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Autore: MikuSama    25/04/2013    2 recensioni
... In USA, quello del “real life superhero” è un lavoro a trecentosessanta gradi. Senza stipendio, certo, ma è un impegno che persone comuni, di qualunque età, sesso, religione e via discorrendo si prendono per fare del bene.
Si sa: se New York fosse come quella dei fumetti sarebbe pullulante di supereroi, alieni invasori e meta preferita dei peggiori cataclismi.
Ma anche senza nessun genio del male pronto ad invadere e la Terra partendo dalla città peggiore che potesse scegliere (assieme a Tokyo), la Grande Mela contiene i propri bassifondi, la peggio feccia, i luoghi e le persone dalle quali anche la polizia si tiene alla larga.
Alfred F. Jones non sopporta tutto ciò.
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Un diciannovenne dalla famiglia problematica.
Un neo-poliziotto che, al primo giro di ronda, incontra il suddetto diciannovenne.
Una prostituta a cui tutto poteva capitare tranne che incontrare quei due.
Il tutto ambientato nella Grande Mela, piena di gente, incontri e scoperte.
[ UsUk ] [ Altri pairing indefiniti ] [ AU ] [ Il rating può alzarsi ]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
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~Real Life (Super) Hero~

~Uno - Hero

“Bug”, “Hope”, “Life”, “Three Eyes”, “Seven Sins”, “Cross”.
Ognuno, lì nelle città americane, ha il proprio nome che lo contraddistingue e lo identifica.
C’è chi agisce da solo e chi in gruppo.
C’è chi si prepara una frase ad effetto, un segno di riconoscimento o addirittura un costume.
Poi c’è lui.
Il suo codename è Hero.
Eroe, come quello che rappresenta la gente come lui e come egli si definisce.
Non ha costumi né tanto meno maschere.
Non ha frasi ad effetto o pose da film di Hollywood.
Ha semplicemente il suo ideale.
 
In USA, quello del “real life superhero” è un lavoro a trecentosessanta gradi. Senza stipendio, certo, ma è un impegno che persone comuni, di qualunque età, sesso, religione e via discorrendo si prendono per fare del bene.
Si sa: se New York fosse come quella dei fumetti sarebbe pullulante di supereroi, alieni invasori e meta preferita dei peggiori cataclismi.
Ma anche senza nessun genio del male pronto ad invadere e la Terra partendo dalla città peggiore che potesse scegliere (assieme a Tokyo), la Grande Mela contiene i propri bassifondi, la peggio feccia, i luoghi e le persone dalle quali anche la polizia si tiene alla larga.
 
Alfred F. Jones non sopporta tutto ciò.
 
Complice il fatto di avere avuto un padre alcolista, ora probabilmente intento a brindare con Satana –o così spera suo figlio-, una madre prostituta ora marcente in carcere ed un fratello che, esasperato, è fuggito di casa e ritrovato poi in Canada,  quel perfetto esempio di adolescente americano (biondo, occhi azzurri, media che rasenta la sufficienza, camera discretamente piena di fumetti e  videogiochi, amante del cibo spazzatura e ovviamente capitano del team di football della scuola) aveva da un bel po’ diminuito la sua pancetta da rilassamento e aumentato il numero di lividi un po’ ovunque.
 
Egli non si definisce uno di questi “real life superhero”, no.
Alfred sostiene che un supereroe possa essere solo di due tipi: o un mutante come Wolverine e Spiderman o qualcuno che caga dollari, tipo Iron Man e Batman. E lui, di certo, non appartiene a questa due categorie.
Alfred non è “super”; è Hero.
 
E ogni sera prende la metro e va a zonzo per quei vicoli bui e maleodoranti in cerca di gente da combattere, perché è il suo lavoro e lo sarà sempre.
 
Anche oggi lo sta facendo: domani avrà un esame importante, così ha deciso di rimanere a Manhattan, vicino casa propria, per andare subito a letto appena terminato il suo turno di ronda.
Sorride: davanti a lui un uomo sulla trentina, sigaretta in mano e rasta ai capelli raccolti in un codino, lo guarda.
«Chico» inizia il cubano «Non dovresti essere a letto, ora?» Ghigna beffardo.
Hero non lo ascolta «Butta via quel sacchetto di coca nel marsupio» Afferma lapidario.
«Uhm. No.» Sorride l’altro, pacato.
Gancio destro da parte di Hero. La diplomazia per lui è superflua, dopotutto.
Il cubano si scansa in tempo ma non abbastanza da evitare che il pugno lo sfiorasse; si tocca la guancia leggermente bruciante.
«Hijo de puta…» Sputa questi.
Gancio sinistro, gancio destro, montante destro, calcio nello stomaco. L’uomo riesce a parare i pugni, ma il calcio lo prende alla sprovvista. Tossisce, barcolla all’indietro, si tiene lo stomaco. Hero lo guarda con uno sguardo carico d’odio.
 
Figlio di puttana.
 
Dicono quello che è, quelle parole. E ciò lo manda tremendamente in bestia, perché costretto ogni volta a ricordarsi che la sua vita non è una vita normale, ma una al pari di una di quelle persone: la vita di un miserabile.
Hero si avvicina di qualche passo. Il cubano cade a terra per il dolore, tossisce ancora. Lo guarda.
«Tu sei… uno di loro, vero?» Ghigna beffardo per poi continuare: « “Superhero”… Come no. Sei uguale a noi. I buoni non ricorrono alle mani.»
Hero lo guarda dall’altro, sprezzante «Non sono un supereroe. E non sono come voi.
Hai famiglia, vecchio?» Chiede dopo un po’.
«No.»
«Amici? Conoscenti?»
«I clienti abituali valgono?» Sghignazza ma si blocca per tossire.
Hero si abbassa, lo prende per i polsi e li blocca dietro al schiena. «Il carcere sarà un paradiso, credimi.» Porta una mano nella giacca, per prendere le sue inseparabili manette.

Uno sparo.



Note Pazzie dell'autrice:

Hola!
Prima di tutto, grazie mille per essere sopravvissuti fin qui.
Dopo varie one-shot e una minilong da due chap, ho voluto finalmente tentare con una long ben più lunga.
Gli aggiornamenti, mi spiace, saranno ad minchiam, ergo, quando ho tempo/ispirazione/qualsiasi cosa.
By the way, spero vi sia piaciuta questa piccola intronudizone e conto di publicare il prossimo chap il prima possibile (devo solo passarlo al pc!)
Se vi è interessata come storia, mi piacerebbe saperlo tramite recensione.
Hasta la pasta~!

Miku.

  
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