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Autore: Ammie    25/04/2013    3 recensioni
Rebecca, una diciassettenne che vive da sola, ha paura di essere ferita dalle persone e perciò si isola dal resto del mondo. Non fa amicizia con nessuno, non vuole rischiare di essere abbandonata di nuovo.
All'improvviso però, arriva qualcuno che entra impetuosamente nella sua vita.
E che forse sarà in grado di farle cambiare idea.
La vita di due adolescenti fatta di amore, lacrime, risate e dolore raccontata con un pizzico d'ironia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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LA SCOMMESSA.
 
Capitolo uno: l’inizio della mia storia.
 
 

 

“Mesci, odorosa Dea, rosee le fila; e nel mezzo del velo ardita balli, canti fra ’l coro delle sue speranze Giovinezza: percote a spessi tocchi antico un plettro il Tempo; e la danzante discende un clivo onde nessun risale. Le Grazie a’ piedi suoi destano fiori, a fiorir sue ghirlande: e quando il biondo crin t’abbandoni e perderai ’l tuo nome, vivran que’ fiori, o Giovinezza, e intorno l’urna funerea spireranno odore.”
Che meraviglia.
“Alice, ti dispiacerebbe spiegare questa parte?”
“Ehm…”
La vedo irrigidirsi non trovando il punto che la professoressa ha chiesto di spiegare.
“Alice?” chiede con insistenza.
“Dove siamo arrivati?” mi sussurra.
“Non lo so” mento. La prossima volta fai a meno di messaggiare durante letteratura.
“Se non stavi seguendo la lezione, che stavi combinando?”
Si avvicina abbastanza velocemente da poter vedere la mia amata compagna di banco nascondere il telefono nella tasca dei jeans.
“Dammelo. Subito.” Le intima.
Dopo una strenua ma comunque inutile resistenza è costretta a consegnare l’oggetto alla prof, che inizia con la solita ramanzina, fino a quando suona la campanella.
Mia adorata salvezza.
Sospiro mentre mi preparo per l’ultima lezione, quella più bella: spagnolo.
Bella non solo perché è una lingua abbastanza facile essendo simile all’italiano, ma soprattutto perché la prof non sa imporsi sulla classe e come il solito ognuno fa quello che vuole, me inclusa.
“Che palle quella vecchia…” dice Alice sbuffando.
“A chi lo dici…” commenta Valeria, altra persona altamente intelligente.
“Quella vecchia sta cercando di far entrare qualcosa nella tua testa, Alice.”
“Si chiama che noia.”
“Si chiama cultura, barbie.”
“Qualcosa non va, Rebecca? Ti sei alzata dal letto con il piede sbagliato?” mi chiede Valeria.
Sospiro. Non ho davvero voglia di continuare, ma è troppo bello far saltare i nervi a queste due.
“Tu, piuttosto? Da che letto sei uscita questa mattina? Non ricordo più se hai già finito con i ragazzi dell’ultimo anno.” chiedo con finto interesse.
Ho colpito nel segno, lo so. Apre la bocca, emette un suono strozzato, la richiude, si gira e se ne va. Conosco la prassi, l’ho già messa in funzione così tante volte.
E ora tocca alla carissima barbie.
“Tu, razza di-”
“Buenos días, chicos.” esordisce la prof.
“Va all’inferno.”
“Ci sono già standoti accanto, credimi.” replico. Peccato che la prof. sia arrivata ora, avevo già in mente cosa ribattere.
Sarà per la prossima volta.
 
 
“Sono a casa.” Annuncio a nessuno in particolare.
Come il solito sono sola. Nessuno in questi quattro anni di scuola superiore mi è stato vicino, ma non mi lamento.
Non ho bisogno di nessuno, né di una famiglia, né di amici.
Ho i miei libri, la mia musica, il mio televisore e soprattutto ho un bel bagno rilassante che mi aspetta ogni pomeriggio.
Altro che persone, loro ti voltano le spalle appena scoprono una tua debolezza oppure ti abbandonano prima ancora di scoprire come sei realmente.
Solo la signora dell’appartamento vicino ha puntualmente mostrato un interesse per me, anzi, per il mio stomaco. Appena ha saputo che una ragazza diciassettenne viveva da sola si è subito preoccupata che non mi nutrissi abbastanza.
Non mi sono mai comportata male con lei, ma cerco comunque di rimanere distante, giusto per non affezionarmi.
Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.
Canticchiando Cyndi Lauper vado in bagno, apro l’acqua e poi mi tolgo i vestiti lasciandoli qua e là per la casa.
Dopo un paio di minuti l’acqua è pronta e finalmente posso dare il via al mio trattamento rilassante quotidiano, quando sento il campanello suonare.
Non so chi o che cosa abbia il coraggio di interrompere il mio sacrosanto bagno, ma sicuramente deve avere coraggio.
Avvolgendo attorno a me un asciugamano vado alla porta, restando di stucco quando vedo chi c’è fuori.
“Rebecca, lo so che sei lì, apri.”
“Mamma” chiedo bloccandola sulla soglia. “Cosa vuoi?”
“Su, Rebecca. Non fare la capricciosa come sempre e lasciami entrare.”
“No.”
“È da un anno che non ci vediamo. Ora lasciami passare.”
“Ah, già un anno?” chiedo con noncuranza.
“Sì, un anno. E non ti sei degnata di chiamare nemmeno una volta.”
Rido amaramente. “Per caso mi sono persa tutte le chiamate che tu hai fatto? Alla posta hanno accidentalmente smarrito tutte le lettere che mi hai scritto con tanto amore?”
Lei rimane zitta. Ho avuto l’ultima parola.
Ho vinto di nuovo.
“Sei uguale a tuo padre.”
Mi irrigidisco. Perché deve sempre tirare fuori questa storia?
“Tanti saluti.” e le sbatto la porta in faccia.
Non dovrei iniziare a piangere, ma non posso neanche farne a meno.
Bisbiglio un lieve “Stronza” e prendo un libro prima di fiondarmi in vasca.
Apro Orgoglio e Pregiudizio. “Elizabeth, aiutami tu.”

 
 
 
 
 
Ecco qui il primo capitolo della mia prima storia originale.
Vi è piaciuto? Spero con tutto il cuore che l’abbiate apprezzato.
Recensite e ditemi se avete trovato errori, ma soprattutto ditemi cosa ne pensate - per ora - della storia. Nel prossimo capitolo ci sarà la descrizione fisica e non solo di Rebecca, la mia protagonista.
Vi aspetto in molti!
Un bacio,
Maddie.
 
P.S. Il rating è arancione per capitoli futuri.
  
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