Si tortura l’orlo della gonna con le dita.

L’unica soddisfazione che ha Luisa è vestirla.

Marianna è una bambola, non capisce cosa le piace finchè non lo disegna, così lei la mattina è libera di vestirla come vuole, tanto lei non si lamenta, tanto Marianna si lascia strapazzare tra le camicie e i vestitini senza neanche alzare un dito. Tiene semplicemente la bocca aperta e gli occhi semichiusi, ha ancora sonno.

E se è nervosa, Luisa finisce anche per strattonarla troppo quando lei non collabora. Poi se ne accorge e la abbraccia.

Ma Marianna non capisce, non lo sa. Nessuno saprà dire a Luisa se è una buona madre.

- Marianna. – la figlia non la degna di uno sguardo, ma ha una luce negli occhi, sembra quasi far capire che invece sta ascoltando attentamente. – Ti va di uscire? –

Tanto vale non esserlo.

 

La macchina sbanda più volte a causa della pioggia lungo la discesa e Luisa riesce appena in tempo a frenare prima che l’auto finisca nel fiume. C’è mancato poco, nota.

Scende dall’auto, sta piovendo.

Marianna non scende, la guarda finchè non apre la portiera e la trascina dolcemente fuori dalla vettura.

- Ti faccio vedere una cosa bella, Marianna. Anche se sta piovendo. –

Marianna si lascia trascinare fino agli argini artificiali del fiume.

Le prende un dito e indica un punto tra la boscaglia dall’altra parte della riva.

- Ranocchie. – Dice. – Le abbiamo viste l’altro giorno sul libro. Le hai anche disegnate, ricordi? –

Chissà se Marianna si ricorda. Nessuno lo sa. Sembra che le cose restino nella sua testa quanto basta perché lei riesca a disegnarle. Poi il nulla.

- Ti ricordi, Marianna? Ti ricordi, Marianna? – La smuove gentilmente per un braccio, poi sempre più veloce. – Eh? Marianna, ti ricordi? –

Marianna alza le spalle.

Luisa smette di strattonarla e la guarda. Sorride, pensando che quella è comunque è una risposta. A cosa forse non lo sa nemmeno sua figlia.

Le rane cominciano a gracidare, di colpo, quando un tuono squarcia il solito ticchettio della pioggia.

Marianna allora risponde a quel rumore alzando gli occhi verso l’altra riva.

E le guarda, le ranocchie.

Luisa sa che Marianna in quel momento è cosciente di star facendo qualcosa. Anche se non sa dove si trova, anche se non sa cosa sta guardando, anche se non sa chi è, Marianna in quel momento sa.

Marianna è fortunata, perché non sa niente, ma sa tutto.

Così, mentre sua figlia sta guardando le ranocchie, Luisa fa un passo indietro, lasciando cautamente le sue dita. Poi ne fa un altro e un altro ancora.

Marianna nel frattempo si sposta in avanti, sempre di più, sempre più vicina agli argini.

Luisa la guarda mentre sta facendo per la prima volta qualcosa, e sa già che la ricorderà così, di spalle, con i capelli bagnati, il vestitino fradicio, infreddolita, a guardare le ranocchie. E in quell’immagine manca un ombrello.

Luisa sbatte le palpebre proprio mentre Marianna mette un piede in fallo e cade in acqua. Succede in una frazione di secondo, Marianna prima c’era, ora non c’è più. C’è solo un tonfo nell’acqua.

E nessuno che cerca di tornare a galla.

Luisa rimane lì a fissare le ranocchie.

 

Non ha un ombrello.

  
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